Cina

  • Cimici dagli occhi a mandorla sulle gru dei porti yankee

    Il Congresso Usa ha avviato una indagine sulle gru di fabbricazione cinese presenti in diversi porti statunitensi, riscontrando la presenza di componenti e attrezzature per le telecomunicazioni che non sono legate alla normale operatività delle strutture. Fonti anonime hanno riferito al “Wall Street Journal” che a bordo di alcune gru sarebbero stati anche installati modem per telefoni cellulari che potrebbero essere accessibili da remoto. La scoperta ha rinnovato le preoccupazioni dei parlamentari in merito alla necessità di garantire la sicurezza informatica delle infrastrutture portuali, alla luce dei rischi di sabotaggio e spionaggio industriale derivanti dalla presenza di un enorme numero di gru prodotte dalla società cinese Zpmc. Ad oggi, queste rappresentano circa l’80 per cento delle gru impiegate nei porti statunitensi. Il presidente della commissione per la Sicurezza interna della Camera dei rappresentanti, il repubblicano Mark Green, ha affermato che il governo di Pechino sta “sfruttando ogni opportunità per raccogliere informazioni di intelligence e sfruttare le vulnerabilità delle nostre infrastrutture, anche nel settore marittimo: il Paese ha ignorato questa minaccia per troppo tempo”.

    Secondo le fonti, durante le indagini sono stati rinvenuti più di 12 modem in diverse gru, e almeno uno sarebbe stato trovato all’interno della sala server di un porto statunitense. La presenza di componenti per le telecomunicazioni a bordo delle gru è spesso giustificata dalla necessità di monitorare le operazioni da remoto, ma in più di un caso la presenza di queste attrezzature non sarebbe stata richiesta dalla società produttrice. Il mese scorso, la Casa Bianca ha annunciato investimenti per oltre 20 miliardi di dollari sulla sicurezza dei porti nazionali, anche con l’obiettivo di dismettere le gru cinesi. Le spese saranno coperte dal pacchetto infrastrutturale da mille miliardi di dollari approvato nel 2021 dal Congresso Usa. A produrre le nuove gru portuali sarà una controllata statunitense della compagnia giapponese Mitsui.

    La decisione delle autorità federale segue un’inchiesta pubblicata lo scorso anno proprio dal “Wall Street Journal”, che ha riferito dei timori dei dirigenti statunitensi in merito ai rischi di spionaggio e sabotaggio legati alla presenza nei porti Usa (alcuni utilizzati anche dalle forze armate) di un enorme numero di gru giganti fabbricate da colossi statali cinesi. La preoccupazione di Washington è che i software impiegati dalle gru possano essere manipolati dalla Cina, in particolare nel caso di un conflitto nello Stretto di Taiwan o altrove. Le gru impiegate nei porti statunitensi, per l’80 per cento prodotte dalla cinese Zpmc, dispongono inoltre di sensori sofisticati che possono registrare e tracciare l’origine e la destinazione dei container in transito, consentendo così potenzialmente a Pechino di assumere informazioni sulla ricezione o sulla spedizione di materiale (anche militare) da parte degli Usa.

  • Proseguono le schermaglie tra Cina e Filippine

    Le Filippine non consentiranno alla Cina di rimuovere l’avamposto militare mantenuto sulla Brp Sierra Madre, nave di fabbricazione statunitense incagliata dal 1999 nell’atollo di Second Thomas Shoal, parte del conteso arcipelago delle Isole Spratly, nel Mar Cinese Meridionale. Lo ha chiarito il vicecomandante della Marina filippina, Roy Trinidad, aggiungendo che Manila non consentirà neanche la realizzazione di alcuna struttura in un’altra area “calda” del Mar Cinese Meridionale, quella della secca di Scarborough. “Si tratta di linee rosse per le Filippine e per le loro forze armate”, ha dichiarato Trinidad in una conferenza stampa. L’ufficiale ha ricordato come tali “linee rosse” fossero state già tracciate dalla precedente amministrazione filippina, guidata dall’ex presidente Rodrigo Duterte, cui dal maggio del 2022 è succeduto l’attuale capo dello Stato Ferdinand Marcos Junior.

    Le parole dell’ufficiale rappresentano l’ennesima tappa di una schermaglia in atto da tempo tra i due Paesi e giungono dopo che 4 membri dell’equipaggio di una nave filippina sono rimasti feriti in un attacco con cannoni ad acqua sferrato dalla Guardia costiera di Pechino contro l’imbarcazione filippina Uniza May 4 che stava effettuando una missione di rifornimento dell’avamposto militare a Second Thomas Shoal, una secca al centro di una lunga controversia territoriale con la Cina. L’incidente si è verificato poco dopo la collisione tra due imbarcazioni causata dalle “pericolose manovre di blocco” di un pattugliatore cinese, denunciato il 5 marzo da Manila. Poche ore più tardi, due navi della Guardia costiera cinese avrebbero attaccato la nave filippina con cannoni ad acqua, mandandone in frantumi il parabrezza e provocando il ferimento di quattro persone a bordo. Nella stessa giornata, il governo filippino ha convocato il vice responsabile della missione cinese a Manila, Zhou Zhiyong, cui ha espresso una formale protesta per l’incidente. La portavoce del ministero degli Esteri cinese Mao Ning, dal canto suo, ha difeso come “professionali e giustificate” le manovre della Guardia costiera cinese, denunciando violazioni delle acque territoriali.

