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La parità di genere manca anche nell’accesso ai centri per curare le tossicodipendenze

Si intitola “Una via d’uscita alla portata di tutte” (#RimuovileBarrierediGenere) la campagna che Dianova International, alla quale aderisce anche Dianova Italia, ha lanciato in occasione della Giornata internazionale contro il consumo e il traffico illecito di droga, il 26 giugno, per porre l’attenzione sulla necessità di poter contare su servizi inclusivi e accessibili per tutti e tutte. Le dipendenze non fanno discriminazioni di genere, ma il genere invece condiziona l’accesso ai servizi. Secondo una ricerca della UNODC (Ufficio delle Nazioni Unite sulla Droga e il Crimine) infatti solo il 20% delle persone che intraprendono un percorso di trattamento sono donne in un contesto in cui solo una persona su cinque con problemi di dipendenza da sostanze decide di rivolgersi ad un centro.

Da una parte, la campagna è una chiamata all’azione verso la politica e i professionisti del settore della salute e delle dipendenze e dall’altra vuole far conoscere questa problematica all’opinione pubblica al fine di rimuovere lo stigma verso le donne che utilizzano sostanze.

Gli ostacoli con cui si confrontano le donne sono molteplici: strutturali, sociali, culturali ma anche associati al genere come costrutto sociale; a questo poi va aggiunto il fatto che le donne che consumano sostanze soffrono maggiormente di episodi di violenza, da 2 a 5 volte maggiore, a confronto delle donne che non consumano sostanze. Tuttavia, la maggior parte dei servizi per le dipendenze sono costruiti pensando agli uomini, al loro profilo e alle loro necessità e non sempre si approccia l’aspetto della violenza di genere che risulta essere un punto chiave nel momento in cui si lavora con le donne che consumano sostanze.

Un dato che evidenza appunto la grande differenza all’accesso ai servizi è portato alla luce dalla relazione al Parlamento sulle tossicodipendenze 2022 che fa emergere come nel corso dell’anno in Italia i SerD abbiano assistito 123.871, di questi la maggior parte sono maschi (86%) e hanno mediamente quasi 42 anni risulta invece più giovane l’utenza di genere femminile, con un’età media di 40 anni.

Allo stesso tempo esistono anche pregiudizi tra i professionisti della salute e delle dipendenze verso le donne e questo, sommato spesso alla paura della perdita della custodia dei/delle figli/e e delle sanzioni legali, non incentiva le donne ad accedere ai servizi preposti; senza contare l’enorme stigma presente nella società sulle donne che consumano sostanze.

Le conseguenze della discriminazione e dei pregiudizi possono portare le persone, soprattutto le donne, a interiorizzare questo fenomeno.

Per questo, secondo Dianova sarebbero opportune misure che potrebbero essere promosse a livello di politiche e servizi per rafforzare la sensibilità di genere come progettare e attuare politiche sensibili che tengano conto delle esigenze specifiche legate al genere; lavorare attivamente per eliminare lo stigma nei confronti delle persone che fanno uso di droghe, ponendo particolare enfasi sulle donne; promuovere l’integrazione della dimensione di genere in tutte le politiche, le iniziative, i programmi e i servizi relativi alla droga; promuovere l’offerta di iniziative che incoraggino le donne con figli a carico ad accedere ai servizi per le dipendenze; investire nella formazione dei professionisti in modo che vengano incluse le esigenze specifiche di genere all’interno dei programmi di trattamento.

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