Corruzione

  • Gravi accuse da una nota rete televisiva europea

    Un’accusa grave nuoce anche se è fatta per scherzo.

    Publilio Siro

    Quasi un anno prima del crollo del muro di Berlino, avvenuto il 9 novembre 1989, a Bonn è stato deciso di costituire un’emittente televisiva comune franco-tedesca, con una vocazione culturale. Si trattava allora di un progetto sostenuto e reso pubblico durante il vertice di Bonn (3-4 novembre 1988), in presenza del presidente francese François Mitterrand e del cancelliere tedesco Helmut Kohl. In seguito, il 30 aprile 1991, a Strasburgo è stata ufficialmente costituita la rete comune televisiva franco-tedesca nominata l’Associazione Relativa alla Televisione Europea (Association Relative à la Télévision Européenne – ARTE; n.d.a.). Una rete comune che, in base al contratto di fondazione, doveva “….concepire, realizzare e trasmettere o fare trasmettere […] programmi […] che abbiano un contenuto culturale ed internazionale in senso lato e volti a promuovere la comprensione ed il ravvicinamento dei popoli in Europa”. La rete comune televisiva di servizio pubblico franco-tedesca ARTE è stata in seguito inaugurata il 30 maggio 1992 a Strasburgo, dove si trova tuttora anche la sua sede. Uno degli obiettivi dell’ARTE è quello di permettere al pubblico di scoprire e conoscere la cultura dei loro Paesi europei vicini. Da allora ARTE risulta essere una rete molto seguita a livello europeo.

    Martedì scorso, 15 aprile, ARTE ha trasmesso in prima serata un lungo documentario di circa un’ora. Il titolo era “Droga, dollari, diplomazia/L’Albania e l’Unione europea”. Il documentario è stato trasmesso, oltre che in Francia ed in Germania, anche da altri media televisivi europei. Gli autori avevano fatto molte ricerche investigative, interviste e quanto era necessario per produrre quel documentario e rendere pubblica la vera e vissuta realtà albanese. Una realtà che ormai, soprattutto in questi ultimi mesi, è stata evidenziata da diversi noti media televisivi e della carta stampata europei e statunitensi. Il nostro lettore è stato informato a tempo debito di tutto ciò (Autocrati disponibili a tutto in cambio di favori, 11 marzo 2024; Clamorosi abusi rivelati da un programma televisivo investigativo, 23 aprile 2024; Altre verità rivelate da un programma televisivo investigativo, 7 maggio 2024; Nuove verità inquietanti da un programma televisivo investigativo, 3 giugno 2024; Riflessioni durante la Giornata internazionale della democrazia, 16 settembre 2024; Minacce ai giornalisti europei che denunciano una grave realtà, 7 ottobre 2024 ecc…). E tutti i media hanno evidenziato, riferendosi alla preoccupante e pericolosa attuale realtà albanese, il continuo abuso di potere e la diffusa e galoppante corruzione, partendo dai più alti livelli istituzionali. Così come hanno evidenziato la connivenza del potere politico, istituzionalmente rappresentato dal primo ministro, con la criminalità organizzata e determinati raggruppamenti occulti internazionali, molto potenti finanziariamente. Hanno altresì evidenziato il controllo, da parte del potere politico, partendo dal primo ministro, del sistema “riformato della giustizia, nonché l’ipocrisia di alcuni alti rappresentanti delle istituzioni dell’Unione europea.

    Ebbene, gli autori del sopracitato documentario, trasmesso la sera del 15 aprile scorso dalla rete televisiva europea ARTE, affermavano che “… Fino all’inizio degli anni ’90 [del secolo scorso] l’Albania era una sorta di Corea del Nord in Europa. Isolata sia dall’Oriente che dall’Occidente”. Gli autori del documentario evidenziavano, tra l’altro, che il beneficiario della preoccupante realtà albanese “…è il primo ministro Edi Rama con la sua cricca e le strutture mafiose del Paese”. In più, riferendosi al governo albanese, affermavano che “…è coinvolto nel traffico internazionale delle droghe fino ai più alti livelli”. Sempre riferendosi al primo ministro albanese, gli autori del documentario affermavano che “…. durante questi ultimi anni lui ha capovolto l’Albania per creare un sistema che gli si adatta completamente”. Aggiungendo che da quando il primo ministro albanese è salito al potere “….sono stati raddoppiati gli impiegati delle strutture statali. E molti di questi impiegati devono esprimere la loro gratitudine con un supporto politico”.