    Le Filippine hanno accusato ieri la Guardia costiera cinese di aver effettuato “manovre pericolose” risultate in una collisione con una imbarcazione della Guardia costiera filippina impegnata in una “missione di rifornimento” presso Second Thomas Shoal. Secondo il portavoce della Guardia costiera delle filippine, Jay Tarriela, la collisione ha causato “danni strutturali di lieve entità” al vascello filippino. “Le loro azioni sconsiderate e illegali hanno causato la collisione”, ha accusato il portavoce tramite un messaggio pubblicato su X (Twitter), accompagnato da un video in cui è ripreso il momento dell’urto tra le due imbarcazioni. La Guardia costiera cinese ha affermato tramite una nota di aver assunto misure contro una imbarcazione filippina che si era “introdotta illegalmente” nelle acque rivendicate d Pechino. Secondo la nota, Manila condurrebbe “provocazioni deliberate” nei confronti della Cina, e alimenterebbe “propaganda tesa a minare la pace e la stabilità nel Mar Cinese Meridionale”.

    Dall’insediamento del presidente filippino Ferdinand Marcos Junior, nel maggio del 2022, per la sorpresa di numerosi osservatori che attribuivano al nuovo leader l’intenzione di perseguire una politica estera filo-cinese simile a quella del suo predecessore Rodrigo Duterte, le relazioni tra Filippine e Cina si sono rapidamente deteriorate. Manila ha rafforzato la cooperazione in materia di difesa con gli Stati Uniti, aumentando la frequenza e le dimensioni delle regolari esercitazioni congiunte e, soprattutto, concedendo alle forze armate Usa la possibilità di stanziare i propri uomini in quattro nuove basi militari nel Paese del sud-est asiatico, oltre alle cinque già previste da un accordo firmato nel 2014. Una concessione che Pechino ha fortemente criticato, anche perché due delle nuove basi sono distanti meno di 400 chilometri dall’isola di Taiwan, che la Cina continua a considerare una sua provincia, e potrebbero essere utilizzate dalle forze statunitensi in caso di conflitto nello Stretto.

    Negli ultimi mesi i rapporti tra Cina e Filippine sono stati inoltre costellati da numerosi incidenti nelle acque del Mar Cinese Meridionale, bacino attraverso il quale passa oltre il 60 per cento del commercio mondiale via mare, circa 5.300 miliardi di dollari di merci l’anno, e il 65 per cento del commercio estero della Cina. Pechino ne rivendica la quasi totalità sulla base della cosiddetta “linea dei nove tratti”, che dagli anni Quaranta del secolo scorso delimita la porzione di mare che la Cina considera sotto la propria sovranità. A opporsi alle rivendicazioni cinesi sono Taiwan e tutti i Paesi rivieraschi: il Vietnam, la Malesia, l’Indonesia, Brunei e le Filippine. Con il crescere delle ambizioni internazionali della Cina di Xi Jinping è aumentata anche l’aggressività di Pechino, che negli ultimi anni ha dato il via a una corsa alla militarizzazione di tanti degli atolli e delle scogliere che puntellano il Mar Cinese Meridionale, così come più frequenti si sono fatti gli incidenti e i rischi di scontri tra navi militari e civili dei Paesi rivieraschi. Sempre più spesso, negli ultimi mesi, tali episodi hanno riguardato le Guardie costiere di Cina e Filippine e, soprattutto, l’atollo Second Thomas Shoal (conosciuto anche come Ayungin), nelle isole Spratly.

    Qui dal 1999 è incagliata la Brp Sierra Madre, una nave militare di fabbricazione statunitense che la Marina filippina utilizza come avamposto nell’arcipelago. Quest’ultimo rientra all’interno della Zona economica esclusiva (Zee) di Manila, come confermato nel 2016 anche da una sentenza della Corte permanente di arbitrato de L’Aja che tuttavia è sempre stata ignorata da Pechino. La Cina, che considera le Spratly parte del proprio territorio, utilizza frequentemente la propria Guardia costiera per allontanare, spesso con l’utilizzo di cannoni ad acqua, le navi filippine inviate da Manila in missione di rifornimento ai militari di stanza alla Brp Sierra Madre.

  • Nuovi sconti sul mercato cinese, Tesla incalza Byd in casa sua

    La casa automobilistica statunitense Tesla ha varato nuovi incentivi in Cina per fidelizzare e aumentare la quota di clienti nel mercato nazionale, dove è alle prese con una serrata guerra dei prezzi con rivali locali come Build Your Dreams (Byd). Come riferito dall’azienda di Elon Musk in una nota pubblicata sul social network Weibo, la casa automobilistica offrirà incentivi fino a 4.807 dollari a quanti acquisteranno esemplari invenduti di berline Model 3 e Suv Model Y entro la fine del mese. Tesla offrirà anche piani di finanziamento preferenziali a tempo determinato per l’acquisto di Model Y, che garantiranno agli acquirenti un risparmio fino a 2.306 dollari.

    Gli incentivi comprendono anche uno sconto di 1.111 dollari sui prodotti assicurativi e sconti pari a 1.389 dollari per modifiche alla colorazione dell’auto. A fronte del rallentamento della domanda e alla crescente concorrenza in Cina, Tesla ha tagliato i prezzi su alcune tipologie di Model 3 e Y a gennaio, offrendo sconti in contanti per alcune Model Y dal primo febbraio. Il suo più grande rivale locale, Byd, ha abbassato oggi il prezzo di lancio di una nuova versione del suo Suv ibrido Song Pro del 15,4%. Byd ha detronizzato Tesla come principale produttore di veicoli elettrici nel quarto trimestre.

    Sull’altra sponda del Pacifico, l’amministrazione del presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha mosso i primi passi verso la chiusura del mercato automobilistico statunitense ai veicoli elettrici connessi a Internet di produzione cinese, sulla base di considerazioni legate alla sicurezza nazionale. Il dipartimento del Commercio Usa ha avviato proprio un’indagine a carico dei veicoli elettrici cinesi connessi alla rete, argomentando che Pechino potrebbe utilizzarli come mezzo per appropriarsi di informazioni sensibili. L’indagine è il primo passo di un processo che potrebbe condurre a restrizioni sulle vetture elettriche importate dalla Cina, e fonti dell’amministrazione presidenziale citate dalla stampa Usa hanno evidenziato che l’indagine potrebbe sostenere “un’ampia gamma di risposte politiche” alle auto elettriche a basso costo cinesi, che stanno rapidamente guadagnando ampie quote del mercato globale della mobilità alternativa.

    In una nota diffusa ieri dalla Casa Bianca, Biden ha affermato che “la Cina è determinata a dominare il futuro del mercato dell’auto, anche tramite pratiche inique”. Secondo il presidente Usa, “le politiche della Cina potrebbero inondare il nostro mercato di veicoli, ponendo un rischio per la sicurezza nazionale. Non lascerò che accada sotto il mio sguardo”, afferma la nota.

  • L’Auto di Troia

    Con la tipica superficialità di una civiltà ormai prossima all’estinzione e sostenuti da un mondo retroambientalista, espressione di un totale scollegamento da ogni problematica della vita quotidiana, l’arrivo delle auto cinesi nel mercato europeo sta già dimostrando i propri devastanti effetti.

    Forte di aiuti statali (oltre sessanta miliardi solo lo scorso anno) le aziende cinesi stanno utilizzando la deriva ambientalista massimalista per imporre i propri prodotti elettrici usando a proprio vantaggio le aperture del mercato globale assieme al dumping fiscale e retributivo.

    Questa logica, quindi, non risponde alle regole del libero mercato, come l’intero mondo progressista europeo ancora crede, ma piuttosto ad una implicita e velata volontà politica di dominio sulle economie occidentali della stessa Cina.

    L’invasione cinese, i cui disastrosi effetti risultano decisamente sottostimati ancora oggi, attraverso la depatrimonializzazione del settore automobilistico europeo, il quale ad oggi conta 13 milioni di occupati e determina l’8% del Pill, con le autovetture elettriche cinesi si pone come obiettivo strategico e politico l’abbattimento dell’intero sistema economico e contemporaneamente del benessere diffuso in Europa legato a decenni di crescita del settore industriale Automotive.

    L’auto cinese, così, diventa l’Auto di Troia finalizzata a rendere l’intero continente dipendente economicamente e tecnologicamente dalla superpotenza cinese, un dominio facilitato dalla stessa digitalizzazione.

    In altre parole, mentre il mondo occidentale è distratto dal conflitto russo ucraino il colosso cinese ha avviato una “unconventional war” nei confronti dell’intero asset Automotive europeo, potendo anche contare sulla colposa o magari dolosa complicità della Commissione Europea e di tutte le forze ambientaliste, nessuna delle quali è in grado di comprendere come in gioco non ci sia tanto il livello di emissioni quanto lo stesso concetto di democrazia.

