Tecnologia

  • Tra Star Wars e X-Men, la guerra futura per la Nato

    L’umanità è sull’orlo di un’ennesima rivoluzione industriale, con tecnologie oggi impensabili, quasi fantascientifiche, presto (forse) a portata di mano: capire che effetti potranno avere sull’arte della guerra, da sempre permeabile alle sperimentazioni pur di ottenere vantaggi sul nemico, è dunque fondamentale. La Nato ci prova con uno studio poderoso, che analizza da qui al 2043 le possibili applicazioni pratiche più dirompenti del panorama scientifico. Con scenari inquietanti. Dai ‘super-soldati’ interconnessi tra loro “grazie al 6G” agli “sciami di microrobot killer”, guidati da comandanti assistiti dall’intelligenza artificiale. “Comprendere se queste tecnologie emergenti (o Edt) rappresentino un problema o un’opportunità, come si manifesteranno e cosa significheranno per l’Alleanza, è un ottimo primo passo e contribuirà a garantire che la Nato rimanga tecnologicamente preparata e operativamente rilevante”, si legge nel report. L’attenzione è rivolta a dieci aree precise: AI, robotica e sistemi autonomi, biotecnologia e bioingegneria, big data, elettronica ed elettromagnetica, energia e propulsione, ipersonica, nuovi materiali e manifattura d’avanguardia, tecnologie quantistiche e tecnologie spaziali. Nonché alle interazioni fra loro, poiché proprio la contaminazione genererà le soluzioni più spiazzanti. Lo studio prova allora a immaginare quali possano essere le conseguenze per l’Alleanza (la sezione Blue) ma anche per il nemico (è la casella Red, in sostanza Russia e Cina).

    Il lettore viene aiutato da ipotesi concrete, settore per settore. In futuro la AI potrà dunque “creare o individuare» notizie false, da distribuire sui social, oppure “falsi video (deep fake)” per “distruggere la fiducia del nemico”. Un altro scenario, ricorrente poiché multi-dominio, è quello dei “collegamenti neurologici diretti integrati per consentire l’interazione, la collaborazione e la simbiosi naturale tra uomo e l’intelligenza artificiale”. Con tutte le implicazioni etiche annesse e connesse. La Nato sul punto s’interroga con una nota di reale preoccupazione: “Vi saranno implicazioni sul campo di battaglia se il nemico dovesse avere un vantaggio significativo in termini di prestazioni e se non fosse vincolato dalle stesse considerazioni etiche”. La bioingegneria è proprio il campo dove si prevedono le conseguenze più distopiche, dato che “le tecnologie di potenziamento umano dovrebbero essere disponibili nei prossimi 20 anni e cambieranno la nozione stessa di soldato, marinaio o aviatore”.

    Ecco allora la possibilità di “potenziare i sensi umani e le capacità cognitive a livelli sovrumani per aumentare la velocità di apprendimento e comprensione, riducendo i tempi di reazione” oppure “l’autocura” di ferite, lesioni o malattie «utilizzando soluzioni di ristrutturazione del Dna o di biologia sintetica”. Insomma, quasi degli X-Men. Gli avanzamenti nei nuovi materiali porteranno poi ad “armature smart”, leggere come abiti ma “resistenti ai proiettili”, oppure ai “kit da uomo ragno”, che permetteranno alle forze speciali di arrampicarsi su pareti vetrate o comunque verticali come tanti Peter Parker (ma anche, più banalmente al carro armato elettrico o tutt’al più ibrido).

    L’ipersonica – e qui la Nato riconosce alla Russia di essere avanti – potrebbe portare invece allo sviluppo di missili poderosi, in grado di distruggere “un’intera portaerei con la sola forza cinetica, impedendo il loro avvicinamento ai teatri di guerra”. Oppure lo sviluppo di “raggi di energia difensiva, tipo laser”. Lo spazio, ovviamente, sarà pure territorio di conquista, con “satelliti alla Star Wars” capaci di “colpire in modo chirurgico obiettivi di 10 centimetri di diametro sulla Terra” (ma anche, più subdolamente, usare “la spazzatura spaziale come arma” e colpire il nemico senza lasciare tracce dirette). Fantasie? Chissà. Intanto il dipartimento scientifico della Nato spiega che, per stilare il rapporto, ha appositamente creato un programma a base di AI per “collezionare e processare le informazioni” e che sarà “presto potenziato”. Insomma, senza un po’ di futuro non c’è più futuro.