    Il documentario trasmesso la sera del 15 aprile scorso dalla rete televisiva europea ARTE tratta anche il controllo personale del sistema della giustizia da parte del primo ministro albanese. Gli autori sottolineano, tra l’altro, che “…gli alti funzionari del nuovo sistema della giustizia [in Albania] sono parenti stretti dei ministri”. Per gli autori, “…anche se in Albania ufficialmente [dalla caduta del comunismo] è stato costituito un sistema pluripartitico, molti importanti rappresentanti politici dell’opposizione sono in carcere. Da undici anni tutti i fili li muove il primo ministro….”. Ed evidenziano che “…. Soprattutto sono gli avversari di Rama i bersagli [del sistema] della giustizia”. Gli autori fanno riferimento agli arresti, in piena violazione delle leggi in vigore, sia del dirigente del partito democratico albanese, il quale è anche il dirigente attuale dell’opposizione, sia del dirigente del secondo partito dell’opposizione, che è stato fino al 2022 il presidente della Repubblica, mentre prima è stato anche presidente del Parlamento e primo ministro.

    Gli autori del documentario trasmesso la sera del 15 aprile scorso dalla rete televisiva europea ARTE trattano anche il traffico delle droghe che entrano in Albania dal porto di Durazzo. Loro sottolineano che “…La porta d’ingresso è il porto più grande dell’Albania. Esattamente qui a Durazzo entra una grande quantità di droga, generando così una grande quantità di denaro sporco. […] Il commercio delle droghe fiorisce. Si presume che persone molto vicine agli attuali governanti sono in Columbia, ma anche in Messico, per dirigere il traffico internazionale delle droghe”. Gli autori del sopracitato documentario sono convinti che la criminalità organizzata albanese è molto potente. Sottolineano che “…i cartelli della droga sono strettamente legati alla politica. Loro finanziano le campagne elettorali, assicurano fondi pubblici e sostengono i politici. Nonostante le televisioni locali trattino la lotta contro la mafia delle droghe, i criminali degli alti livelli influenzano nella scelta dei ministri. Due ex ministri degli Interni di Edi Rama sono stati legati al traffico della droga e hanno dato le loro dimissioni soltanto dopo le pressioni pubbliche”. Gli autori del documentario sottolineano, altresì, che “…Le decisioni sul traffico delle droghe si prendono nei più alti livelli [della politica]”. Ed evidenziano che anche il fratello minore del primo ministro “….è coinvolto nel traffico delle droghe ed è stato accusato [dall’opposizione] che insieme con una banda di trafficanti ha portato grandi quantità di cocaina nei Paesi dell’Unione europea nel 2014”.

    Dopo aver analizzato la preoccupante realtà albanese, gli autori del documentario “Droga, dollari, diplomazia/L’Albania e l’Unione europea” affermano che “…. L’Albania è un Paese candidato all’adesione nell’Unione europea dal 2014. E per contrastare i Paesi aggressivi come la Cina e la Russia, l’Unione europea è pronta a chiudere gli occhi di fronte alle tante carenze nell’ambito della democrazia e della libertà dei media”. E alla fine fanno la domanda: “….È l’Albania pronta per l’Europa? Ed è l’Europa pronta ad accettare un Paese dove […] sono attive delle strutture mafiose?”.

    Chi scrive queste righe da anni ha informato il nostro lettore della realtà albanese. La stessa che è descritta dagli autori del documentario “Droga, dollari, diplomazia/L’Albania e l’Unione europea”, trasmesso la sera del 15 aprile scorso dalla rete televisiva europea ARTE. Si tratta veramente di gravi accuse. Ed è il caso di ricordare quanto affermava più di venti secoli fa il noto drammaturgo della Roma antica Publilio Siro. E cioè che un’accusa grave nuoce anche se è fatta per scherzo.

  • Dichiarazioni che non rappresentano la vera realtà

    La politica è la scienza dell’opportunismo e l’arte del compromesso.

