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Paradiso fiscale e nascondiglio per la criminalità organizzata

Bisogna prendere il denaro dove si trova: presso i poveri. Hanno poco ma sono in tanti.

Ettore Petrolini

Era domenica, il 4 settembre del 2016. In mattinata a Roma, in piazza San Pietro, si erano radunati moltissime persone. Più di centomila, secondo fonti ufficiali. Erano arrivati da tutte le parti, non solo dell’Italia, ma del mondo. Erano tutti lì per partecipare alla canonizzazione di una persona a loro molto cara, rispettata, ma anche venerata. Erano tutti lì per madre Teresa di Calcutta, la fondatrice della congregazione religiosa delle Missionarie della carità, ma che tutti chiamavano semplicemente madre Teresa, sentendola come una di famiglia. Era nata a Skopie nel 1910 in una famiglia albanese, ma lei stessa, fiera delle sue origini, dichiarava: “Sono albanese di sangue e indiana di cittadinanza”. Arrivata in India nel 1929 fu subito colpita dalla miseria e dalle pessime condizioni nelle quali si viveva, o meglio si sopravviveva a Calcutta. Ragion per cui madre Teresa si dedicò, con tutta se stessa, all’assistenza dei malati, compresi quelli terminali colpiti dalla lebbra. A lei si unirono molte altre suore e volontarie, Nel 1965, con l’approvazione di Papa Paolo VI, venne riconosciuta la Congregazione delle Missionarie della Carità. Denominazione che rappresentava proprio lo spirito e l’essenza dell’abnegazione, della devozione e della quotidiana attività di Madre Teresa e di tutte le suore e le volontarie della congregazione. Quella domenica del 4 settembre 2016, Papa Francesco, che presiedeva la cerimonia della canonizzazione di Madre Teresa, durante l’omelia disse: “…La sua missione nelle periferie delle città e nelle periferie esistenziali permane ai nostri giorni come testimonianza eloquente della vicinanza di Dio ai più poveri tra i poveri”. Il Pontefice ha anche ribadito durante quell’omelia che la Santa Madre Teresa “…ha fatto sentire la sua voce ai potenti della terra, perché riconoscessero le loro colpe dinanzi ai crimini, dinanzi ai crimini della povertà creata da loro stessi!”.

L’indomani della canonizzazione di Madre Teresa, l’autore di queste righe scriveva per il nostro lettore informandolo che nonostante madre Teresa fosse una persona molto nota e rispettata in tutto il mondo non poteva entrare nel territorio albanese. Tutto dovuto ad un “semplice” ma vero e, perciò, “imbarazzante” motivo; la sua vocazione e la sua opera religiosa contrastavano con la propaganda del regime. Si, perché in Albania la dittatura aveva bandito già dal 1967 tutte le religioni, per poi sancire tutto ciò anche nella Costituzione del 1976. L’autore di queste righe informava allora il nostro lettore che “…nonostante le sue ripetute richieste alle autorità albanesi e le sollecitazioni, tramite canali diplomatici, di alcune tra le più note autorità mondiali del tempo, a Madre Teresa veniva sempre negato il visto d’ingresso in Albania”. Sembra strano ma era tutto vero! Non solo, ma proprio per quel “semplice ed imbarazzante motivo”, la propaganda comunista vietò categoricamente la diffusione della notizia che a Madre Teresa era stato conferito il Premio Nobel per la Pace nel 1979! E proprio per quel “semplice ed imbarazzante motivo” Madre Teresa non ha potuto dare neanche l’ultimo saluto alle persone a lei più care, che non vedeva da tantissimi anni: la madre e la sorella, morte a Tirana in condizioni estreme, durante gli anni ’70! L’autore di queste righe informava però il nostro lettore che Madre Teresa è riuscita, finalmente, ad entrare in Albania nel 1989 “…mentre la dittatura stava vivendo gli ultimi giorni”. Egli  era ed è fermamente convinto che “…quella “apertura” era semplicemente una disperata mossa politica per cercare un appoggio internazionale tramite un personaggio internazionalmente indiscusso: Madre Teresa.”. Aggiungendo, altrettanto convinto che “…L’ipocrisia del regime arrivò fino al punto di conferire una delle più alte onorificenze nel dicembre 1990, soltanto pochi giorni prima che cominciassero le manifestazioni che portarono al crollo della dittatura”. Specificando che nella motivazione dell’onorificenza era stato scritto “Gli albanesi sono fieri della loro grande e onorata figlia.” (Sic!) (Madre Teresa, la santa albanese; 5 settembre 2016). Una stridente e vigliacca ipocrisia quella delle massime autorità della dittatura comunista. Purtroppo alcuni dei diretti discendenti biologici di quelle autorità della famigerata e crudele dittatura comunista, guarda caso, attualmente sono diventate, altresì, delle massime autorità politiche ed istituzionali in Albania, primo ministro ed alcuni suoi ministri ed alti funzionari compresi. Proprio coloro che, senza scrupolo alcuno, gestiscono ed abusano della cosa pubblica, calpestando consapevolmente tutti i diritti innati e/o acquisiti dei poveri cittadini albanesi, in connivenza con la criminalità organizzata e determinati raggruppamenti occulti internazionali.

