Attualità

Il piccolo guerriero Alfie lotta per vivere

Ma l’ideologia della morte sta annientando lui e i suoi genitori

Ce la mette tutta il piccolo Alfie, lotta come un leone e, dalle 22.17 di lunedì sera, quando i medici lo hanno staccato dalla macchina per la respirazione, è ancora vivo, a dispetto delle lugubri previsioni dei luminari dell’Alder Hay Hospital di Liverpool dove è ricoverato. Respira da solo, senza macchine, sostenuto dall’eroica energia di papà e mamma che non lo lasciano un istante. Hanno anzi insistito, dopo diverse ore di respirazione autonoma, che gli venissero somministrati ossigeno e idratazione. In seguito hanno insistito per l’alimentazione artificiale.  Ma questa nuova, del tutto inaspettata situazione non ha fatto recedere di un passo né i medici, né i giudici, anzi! L’accanimento si è accentuato ed è ora ancora più incomprensibile il loro atteggiamento rigido e sordo a ogni apertura che lasci intravvedere una via di scampo per il piccolo lottatore.
Di fronte all’offerta fatta lunedì dalle autorità italiane di trasferire il bambino presso l’Ospedale Bambin Gesù di Roma, infatti, dopo che con un provvedimento d’urgenza il nostro governo gli ha conferito la cittadinanza italiana, gli inglesi si sono ulteriormente irrigiditi e ieri hanno respinto gli ultimi due ricorsi dei genitori. Come si può spiegare un simile disumano comportamento? Un giornalista del sito conservatore americano Red State scrive che questo atteggiamento è del tutto analogo a quello dei comunisti di Berlino Est i quali, anche alcuni anni dopo la caduta del Muro, continuavano ad affermare con assoluta convinzione che il Muro“andava eretto per arginare la fuga dei cittadini verso l’Ovest libero e questo nell’interesse stesso dei fuggiaschi, perché solo rimanendo all’Est “avrebbero  potuto conoscere i benefici del socialismo”. Il socialismo ha quindi bisogno di prigionieri per affermare se stesso e questo sta avvenendo nel Regno Unito, dove il Sistema Sanitario Nazionale è un vero e proprio totem eretto al socialismo.
Il fatto poi di tenere prigioniero il bambino, impedendo ai genitori di trasportarlo altrove, si può capire solo pensando che nel caso in cui altrove Alfie possa trovare cure più adeguate e migliori, possa provocare  una forte umiliazione per l’ex Impero britannico, un’isoletta un tempo padrona del mondo “sul quale non tramonta mai il sole”. E’ un nazionalismo sanitario, venato di sciovinismo al quale sembra oggi impossibile sottrarsi.
Un’altra aberrazione della sentenza dei giudici di ieri, che ribadisce che la soppressione della vita “inutile” di Alfie (così l’hanno definita solo poche settimane fa nella sentenza che ne decretava l’obbligatorio  distacco dal respiratore) è fatta nel suo stesso interesse. Ma come è possibile che i giudici non comprendano cha la morte non può rappresentare un interesse per nessuno, soprattutto quando una diagnosi esatta non è stata mai formulata e, a maggior ragione, ora che il bambino respira da solo?
Inoltre, i genitori hanno mostrato  numerose fotografie che dimostrano l’incuria nella quale è stato lasciato il povero Alfie nel corso della sua lunga degenza presso l’Alder Hay,  una scottatura al braccio e la sporcizia delle cannule per la respirazione e per l’alimentazione. E’ di queste ore la notizia che Padre Gabriele, il sacerdote italiano giunto a Liverpool da Londra qualche giorno fa per assistere e confortare Alfie e i  suoi genitori e che aveva impartito ad Alfie l’Unzione degli Infermi, è stato allontanato dall’ospedale, richiamato a Londra dai suoi superiori. “E’ una cospirazione per omicidio” – ha dichiarato il papà di Alfie nei giorni scorsi alle televisioni – “quella decisa dai medici e dai giudici di interrompere il sostegno delle macchine che fino a ora hanno tenuto in vita mio figlio”, denunciando la totale assenza di dialogo con i dirigenti dell’ospedale. “E’ disgustoso come hanno trattato Alfie, ventiquattro ore senza alimentazione. Anche un animale sarebbe stato trattato meglio” – ha scritto sulla sua pagina Facebook. Lui e la moglie Kate da alcune  notti dormono per terra, su dei materassi senza sostegno alcuno perché iI divano che c’era nella stanza di Alfie è stato portato via.
A quale punto può arrivare la cattiveria di chi detiene il potere! Quali aspetti miserevoli e meschini possono nascondere una violenza di sopraffazione che non vuol concedere nulla a due genitori ventenni, poveri, che però lottano con tutta la loro energia e con estrema determinazione per non far morire il loro amatissimo Alfie, per dargli una nuova e più umana occasione di cure in Italia, tenendo testa ai potenti!
Ci commuoviamo nel vedere il volto paffutello di Alfie appoggiato alla spalla della mamma. Anche i piloti dell’aereoambulanza pronta da giorni per trasportare Alfie in Italia sono stati allontanati dal nosocomio, controllato e pattugliato dalla polizia. E tutto per tenere prigioniero un piccolo di soli 23 mesi, trattato come un detenuto pericoloso perché la sua situazione ha mosso decine di migliaia di cittadini che non vogliono rassegnarsi a questa crudele ideologia di morte.
E’ una frontiera, quella del nazionalismo, in qualunque genere esso si configuri, che non sarà mai oltrepassata attraverso i tribunali.

E’ ormai chiaro che l’impasse non potrà essere superata attraverso la via giudiziaria, perché i giudici continueranno a respingere i ricorsi, col sostegno indiretto della Chiesa anglicana, che per ben due volte ha espresso la sua solidarietà e la sua fiducia nell’ospedale e nei giudici, dimostrando, se ancor ve ne fosse bisogno, che il secolarismo in Gran Bretagna ha fatto passi da gigante, tanto da far preferire, come nel caso di Alfie, l’eutanasia al diritto alla vita.
Resta solo la strada diplomatica e quella politica. Dopo l’appello di Antonio Tajani, finalmente anche due deputate europee italiane, Silvia Costa e Patrizia Toia, hanno presentato ieri un’interrogazione d’urgenza ai Commissari europei competenti per la Salute e la Giustizia, per verificare se il diniego ad Alfie del diritto di ricevere cure in un altro Stato membro dell’Unione europea violerebbe i diritti fondamentali dell’UE e la libera circolazione dei pazienti nell’UE stessa.

Thomas Evans, il papà di Alfie, ha parlato questa mattina ai microfoni di TV 2000 con Vito d’Ettore, chiedendo al Papa di recarsi a Liverpool per constatare di persona come Alfie viene tenuto prigioniero in quell’ospedale.  Tom ha poi aggiunto queste commoventi parole: “Grazie Italia, vi amiamo. Alfie è una parte della famiglia italiana, noi apparteniamo all’Italia”.

Spontaneo e generoso senza riserve, questo papà. Se temiamo che l’ideologia della morte non arretrerà di un centimetro,  e intanto Alfie, questo indomito guerriero che si sente amatissimo dai suoi genitori, nella sua piccolezza ha già mosso e commosso il mondo, e sta dimostrando che la sua vita non appartiene di certo ai medici, ma neanche ai giudici. Ci auguriamo con tutto il cuore che possa vivere fino a quando il miracolo della vita non deciderà altrimenti, speriamo senza l’aiuto dei sacerdoti dell’eutanasia.

 

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