    Franz Liszt

    Oggi, lunedì 14 aprile, a Lussemburgo si è riunito il Consiglio degli Affari esteri, presieduto dall’Alta rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza. Il Consiglio Affari esteri è una delle strutture del Consiglio dell’Unione europea, ed è composto dai ministri degli Esteri degli Stati membri dell’Unione. Non bisogna confondere però il Consiglio europeo con il Consiglio dell’Unione europea. Il Consiglio europeo è composto da tutti i capi di Stato o di governo dei Paesi membri dell’Unione europea e decide su importanti questioni di natura politica dell’Unione. Invece il Consiglio dell’Unione europea, noto anche come il Consiglio dei ministri europei, è composto a livello di ministri e rappresenta i governi degli Stati membri.

    Il programma della sopracitata riunione del Consiglio degli Affari esteri prevedeva la discussione su temi di attualità, tra i quali l’aggressione della Russia in Ucraina e gli ultimissimi sviluppi, dopo il bombardamento nella città ucraina di Sumy, durante la mattinata della Domenica delle Palme, che ha causato 34 vittime innocenti tra i quali anche due bambini. In più, nel corso di una colazione di lavoro lunedì mattina, i ministri degli Esteri dei Paesi membri dell’Unione europea hanno discusso dell’attuale situazione nei Balcani occidentali e dell’allargamento dell’Unione ai Paesi balcanici.

    Sempre nella mattinata di oggi, lunedì 14 aprile, il presidente del Consiglio europeo ha avuto un incontro a Bruxelles con il primo ministro albanese. Dopo quell’incontro, tutti e due hanno fatto delle dichiarazioni davanti ai giornalisti. Il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa, che prima di diventare tale il 1o dicembre 2024 è stato per nove anni (2015-2024) anche primo ministro del Portogallo e per dieci anni (2014-2024) il segretario generale del partito socialista portoghese, è stato ottimista sul progresso dell’Albania nel suo percorso europeo. Ha detto ai giornalisti che “Prima di tutto è sempre un piacere incontrarsi e parlare con Rama (il primo ministro albanese; n.d.a.)”. In seguito il presidente del Consiglio europeo ha sottolineato che “…è molto incoraggiante vedere il progresso che ha fatto l’Albania durante questo suo percorso”.

    Invece il primo ministro albanese, in carica dal 2013 e presidente del partito socialista albanese dal 2005, sempre durante la comune conferenza stampa con il presidente del Consiglio europeo, ha detto, riferendosi al presidente del Consiglio europeo che lo valuta “molto per la sua saggezza e la sua attenzione”. E poi ha aggiunto: “…Oggi è una giornata molto buona per noi, perché abbiamo un’altra conferenza ed apriamo altri capitoli (dei negoziati per l’adesione; n.d.a.)”. Poi riferendosi di nuovo al presidente del Consiglio europeo ha sottolineato: “…gli sono molto riconoscente per il tempo a me dedicato e per il [nostro] colloquio legato al nostro progresso in questo processo [europeo]. … Sono molto incoraggiato da questi sviluppi e ci siamo molto dedicati ad adempiere i nostri obblighi dell’ambizioso calendario per chiudere i negoziati nel 2027”.

    Il nostro lettore è stato informato nelle precedenti settimane che l’11 maggio prossimo in Albania si svolgeranno le elezioni parlamentari. Il nostro lettore è stato altresì informato che il primo ministro, non avendo mantenuto nessuna, proprio nessuna promessa elettorale fatta nelle precedenti campagne elettorali, quelle del 2013, 2017 e 2021, adesso, durante l’attuale campagna elettorale iniziata ufficialmente venerdì scorso, ha scelto di usare il “passaporto  europeo” come la carta vincente. Il primo ministro albanese ha impostato tutta la sua campagna elettorale sulla “promessa” che gli albanesi devono votare lui per entrare nell’Unione europea, perché solo lui lo può fare. Ed in questo ambito, ha usato anche l’occasione presentatasi oggi a Bruxelles con il presidente del Consiglio europeo. E sempre, nell’ambito della sua campagna elettorale, il primo ministro albanese aveva scritto già nel suo sito social che “Lunedì in Unione europea per la quarta conferenza dei negoziati ed un’altra serie di capitoli che si apriranno. Questi sono i più intensivi negoziati nella storia dell’integrazione. E quando pensi che il Montenegro sta negoziando dal 2012, mentre noi dall’anno scorso e quando pensi anche che il nostro calendario è solo di tre anni, cioè chiudiamo (i negoziati; n.d.a.) nel 2027 e siamo pronti ad entrare nell’Unione europea….”. Ed ha avuto, purtroppo, anche la tanto voluta ed ambita “valutazione” del presidente del Consiglio europeo per il “progresso che ha fatto l’Albania durante questo suo percorso [europeo].” (Sic!).