  • La Commissione pubblica inviti a presentare proposte per 107 miliardi di € per la cibersicurezza in Europa

    Oggi la Commissione ha invitato le imprese, le pubbliche amministrazioni e altre organizzazioni a presentare proposte volte a rafforzare la resilienza dell’UE di fronte alle minacce informatiche e la capacità di proteggere da questi attacchi individuandoli e scoraggiandoli, promuovendo altresì la cooperazione tra gli Stati membri.

    La Commissione e il Centro europeo di competenza per la cibersicurezza hanno pubblicato un nuovo invito a presentare proposte, del valore totale di 71 milioni di € nell’ambito del programma di lavoro Europa digitale 2023-2024, a favore di azioni per la cibersicurezza volte a rafforzare a livello dell’UE la cooperazione operativa e le capacità comuni con gli Stati membri.

    Di tale importo, 35 milioni di € saranno destinati all’istituzione del meccanismo per le emergenze di cibersicurezza, che sosterrà le azioni di preparazione e di assistenza reciproca degli Stati membri in caso di incidenti di cibersicurezza, come previsto anche dalla proposta di regolamento sulla cibersolidarietà. Al fine di rafforzare la cibersicurezza per le industrie, le giovani start-up e le piccole e medie imprese di tutta l’UE, 30 milioni di € sosterranno l’attuazione della direttiva NIS2 e della proposta di legge sulla ciberresilienza. Ulteriori azioni di sostegno da 6 milioni di € favoriranno il coordinamento tra le dimensioni civile e di difesa della cibersicurezza, come anche la partecipazione delle parti interessate in ambito di normazione. L’invito, aperto fino al 26 settembre 2023, è rivolto ai soggetti degli Stati membri dell’UE e dei paesi EFTA/SEE.

    L’invito precedente è stato inoltre riaperto fino al 6 luglio 2023 allo scopo di offrire ulteriori possibilità, per uno stanziamento totale rimanente di 36,5 milioni di €. L’invito è incentrato sui seguenti obiettivi tematici: resilienza, coordinamento e poligoni virtuali (3,4 milioni di €), rafforzamento delle capacità dei centri operativi di sicurezza (26,3 milioni di €) e adozione di soluzioni innovative per la cibersicurezza (6,8 milioni di €).

  • Nasce la Banca della voce per i malati di Sla

    Niente più voce metallica ed impersonale. Per i pazienti affetti da Sclerosi laterale amiotrofica (Sla), che non possono comunicare, sarà possibile ricorrere ad una voce dall’espressività umana. E ciò grazie al gesto di generosità che ognuno potrà compiere donando, appunto, la propria voce. Il tutto grazie all’Intelligenza artificiale.

    Parte dall’Italia il progetto internazionale ‘Voice for purpose – Diamo voce alla Sla’, ovvero la creazione di una vera e propria ‘Banca della voce’ che vede unite Università Campus Bio-Medico di Roma, Centri Clinici NeMO, Nemo Lab, Translated e Dream On. Insieme per consentire alle persone con disabilità vocali di utilizzare una voce espressiva.

    Nata da un’intuizione di Pino Insegno, attore e doppiatore, il progetto – presentato oggi – mira dunque a dare vita ad una Banca delle voci dal duplice valore: da una parte consentirà alle persone che hanno perso la parola di scegliere una voce espressiva fra tutte quelle che verranno donate; dall’altra permetterà di ‘salvare’ la propria voce, registrandola. Possibilità, quest’ultima, che sarà accessibile a tutti i malati che hanno ancora la capacità di parlare. L’obiettivo è migliorare la qualità di vita dei pazienti, aiutandoli a mantenere la propria identità anche attraverso una voce ‘umana’ con l’ausilio di dispositivi tecnologici ad hoc, mentre le tecnologie attualmente garantite dal Ssn prevedono una sintesi vocale standard robotica e metallica.

