In Europa per rappresentare l’Italia. E lasciare le risse a casa
Finite le elezioni europee ed in attesa che finiscano anche i vari, e spesso astratti, commenti ed analisi del voto restano da affrontare i problemi europei e quelli italiani.
Cosa faranno i deputati, riconfermati o di prima nomina, tenuto conto che i capipartito, salvo Berlusconi, rimarranno in Italia, vista l’incompatibilità tra parlamento nazionale ed europeo e che perciò si dovrà creare quel raccordo Roma Bruxelles che fino ad ora non è mai esistito? I ministri italiani andranno a Bruxelles conoscendo i dossier da discutere, le priorità degli altri paesi per potere aprire trattative ed ottenere compromessi politici utili anche all’Italia o continueranno nelle polemiche sterili e nelle minacce a vuoto che hanno fino ad ora contraddistinto la nostra
politica? I governativi comprenderanno che se continueranno a parlare esclusivamente con i paesi che non accettano nessun migrante i migranti comunque continueranno ad arrivare proprio in Italia, mentre il problema è europeo a va discusso, con preparazione, decisione nella sostanza e moderazione nei toni, all’interno del Consiglio europeo? Capiranno che non è possibile ottenere un salario minimo europeo se prima non si realizza una comune politica economica attraverso la quale dare un nuovo impulso allo sviluppo e perciò alzare il tenore di vita, gli stipendi, nelle ex repubbliche dell’est? In caso contrario si rischia che il salario minimo porti ad abbassare i salari nei paesi più sviluppati.
Realizzare una politica economica comune, che ancora manca, e l’assenza della quale ci fa sopportare l’invasione di merci illegali e contraffatte, la delocalizzazione, la scorrettezza di troppe vendite on line, l’insicurezza doganale e l’ingiustizia fiscale mentre aumentano le nuove povertà e diminuisce costantemente la natalità. Nello stesso tempo non è possibile garantire stabilità e riprendere un progresso economico e sociale senza una politica estera comune, l’esempio della Libia valga per tutto e per tutti.
I nuovi deputati hanno chiaro che, al di là della loro appartenenza partitica, in Europa si rappresenta l’Italia, il suoi diritti, i suoi doveri, la sua immagine di paese fondatore e di potenza mondiale e che perciò le risse di casa si risolvono in casa e non nel Parlamento europeo? Hanno chiaro che studiare i dossier non significa dare retta ad una lobby o ad un sistema industriale ma sentire le varie parti, studiare i problemi, confrontarsi con i colleghi degli altri paesi per trovare alleanze e condivisioni? E i deputati dell’opposizione riusciranno ad avere la necessaria determinazione per affrontare i colleghi della maggioranza senza posizioni preconcette cercando di aprire la strada ad un nuovo e più significativo ruolo del Parlamento chiedendo ai colleghi di tutti i gruppi e di tutte le nazionalità di sostenere la richiesta di una nuova Convenzione europea come il percorso necessario per siglare quel nuovo trattato che realizzi il voto comunitario, almeno per alcuni temi, all’interno del Consiglio ed un vero potere legislativo per il Parlamento?
Nell’attesa continueremo in Italia, come sempre, ad assistere alle note risse da cortile sperando che si fermino qui e che, prima o poi, prevalga il buon senso ed il vero interesse nazionale del quale troppi parlano e troppi si dimenticano.