In Albania, anche durante questi ultimi giorni, ci sono state altre dimostrazioni e testimonianze dell’ulteriore consolidamento del regime totalitario corrotto e malavitoso. Il 13 agosto l’autore di queste righe scriveva che “Quanto è accaduto e sta tuttora accadendo in Albania, anche in questi ultimissimi giorni, dati e fatti alla mano, dimostra e testimonia purtroppo che da alcuni anni, dopo il crollo, nel 1991, della spietata dittatura comunista, è stato restaurato e si sta continuamente consolidando un nuovo regime totalitario”. Aggiungendo che si tratta di un regime totalitario il quale si sta consolidando in Albania ed “…è rappresentato, almeno istituzionalmente, proprio dal primo ministro, ma che in realtà si presenta e realmente è una pericolosa alleanza tra il potere politico, la criminalità organizzata e certi raggruppamenti occulti locali e/o internazionali” (Un regime totalitario corrotto e malavitoso; 13 agosto 2022). In seguito nell’articolo egli analizzava per il nostro lettore perché il regime totalitario in Albania è anche corrotto e malavitoso. Perciò pericoloso. Sono delle ragioni più che sufficienti per essere seriamente preoccupati e non solo in Albania, ma anche in altri Paesi circostanti ed oltre, Italia compresa.

L’Albania, dati e fatti alla mano, comprese le tante e ripetute conclusioni dei rapporti ufficiali delle istituzioni internazionali specializzate, non risulta essere un Paese democratico. In più, l’Albania non è un paese economicamente ed industrialmente sviluppato. In Albania, sempre riferendosi ai rapporti ufficiali delle istituzioni internazionali specializzate, risulta che la criminalità organizzata, in stretta collaborazione con il potere politico, sta controllando sempre più attività e traffici illeciti. Ragion per cui non dovrebbe esistere nessun serio, trasparente ed onesto motivo per il quale un cittadino di un altro Paese, compresi quelli democratici ed evoluti, dovrebbe comprare, investendo milioni, la cittadinanza albanese. Anzi, si potrebbe subito pensare e giustamente dubitare che una tale decisione dovrebbe avere un altro e ben diverso motivo: quello delle attività illecite da parte di tutti coloro che fanno richiesta di diventare cittadini albanesi, comprando quella cittadinanza con degli “investimenti milionari”.

