Unesco

  • L’Unesco denuncia che in Ucraina sono stati distrutti quasi 100 siti di pregio

    Cittadini che circondano statue e monumenti con sacchi di sabbia e fortificazioni improvvisate a Kiev, Leopoli, Odessa e tante altre città del Paese. Libri e opere d’arte spostate in luoghi più sicuri. È l’altra resistenza ucraina, quella culturale: fatta di storia, arte, fede e un passato che non vuole essere cancellato. Anch’essa vittima della guerra, come i civili (adulti e bambini, senza alcuna distinzione) e i quartieri delle città; mentre l’Unesco avverte che sono “quasi 100, finora, i siti culturali e religiosi che hanno subito danni dall’inizio dell’invasione russa il 24 febbraio”.

    “La soglia dei cento beni danneggiati o totalmente distrutti sarà raggiunta domani o dopodomani, finora siamo a 98 siti e monumenti elencati in otto regioni del paese”, ha dichiarato il 13 aprile all’Afp il Direttore del Centro per il Patrimonio Mondiale dell’Unesco, Lazare Eloundou Assomo, precisando che nell’elenco figura una vasta gamma di siti, compresi alcuni di epoca medioevale e altri risalenti al periodo sovietico. Un numero destinato ad aumentare, anche perchè, se alcune aree stanno diventando accessibili solo ora, altre sono ancora teatro di combattimenti via via più intensi.

    “Finora nessuno dei sette siti Unesco dell’Ucraina ha subito danni”, ha rassicurato Lazare Eloundou Assomo. Tuttavia c’è preoccupazione per i monumenti delle città di Kharkiv e per il centro storico di Chernihiv, pesantemente colpiti dai russi. Paese ponte tra Oriente e Occidente, l’Ucraina vanta sette siti (sei culturali e uno naturale) tutelati dall’Unesco: la Cattedrale di Santa Sofia a Kiev, il centro storico di Leopoli, l’arco geodetico di Struve, le antiche faggete primordiali dei Carpazi, la residenza dei metropoliti bucovini e dalmati, l’antica città di Kherson e, infine, 16 chiese (tserkvas) in legno nella regione dei Carpazi.

  • Il primato dell’Italia nella lista del Patrimonio Culturale Mondiale dell’Unesco

    Ho letto con grande piacere e legittima soddisfazione il raggiungimento del primato dell’Italia nella lista del Patrimonio Culturale Mondiale UNESCO, almeno così è stato annunciato.

    La notizia appare coerente con la storia e l’identità del nostro Paese e semmai la sorpresa sarebbe stata del perché tale primato non fosse arrivato prima, attesa la ormai quasi cinquantennale istituzione della lista.

    Ed infatti il motivo di questa riflessione, lungi dal rivendicare meriti di qualunque genere, è unicamente finalizzata a precisare che l’Italia aveva conquistato il primato mondiale dei siti UNESCO già nel lontano 2004, superando la Spagna che da anni lo deteneva e da allora non lo ha più perduto.

    Il sorpasso fu possibile grazie al rafforzamento dell’Ufficio Unesco del Ministero dei BB.AA.CC., fino ad allora gestito da due funzionari part time con altre competenze e grazie al perfezionamento della tecnica di presentazione delle candidature, specialmente per la parte relativa alla innovativa elaborazione dei “Piani di Gestione”.

    Quel sorpasso, seguito da una costante presentazione dei siti, specie dopo l’introduzione del vincolo di presentazione di non più di un sito culturale l’anno a Paese, fu fondamentale per assicurare la costanza del primato italiano che, solo nel 2019, è stato raggiunto dalla Cina.

    Quindi la notizia, più correttamente, consiste nella riconquista del primato in solitaria dell’Italia, che si spiega, a fronte del vincolo della presentazione per ogni anno di un solo sito culturale per Stato, con il fatto che la Cina ha presentato un solo sito, passando da 55 a 56 iscrizioni, mentre l’Italia per il 2020, in considerazione che a causa della pandemia non si era tenuta la riunione dell’ICOMOS, ha avuto il riconoscimento del sito “I cicli di affreschi trecenteschi di Padova” ed il sito “Le grandi città termali d’Europa”, che comprende 11 città tra cui Montecatini e che, trattandosi di sito transnazionale presentato da un altro Paese, è stato possibile aggiungere al sito annuale; nonché per il 2021 il sito “I Portici di Bologna”, raggiungendo pertanto la prestigiosa cifra di ben 58 siti.