    La complicità delle istituzioni europee, Commissione e Parlamento europei, i quali hanno imposto il divieto di vendita di auto a motore endotermico (unici al mondo), permette di intravedere non tanto una colposa ignoranza quanto una dolosa compromissione con gli interessi cinesi, forti anche di una trentennale incapacità di elaborazione di strategie economiche dalla stessa UE.

    L’auto cinese rappresenta il Cavallo di Troia utilizzato dalla dittatura cinese per ridurre in schiavitù economica e digitale l’intera Europa. Sarà la storia a chiarire se esista una compromissione diretta o meno di tutti gli ambienti favorevoli alla transizione ecologica con il colosso cinese. Di certo la Cina nell’ultimo anno ha aumentato le emissioni di un altro +5%, il che rende inutile ogni risparmio energetico europeo.

    Dall’Eneide, poema epico di Virgilio, siamo passati alla realtà scritta da una classe politica e dirigente europea e nazionale assolutamente incapace di leggere le sfide per la sopravvivenza economica e l’indipendenza politica nel futuro del nostro continente.

  • Russia e Cina consolidano la loro presenza in Libia

    Russia e Cina rafforzano la loro presenza in Libia con l’apertura dell’ambasciata russa a Tripoli, al capitale sotto il controllo del Governo di unità nazionale (Gun), e le crescenti attività di un misterioso consorzio di Pechino in Cirenaica, la regione orientale dominata dall’Esercito nazional libico (Lna) del generale Khalifa Haftar.

    Il 22 febbraio, Mosca ha compiuto un passo significativo nel consolidamento delle sue relazioni con la Libia riaprendo la sua ambasciata nella capitale, sette mesi dopo la presentazione delle lettere credenziali dell’ambasciatore russo, Haider Aghanin, al Consiglio presidenziale libico, organo tripartito che svolge le funzioni di capo di Stato. Mosca aveva da tempo avviato le procedure per il pieno ripristino della sua missione diplomatica a Tripoli, chiusa nel 2014, e rafforzato le relazioni con il Gun, l’organo esecutivo libico riconosciuto dalle Nazioni Unite. L’apertura della sede diplomatica concretizza ora questo avvicinamento tra Mosca e l’amministrazione della Libia occidentale. Non solo. Mosca ha fissato l’apertura entro l’anno in corso di un consolato generale a Bengasi, il capoluogo della Libia orientale dove la Russia mantiene una presenza militare nella Libia tramite i combattenti dell’ex gruppo Wagner, oggi contrattualizzati con il ministero della Difesa russo.

    La cerimonia di apertura dell’ambasciata russa ha visto la partecipazione del ministro del Petrolio e del gas del Governo di unità nazionale, Mohamed Aoun, e del ministro della Cultura e dello sviluppo della conoscenza, Mabrouka Toghi. Citato dal quotidiano libico “Al Wasat”, Aoun ha sottolineato che la riapertura dell’ambasciata russa a Tripoli rappresenta un “passo importante” che rafforzerà le relazioni bilaterali e promuoverà la cooperazione tra i 2 Paesi, inviando alla comunità internazionale il “messaggio forte” che la Libia sta consolidando la sua stabilità e sicurezza. Il ministro ha evidenziato inoltre l’importanza della collaborazione nel settore energetico, sottolineando che la cooperazione nel campo dell’energia, del petrolio e del gas rappresenta uno degli aspetti più vitali delle relazioni tra Russia e Libia. Durante un discorso tenuto in arabo, l’ambasciatore russo Haider Aghanin ha annunciato anche l’imminente apertura del consolato generale a Bengasi, confermando l’impegno verso una presenza più attiva e una cooperazione duratura nella regione. Il diplomatico russo ha detto che le relazioni tra la Federazione Russa e la Libia stanno entrando in una “nuova era di cooperazione e comprensione reciproca”. L’ambasciatore ha inoltre annunciato che l’ambasciata russa celebrerà il 70esimo anniversario delle relazioni bilaterali il prossimo 25 settembre 2025, evidenziando il significato profondo di questo impegno.

    Nella stessa giornata del 22 febbraio, il presidente della Camera dei rappresentanti della Libia, Aguila Saleh, ha ricevuto il responsabile del consorzio cinese Bfi, Saleh Attia, alleanza tra imprese guidata dalla China Railways International Group Company, e il ministro dell’Economia del cosiddetto Governo di stabilità nazionale (Gsn) non riconosciuto dall’Onu con sede nell’est del Paese, Ali al Saidi. Al centro dei colloqui, riferisce l’ufficio stampa del Parlamento libico con sede nell’est, gli ultimi sviluppi relativi ai progetti nel campo delle fonti rinnovabili di energia, come la costruzione di centrali di energia solare a Kufra, Al Makhlili e Tamanhint, ma anche delle infrastrutture, come il progetto ferroviario per collegare il capoluogo cirenaico Bengasi alla città mediterranea di Marsa Matrouh, in Egitto, passando per la municipalità di Musaed al confine tra libico-egiziano. Un memorandum d’intesa su questo progetto è stato firmato il 9 febbraio. Vale la pena ricordare che 2 mesi fa circa, alcune aziende cinesi avevano stretto un accordo con il capo del cosiddetto Fondo per la ricostruzione della Libia, Belkacem Haftar, figlio del comandante dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (Enl), Khalifa Haftar, per la ricostruzione della città di Derna e delle zone colpite dalle devastanti inondazioni che hanno colpito la regione orientale della Libia lo scorso mese di settembre. A fine ottobre, il ministro “orientale” Al Sidi aveva dichiarato a “Radio France International” che “la Cina è oggi la potenza effettiva che potrebbe costruire ponti, infrastrutture e strade in brevissimo tempo”. Secondo il ministro, la Cina starebbe finanziando in Libia un progetto da 30 miliardi di dollari (28 miliardi di euro) per costruire metropolitane proprio attraverso il consorzio Bfi. “In realtà si tratta di informazioni esclusive che nessuno conosce tranne il mio ministero e le parti coinvolte nell’accordo”, aveva aggiunto Al Sidi.

    Fonti libiche di “Agenzia Nova” a Tripoli hanno riferito che allo stato attuale non risultano avviati investimenti cinesi nel comparto delle infrastrutture nordafricane. Però, sarebbe sbagliato sottovalutare il ruolo che la Cina ha giocato e sta ancora giocando in Libia. Prima della guerra civile del 2011, la cinese China National Petroleum Corp disponeva di una forza lavoro in Libia di ben 30 mila operai e tecnici cinesi, riuscendo ad incanalare oltre il 10 per cento delle esportazioni di greggio “dolce” libico. Ma è soprattutto nel settore delle infrastrutture, marchio di fabbrica dei progetti di Pechino “chiavi in mano”, che la Cina ha puntellato la sua presenza in Libia. Ai tempi dell’ex Jamahiriya del colonello Muammar Gheddafi, China Railway aveva avviato in Libia 3 importanti progetti del valore totale di 4,24 miliardi di dollari. Il caos della guerra civile ha bloccato tutto, ma una possibile stabilizzazione (o partizione) del Paese potrebbe far ripartire i progetti.

  • Piccione arrestato in India per 8 mesi come sospetta spia della Cina

    Un piccione sospettato di essere stato inviato dalla Cina a scopo di spionaggio è stato catturato in India e tenuto in custodia per otto mesi, per poi essere liberato. Lo riferisce l’agenzia di stampa “Press Trust of India” (“Pti”), citando la polizia di Mumbai. L’uccello, infatti, secondo quanto riportato, è stato catturato lo scorso maggio nel sobborgo di Chembur della capitale dello Stato del Maharashtra.

    Alle zampe aveva due anelli, uno di rame e uno di alluminio, mentre sul lato inferiore di entrambe le ali c’erano messaggi scritti in cinese. Il volatile è stato trattenuto nella clinica veterinaria Bai Sakarbai Dinshaw Petit per tutta la durata delle indagini, che hanno però dimostrato l’infondatezza del sospetto. Alla fine, infatti, si è scoperto che il piccione era stato impiegato in una gara in acque aperte organizzata a Taiwan ed era fuggito. Chiusa l’inchiesta per spionaggio, la polizia ha autorizzato la liberazione, avvenuta l’altro ieri, assicurando che l’animale era in buone condizioni di salute.

  • Cina pronta a infettare di nuovo il mondo?

    Scrive Valeria Aiello su Fanpage che la Cina sta sperimentando un nuovo coronavirus simile a quello del Covid che ha “un tasso di mortalità del 100% nei topi”. Secondo quanto riferito, la variante killer, nota come GX_P2V, è stata inizialmente scoperta nel 2017 nei pangolini malesi e conservata in un laboratorio di Pechino. Sperimentata su topi “umanizzati”, cioè geneticamente modificati per esprimere il recettore ACE2 umano con l’obiettivo di valutare la sua capacità di causare malattia negli esseri umani, la forma mutata di Sars-Cov-2 ha mostrato un impatto letale nei roditori.

    Tutti i topi infettati dall’agente patogeno sono morti entro otto giorni, un evento che i ricercatori cinesi hanno descritto come “sorprendentemente” rapido, scrive ancora la Aiello. Gli studiosi, coordinati da Lai Wei, Shuiqing Liu e Shanshan Lu del College of Life Science and Technology dell’Università di tecnologia chimica di Pechino, hanno inoltre riscontrato alti livelli di carica virale nel cervello dei roditori, suggerendo che la causa della loro morte possa essere collegata a un’infezione cerebrale. Una prima versione in preprint dello studio è stata pubblicata all’inizio di questo mese su bioRxiv.

    Il virus, denominato GX_P2V, è un mutante del coronavirus GX/2017, un patogeno correlato a SARS-Cov-2 identificato prima della pandemia di Covid nei pangolini in Malesia. Conservato in un laboratorio di Pechino, si è adattato alla coltura cellulare, evolvendosi in una forma mutata che possiede una delezione di 104 nucleotidi all’estremità 3’-UTR del suo RNA.

    Questa variante, si legge ancora nell’articolo, adattata è stata quindi analizzata allo scopo di valutare se potesse causare malattia nei topi transgenici che esprimono il recettore ACE2 umano (hACE2). Lo studio non specifica però quando sia stata condotta la sperimentazione, lasciando incertezze sulla reale sequenza temporale delle mutazioni.

    Nei giorni precedenti alla loro morte, i topi infettati hanno iniziato a mostrare una diminuzione del peso corporeo a partire dal 5° giorno dopo l’infezione, raggiungendo una riduzione del 10% rispetto al peso iniziale entro il 6° giorno. Entro il 7° giorno dall’infezione, i topi “mostravano sintomi come piloerezione (pelle d’oca, ndr), postura curva e movimenti lenti, e i loro occhi diventavano bianchi” hanno precisato i ricercatori. Secondo quanto riportato dal Daily Mail, sono state rilevate in vari organi, tra cui cervello, polmoni, naso, occhi e trachea, suggerendo un modello di infezione unico rispetto al Covid.

    Lo studio ha suscitato preoccupazione nella comunità scientifica, per il potenziale rischio di diffusione di GX_P2V negli esseri umani e sollevato interrogativi sulle misure di biosicurezza impiegate durante la ricerca. “Questa follia deve essere fermata prima che [sia] troppo tardi”, ha scritto su X il dottor Gennadi Glinsky, professore in pensione della School of Medicine di Stanford. Anche il professor Francois Balloux, esperto di malattie infettive dell’University College di Londra, sempre su X ha descritto la ricerca cinese come “uno studio terribile, totalmente inutile scientificamente”.

    Dello stesso avviso Richard Ebright, chimico della Rutgers University di New Brunswick, nel New Jersey. “Il preprint non specifica il livello di biosicurezza e le precauzioni utilizzate per la ricerca – ha evidenziato l’esperto – . L’assenza di queste informazioni solleva la preoccupante possibilità che parte o tutta questa ricerca, come la ricerca a Wuhan nel 2016-2019 che probabilmente causò la pandemia di Covid-19, sia stata condotta in modo sconsiderato senza il contenimento minimo di biosicurezza e le pratiche essenziali per la ricerca con un potenziale agente patogeno pandemico”.

  • Le auto elettriche cinesi iniziano a impensierire Tesla e Musk

    I cinesi di Byd Auto, sbarcati negli Usa nel 2011 col sostengo di un super investitore come Warren Buffett, stanno iniziando a preoccupare Elon Musk e Tesla, che a suo tempo non videro in loro un serio rivale e che oggi invece hanno iniziato a fare pressioni affinché vengano introdotti dazi e barriere commerciali.

    Il drastico cambio di pensiero è arrivato dopo la pubblicazione dei conti del quarto trimestre del 2023 di Tesla. Musk ha riconosciuto che le aziende automobilistiche cinesi “avranno un successo significativo al di fuori dalla Cina”: “Sono estremamente buone. Se non vengono fissate delle barriere, demoliranno tutte le altre aziende automobilistiche nel mondo.”

    Produttrice di auto non proprio per tutte le tasche, in assenza di dazi e divieti, Tesla potrebbe perdere terreno molto velocemente. Già negli ultimi tempi il colosso di Musk aveva provato a ridurre i prezzi dei modelli attuali, ma a fare la differenza saranno modelli di auto elettriche accessibili a più persone possibili e su questo Tesla è ancora molto indietro. Proprio per questo la casa automobilistica americana ha confermato l’avvio della produzione di una vettura economica, una crossover compatta al momento ribattezzata Redwood, con l’obiettivo di aumentare la competitività dell’azienda. Secondo quanto pronosticato dallo stesso Musk, tuttavia, il nuovo modello di auto elettrica dovrebbe entrare in produzione nell’azienda di Tesla in Texas nella seconda metà del 2025.

  • Parlamentari tedeschi e belgi quinta colonna cinese nei loro Paesi

    Spie cinesi hanno reclutato deputati tedeschi e belgi, influenzandone “con successo” le iniziative parlamentari, sia nei rispettivi Paesi sia al Parlamento europeo. In particolare, si tratta di esponenti di formazioni di estrema destra, come il partito nazionalconservatore Alternativa per la Germania (Afd). È quanto dimostrano “centinaia di messaggi” di un funzionario del ministero per la Sicurezza dello Stato della Cina, con il nome in codice di “Daniel Woo”, come rivela un’inchiesta realizzata congiuntamente dal settimanale “Der Spiegel” e dai quotidiani “Le Monde” e “Financial Times”.

