Europa

Pronto il piano della Ue per ridurre la dipendenza dai chip dall’Asia

L’Europa scommette sui microchip fatti in casa e lancia il suo piano da quasi 50 miliardi di euro per ridurre la dipendenza dai giganti asiatici. Dopo mesi di attesa, martedì Bruxelles svelerà in dettaglio il contenuto dello European Chips Act, il progetto di legge per spingere la produzione europea dei semiconduttori portandola dal 10% su scala globale di oggi al 20% entro la fine del decennio. Un piano che, almeno nelle intenzioni, vuole segnare una svolta sulla via della sovranità strategica europea, allontanando il rischio di quelle strozzature nella filiera che tanto hanno fatto soffrire l’intera industria, automotive in testa, in questi mesi.

Con la domanda mondiale di chip destinata a raddoppiare nei prossimi 8 anni e le crescenti incertezze sul piano geopolitico, l’Europa non può ritrarsi dalla partita con le potenze globali. E, per farlo, sa di avere bisogno di soldi, impianti e nuove regole commerciali. Tutti elementi inseriti nel maxi-piano che il commissario europeo per l’Industria, Thierry Breton, è stato chiamato ad illustrare l’8 febbraio. Si parte dai finanziamenti: 12 miliardi di euro di fondi pubblici (6 dal bilancio comune e 6 dai governi nazionali) per la ricerca e lo sviluppo. A cui si aggiungono oltre 30 miliardi di euro già previsti nei Pnrr e bilanci nazionali, e poi ancora un fondo da 5 miliardi di euro dedicato alle start-up.

Ma per ambire alla leadership tecnologica servirà anche adattare la politica commerciale. Non si tratta di “protezionismo” ma di essere “realisti”, aveva precisato nei giorni scorsi Breton. Di fatto, il modello potrebbe essere quello usato per assicurarsi l’approvvigionamento dei vaccini un anno fa. “L’obiettivo dell’Europa sarà di stabilire un approccio cooperativo” con i rivali principali nel settore, come Taiwan, Singapore, Giappone, Corea del sud e Stati Uniti. Tuttavia, si legge nella bozza del regolamento, “l’Ue dovrebbe essere preparata a un fallimento” della cooperazione, “a un cambiamento improvviso della situazione politica o a crisi impreviste”. Tutte eventualità che, è il ragionamento di Bruxelles, non possono mettere in ginocchio l’intera industria europea. Per questo, l’esecutivo propone di introdurre un meccanismo di autorizzazione delle esportazioni, da attivare in caso di crisi, per bloccare l’export di microchip e componenti in determinate circostanze.

Prima di parlare di contromisure commerciali, comunque, la priorità è quella di intensificare la produzione per avere un’alternativa alle forniture asiatiche. L’idea è di procedere con la creazione di nuove ‘Mega fab’ sul territorio europeo da finanziare con ingenti sovvenzioni pubbliche. Al pari dei cosiddetti Ipcei, i progetti di interesse comune europeo che uniscono più Stati membri per dare vita a campioni industriali in grado di competere con le grandi multinazionali asiatiche e americane. Nel Chips Act ci saranno alcune novità e istruzioni per l’uso sulle regole per gli aiuti di Stato. Allentarle, però, non sarà semplice. Nei mesi scorsi Bruxelles ha già acconsentito ad alcune eccezioni per i settori strategici, chip compresi. Ma la guardiana della concorrenza Ue, la danese Margrethe Vestager, è stata chiara: bisogna evitare una corsa ai sussidi all’interno dell’Ue che penalizzerebbe i Paesi più piccoli.

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