    Ma, fatti accaduti e pubblicamente noti alla mano, si sa che la vera, vissuta e spesso sofferta realtà albanese e ben diversa da quella “dipinta” dal primo ministro albanese. Si tratta di una realtà che non ha niente in comune neanche con quella a cui si riferiscono alcuni alti rappresentanti dell’Unione europea, il presidente del Consiglio europeo compreso. Lo aveva fatto prima anche la commissaria europea per l’allargamento e la politica di vicinato, durante una sua visita ufficiale in Albania tra il 12 ed il 14 marzo scorso. Il nostro lettore è stato informato a tempo debito. Anche lei, la commissaria europea per l’allargamento e la politica di vicinato, ha espresso la sua soddisfazione ed ottimismo per i progressi fatti dall’Albania nel suo percorso per l’adesione nell’Unione europeo. L’autore di queste righe scriveva due settimane fa per il nostro lettore che per la commissaria europea per l’allargamento e la politica di vicinato “…l’Albania è sulla giusta strada [perciò] merita ed ha un posto nell’Unione europea” (Sic!). In più, anche lei aveva dichiarato convinta che l’Albania concluderà con successo i negoziati, appena iniziati, con l’Unione europea entro il 2027.” (Soltanto per merito e non per interessi occulti; 31 marzo 2025).

    Riferendosi però agli obblighi che ogni Paese candidato all’adesione nell’Unione europea, nonché alle esperienze precedenti e pubblicamente note, si sa che il percorso europeo è molto impegnativo. È stato tale per dei Paesi che non hanno avuto a che fare con l’abuso del potere, con la galoppante e ben radicata corruzione, partendo dai più alti livelli istituzionali. Il percorso europeo è stato molto impegnativo anche per dei Paesi che non hanno dovuto affrontare la connivenza del potere politico con la criminalità organizzata e determinati raggruppamenti occulti internazionali, finanziariamente molto potenti. Il percorso europeo è stato, altresì, molto impegnativo per dei Paesi candidati dove i principi della democrazia sono stati sempre rispettati. Il percorso europeo è stato molto impegnativo per dei Paesi candidati dove è stato sempre rispettato anche il principio della separazione dei poteri di Montesquieu. Mentre in Albania l’abuso del potere, la galoppante e ben radicata corruzione, la connivenza del potere politico con la criminalità organizzata e certi raggruppamenti occulti, il controllo del sistema “riformato” della giustizia personalmente dal primo ministro sono, purtroppo, delle realtà pubblicamente note. Chissà perché questa realtà però “sfugge” ad alcuni alti rappresentanti dell’Unione europea?! Ed, in più, in queste condizioni, come si potrebbero concludere i negoziati nel 2027, come è “convinto” il primo ministro albanese?!

    Chi scrive queste righe pensa che le dichiarazioni, sia del presidente del Consiglio europeo, sia della commissaria europea per l’allargamento e la politica di vicinato non rappresentano la vera realtà albanese. Dichiarazioni che potrebbero essere dovute a delle disinformazioni. E questo non è normale. Ma potrebbero essere dovute anche a delle attività lobbistiche, che spesso sostengono il primo ministro albanese in difficoltà. E proprio allora “l’opportunismo politico” entra in scena. Nonostante Franz Liszt, noto musicista, non avesse niente a che fare con la politica, aveva ragione però quando affermava che la politica è la scienza dell’opportunismo e l’arte del compromesso.

  • Proteste massicce che stanno mettendo in difficoltà un regime

    I popoli ben governati e contenti non insorgono. Le insurrezioni, le rivoluzioni

    sono la risorsa degli oppressi e degli schiavi e chi le fa nascere sono i tiranni

    Giuseppe Garibaldi

    ‘La corruzione uccide’. Una breve frase che, dai primi giorni del novembre scorso, è diventata lo slogan delle proteste degli studenti in Serbia. Si tratta di quelle proteste iniziate subito dopo che, il 1° novembre, è crollata la tettoia all’ingresso della stazione ferroviaria di Novi Sad, una città che si trova nel nord della Serbia e dove passa anche la ferrovia che collega Budapest con Belgrado. Il crollo della tettoia causò 15 morti e circa 30 feriti.

    Il 3 novembre, due giorni dopo la tragedia, in diverse città della Serbia sono cominciate le proteste. Nella capitale erano alcune centinaia, tra studenti e cittadini, che hanno protestato davanti alla sede del governo, per poi spostarsi al ministero delle Infrastrutture. I manifestanti, gridando che quello di Novi Sad era “un crimine, non una tragedia”, accusavano il governo di appalti truccati, di mancanza della trasparenza dovuta per legge e di corruzione. Gli studenti, che erano la maggior parte dei manifestanti del 3 novembre scorso a Belgrado, chiedevano proprio di desecretare tutti i documenti sull’appalto per la stazione ferroviaria di Novi Sad ed attivare subito un’indagine indipendente sul caso, nonché le dimissioni del primo ministro, del ministro delle Infrastrutture e del sindaco di Novi Sad. I manifestanti, con le loro mani impregnate di vernice rosso sangue, hanno lasciato le loro impronte sulle facciate delle istituzioni prima di disperdersi.

    Da allora gli studenti, ma anche i cittadini, hanno continuato le loro proteste, sempre più massicce. Durante alcune di quelle proteste, che gli studenti chiamo “Blokade” (blocchi, n.d.a.), si mette in atto l’interruzione del traffico proprio alle 11.52, alla stessa ora in cui è crollata la tettoia della stazione ferroviaria di Novi Sad. Il 22 novembre scorso, a Belgrado, gli studenti della facoltà di Arte drammatica hanno protestato negli ambienti della facoltà. Una protesta pacifica quella degli studenti, i quali però sono stati aggrediti da agenti e civili, sostenitori del partito al potere. E nonostante i media non controllati dal regime del presidente serbo abbiano pubblicato i nomi di alcuni degli aggressori civili, nessuno di loro non è stato fermato dalla polizia. Come è successo anche in molti altri precedenti casi, prima della tragedia di Novi Sad, il 1° novembre scorso.

    Bisogna sottolineare che la stazione ferroviaria di Novi Sad è stata ristrutturata, partendo dal 2021, con dei finanziamenti avuti dalla Cina, nell’ambito di quella che è nota come la Belt and Road Initiative (in italiano riconosciuta come la Nuova Via della Seta; n.d.a.). Un programma strategico del governo cinese, reso noto e ufficializzato nel 2013, che finanzia con più di 1000 miliardi di dollari statunitensi molti investimenti infrastrutturali in diversi parti del mondo. Compresa anche l’Europa. Bisogna altresì sottolineare che i lavori di ricostruzione della ferrovia e della stazione di Novi Sad erano stati affidati, dal governo serbo, ad un consorzio di ditte cinesi. Mentre il ministero delle Costruzioni, Infrastrutture e Trasporti, in palese violazione della legge in vigore sull’accesso all’informazione, ha respinto le richieste di avere informazioni sulla ricostruzione della stazione di Novi Sad. Invece, nonostante la ristrutturazione della stazione di Novi Sad non fosse ancora finita, nel 2022 la stazione è stata provvisoriamente aperta durante la campagna elettorale di quell’anno. Si trattava di un’attività elettorale del presidente serbo, accompagnato anche dal primo ministro ungherese (gli stessi di oggi), visto che la ferrovia collegava le due rispettive capitali. E subito dopo quell’attività la stazione è stata di nuovo chiusa per finire i lavori in corso. Finalmente la stazione ristrutturata è stata inaugurata e resa finalmente operativa nel luglio scorso.

    Le proteste degli studenti e dei loro professori in Serbia sono continuate durante tutti questi mesi. A loro si sono aggiunti anche moltissimi cittadini, agricoltori con i loro trattori e tanti altri. Il 24 gennaio scorso in Serbia c’è stato un grande sciopero generale, con dei blocchi stradali sia a Belgrado che in altre città serbe. Ed in seguito alle continue proteste, il 28 gennaio scorso il primo ministro serbo ha presentato le sue dimissioni. Lo stesso ha fatto anche il sindaco di Novi Sad. Mentre altri due ministri, quello delle Costruzioni, Infrastrutture e Trasporti ed il suo collega del Commercio, si sono dimessi rispettivamente il 4 ed il 20 novembre scorso.

    Il 27 gennaio 2025 gli studenti e tutti i loro sostenitori avevano bloccato per 24 ore una strada molto trafficata della capitale serba. In seguito a quella protesta e sotto la continua pressione delle precedenti proteste degli studenti, il presidente serbo, il 28 gennaio scorso, aveva dichiarato che era pronto “… a parlare con gli studenti; lo scontro non giova a nessuno”. Affermato, altresì, che stava preparando un “ampio e rapido progetto di rimpasto”. Ed era un progetto che prevedeva altri ritiri. Il 28 gennaio, annunciando le sue dimissioni, il primo ministro serbo, nato a Novi Sad e sindaco della città dal 2012 fino al 2022, ha dichiarato che “… come Governo è il momento di essere il più possibile responsabili”. Aggiungendo che “… per diminuire le tensioni fra noi e i manifestanti, ho preso la decisione di fare un passo indietro”. Dimissioni quelle sue che sono state solo una “formalità dovuta”, visto che tuttora non c’è un nuovo primo ministro della Serbia, mentre le dichiarazioni del presidente serbo sono rimaste solo tali, perché nessuna azione concreta è stata compiuta ad oggi.

    Le proteste massicce in Serbia sono continuate anche durante le scorse settimane. L’ultima, in ordine di tempo, è stata quella di sabato scorso a Belgrado. Una protesta chiamata “15 per 15”. Sì, perché è stata  svolta per ricordare le 15 vittime della stazione di Novi Sad proprio il 15 marzo. E come sempre, in tutte le precedenti proteste, i partecipanti hanno osservato 15 minuti di silenzio per ricordare ed onorare le vittime della tragedia del 1° novembre scorso. Secondo le autorità i partecipanti erano poco più di 100.000 persone, mentre per gli organizzatori della protesta, sabato erano scesi in piazza non meno di 275.000 persone. Lo hanno confermato anche fonti mediatiche non controllate dal regime. Erano studenti, insegnanti e professori universitari, cittadini e agricoltori che hanno partecipato alla protesta. Molti di loro, non abitanti di Belgrado, sono arrivati la mattina del 15 marzo nella capitale, marciando a piedi, oppure usando le loro biciclette. Gli studenti che, ormai da più di quattro mesi, sono anche gli organizzatori delle proteste contro il regime del presidente serbo hanno ripresentato sabato scorso le loro quattro richieste. Loro chiedono alle autorità di rendere pubblici tutti i documenti riguardanti la ristrutturazione della stazione ferroviaria di Novi Sad. In più gli studenti chiedono alle strutture competenti di indagare su tutti coloro che sono stati coinvolti in ogni atto aggressivo contro i partecipanti alle proteste e di prendere le dovute misure previste dalle leggi in vigore. La sospensione dell’incriminazione degli studenti arrestati durante le proteste è un’altra richiesta degli studenti. Loro chiedono anche un aumento del 20% dei finanziamenti per l’istruzione superiore.

    Il presidente serbo, dopo la massiccia protesta del 15 marzo scorso, ha dichiarato: “Ora, le autorità devono cogliere il messaggio portato dalle persone che sono arrivate oggi nella capitale”. Aggiungendo: “Dobbiamo cambiare e cambiare tutto ciò che ci circonda”. Compresa anche la possibilità di incontrare i manifestanti e di indire un referendum e nuove elezioni. Ma ha respinto le precedenti proposte per un governo di transizione, con il compito di preparare elezioni anticipate.

    Chi scrive queste righe valuta che le proteste massicce stanno mettendo in difficoltà il regime. Aveva ragione Garibaldi. Sì, i popoli ben governati e contenti non insorgono. Le insurrezioni, le rivoluzioni sono la risorsa degli oppressi e degli schiavi. E chi le fa nascere sono i tiranni.