    Chiunque può donare la propria voce e, ad oggi, sono già 250 le voci regalate alla Banca. Durante la creazione del proprio profilo sulla piattaforma ‘Voice For Purpose’ verrà richiesto al donatore di effettuare la registrazione della propria voce leggendo un breve messaggio. Il potenziale donatore verrà poi contattato solo quando verrà selezionato da un paziente.

    “La perdita della capacità di parlare con la propria voce è una delle ragioni di maggiore sofferenza per le persone con Sla – ha sottolineato la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio – .Voi avete scelto di raccogliere questa sfida, di mettere la tecnologia al servizio della persona e di immaginare una sinergia capace di ridare la voce a chi l’ha persa. La salute non è solo cura ma pieno benessere della persona e il benessere di una persona con Sla passa, anche, dalla capacità di potersi esprimere con la propria voce”. Per il ministro della Salute, Orazio Schillaci, “dobbiamo rafforzare il sostegno alla ricerca e aumentare le risposte ai bisogni delle persone; riacquistare la voce per un malato di Sla significa inclusione e non perdere

    le interazioni sociali”. Un progetto fondamentale anche per il direttore generale dell’Oms, Tedros Ghebreyesus, e la direttrice per la Salute e sicurezza alimentare della Commissione europea Sandra Gallina, in videocollegamento. La Ricerca, ha concluso Gallina, “è cruciale e per la Sla, malattia priva di terapie risolutive, è anche attivo un progetto che punta a realizzare un vaccino terapeutico».

  • Regolamento europeo per i colossi del web

    Allinearsi o prepararsi a fare le valigie per lasciare il mercato europeo. L’ombra dell’aut aut prima soltanto simbolico dell’Europa alle major del tech si allunga sempre di più sul gotha mondiale dei social network e dei motori di ricerca. E, seguendo il ritmo impartito dal Digital Services Act, va a colpire diciannove big tra i quali spiccano le solite note a stelle e strisce, ma anche il nuovo re di Twitter, Elon Musk, e la cinese TikTok. Tutte chiamate a raccogliere il guanto di sfida dei precetti Ue del Digital Services Act su trasparenza, tutela di utenti e minori, e lotta alla disinformazione. Una stretta che dai Ventisette potrebbe presto allargarsi anche oltre la Manica, dove il governo di Rishi Sunak ha presentato un disegno di legge dai contorni analoghi con multe fino al 10% (in Ue si arriva al 6%) del giro d’affari annuo dei colossi.

    L’attesa lista delle piattaforme sorvegliate speciali che non possono più essere ‘too big too care’ promessa da Bruxelles è arrivata come previsto sei mesi dopo la pubblicazione del Dsa sulla Gazzetta Ue. E designa tutte le major che, a fine febbraio, hanno certificato di avere oltre 45 milioni di utenti attivi al mese. Cifre che toccano Google (con Search, Maps e Play), l’AppStore di Apple, Meta (con Facebook, Instagram e Youtube), il marketplace di Amazon, Microsoft (con Bing e LinkedIn), e poi ancora Twitter, le cinesi TikTok (di proprietà del colosso Bytedance) e AliExpress, Booking, Pinterest, Snapchat, Wikipedia e Zalando. Per loro, è stato il nuovo avvertimento del commissario per il Mercato interno, Thierry Breton, diventato in questi mesi lo ‘sceriffo’ del ‘far west digitale’, “il conto alla rovescia è iniziato”. E ha nel 25 agosto il suo termine più importante. Da quel momento «dovranno cambiare i loro comportamenti” se vorranno restare in Europa.

    Esattamente 4 mesi di tempo per “rispettare pienamente gli obblighi speciali” previsti dal regolamento Ue. Che lo stesso francese è tornato a sciorinare ai giornalisti mettendo l’accento sulla necessità di trasparenza e tutele per gli utenti, con particolare attenzione per i minori. Nei dettagli, le piattaforme dovranno produrre analisi dei rischi connessi ai loro servizi in termini di diffusione di contenuti illegali, violazione della privacy o della libertà di espressione, ma anche in materia di salute o sicurezza pubblica, compreso il benessere psicologico dei minori. E poi predisporre strumenti adeguati per una moderazione dei contenuti più affidabile – con la rimozione tempestiva di quelli illeciti -, oltre ad aprire i propri algoritmi ai servizi Ue e offrire l’accesso ai dati ai ricercatori autorizzati. Regole che vanno ad aggiungersi ai precetti del Dsa validi anche le società più piccole, che entreranno di fatto in vigore il 17 febbraio 2024. E che prevedono una stretta sulla profilazione, il divieto di utilizzare i dati sensibili degli utenti (sesso, orientamento politico, appartenenza religiosa, ecc.) per pubblicità mirate, e obblighi di trasparenza.

    A rendere più ripida la salita per i colossi digitali ci saranno anche una serie di stress test che Breton è deciso a condurre in prima persona. Prima in California, a giugno, su inusuale invito di Musk nel quartier generale di Twitter. E poi in Asia da TikTok, per capirne meglio “le origini” e «le innovazioni”. E presto l’avvertimento potrebbe arrivare anche ad altre “quattro o cinque” major: tutti gli indizi portano a Telegram, AirBnB, PornHub e Spotify.

  • Google vuole salvare barriere coralline con l’intelligenza artificiale

    Immergersi virtualmente nelle barriere coralline e individuare i suoni di pesci, gamberi e altre creature marine per allenare l’intelligenza artificiale a monitorare gli ecosistemi e ad individuare quelli più fragili. E’ il progetto ‘Calling In Our Corals’ che Google lancia in collaborazione con i biologi marini con cui chiama a raccolta gli utenti. La piattaforma arriva in coincidenza della Giornata della Terra del 22 aprile ed è un nuovo progetto sui cambiamenti climatici del colosso di Mountain View dopo ‘Tree Canopy’, sempre basato sull’intelligenza artificiale, che monitora i colpi di calore nelle città.

    Per ‘Calling In Our Corals’ i ricercatori hanno posizionato microfoni subacquei in dieci barriere coralline in Australia, Indonesia, Filippine, Stati Uniti, Panama e Svezia e hanno registrato suoni per 24 ore al giorno. Agli utenti viene chiesto di collegarsi ad una piattaforma ad hoc, ascoltare le registrazioni di una barriera corallina in perfetta salute – un suono rilassante e meditativo – e poi allenarsi a identificare i suoni prodotti da balene, pesci più piccoli, gamberi e altre creature marine, ma anche i rumori provenienti dalle imbarcazioni. Applicando il riconoscimento di quei suoni alle diverse barriere coralline monitorate gli utenti possono aiutare i ricercatori, con i loro click, ad allenare l’intelligenza artificiale che poi farà il lavoro automaticamente e salvaguardare la salute di questi ecosistemi.

    “I set di dati audio che ascolterai non sono stati ancora revisionati dagli scienziati – si legge sul sito del progetto ospitato sulla piattaforma Google Arts and Culture – mentre ascolti, i tuoi preziosi click sull’audio verranno tracciati e inviati ai ricercatori in modo che possano capire se ci sono segni di vita nelle loro registrazioni. Tutto questo sarà utilizzato per monitorare la salute dell’ecosistema, tracciare la pesca illegale e misurare il successo del ripristino nei siti”. Il progetto ‘Calling In Our Corals’ è guidato da Steve Simpson, biologo marino dell’Università di Bristol.

  • Boom sul mercato italiano dell’Intelligenza artificiale

    Il 2022 anno record per l’Intelligenza artificiale in Italia (AI): il mercato ha raggiunto il valore di 500 milioni di euro segnando un +32% sul 2021. Oltre sei grandi imprese su 10 hanno già avviato almeno un progetto con questa tecnologia, mentre il 93% degli italiani la conosce e il 73% ha timori per l’impatto sul lavoro. I dati arrivano da una ricerca dell’Osservatorio Artificial Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano, proprio nei giorni in cui il dibattito sull’AI si è riacceso per la crescente popolarità di ChatGpt un software ‘conversazionale’ che sta catalizzando l’attenzione di big della tecnologia come Microsoft, Google, Apple e la cinese Baidu.

    “Con ChatGpt che ha raggiunto un milione di utenti si è sancita la definitiva affermazione dell’AI Generativa – afferma Giovanni Miragliotta, Direttore dell’Osservatorio – Di pari passo è nata l’esigenza delle Istituzioni di tutelare i cittadini dalle possibili implicazioni negative. Sono nate linee guida in tutto il mondo e il Consiglio Europeo ha approvato l’AI Act. Un percorso che avrà come risultato finale un apparato regolatorio comune tra tutti gli stati dell’Unione”.

    Secondo la ricerca, la quota più significativa del mercato dell’Intelligenza artificiale italiano (34%) è legata a soluzioni per analizzare informazioni dai dati e realizzare previsioni, ad esempio, nella pianificazione aziendale e gestione degli investimenti.

    Segue l’area di interpretazione del linguaggio, la cosiddetta Language AI (28%) a cui afferiscono i chatbot – che simulano ed elaborano conversazioni umane – come appunto ChatGpt che elabora in automatico informazioni da documenti, mail, social network, web. Al 19% l’analisi segnala poi l’area degli algoritmi che suggeriscono ai clienti contenuti in linea con le singole preferenze. Infine, il 10% del mercato va alle iniziative di computer vision, che analizzano il contenuto di un’immagine in contesti come la sorveglianza in luoghi pubblici o il monitoraggio di una linea di produzione, e il 9% alle soluzioni con cui l’AI automatizza alcune attività di un progetto e ne governa le varie fasi.

    A dimostrazione dell’ormai ampia diffusione di questa tecnologia, oggi il 61% delle grandi imprese italiane ha già avviato almeno un progetto di AI, 10 punti percentuali in più rispetto a cinque anni fa. E tra queste, il 42% ne ha più di uno operativo. Tra le Pmi, invece, il 15% ha almeno un progetto avviato (nel 2021 era il 6%). L’esperienza quotidiana degli italiani si concentra invece sugli assistenti virtuali. In particolare, proprio i chatbot – già utilizzati dall’81% – sono ormai diffusi quasi come gli assistenti vocali (83%).

  • Dubbi

    Il direttore generale dell’Agenzia Spaziale Europea ha definito un successo incredibile il decollo di Starship anche se non si è separata dal razzo ed è riuscita a raggiungere solo la quota di 39 km invece dei 233 previsti. Le due parti hanno così cominciato ad oscillare e a cadere perciò, ad appena quattro minuti dal lancio, si è deciso, per evitare catastrofi, di fare esplodere la navetta e lo stadio superiore del Super Heavy.

    Anche l’amministratore capo della Nasa ha scritto “congratulazioni a Spacex etc etc”.

    Siamo come tutti consapevoli che le grandi innovazioni hanno bisogno di prove, esperimenti ed insuccessi per arrivare ai successi desiderati e certamente i tecnici e gli scienziati che Musk ha messo al lavoro sono persone di rare ed invidiabili capacità.

    I nostri dubbi riguardano due aspetti.

    Il primo: in un tema così delicato per il possibile futuro dell’umanità nello spazio quanto è accettabile, giusto, mentre già ci sono noti e meno noti, conflitti tra gli interessi delle varie potenze e super potenze, che uno o più privati diventino i capofila di esperimenti così determinanti? Quali possono essere le conseguenze? Certe scoperte, possibilità, non dovrebbero appartenere allo stato, cioè alla collettività, invece che a dei singoli pensando alle conseguenze in termini di potere?

    Il secondo aspetto riguarda l’arcinoto problema della tragedia ambientale che ha già cominciato ad abbattersi sulla terra e della quale, ogni giorno, vediamo le sempre più pericolose conseguenze.

    E’ corretto, accettabile che, mentre l’ecosistema vacilla, spinto ancor di più verso il baratro dalle conseguenze di quanto sta avvenendo per le guerra in Ucraina (milioni di proiettili, bombe, razzi), dagli esperimenti con armi nucleari e quant’altro che, distruggono l’ossigeno, inquinano inesorabilmente l’aria di tutti, modificano le temperature e le colture (basti pensare solo alle piogge acide), non si abbia la capacità di rinunciare, almeno per qualche tempo, ad esperimenti nello spazio?

    Nessuno mi risponda che di fronte alla conquista scientifica è poca cosa perforare in continuazione l’etere perché se è vitale per contrastare l’inquinamento impedire ai singoli, i pochi che ancora lo possiedono, di accendere un caminetto, per scaldarsi o per avere compagnia, se diventa proibito fumare anche all’aperto, se le macchine devono essere elettriche, e chi non può cambiarla dovrà andare a piedi, non si dica che non si può mettere una moratoria a questi continui esperimenti, almeno lo facciano i paesi civili.

  • Come imparare a non farsi rubare i dati personali da Chat GPT

    Il Garante della Privacy ha imposto il blocco temporaneo di Chat GPT in Italia perché agevolerebbe i truffatori nell’ideazione di frodi sempre più verosimili, come emerge dall’ultimo rapporto di Europol. I dati sono confermati anche dallo studio di Darktrace Research, società di cybersicurezza specializzata in intelligenza artificiale, secondo la quale a gennaio e febbraio 2023, in corrispondenza con l’adozione diffusa di Chat GPT, a livello globale si è registrato un aumento del 135% di nuovi attacchi di social engineering.

    “Uno degli esempi più evidenti di utilizzo errato dell’intelligenza artificiale è quello delle email di phishing: grazie a questa tecnologia, infatti, i testi delle e-mail fraudolente possono diventare impeccabili e professionali grazie alla rimozione automatica di errori ortografici o grammaticali”, afferma Kyle Ferdolage, Online Security Expert e Lead Trust & Safety Analyst della banca online N26, come riporta Wall Street Italia. Kyle fornisce anche delle regole per poter imparare a riconoscere le truffe. Innanzitutto mostrare cautela con i messaggi inattesi: prima di rispondere a un messaggio inatteso o di cliccare su un link, è importante verificarne l’autenticità passando attraverso un punto di accesso noto (ad esempio, un’app o un sito web). Verificare sempre la fonte: controllare attentamente l’indirizzo e-mail del mittente, il nome del dominio del sito web e le informazioni di contatto dell’azienda per assicurarvi che siano legittime. Fare attenzione alle informazioni personali: mai fornire informazioni personali, come password o informazioni sulla carta di credito, tramite e-mail, SMS o telefonate. I soggetti legittimati a farlo, come ad esempio la nostra banca, non utilizzerebbero mai questi strumenti. Informarsi sulle truffe generate dall’intelligenza artificiale: sapere cosa cercare può aiutare a evitare di cadere vittima di una truffa.

  • L’Africa è la discarica dell’elettronica di consumo

    Dati Onu indicano che nel 2019 il mondo ha generato 53,6 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici, di cui solo il 17,4% è stato riciclato. Nell’Unione europea quello elettronico è il flusso di immondizia in più rapida crescita e ne viene riciclato meno del 40% del totale. Nel 2021 l’Italia ne ha smaltite 385mila tonnellate, rimanendo ampiamente sotto la media europea di 10 chili pro-capite annuali (circa 6,46 chili).

    Mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha avvertito che lo smaltimento e il trattamento di questi scarti può causare una serie di «impatti negativi sulla salute dei bambini», tra cui alterazioni della funzionalità polmonare, danni al Dna e aumento del rischio di malattie croniche quali il cancro e quelle di natura cardiovascolare (attraverso l’esposizione prolungata e l’avanzare dell’età), e che nel mondo ci sono oltre 18 milioni di bambini e adolescenti «attivamente impegnati» nell’industria della lavorazione dei rifiuti elettronici, i Paesi in via di sviluppo vengono utilizzati per quello smaltimento di materiali tech nelle discariche che, a causa del rischio di dispersione di sostanze chimiche tossiche, i Paesi evoluti hanno reso illegale sui propri territori.

    L’Agenzia europea per l’ambiente stima che ogni anno vengano spedite illegalmente fuori dall’Unione tra 250mila e 1,3 milioni di tonnellate di prodotti elettrici usati, per lo più verso l’Africa occidentale e l’Asia. In Italia l’Agenzia delle Dogane ha fatto sapere che «solo nel 2020 i sequestri sono stati 541 per un totale di 7.313 tonnellate di rifiuti, il triplo rispetto al 2019. Sequestri che sono avvenuti principalmente in Campania (60%) e in Liguria (21%) ma i rifiuti provenivano da tutto il territorio nazionale». Lungo tutta la dorsale tirrenica risultano presenti enormi magazzini gestiti da intermediari-faccendieri che trattano con imprese dislocate soprattutto tra Sicilia, Puglia, Marche, Umbria, Abruzzo, Trentino Alto Adige, Toscana e Piemonte per acquisire pannelli fotovoltaici esausti.

  • Veneziani: il Metaverso è una schiavitù reale

    «Il paradiso in terra ha assunto oggi le vesti del mondo virtuale, evoluzione di internet e si riassume in una parola magica anzi in una bacchetta magica: metaverso», scrive Marcello Veneziani su Panorama recensendo il saggio di Eugenio Mazzarella, edito da Mimesis ‘Contro Metaverso’. «Un “semplice” social network si trasforma in un universo parallelo in cui immergersi e abitare – scrive ancora Veneziani entrando nel merito del libro – La metanoia, ovvero la trasmutazione, l’accesso al cambiamento è permesso a chi si spoglia di sé e assume le vesti di un avatar, e va a vivere in questo altro mondo, ma restando comodamente sul sofà di casa. Finto viaggiare, finta socialità, vera solitudine domestica. Poi per edulcorare la pillola con le solite rassicurazioni buoniste e umanitarie, ti dicono che il teletrasporto restando a casa avvantaggia le persone svantaggiate, i disabili. Ma il problema è che rende disabili coloro che non lo sono, e disabilita al mondo reale per spostarsi nel mondo irreale. L’alibi dei disabili è un po’ come gli scafisti e le ong che per sbarcare clandestini si fanno scudo dei bambini. In Metaverso scompare anche la differenza tra vivi e morti, si può vivere in video oltre la morte; ma vale anche l’inverso, morire in vita, perdere se stessi e traslocare in questo altrove virtuale. Dietro tutto questo, ha ragione Mazzarella, si cela una pulsione neo-gnostica che disprezza il corpo, ha in odio la carne, detesta la realtà, la natura e i loro limiti. Sono evidenti i rischi di alienazione, dipendenza e perfino di schiavizzazione, abitando in questa materia senza materia, a suon di chip e di byte. Si perde la distinzione tra reale e virtuale, tra umano, macchina e natura. A tale proposito, fa bene il filosofo a smascherare l’abuso di termini chiave nell’infosfera come intelligenza artificiale: non c’entra nulla l’intelligenza che è intuizione, sensibilità, umanità, capacità di leggere dentro (intus legere) con la computazione automatizzata e artificiale. E’ un nome improprio per falsificare la realtà. L’intelligenza non è sostituibile. Nel mondo della tecnica vige però la legge di Gabor: ciò che si può fare, si deve fare, e comunque si farà. E potremmo aggiungere un corollario: se non lo fai tu, prima o poi lo faranno altri, in altri paesi, e si prenderanno loro i vantaggi. Dunque è vano opporsi? La questione non è arrestare o frenare questi processi ma saperli bilanciare: a chi sostituisce il mondo reale coi mondi virtuali, si può opporre la riscoperta del mondo reale, tra storia e natura, tradizione e civiltà. Altri mondi abita già l’uomo in natura e in cultura, con il corpo, la mente e l’anima. Non lasciamoli atrofizzare».

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