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Il Pil cinese è già guarito dalla pandemia

Prima a finire nelle secche del coronavirus e adesso prima a uscirne tra i principali Paesi: la Cina ha visto la sua economia risollevarsi nel secondo trimestre con un rimbalzo del Pil del 3,2% su base annua e dell’11,5% sul periodo gennaio-marzo, battendo con margine le previsioni degli analisti pari,

rispettivamente, a +2,5% e a +9,6%. Il messaggio, con gran parte del pianeta stretto ancora dalla pandemia del Covid-19, è che Pechino grazie alla sua gestione della crisi ha centrato l’inversione di rotta sul tonfo del 6,8% del primo trimestre (-9,8% congiunturale), la prima contrazione dal 1992, anno d’inizio dei dati statistici trimestrali. A rimarcare la svolta c’è stata la contestuale, rispetto ai dati sul Pil, e inconsueta diffusione della lettera di risposta del presidente Xi Jinping a quella ricevuta dai 18 capi azienda del Global CEO Council che riunisce 39 multinazionali leader nei rispettivi settori di attività. “I fondamentali di lungo termine di solida crescita dell’economia non sono cambiati e non cambieranno” e la Cina continuerà ad approfondire le riforme e ad aprire i mercati, fornendo “un migliore ambiente business per gli investimenti e lo sviluppo delle imprese cinesi e straniere”, ha scritto Xi nel mezzo dello scontro con gli Stati Uniti.

Malgrado l’exploit del Pil, le Borse cinesi sono affondate: i listini, tradizionali anticipatori degli umori degli investitori, hanno visto su Shanghai il peggior calo da febbraio (-4,50%) e Shenzhen chiudere a -5,20%. L’analisi del Pil ha fatto emergere una produzione industriale in crescita del 4,4% nel trimestre, non sostenuto da un adeguato aumento della domanda. Le vendite al dettaglio, in frenata per il sesto mese di fila, sono scese a giugno dell’1,8% su attese a +0,5%, mentre il calo semestrale è dell’11,4%. Gli investimenti fissi hanno avuto una frenata annua del 3,1%, a 28.160 miliardi di yuan

(4.000 miliardi di dollari circa), nella prima metà del 2020, ma avendo la parte privata in sofferenza (-7,3%) e quella pubblica a +2,1%. “L’economia nazionale ha superato progressivamente l’impatto avverso della pandemia nella prima metà del 2020 e ha dimostrato un momento di crescita tonica e di graduale ripresa”, ha notato l’Ufficio nazionale di statistica, non nascondendo “gli evidenti e crescenti rischi e sfide future interne ed esterne”, a partire dalla pressione Usa, quando “la ripresa non è consolidata”. L’interscambio commerciale in dollari è ritornato positivo a giugno su maggio: l’export è salito dello 0,5% con la domanda di materiale medico anticoronavirus e prodotti farmaceutici, mentre l’import è andato a +2,7% con elettronica e materie prime. “Il recupero è stato ottenuto grazie alle politiche fiscali e sociali a supporto delle attività economiche. Nuovi incentivi hanno consentito alle imprese di ridurre i costi operativi, ottenere liquidità e favorire l’occupazione, la cui stabilità è da sempre uno dei temi chiave per il governo cinese”, ha notato Lorenzo Riccardi della Shanghai Jiaotong University.

La disoccupazione di giugno è scesa al 5,7% dal 5,9 di maggio, mentre sono stati 5,64 milioni di posti di lavoro nel semestre: il dato considera l’occupazione urbana e non la forza lavoro migrante che pesa per un terzo circa di quella totale. Stime indipendenti parlano di 20 milioni di posti di lavoro persi a causa del Covid-19 e a luglio ci saranno circa 9 milioni di nuovi diplomati e laureati in cerca della prima occupazione. Dopo il 2019 con un Pil in crescita del 6,1%, ai minimi degli ultimi 29 anni, il Fmi ha stimato una Cina in crescita dell’1% nel 2020, con un’economia mondiale in contrazione del 4,9%. “Siamo entrati in una nuova fase della crisi, una fase che richiederà ulteriore agilità politica e azione per assicurare una ripresa durevole e condivisa”, ha messo in guardia il direttore generale del Fmi, Kristalina Georgieva, rilevando che l’attività economica globale “ha iniziato gradualmente a rafforzarsi. Ma non siamo ancora fuori dai guai”. L’incertezza resta alta, ha marcato il documento del Fondo preparato per il G20 dei ministri delle Finanze e dei governatori delle banche centrali, che si terrà virtualmente il 18 luglio. Al G20 il Fmi ha chiesto gli “sforzi collettivi” che “sono essenziali per mettere fine alla crisi finanziaria e rilanciare la crescita”.

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