  • Misere messinscene prima e dopo un arresto

    Colpevole. Trattasi sempre di un’altra persona.

    Ambrose Bierce, dal “Dizionario del diavolo”; 1911

    Era il primo pomeriggio del 10 febbraio scorso quando tutti i media in Albania hanno diffuso la notizia dell’arresto del sindaco della capitale Tirana, in carica dal 2015. Un arresto di cui si parlava da mesi. Un arresto però che, fatti accaduti ed ufficialmente denunciati dall’opposizione presso la Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata alla mano, doveva essere attuato alcuni anni prima. Sì, perché si trattava di accuse denunciate nei minimi dettagli e che riguardavano sia il diretto coinvolgimento del sindaco della capitale, sia del primo ministro albanese e di alcuni suoi stretti collaboratori, tra i quali anche il Segretario generale del Consiglio dei ministri. Il nostro lettore è stato informato da alcuni anni di quello che in Albania è ormai noto come lo scandalo degli inceneritori. Sono molti gli articoli dell’autore di queste righe che hanno trattato questo argomento per il nostro lettore. Ma “stranamente” i procuratori della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata hanno messo, ad oggi, in soffitta tutte quelle accuse. E pensare che una simile Struttura è stata costituita nel 2019 proprio per combattere ogni attività illecita, corruttiva ed abusiva dei rappresentanti politici ed istituzionali, partendo dai più alti livelli. Chissà perché però i procuratori della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata, il “vanto” del sistema “riformato” della giustizia, non hanno indagato sulle decisioni prese in piena violazione delle leggi in vigore in Albania, che riguardavano i tre inceneritori?! Bisogna sottolineare che l’inceneritore della capitale non è mai esistito fisicamente. Mentre gli due altri non hanno quasi mai funzionato. Ma nonostante i tanti fatti pubblicamente noti e facilmente verificabili che confermano una simile e grave realtà, i cittadini della capitale e di altre due città pagano delle tasse non trascurabili, come se tutto funzionasse regolarmente!

    L’arresto del sindaco della capitale è stato finalmente eseguito, ma non per le sopracitate accuse. Lui è stato accusato di corruzione passiva in almeno nove casi e di riciclaggio di denaro, fatto insieme con altre persone, tra cui anche sua moglie. Secondo i procuratori della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata il sindaco della capitale avrebbe approvato molti permessi di costruzione edilizia nella capitale, a degli imprenditori con i quali poi divideva i guadagni. In più il sindaco è stato accusato di condivisione di ingenti fondi pubblici con delle imprese e delle organizzazioni non governative, tra cui anche alcune di sua moglie e/o da lei controllate direttamente e/o tra terze persone. Il sindaco della capitale non è stato però accusato per il clamoroso scandalo degli inceneritori. E neanche dello scandalo reso noto quasi un anno fa, in cui lui era coinvolto direttamente e/o tramite alcuni suoi stretti collaboratori e dirigenti del comune della capitale. Uno scandalo quello legato a molti appalti truccati e a finanziamenti per delle società che esistevano solo sulla carta. E proprio il fatto che il sindaco della capitale non sia stato accusato per lo scandalo degli inceneritori, in cui è direttamente coinvolto anche il primo ministro ed altri suoi stretti collaboratori, è un’altra inconfutabile e preoccupante conferma che il sistema “riformato” della giustizia tutto può fare tranne che svolgere il suo ruolo istituzionale per combattere la diffusa e galoppante corruzione, partendo dai più alti livelli istituzionali.

    Se il sindaco della capitale fosse stato arrestato per i veri e clamorosi abusi della cosa pubblica, allora si doveva arrestare per primo non il sindaco, bensì il primo ministro albanese. Sì, perché lui non solo sapeva tutto, ma ha condiviso, approvato, beneficiato e, addirittura ordinato gli abusi fatti dal sindaco. Anche questi sono fatti pubblicamente noti e denunciati dall’opposizione e da alcuni pochi e molto corraggiosi giornalisti investigativi. Alcuni dei quali, però e purtroppo, sono stati costretti a fuggire e chiedere asilo in altri Paesi europei.