    Ma appare più che evidente che il bollino dell’UNESCO da solo non basta, ed è in tal senso che andrebbe ulteriormente ripresa la strategia iniziata agli inizi degli anni 2000 dal Ministero, poi abbandonata dal 2006, di sviluppo ed approfondimento delle politiche di valorizzazione dei siti di eccellenza, soprattutto con il perfezionamento dei “Piani di Gestione”, che dovrebbero evolvere per puntare alla costituzione, sito per sito, di una sorta di “cabina di regia” di tutti gli stakeholder la cui potenzialità, sia nei siti culturali, che in quelli naturali e del patrimonio immateriale, allo stato appare fortemente penalizzata, per l’assenza di un diverso sistema di sviluppo, capace di integrare ed armonizzare una moderna strategia di valorizzazione e fruizione del patrimonio culturale nazionale di eccellenza e non solo.

    * Già Sottosegretario al Ministero dei BB.AA.CC. con delega all’UNESCO dal giugno 2001 al maggio 2006

  • La Francia candida la baguette a patrimonio dell’Unesco

    Parigi ha scelto: sarà la baguette, il celebre sfilatino di pane simbolo della Francia, a concorrere per l’iscrizione nel patrimonio immateriale dell’Unesco, l’ambitissimo riconoscimento attribuito ogni anno dall’organismo Onu per Scienza, Educazione e Cultura. La baguette è stata preferita ad altre due opzioni messe sul tavolo dalle autorità transalpine: i tetti in zinco di Parigi e una festa viticola nel dipartimento di Arbois.

    Ad optare per la baguette è stata la ministra della Cultura, Roselyne Bachelot, attualmente ricoverata in ospedale dopo essere risultata positiva al coronavirus. Se approvata, l’iscrizione del celebre sfilatino francese “farà prendere coscienza che una pratica alimentare facente parte della quotidianità e condivisa dai più in modo spontaneo rappresenta un patrimonio in tutto e per tutto”, ha affermato la ministra, lanciando però l’allarme: il numero di panettieri è “in costante diminuzione, in particolare, nei comuni rurali”. Nel 1970 si contavano 55.000 boulangeries artigianali (una ogni 790 abitanti) contro le 35.000 di oggi (una ogni 2.000 abitanti), “spesso a profitto della vendita di baguette prodotte industrialmente”.

    La decisione finale spetta ora all’Unesco, che non si pronuncerà prima dell’autunno 2022. Simbolo della vita quotidiana dei francesi e presente anche nel nostro Paese – come a sancire la profondità dei legami anche gastronomici tra Francia e Italia -, la baguette è profondamente radicata nell’immaginario collettivo della Francia, immortalata e raccontata in tantissimi film, romanzi, poesie o pubblicità. Il nome risale all’inizio del XX secolo e a cominciare dagli anni Novanta si cominciò a distinguere tra la baguette normale e ‘baguette tradition’, più croccante e pregiata, ma anche più cara rispetto alla prima. Lo sfilatino francese, che i parigini doc portano sotto al braccio, almeno nella leggenda, è stato dunque preferito ai meravigliosi tetti in zinco di Parigi e al Bou d’Arbois, una festa religiosa di origini medievali del Jura, nell’Est del Paese, trasformata in festa repubblicana.

    Annualmente sono circa un centinaio i beni immateriali che superano la selezione dell’organismo Onu con sede a Parigi, dove i tetti attendono pazientemente una seconda chance, magari alla prossima infornata di candidature.

  • Erdogan pronto a ‘convertire’ Santa Sofia in moschea

    Santa Sofia deve tornare ad essere una moschea. Parola e volontà di Erdogan che potrebbero realizzarsi a breve se il Consiglio di stato turco dovesse pronunciarsi a favore della proposta del Presidente che andrebbe così ad annullare il decreto del 1934 che trasformava Santa Sofia (Hagia Sophia) da mosche a museo. Ultimate le udienze giovedì scorso il verdetto scritto è previsto entro 15 giorni. Secondo alcune fonti sembra che Erdogan abbia incaricato i funzionari del governo di condurre uno studio approfondito su come cambiare lo status da un museo in moschea.

    La meravigliosa costruzione, che risale a 1500 anni fa ed è patrimonio UNESCO, attira da sempre milioni di turisti ad Istanbul. Prima di diventare museo, Santa Sophia, cattedrale patriarcale greca di epoca bizantina, costruita nel sesto secolo, fu trasformata in una moschea ottomana dopo la conquista della città di Costantinopoli da parte di Mehmet il Conquistatore nel 1453.

    Critiche e polemiche internazionali, come era prevedibile, non si sono fatte attendere. La Grecia accusa Erdogan di far rivivere, con questa decisione, un sentimento religioso fanatico e nazionalista e il ministro della cultura greca, Lina Mendoni, ha fatto sapere con fermezza che non ci possono essere cambiamenti nel sito del patrimonio mondiale dell’UNESCO senza l’approvazione del comitato intergovernativo dell’organismo.

