Attualità

Le due inflazioni e le imbarazzanti deduzioni

Grande risonanza hanno ottenuto, all’interno dei maggiori quotidiani nazionali, le deduzioni dai dati statistici presentati dall’Istat relativi al tasso di inflazione differenziale tra famiglie maggiormente e meno abbienti. A queste analisi statistico/numeriche, poi, sono seguiti altri imbarazzanti commenti riscontrabili nei maggiori media nazionali, anche economici.

L’Istituto di Statistica (ISTAT) rileva come alle spese energetiche (gas, benzina, gasolio, bollette elettriche) le famiglie con minori risorse destinino il 14.5% del proprio reddito mentre per le spese alimentari oltre il 17% con un tasso di inflazione combinato e complessivo dell’1,8%.

Viceversa le famiglie che appartengono alle fasce di reddito superiore destinano alle spese energetiche circa il 6,6% del proprio reddito mentre per quelle alimentari circa l’8,1%: con un conseguente tasso di inflazione combinato e complessivo del 1,3%.

E’imbarazzante soprattutto il quadro complessivo dei commenti e delle analisi a questi dati in quanto emergerebbe scontata ed evidente (da una semplice preparazione di base) la considerazione secondo la quale le spese energetiche rappresentino delle “spese  incomprimibili” alle quali nessuna famiglia possa sottrarsi indipendentemente dal reddito. Logica conseguenza evidenzierebbe, in modo inequivocabile, come il valore delle percentuali destinate per tali costi incomprimibili  dipendano fondamentalmente dal reddito disponibile. Una considerazione talmente elementare che non dovrebbe suscitare alcun commento a livello statistico e tantomeno economico ma da considerarsi come accettata.

Leggermente più complesso il confronto tra le diverse percentuali di reddito disponibile destinato alla spesa alimentare. Da un semplice confronto emerge evidente come il differenziale percentuale tra le due tipologie di spesa (energetica ed alimentare) aumenta nel caso di quella destinata ai generi alimentari: mentre il differenziale relativo alla sola spesa energetica è del 7,9% (14,5% e 6,6% tra famiglie appartenenti alle due fasce di reddito) nella spesa alimentare questo cresce fino all’ 8,9% (17% e 8,1% per fasce di reddito).

All’interno infatti della rilevazione statistica per le spese alimentari ma soprattutto nelle analisi conseguenti NON si dovrebbe dimenticare la legge di Engel. Questa dimostra come al crescere del reddito della percentuale di reddito aggiuntivo cresca progressivamente quello destinato al consumo di altri beni diversi da quelli alimentari. In altre parole, al crescere del reddito disponibile non aumenta in modo proporzionato la spesa destinata ai generi alimentari perché buona parte del reddito aggiuntivo viene impiegato nel consumo di altri beni di non prima necessità.

In più nelle fasce di reddito più basse l’alimentazione acquisisce una caratteristica di “consumo consolatorio” finalizzato al supporto di una condizione economica disagiata: risulta quindi percentualmente maggiore il differenziale con le fasce di popolazioni più agiate.

Tornando alle Rivelazioni Statistiche che tanto interesse hanno suscitato emerge evidente come quello che per molti rappresenta un quadro statistico “nuovo ed articolato” altro non è che un consolidato schema supportato da un minimo di conoscenza delle regole economiche di base.

I due diversi dati relativi alle due inflazioni o, meglio, il peso delle spese incomprimibili per fasce di reddito rappresentava per molti un fattore acquisito.

L’imbarazzo nasce dalla semplice considerazione come non lo fosse per tutti. Anzi per troppi.

Mostra altro

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio