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Anche i ricchi risparmiano, trimestrale deludente per Richemont

Il mercato cinese è in ripresa, rialzata la testa dalla pandemia del coronavirus, ma se i bilanci si fanno a livello internazionale anche per i colossi del lusso può andare peggio del previsto. È il caso di Richemont, la holding di Ginevra dell’alta gioielleria e orologeria, che raggruppa marchi da Cartier a Baume & Mercier, Panerai e Montblanc. I conti del trimestre aprile-giugno, sono andati male oltre le attese degli analisti, con vendite in calo del 47% a 1,993 miliardi, a fronte dei 2,13 miliardi previsti. Ciononostante l’attesa e realizzata previsione che la Cina, peraltro già confermata con Swatch e Burberry, abbia tirato sui numeri, con un incremento quasi del 50%. Fatto è che altrove le perdite sono state a due cifre: in Europa -59% a 436 milioni, in Asia-Pacifico -29% a 1,013 miliardi, con un declino di tutti i mercati, tranne appunto la Cina, che ha visto crescite a tre cifre sull’on-line e ha concentrato tutti gli acquisti al dettaglio sul territorio, praticamente azzerandoli all’estero. Le Americhe hanno perso il 61% a 277 milioni, il Giappone il 64% a 112 milioni, coi negozi chiusi per la maggior parte del trimestre in questione. Medio Oriente e Africa il 38% a 155 milioni. Il titolo così a Zurigo ha perso il 4,6% a 61,3 franchi svizzeri, ben distante dai minimi di 49,4 franchi di marzo, ma anche dagli 80,9 di gennaio. Scontata la ragione di questa debacle, “un forte impatto del Covid-19”, con le chiusure temporanee dei canali di distribuzione, ora tutti riaperti, ad eccezione delle Americhe, il sostanziale stop del turismo e in un sentiment cauto dei consumatori in molti mercati. Il retail ha perso il 43% l’ingrosso il 65%, con una maggiore resilienza delle vendite al dettaglio on-line (-22%), scese comunque per le chiusure dei magazzini di distribuzione. Gli stessi distributori di e-commerce hanno registrato per questo e per i prezzi definiti competitivi, un calo del 42%.

Il comparto che ha sofferto meno, come previsto, sono stati i gioielli (-41%), con Cartier a contare per il 40% delle vendite, rispetto agli orologi (-56%) e anche qui la Cina ha avuto il suo ruolo: i preziosi sono cresciuti del 68%, soprattutto nell’e-commerce, un mezzo meno utilizzato per comprare orologi, un comparto, questo, che ha un’esposizione relativamente bassa nel Paese asiatico. C’è d’altra parte tra gli analisti chi sostiene che la gestione dell’on-line non sia il forte di Richemont, che comunque non è certo in crisi di liquidità e mostra la sua solidità con gli 1,8 miliardi di posizione finanziaria netta.

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