    Anche gli Stati Uniti, con il segretario di Stato Mike Pompeo, criticano fortemente la decisione perché in questo modo non solo verrebbe annullato quel ponte necessario tra diverse tradizioni e culture religiose che è sempre più raro vedere nell’epoca moderna ma anche quel percorso che, a suo tempo, ha contribuito alla costituzione della Repubblica di Turchia. E’ necessario perciò che rimanga un museo accessibile a tutti.

    Erdogan, dal canto suo, fa sapere che è stato invece un errore molto grande convertire la Basilica di Santa Sofia in un museo e che l’idea della ‘riconversione’ dello splendido edificio era parte della campagna pre-elettorale perché la ‘richiesta’ popolare stava diventato sempre più forte.

    Intanto, lo scorso 5 giugno, gli Imam hanno recitato versi del Corano all’interno di Santa Sofia, nel 567° anniversario della conquista di Istanbul da parte degli ottomani.

  • Il panettone patrimonio UNESCO? Partita la petizione!

    In omaggio a Milano, il VII Forum Italian Cuisine in the world e Melius – il network dei migliori ristoranti italiani nel mondo – sostengono la petizione per il riconoscimento dell’Arte di fare il Panettone come Patrimonio immateriale dell’Umanità UNESCO, lanciata da Stanislao Porzio, ideatore e organizzatore di Re Panettone®, Festa del dolce milanese.

    Il Panettone rimane il dolce emblematico di Milano, l’immagine della città stessa. Pasticcieri artigianali di Re Panettone faranno gustare i loro lievitati la sera dell’8 maggio al Palazzo dei Giureconsulti, nel corso della Food & Wine Reception di Gala del Forum. Tra i pasticcieri e titolari di pasticcerie saranno presenti: MAURO MORANDIN, pasticceria omonima di Saint-Vincent (AO); Luciana Mancusi, ASCOLESE, San Valentino Torio (SA); Lorenzo Giampietro e Silvia Orlando, CLIVATI, Milano; Emanuele Comi, COMI, Missaglia (LC); Roberto Cosmo, Alessandro Galbiati e Andrea Vitale, COSMO, Giussano (MB); Davide Dall’Omo e Massimo Bruschi, DALL’OMO, Verona; Alfonso Schiavone e Vittorio Di Paolo, DE VIVO, Pompei (NA); Luca Riganti e Andrea Ballo, DOLCE ARTE, Mornago (VA); Nicolò Vezzoli e Mauro Oldrati, INCROISSANTERIA, Carobbio degli Angeli (BG); Andrea Rampinelli, MAC MAHON, Milano.

  • La Cina a un’incollatura dall’Italia per siti patrimonio mondiale dell’Unesco

    Chi pensa che la Cina significhi soltanto copie e contraffazione di prodotti e modelli altrui non sa cosa sia la Cina. Il Paese del Dragone è infatti il secondo Paese al mondo per numero di siti considerati Patrimonio Mondiale Unesco, dietro soltanto all’Italia (che vince di misura: 53 a 52, ma ha un territorio decisamente meno vasto), cioè di originalità assoluta. Tra le zone Unesco cinesi ci sono alcune delle risorse turistiche più famose come la Grande Muraglia, le Grotte di Mogao e il Palazzo Imperiale di Pechino. 34 siti sono riserve culturali e fra questi quello di Tusi è il più recente, entrato nella lista nel 2015. Tusi si riferisce ai capitribù che governavano i gruppi etnici non Han nella Cina sud occidentale nominati dal governo centrale, nel periodo tra il XIII sec. e la metà del XX sec. Tra i 100 resti Tusi, i tre più importanti sono: il sito Laosicheng nella Contea di Yongshun nello Hunan, il sito Hailongtun in Zunyi nella provincia di Guizhou, il sito Tangyacheng in Hubei.

    Sono presenti inoltre nel territorio cinese dieci riserve naturali e quattro aree miste. La zona di Xinjiang Tianshan è stata inserita solo nel 2014 ed è l’ultima entrata fra le zone naturali. Questo territorio comprende una varietà incredibile di paesaggi per un totale di 606,8 ettari. Ne fanno parte la catena montuosa di Tianshan dell’Asia Centrale con picchi innevati e ghiacciai imponenti, foreste incontaminate e canyon rossi insieme al paesaggio desertico del Taklimakan, uno dei più grandi al mondo, noto per le forme delle dune e per le grandi tempeste di sabbia e polvere.

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