Ebbene la possibilità di comprare la cittadinanza albanese è ormai ufficialmente sancita e diventata realtà, dopo una decisione presa dal Consiglio dei ministri in Albania il 29 luglio scorso. Secondo quella decisione, entrata immediatamente in vigore e di solo due articoli, si permette di “definire un altro settore che si offre in concessione o nell’ambito del partenariato pubblico privato”. Una forma d’accordo quell’ultima con la quale stanno, da anni, abusando dei milioni della cosa pubblica in Albania. Anzi, dati e fatti accaduti, fatti documentati e pubblicamente denunciati alla mano, risulterebbe che il partenariato pubblico privato rappresenti una ben ideata ed attuata possibilità di far uscire centinaia di milioni dalle case dello Stato. Milioni che poi si dividono, in maniera abusiva ed illecita, tra i più alti rappresentanti del potere politico ed istituzionale e gli “investitori” che si offrono di “gestire” quelle centinaia di miliardi. Non solo, ma gli “investitori che si “offrono”, sempre fatti accaduti alla mano, non di rado hanno registrato “l’impresa”, poco tempo prima dell’offerta fatta. In più, la formula applicata in Albania in questi ultimi anni del partenariato pubblico privato, permette agli “investitori” di usufruire del denaro pubblico, senza fare degli investimenti di tasca propria e senza prendere altre responsabilità, rischi compresi, come in tutti i contratti concessionari stipulati ed applicati in tanti altri Paesi, compresi quelli dell’Unione europea. Nel frattempo, le istituzioni del sistema “riformato” della giustizia “stanno seriamente indagando” sulle denunce pubblicamente fatte ed ufficialmente depositate, senza però, guarda caso, arrivare mai ad una conclusione. In quanto alla sopracitata decisione, di soli due articoli, del 29 luglio scorso del Consiglio dei ministri in Albania, che permette il rilascio di quelli che vengono nominati, non solo in Albania, come i “passaporti d’oro”, si stabilisce che il Consiglio dei ministri ha deciso l’attuazione delle procedure della concessione/partenariato pubblico privato nel settore dei programmi della cittadinanza. Mentre il secondo articolo stabilisce che si incarica il ministero degli Interni ad attuare questa decisione. Tutto qui! Nessun’altra informazione resa pubblica. E nessuna dovuta trasparenza. Bisogna sottolineare che prima dell’entrata in vigore di questa decisione, le procedure per dare la cittadinanza albanese a dei cittadini di altri Paesi rappresentavano un lungo processo, coinvolgendo diverse istituzioni dello Stato. Alla fine tutto veniva ufficializzato da un decreto del Presidente della Repubblica. Mentre dal 29 luglio scorso saranno dei privati, albanesi e/o stranieri, in collaborazione con il ministero degli Interni, che decideranno se dare o meno la cittadinanza albanese a colui/colei che la richiede. C’è però anche un “piccolo” dettaglio. Tutto in cambio di ingenti somme di denaro da “investire” in Albania.

La decisione del 29 luglio scorso per il rilascio della cittadinanza albanese tramite i cosiddetti “passaporti d’oro”, secondo il primo ministro albanese, fa parte delle agevolazioni nell’ambito del progetto della “cittadinanza per investire”. Un progetto accordato tre anni fa a Londra dal primo ministro albanese durante una riunione di tre giorni e organizzata da una ben nota società che fa l’intermediaria tra i cittadini milionari che vogliono un “passaporto d’oro” e il Paese che vende la cittadinanza. In quell’occasione il primo ministro albanese ha dichiarato convinto: “Credo fortemente che questo è il dovuto modo e che quello è ciò che noi faremmo”.

Una simile decisione ha suscitato immediatamente la ferma reazione delle istituzioni dell’Unione europea, visto che l’Albania è un Paese candidato all’adesione nell’Unione. Nel maggio scorso il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sull’Albania. Nel punto 32 di quella risoluzione si sancisce che l’Albania non deve attuare lo schema della “Cittadinanza per investire” perché “…potrebbe rappresentare un serio pericolo per la sicurezza, il riciclaggio del denaro sporco, la corruzione e l’evasione fiscale”. Una reazione altrettanto dura è arrivata anche dalla Commissione europea, il 30 agosto scorso. La Commissione, che chiede all’Albania di rispettare gli acquis communautarie, considera la sopracitata decisione sui “passaporti d’oro” una “violazione delle normative dell’Unione europea”.

Chi scrive queste righe anche in questo caso avrebbe molte altre cose da analizzare ed informare il nostro lettore sui clamorosi abusi che si stanno facendo in Albania con il denaro dei poveri cittadini. Egli è però convinto che il primo ministro ed i suoi, con le loro decisioni, stanno facendo dell’Albania un paradiso fiscale e nascondiglio per la criminalità organizzata. Madre Teresa diceva che “Il male mette le radici quando un uomo comincia a pensare di essere migliore degli altri”. Il primo ministro ne è una testimonianza. Lui, con il suo quotidiano operato, sta confermando anche la convinzione di Ettore Petrolini: “Bisogna prendere il denaro dove si trova: presso i poveri. Hanno poco ma sono in tanti”. Che Santa Madre Teresa preghi ed aiuti perciò i poveri albanesi che sono veramente tanti! E di non essere più offesi e derubati dal primo ministro e dai suoi, ma anche dai richiedenti i “passaporti d’oro”, che il primo ministro sta aspettando a braccia aperte.

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