    Nel reclutamento di politici europei di estrema destra, la Cina ha “copiato” la strategia già attuata dall’intelligence russa. I contatti di Woo vanno dal gruppo di Afd al Bundestag a Frank Creyelman, un ex deputato del partito di estrema destra belga Interesse fiammingo (Vb) che l’agente cinese avrebbe retribuito con versamenti in contanti. In particolare, nel 2019, Creyelman avrebbe fornito al suo referente di Pechino un profilo del presidente del Consiglio europeo Charles Michel comprendente le sua “opinioni politiche, personalità, hobby e visione” della Cina. In un’altra occasione, si trattava di “impedire o disturbare un evento su Taiwan al Parlamento europeo”. Per i suoi compiti, l’esponente del Vb avrebbe ricevuto somme che vanno dai seimila ai diecimila euro, nonché pagamenti in criptovaluta.

    Per servire gli interessi dell’intelligence cinese, Creyelman si è poi detto disponibile a utilizzare sia i suoi contatti in Afd sia suo fratello Steven, deputato del Vb al parlamento del Belgio dove siede nelle commissioni Difesa e Salute. I compiti di Woo interessano l’intero spettro delle questioni su cui la Cina intende esercitare influenza: Taiwan, Tibet e uiguri, la minoranza musulmana dello Xinjiang. In particolare, Woo si concentrava sui rapporti tra Ue e Stati Uniti, affinché venissero resi più difficili o “distrutti”. In un messaggio invito a Creyelman, l’agente cinese scrive: “Finora ti ho chiesto di procurare informazioni, ora agiamo anche, come con l’interrogazione in parlamento”.

    Woo risulta noto ai servizi segreti occidentali come impiegato presso la sede del ministero per la Sicurezza dello Stato cinese ad Hangzhou, nella provincia dello Zhejiang, e già operativo in Polonia nel 2015. Inoltre, l’agente e dei suoi colleghi avrebbero tentato di reclutare funzionari e deputati tedeschi, nonché loro assistenti, su LinkedIn. Con Creyelman, Woo ha discusso anche di come corrompere “rappresentanti del Vaticano” affinché la Santa Sede pubblicasse un messaggio favorevole alla Cina. In occasione delle visite a Pechino effettuate nel 2022 dal cancelliere tedesco Olaf Scholz e dal presidente francese, Emmanuel Macron, Woo ha scritto a Creyelman che si doveva far in modo di diffonder l’idea secondo cui “Stati Uniti e Regno Unito destabilizzano l’approvvigionamento di energia in Europa”. A tal fine, eurodeputati di estrema destra avrebbero dovuto diffondere al Parlamento europeo un messaggio secondo cui Usa e Regno Unito “causano soltanto problemi” all’Ue, che è invece “sostenuta dalla Cina”. Il messaggio avrebbe poi dovuto essere diffuso dai mezzi di informazione durante le visite di Scholz e Macron a Pechino.

    Creyelman ha risposto: “In Germania, tramite Afd, possiamo esortare la delegazione tedesca a parlare apertamente con le autorità cinesi, invece di limitarsi a seguire la strategia degli Stati Uniti”. L’esponente del Vb propose poi a Woo di sfruttare a fini propagandistici la guerra mossa dalla Russia contro l’Ucraina. All’agente cinese, Creyelman ha scritto che si poteva chiedere “ai nostri deputati tedeschi e francesi” di proporre una mediazione di Pechino tra Mosca e Kiev, così da far “inc… gli Usa”. Nella chat con Woo, Creyelman fa riferimento a Waldemar Herdt, deputato di Afd al Bundestag dal 2017 al 2022, definendolo “filocinese” e capace di influenzare altri rappresentanti al parlamento tedesco. Herdt ha negato di conoscere l’ex deputato belga e ha smentito di essere un sostenitore della Cina. Tuttavia, l’esponente di Afd, nato in Kazakhstan nel 1962 e trasferitosi in Germania nel 1993, è noto per essere vicino alla Russia così come il suo partito. A sua volta, nel corso di un’intervista rilasciata all’agenzia di stampa “Sputnik”, Creyelman si è presentato come un attore centrale della svolta filorussa dell’estrema destra europea e ha aggiunto: “Siamo stati i motori che hanno portato i governi un po’ più vicini alla Russia”.Allo stesso tempo, Afd ha aperto alla Cina dopo averla criticata per lungo tempo.

