Sanità

  • Il Pirellone commemora Borsani, Bruxelles guarda al suo esempio

    Servizio sanitario nazionale privo di risorse, medici di base sempre più insufficienti, cittadini privati del diritto di salute. Nel piagnisteo che troppo spesso se non sempre prende il posto di un pragmatico orientamento al risultato quando gli italiani si trovano ad affrontare un problema, ci si dimentica che se l’Italia avesse aderito al Mes sanitario avrebbe potuto iniettare nella sanità pubblica risorse rilevanti fornite dall’Unione europea.

    In un simile panorama di sofferenza, l’ex assessore alla Sanità della Regione Lombardia Carlo Borsai, ricordato al Pirellone ad un anno dalla sua scomparsa, risalta ancor più come un innovatore che ha saputo mettere in sicurezza l’accesso alle cure per chiunque. Come ha ricordato Cristiana Muscardini, che con Borsani condivise la consiliatura al Comune di Milano dal 1985 al 1990, oggi è la stessa Commissione europea, attraverso la commissaria alla Salute Stella Kyriakides, a sollevare il problema dell’accesso alle terapie che Borsani aveva affrontato con la legge regionale lombarda 31/97 (passata agli annali come Legge Borsani), coniugando pubblico e privato all’insegna dell’efficienza, come ha ricordato la figlia dell’assessore, Benedetta.

    Uomo di profonda onestà intellettuale, come ha voluto ricordarlo il governatore Attilio Fontana, con la sua riforma, come hanno evidenziato sia Cristiana Muscardini che l’assessore regionale (ai Trasporti) Franco Lucente, l’esponente dell’allora An ha tracciato una strada che ha fatto della Lombardia un esempio di capacità amministrativa guardato con interesse anche oltre i confini regionali. Anche a Bruxelles.

    Grazie alla sua riforma, la sanità lombarda vide nascere le Asl (Aziende sanitarie locali, che ora si chiamano Ats) e le aziende ospedaliere (ora Asst), e soprattutto si aprì la strada al privato accreditato: da allora i cittadini hanno potuto far valere il proprio diritto a essere curati attraverso la possibilità di scegliere se farsi ricoverare (o anche solo effettuare analisi) presso strutture private convenzionate con il sistema sanitario o presso lo stesso Ssn, pagando nell’uno e nell’altro caso lo stesso ticket.

  • Prima di tutto cerca di aiutare chi ha bisogno

    Invitata al convegno “L’impronta di Borsani sulla sanità lombarda” organizzato in Regione Lombardia dall’Assessore Franco Lucente, che non posso che ringraziare insieme al presidente Attilio Fontana che, nonostante l’intensa agenda, non ha mancato di venire per ricordare papà “uomo di grande ironia – le sue parole – signorilità e onestà intellettuale”, da figlia mi sono chiesta cosa potessi dire.

    Così mi sono concentrata sul titolo, l’impronta, appunto; il suo cuore; l’eredità e l’attualità di quanto tracciato allora, tra il 1995 e il 2005, i dieci anni in cui svolse l’incarico di Assessore alla Sanità in Lombardia. “Anni entusiasmanti – mi disse un giorno – specie quelli della prima legislatura”. E non è un caso perché fu quella della Legge 31 del 1997, più nota come Legge Borsani, che segnò una profonda rivoluzione nel Sistema Sanitario Regionale: la libertà di scelta del cittadino, in un rapporto innovativo tra strutture pubbliche e private accreditate, diventa la bussola, il cuore della Sanità lombarda così che anche il più povero cristo possa avere le cure migliori. Dopo vent’anni lo si dà per scontato, ma allora fu una vera e propria rivoluzione culturale basata su tre capisaldi: 1) la libertà di scelta della persona; 2) la competitività tra le strutture pubbliche e private, determinata dal sistema degli accreditamenti; 3) il rafforzamento della separazione delle competenze tra programmazione ed erogazione dei servizi, attraverso l’introduzione di un meccanismo terzo di controllo e della centralizzazione della regia degli acquisti che generi economia di scala.  Però… e un però c’è. Papà nel suo ruolo di Assessore ha sempre coerentemente difeso la legge 31/97 nel suo complesso pur avendo ben presente che era la sintesi di un lungo lavoro di confronto tra le forze di centro destra, ma era anche conscio delle criticità contenute nella stessa che avrebbero dovuto essere affrontate successivamente, al loro manifestarsi.
    In particolare su due questioni. In primo luogo aveva chiaro che stante le diverse modalità di governo, la sanità pubblica correva azzoppata rispetto a quella privata. Il pubblico infatti è soggetto al Diritto amministrativo che privilegia il rispetto delle procedure rispetto ai tempi della decisione, mentre il privato, soggetto al Codice civile, ha una capacità decisionale molto più rapida nel dare risposte. Non a caso anni dopo, da cittadino, guardò con interesse al tentativo (fallito) di trasformare gli IRCCS pubblici della Lombardia in Fondazioni di Diritto privato. L’altro punto riguardava la debolezza delle ASL di svolgere un ruolo di programmatore e controllore delle prestazioni sanitarie erogati dal pubblico (AO) e dalla sanità privata. Ruolo che, per essere governato, di fatto venne centralizzato dalla Regione.
    Due problemi che, credo, siano tuttora all’ordine del giorno. Così come tre obiettivi interrotti dalla sua mancata conferma ad Assessore (lì il coraggio mancò a qualcun altro, ma questa è un’altra storia): la messa a regime del SISS, la rete telematica regionale (telemedicina); il completamento della continuità assistenziale senza trascurare la necessità di ammodernare la rete ospedaliera tradizionale; il mantenimento dell’eccellenza nella ricerca, nell’assistenza e nella cura, a partire da una sua sempre più decisa personalizzazione. A che punto siamo oggi?

