Nel 1987 l’Unione europea dà vita al progetto Erasmus che consente agli studenti universitari dei Paesi membri dell’Unione europea di seguire un periodo di studi in un altro Stato. Nei 31 anni di vita, Erasmus ha consentito a 4,4 milioni di studenti, 663mila dei quali italiani, di frequentare l’università in un altro Paese della Ue. Se a questi studenti universitari si aggiungono quelli in formazione professionale, i partecipanti a scambi giovanili, i docenti e i volontari, ben 9 milioni di persone hanno potuto usufruire di un’esperienza Erasmus. Dal 2014 infatti Erasmus è divenuto Erasmus+, cioè un programma della Ue per istruzione, formazione, gioventù e sport, rivolto a tutti gli studenti dai 13 ai 30 anni, La Ue dal 2014 al 2020 ha stanziato 14,7 miliardi di euro per questa iniziativa, che offre non solo la possibilità di studiare in un altro Paese e quindi di conoscerlo ma è utile anche per creare quei cittadini europei che potranno, si spera, un domani risolvere i tanti problemi ancora irrisolti sia del loro Paese che dell’Unione.
L’Italia è il quarto Paese, dopo Spagna, Germania e Francia, per numero di giovani in partenza per altri Stati ed è al quinto poso, dopo Spagna, Germania, Francia e UK, per studenti europei ospitati nelle proprie università. Gli italiani scelgono principalmente Spagna, Germania, Francia, UK e Portogallo e gli studenti provengono anzitutto dall’Alma Mater di Bologna, dall’università degli Studi di Padova, dalla Sapienza di Roma, dall’Università degli Studi di Torino e dalla Statale di Milano. Le università italiane che accolgono più studenti dall’estero sono l’Alma Mater, la Sapienza, l’Università degli Studi di Firenze, il Politecnico di Milano e l’università di Padova. Secondo i dati a 5 anni dalla laurea il tasso di disoccupazione degli studenti Erasmus è più basso del 23% rispetto agli studenti non Erasmus.
Il progetto diventa sempre più importante rispetto alle note difficoltà che sta incontrando la Ue nell’affrontare temi incandescenti come quello dell’immigrazione, del terrorismo, della disoccupazione e della capacità di collaborazione e comprensione reciproca tra Paesi che per storia, tradizioni e abitudini, hanno sistemi non omogenei. La frequentazione di Erasmus non solo migliora complessivamente il grado di cultura ma aiuta anche i giovani a una maggiore consapevolezza delle realtà altrui. L’Europa per diventare effettivamente unita ha certamente bisogno di una politica comune, ma per realizzare una politica comune occorrono cittadini europei e cioè persone che rispettando le proprie nazionalità ed origini siano in grado di comprendere anche gli altri. E partire da giovani a conoscere realtà differenti, a sapersi confrontare ed integrare è un grande passo avanti per realizzare quell’unione di popoli che purtroppo è ancora lontana.