    La copresidente del partito di Tino Chrupalla, Alice Weidel, si è recata in visita a Shanghai e a Pechino nel giugno scorso e ha in seguito affermato che in Cina si è “molto entusiasti” del lavoro dei nazionalconservatori “a Berlino”. Weidel ha poi sottolineato che Pechino intende intensificare i contatti con Afd e “i prossimi passi sono già in fase di pianificazione”. Intanto, come capolista alle elezioni europee del 2024, il partito ha scelto Maximilian Krah, sostenitore di posizioni filocinesi. In particolare, l’esponente di Afd è contrario alla rimozione dalla rete 5G della Germania dei componenti dell’azienda per le telecomunicazioni cinese Huawei, sospettata di attività di spionaggio per l’intelligence di Pechino. Krah ha poi dichiarato che se l’Europa vuole essere “un attore globale indipendente e non soltanto un vassallo degli americani”, allora deve avere “buoni rapporti con la Cina”, oggetto di una “sfiducia generale”. Inoltre, il capolista di Afd alle prossime europee ha respinto le accuse di oppressione in Tibet e di violazioni dei diritti umani degli uiguri dello Xinjiang, spesso lanciate contro la potenza asiatica. Al Parlamento europeo, dove è deputato dal 2019, Krah ha votato nel 2021 contro la proposta per una nuova strategia dell’Ue nei confronti della Cina. Nel testo si chiedeva una politica più severa verso il Paese e la Commissione europea veniva esortata a “contrastare” sia i finanziamenti cinesi per i “nostri processi democratici”sia i tentativi di Pechino di “cooptazione di alti funzionari ed ex deputati dell’Ue”.

    Krah avrebbe inoltre affermato che, in un’Afd “ideale, chiederemmo noi stessi l’annessione di Taiwan”. Interpellato in merito, l’eurodeputato dei nazionalconservatori ha dichiarato di non ricordare di aver pronunciato queste parole. Tuttavia, è accertato che uno dei collaboratori di Krah è di origine cinese e avrebbe offerto ai giovani di Afd viaggi in Cina, con soltanto i voli a loro spese. Il capolista di Afd alle europee ha negato di avere contatti con “dipartimenti governativi cinesi diversi dai rappresentanti ufficiali della diplomazia cinese a Bruxelles”. In merito al suo collaboratore, Krah ha dichiarato di non disporre di “elementi che gli facciano dubitare della sua lealtà e affidabilità”.

    Nei messaggi tra Creyelman e Woo appaiono riferimenti a Manuel Ochsenreiter, esponente dell’estrema destra tedesca e diffusore della propaganda russa che ha svolto attività di consulenza per un deputato di Afd al Bundestag, Markus Frohmaier. Secondo fonti russe, il parlamentare dei nazionalconservatori è “assolutamente sotto il controllo” di Mosca. Inoltre, Ochsenreiter ha collaborato con un cittadino polacco, accusato dalle autorità del suo Paese di spionaggio per la Russia e la Cina, con la complicità di Woo. Per Afd, Ochsenreiter avrebbe lavorato come intermediario tra Mosca e Pechino. L’estremista di destra, che conosceva Creyelman con cui Woo intendeva farlo viaggiare in Cina, è deceduto a Mosca per infarto nel 2021. “Brutte notizie”, scrisse l’agente cinese in un messaggio all’ex deputato del Vb. Nel 2022, Woo chiese a a Creyelman di reclutare Martin Selmayr, già capo di gabinetto del presidente della commissione europea Jean-Claude Juncker, in carica dal 2014 al 2019. Dalle risposte dell’ex deputato del Vb non è chiaro quale esito abbia avuto la richiesta. Dal 2019 rappresentante della Commissione europea a Vienna, Selmayr ha negato di aver avuto contatti con Woo o Creyelman.

  • Huawei costruirà una propria fabbrica in Francia l’anno prossimo

    Il colosso delle telecomunicazioni cinese Huawei dovrebbe dare il via alla costruzione di una fabbrica in Francia il prossimo anno, la prima in Europa nonostante la messa al bando della tecnologia 5G dell’azienda. Lo rivelano fonti riservate citate dal sito di notizie “Channel News Asia”. L’impianto sarà realizzato a Brumath con un investimento di 200 milioni di euro. L’apertura del cantiere era stata inizialmente fissata al 2020, salvo poi essere posticipata a causa della pandemia di Covid-19.

    Il progetto s’inserisce nel quadro delle tensioni commerciali tra la Cina e l’Unione europea, che sta adottando una politica di riduzione del rischio con l’obiettivo di limitare la dipendenza dal Paese asiatico. La Commissione europea ritiene inoltre che i fornitori cinesi di apparecchiature per telecomunicazioni Huawei e ZTE siano un rischio per la sicurezza del blocco. Lo scorso giugno, il commissario per il mercato interno Thierry Breton ha invitato i 27 Stati membri e gli operatori di telecomunicazioni a escludere queste apparecchiature dalle loro reti mobili.

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