    E mentre poneva le basi per la nuova sanità lombarda, non trascurò gli investimenti per costruire nuovi ospedali e riqualificare quelli esistenti su tutto il territorio lombardo, perché tutti i Lombardi avessero la possibilità di andare a curarsi dove volessero. Ebbe un cruccio, la mancata realizzazione della Città della Salute (Istituto Nazionale dei Tumori e Istituto Besta) che riteneva corretto, da un punto di vista funzionale, in particolare per la condivisione di strumenti diagnostici avanzati, che nascesse a fianco di un grande ospedale generalista, da lui individuato nell’Ospedale Sacco.
    Infine, vorrei parlare del politico Borsani capace di prendere decisioni scomode per se stesso pur di difendere le sue idee. Una su tutte la decisione di candidarsi alle elezioni regionali fuori dal listino bloccato. Perché lo fece? Perché per completare la riforma, per una questione di equilibri tra partiti di maggioranza e dentro al suo stesso partito, aveva bisogno di “pesare” e il peso di un politico lo fanno le preferenze. “La politica – diceva – è una visione della Società e per realizzarla nel modo più perfettibile umanamente deve anche educare a fare scelte (con priorità) che possono anche non essere condivise da una parte della popolazione. Ma se la politica si limita ad accettare supinamente ed addirittura ampliare ancor più gli umori dei singoli rimane solo l’anarchia inconcludente e dannosa per tutti gli uomini”.

  • Sanità: coraggio di innovare, come Borsani aveva intuito e realizzato

    Il convegno L’impronta di Borsani sulla sanità lombarda, organizzato dall’ Assessore Franco Lucente in Regione Lombardia, ha ricordato la figura di Carlo Borsani e la sua riforma sanitaria che diede ai cittadini lombardi ad avere il diritto di scelta tra strutture sanitarie pubbliche e convenzionate

    Carlo Borsani, dopo una legislatura da consigliere comunale di Milano, divenne consigliere regionale nel 1990 e poi assessore della Sanità della Regione Lombardia dando vita ad una riforma assolutamente innovativa perché si occupava di tutti, Borsani ebbe il coraggio di affermare, nel 1997, che la maggior parte del deficit sanitario era imputabile al governo centrale, specie per quanto riguardava i costi della spesa farmaceutica.

    Il convegno ci dà lo spunto per ricordare che anche oggi gran parte delle risorse che mancano al comparto sanitario sono dovute al mal funzionamento dei controlli ed alla regolamentazione della spesa e che rimangono anche ancora inevasi i problemi legati alla carenza di medici ed alla inadeguatezza del sistema che regolamenta il servizio dei medici di famiglia.

    L’intasamento dei pronto soccorsi e le spropositate lungaggini delle liste di attesa, con le conseguenze dell’aumento dei costi per il cittadino, che deve rivolgersi al privato, o dell’inaccettabile rinuncia alle cure, potrebbero essere evitati con la riorganizzazione effettiva del lavoro dei medici di famiglia, oggi spesso non valorizzati o non sufficientemente formati.

    Il medico di famiglia deve essere il primo referente di ogni cittadino e sappiamo già che nei prossimi anni, di fronte a più di 12.000 medici che andranno in pensione, ne entreranno in servizio solo circa 10.000, lasciando così scoperti migliaia di cittadini e creando ulteriori problemi ai pronto soccorsi e perciò agli ospedali e alle liste di attesa.

    Se dopo il corso universitario gli aspiranti medici di famiglia avessero una scuola di specialità come quelli ospedalieri, se fossero loro insegnato l’uso dell’ecografo e dell’elettrocardiografo molte problematiche potrebbero essere risolte prima nei loro ambulatori e senza il continuo ricorso ad altro specialista.

    Il medico di famiglia non può essere un mero estensore di ricette altrui fatto che lo porta a snaturare la sua professionalità, ma deve essere il primo ed insostituibile presidio sul territorio ritornando anche a quelle visite domiciliari, per anziani o malati più gravi, che negli ultimi tempi troppi hanno smesso di fare, anche per gli impegni delle ore alle quali sono obbligati per la presenza alla guardia medica.

    Le case di comunità, che nei piccoli centri possono effettivamente avere un ruolo, non sono però la soluzione al problema che vede anche l’insoddisfazione dei cittadini per non riuscire ad essere visitati sempre dallo stesso medico perdendo così quel rapporto di fiducia che si ha col proprio medico ma anche la possibilità di questi di poter fare una anamnesi completa perché basata sulla conoscenza anche dei pregressi del malato.

    Per la sanità ci sono molte iniziative da prendere e non è solo una questione di spesa, certo occorrono maggiori stanziamenti ma anche il coraggio di innovare, come Borsani aveva intuito e realizzato, di prendere atto che in una società in continua e veloce evoluzione, e mentre una parte di popolazione invecchia ed un’altra parte arriva da paesi lontani, la medicina, nel suo insieme, dipende da un migliore e diverso funzionamento dell’assistenza di base.

  • Dichiarazione della Commissaria Kyriakides in occasione della Giornata mondiale della salute

    In vista della Giornata mondiale della salute del 7 aprile, Stella Kyriakides, Commissaria per la Salute e la sicurezza alimentare, ha dichiarato: “Il tema della Giornata mondiale della salute 2024, “La mia salute, il mio diritto”, sottolinea il fatto che l’accesso a un’assistenza sanitaria di qualità è un diritto fondamentale. Si tratta del principio fondamentale che ha plasmato la solida Unione europea della salute che abbiamo costruito a partire dal 2020. (…) La nostra risposta alla pandemia ha evidenziato il potere della solidarietà e della cooperazione, nonché l’importanza di ottenere risultati uguali per tutti i cittadini. La strategia dell’UE sui vaccini – una sfida senza precedenti – ha fornito a tutti i cittadini dell’UE l’accesso a vaccini sicuri ed efficaci contemporaneamente e alle stesse condizioni. (…)

    La nostra Unione della salute rafforza i nostri sistemi sanitari, mettendo al loro centro i pazienti. La nostra proposta di una storica riforma della legislazione farmaceutica dell’UE garantirà un rapido accesso a medicinali a prezzi accessibili per tutti i cittadini, sostenendo allo stesso tempo la crescita dell’industria farmaceutica. Lo spazio europeo dei dati sanitari consentirà ai cittadini, ai ricercatori e ai responsabili politici di sfruttare appieno il potenziale dei dati sanitari digitali a vantaggio dei pazienti. Il piano europeo di lotta contro il cancro è uno dei modelli d’azione oncologici più ambiziosi e globali al mondo, sostenuto da 4 miliardi di € di finanziamenti dell’UE. Ad appena quattro anni dal suo lancio, sta già facendo la differenza per milioni di pazienti oncologici, famiglie e prestatori di assistenza. Il nostro approccio globale alla salute mentale ha posto la salute mentale e fisica su un piano di parità e ci sta aiutando a porre fine alla stigmatizzazione di tutti i cittadini che si trovano ad affrontare problemi di salute mentale. (…)

    In occasione della Giornata mondiale della salute celebriamo questi progressi e risultati e continuiamo su questa strada nei prossimi anni, a vantaggio di tutti e ovunque”.

  • Guerra, Pil e Servizio Sanitario Nazionale

    La guerra può essere valutata in rapporto alla spesa sanitaria nazionale? Molto spesso si afferma che il valore del PIL non possa rappresentare e fotografare la reale situazione economica di un paese. Questo principio, se venisse accettato, risulterebbe ancora valido se diventasse un parametro nella misurazione degli effetti della economia di guerra. Da più parti, infatti, si parla della necessità di portare la spesa pubblica per gli armamenti al 2% del Pil nazionale. Un valore ed una percentuale che di per sé indicano poco ma se rapportati ad altri indicatori di spesa assumono tutto un altro significato.

    In Italia la spesa pubblica destinata al Sistema Sanitario Nazionale rappresenta il 6,3% del Pil mentre in Germania raggiunge il 10,9%, ed in Francia il 10,3%. Il raggiungimento, quindi, del tetto di spesa pubblica destinata agli armamenti fissato al 2% rispetto al PIL rappresenta contemporaneamente il 29% della quota di Pil destinata all’intera spesa sanitaria italiana.

    Viceversa in Germania il raggiungimento del medesimo obiettivo di valore economico per finanziare una guerra rappresenta poco più del 18% della quota Pil dedicata al Sistema sanitario nazionale tedesco.

    La differenza tra queste due percentuali di oltre il 10%, rapportate non più al solo Pil ma alle quote dello stesso destinate ai sistemi sanitari nazionali, Si sostanzia in termini economici in una minore disponibilità per l’Italia di circa 19 miliardi a favore del SSN ed una maggiore dotazione finanziaria per il Sistema sanitario nazionale tedesco di circa 42 miliardi.

    Questa differente dotazione finanziaria giustifica, quindi, ma non assolve la tendenza del Sistema Sanitario italiano ad assumere professionalità dai paesi in via di sviluppo e con un forte effetto deflattivo sulle retribuzioni.

    Viceversa la Germania, proprio grazie alla maggiore dotazione, può permettersi di importare personale qualificato, magari di formazione italiana, pagandolo adeguatamente rispetto alla professionalità.

    In altre parole l’ottimizzazione della spesa pubblica, soprattutto quella destinata ai servizi essenziali dei cittadini, rappresenta un parametro fondamentale nella comprensione delle motivazioni che vedono sempre più evidente la forbice tra il sistema economico tedesco e quello italiano. Una differenza tra i due paesi che tenderà a mantenersi se non addirittura aumentare durante questo terribile periodo di Forte tensione internazionale che vede molte risorse finanziarie destinate alle spese militari.

    Il continuo depauperamento del sistema sanitario nazionale, in atto sostanzialmente dal governo Monti in poi, rappresenta soprattutto ora, in quanto all’interno di un periodo prebellico, un fattore fondamentale per identificare e qualificare i parametri della spesa pubblica adottati dai governi dal 2011 ad oggi.

  • Follia e follia

    La politica, i media, come un poi noi tutti, parlano spesso di sanità: attese infinite, carenza di personale, nuove scoperte scientifiche, allungamento delle aspettative di vita, necessità di cure differenziate a seconda del sesso, prevenzione anche attraverso più sani stili di vita. Molte promesse e qualche risultato.

    Intanto cresce, ogni giorno di più, la disperazione delle tante famiglie lasciate senza aiuto e che devono gestire un parente, spesso un figlio, con gravi problemi psichici, famiglie che si confrontano quotidianamente con la violenza e l’impossibilità di trovare soluzioni.

    Leggi inadeguate o mai attuate non danno possibilità di assistenza mentre sappiamo tutti che non basta prescrivere qualche farmaco per guarire o tenere sotto controllo persone che, non per loro colpa, non possono controllarsi.

    Nel 1978 la legge 110, detta anche legge Basaglia, chiuse i manicomi, i terribili ghetti dove molte persone restarono per tutta la vita ma, come purtroppo spesso avviene, non si tenne conto che contestualmente, anzi prima dell’entrata in vigore della legge, avrebbero dovuto essere create strutture, emanate norme che impedissero che questi malati fossero di fatto abbandonati, con le loro famiglie, ad un vero e proprio calvario.

    Oggi si parla, dopo i guasti veri e presunti che il covid ha fatto sulle menti di tanti, specie dei più giovani, di un obolo per lo psicologo, di psicologi nelle scuole, ma non si parla dei gravi danni che l’uso smodato, e scorretto, della Rete, che non ha regole, fa quotidianamente né si affrontano i terribili problemi che le famiglie, spesso composte da genitori anziani, devono affrontare con un malato psichico in casa.

    La malattia non può essere azzerata, guarita, eliminata dalla legge ed una legge quando non è in grado di valutare a monte le conseguenze che comporta la sua applicazione è anch’essa una legge malata ed è malato di incomprensione ed indifferenza tutto quel mondo politico, di ogni colore, che dal 1978 ad oggi non ha saputo trovare, dare, al territorio risposte celeri ed adeguate.

    Nel frattempo abbiamo assistito a vere e proprie tragedie annunciate, delitti che avrebbero potuti essere impediti, perché oltre a non esserci servizi e strutture per aiutare i malati psichici e le loro famiglie non c’è neppure prevenzione. Ad ogni tragedia, ad ogni morte, dolore e stupore, sgomento e poi silenzio.

    Ci sono vari tipi di follia, in alcuni casi l’assistenza e la medicina, il controllo e la comprensione, la libertà e la vigilanza possono fare molto per le famiglie e per il malato psichico, in altri casi, come per quello della follia politica che non fa comprendere i reali bisogni di una parte della popolazione, comincio a temere non vi sia alcuna cura.

  • Dalla Commissione 12,2 milioni di euro da investire nell’ambito del programma EU4Health per rafforzare la sicurezza sanitaria in Europa

    La Commissione ha avviato due progetti in partenariato con l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) allo scopo di rafforzare la sicurezza sanitaria e la preparazione a gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero, in particolare in relazione a rischi chimici, biologici, radiologici e nucleari.

    Il primo progetto si concentra sul rafforzamento delle capacità di sicurezza sanitaria e sul miglioramento delle strategie di prevenzione, preparazione, individuazione e risposta nell’UE, nello Spazio economico europeo (SEE), nei paesi candidati all’adesione all’UE e nei paesi del partenariato orientale. Il progetto contempla un’ampia gamma di rischi potenziali, dalle catastrofi naturali, come terremoti e inondazioni, ai rischi biologici e ai conflitti di origine umana, e si concentra in particolare sul miglioramento del coordinamento e della cooperazione in caso di emergenza, a livello sia nazionale sia internazionale. Il programma EU4Health sosterrà questo progetto con 6,4 milioni di € nel corso dei prossimi 5 anni.

    Il secondo progetto accelera gli sforzi volti ad affrontare specificamente i rischi chimici, biologici, radiologici e nucleari (CBRN) nell’UE, in Ucraina, in Moldova e in altri paesi aderenti al programma EU4Health, rafforzando le capacità di prevenzione, preparazione e risposta alle minacce CBRN per la salute pubblica mediante la pianificazione della preparazione e della risposta, nonché rafforzando la preparazione a livello transfrontaliero. Il programma EU4Health finanzierà questo progetto con 5,8 milioni di € nel corso dei prossimi 3 anni.

  • Sanità: dal diritto al credito a punti

    Il sistema fiscale è basato sulla quantità di reddito dichiarato e non sulla qualità (*) ed assicura le risorse finanziarie necessarie per fornire dei servizi anche sanitari alla popolazione. A chiunque, quindi, indipendentemente dal profilo e soprattutto dallo stile di vita, viene riconosciuto il diritto costituzionalmente tutelato di pretendere un’assistenza sanitaria di buon livello in caso di necessità, a maggior ragione se d’urgenza.

    La prevenzione, invece, nasce dalla consapevolezza che la ricerca medica riesce a ottenere degli ottimi risultati quando intervenga con una tempistica ottimale, quindi alle prime manifestazioni della patologia. La sua promozione risulta perciò fondamentale per assicurare un livello di salute generale e, di conseguenza, veicolare nel migliore dei modi le risorse finanziarie necessarie a favore dello stesso Sistema Sanitario Nazionale.

    Tuttavia, non può esistere nessun tipo di premio nella gestione ma soprattutto nella erogazione dei servizi del Sistema Sanitario, tantomeno in rapporto ai comportamenti dei singoli individui rispetto a dei protocolli di comportamento elaborati dallo Stato.

    La Cina che, si ricorda a tutti, non rappresenta una democrazia e neppure ci si avvicina, ha introdotto nella pratica quotidiana il credito sociale sulla base del quale ogni persona riceve da molteplici fonti dei feedback che ne accrescono o diminuiscono appunto il proprio credito sociale.

    L’idea di introdurre questo tipo di feedback monitorando i comportamenti dei singoli individui, per accrescere o diminuire un ipotetico credito sanitario, rappresenta una bestialità figlia di uno Stato etico il quale invece di assicurare il massimo dell’assistenza sanitaria vuole trasformarsi in un gestore di gadget con l’unico obiettivo di risparmiare risorse finanziarie.

    In altre parole, il benessere del singolo cittadino viene individuato come espressione di comportamenti virtuosi aderenti ai protocolli statali e solo in questo caso diventa maggiormente virtuoso e degno.

    Ora nessuno ha intenzione di sottovalutare il valore della prevenzione, la quale è stata completamente penalizzata se non azzerata durante gli anni del Covid, e della cui lacune dovrebbero rispondere quanti abbiano gestito negli ultimi trent’anni la sanità pubblica imponendo continui tagli di finanziamenti e di strutture sanitarie. Ma credere che attraverso l’elargizione di skipass o ingressi alle terme donati “da uno Stato Superiore ai propri sudditi”, che possa assicurare ed accrescere l’aderenza ai protocolli sanitari (**) dei comportamenti dei singoli cittadini, rappresenta la peggiore espressione di uno Stato Etico, per di più caratterizzato da un bagaglio culturale imbarazzante.

    Tutte queste risibili trovate rappresentano, invece, la volontà di mantenere inalterato il livello di spesa pubblica senza valutarne e migliorarne la qualità e, di conseguenza, esprimono già il proprio fallimento intellettuale e strategico.

    Solo in un mondo nel quale il parcheggio di un ospedale risulta a pagamento mentre quello di un centro commerciale è gratuito e le pizze arrivano più velocemente delle ambulanze un diritto può diventare un credito a punti.

    (*) la cui differenza è impossibile da definire ma di certo chi crea lavoro rispetto a chi specula dovrebbe pagare meno tasse.

    (**) la prevenzione esprime una evoluzione della cultura e consapevolezza medica non certo una politica commerciale.

  • L’Unione europea della salute pronta ad affrontare le minacce sanitarie

    Due nuove relazioni appena pubblicate mostrano come l’Unione europea abbia risposto alla necessità e alla domanda di sistemi sanitari più resilienti, solidi ed equi, meglio preparati alle potenziali crisi. I due documenti evidenziano anche i settori in cui è necessario lavorare di più.

    A quattro anni dall’individuazione dei primi casi di COVID-19, molte delle soluzioni proposte per rispondere più efficacemente alla pandemia sono state integrate nella legislazione dell’UE. L’obiettivo era rafforzare la preparazione collettiva alle crisi sanitarie, nel quadro di un’Unione europea della salute forte. La relazione 2023 sullo stato della preparazione sanitaria si concentra sulle misure adottate dall’UE per migliorare la capacità di far fronte a gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero.

    Lo stato della sanità nell’UE: relazione di sintesi 2023 esamina le prestazioni dei sistemi sanitari in tutta l’Unione nel soddisfare le esigenze dei cittadini europei. Comprende profili sanitari specifici per paese, in cui si presta particolare attenzione all’impatto del COVID-19 sulla salute mentale e alle riforme attuate dagli Stati membri per affrontare questa crescente sfida.

  • La Commissione adotta il programma di lavoro “UE per la salute” 2024

    La Commissione europea ha adottato il programma di lavoro “UE per la salute” per il 2024, che mira a realizzare le principali priorità della politica sanitaria dell’UE nel quadro dell’Unione europea della salute. Il bilancio di 752,4 milioni di € ne stimolerà lo sviluppo e fornirà finanziamenti per affrontare importanti questioni sanitarie in tutta l’UE. L’obiettivo è migliorare la preparazione dell’Unione alle crisi tramite l’Autorità europea per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie (HERA) e la capacità di affrontare sfide come quelle connesse alla guerra di aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina. Garantirà inoltre la diffusione di iniziative digitali chiave come lo spazio europeo dei dati sanitari (EHDS), volto in particolare a sfruttare i dati sanitari digitali per migliorare l’assistenza sanitaria dei pazienti in tutta l’UE. Sosterrà inoltre le iniziative emergenti, con particolare attenzione alla salute mentale, alla salute mondiale e all’evoluzione dei medicinali.

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