    Il primo ministro, fino a pochissimi mesi fa, aveva accantonato e anche sostituito il sindaco di Tirana come responsabile politico della capitale e la regione, per le elezioni parlamentari del 11 maggio prossimo. Ma “stranamente”, durante queste ultime settimane, il primo ministro si è presentato di nuovo in pubblico con il sindaco della capitale e, addirittura, lodava l’operato del sindaco. Anche questo inatteso atteggiamento del primo ministro ad alcuni attenti analisti generò dubbi. In più, subito dopo l’arresto del sindaco, il 10 febbraio scorso, il primo ministro diventò, per alcuni giorni, il suo più attivo protettore! Non solo, ma lui, per “difendere” il sindaco, accusò addirittura tutti i procuratori e i giudici del sistema “riformato” della giustizia che hanno permesso l’arresto. Per lui l’arresto del sindaco “ha passato ogni limite”, calpestando “gli standard democratici del Paese”. Per il primo ministro tutto ciò “non è normale, non c’è una flagranza, non c’è un crimine…”. E poi, convinto e determinato, ha affermato che “Il partito socialista (capeggiato proprio da lui; n.d.a.) non tacerà di fronte a [simili] flagranti violazioni”.

    Un simile comportamento del primo ministro era, però, semplicemente una misera messinscena, che finì dopo tre giorni dall’arresto del sindaco, il 13 febbraio scorso, poco dopo mezzogiorno. Da allora il primo ministro ha cambiato completamente discorso. Lui ha “abbandonato” alla sua sorte il sindaco. Il primo ministro ha dichiarato che la battaglia legale del sindaco era “…una battaglie sua e dei suoi avvocati; non mia e del partito socialista”.

    L’autore di queste righe pensa che al primo ministro, viste la vera realtà albanese e le innumerevoli difficoltà che lui deve affrontare quotidianamente, conveniva di più consegnare il sindaco della capitale nelle mani della giustizia “riformata” da lui personalmente controllata che averlo al suo fianco durante la campagna già in corso per le elezioni parlamentari del 11 maggio prossimo. Sì perché così prendeva due piccioni con una fava. Eliminava tutte le accuse che gli avversari politici del primo ministro potevano giustamente fare nei confronti del sindaco. Ma, così facendo, tutto pesava anche sul partito e lo stesso primo ministro. Arrestato il sindaco, la potente propaganda del primo ministro adesso potrà dire che il colpevole è stato ormai arrestato. Ma non solo questo. La potente propaganda e lo stesso primo ministro adesso possono dire che il sistema della giustizia funziona. E così si cercherà di sfumare anche quanto sta emergendo ultimamente sui finanziamenti USAID per la “riforma” voluta e attuata con il diretto sostegno della Fondazione per la Società Aperta di George Soros. Il nostro lettore è stato informato di tutto ciò la scorsa settimana (Fallimento programmato e preoccupante di una ‘riforma’; 10 febbraio 2025).

    A proposito, proprio dopo la decisione presa dal presidente statunitense sui finanziamenti USAID e anche delle pericolose e ben presenti influenze di Soros in varie parti del mondo, adesso il primo ministro albanese ha cancellato dalle sue applicazioni in rete tutte le sue foto sia con George Soros che con suo figlio. Quest’ultimo, riferendosi al primo ministro albanese, lo ha continuamente chiamato  “il mio fratello”. Mentre il primo ministro si vantava di quelle considerazioni. Sì, si vantava e lo faceva vedere a tutti, fotografie comprese. Anche perché lui da anni ne ha ampiamente approfittato dell’amicizia con George Soros e della “fratellanza” con il Soros junior.

    Chi scrive queste righe è convinto che tutte le dichiarazioni fatte dal primo ministro albanese, sia prima che dopo l’arresto del suo “amico/nemico” sindaco della capitale, sono state semplicemente delle misere e forzate messinscene. Per lui, trovandosi in simili e troppo gravi difficoltà, è molto importante apparire come “vittima” di coloro che hanno approfittato ed abusato della sua fiducia. Per il primo ministro, parafrasando Ambrose Bierce, il colpevole è sempre un’altra persona.

  • Fallimento programmato e preoccupante di una ‘riforma’

    Per i cittadini le leggi si applicano, per gli amici si interpretano, per alcuni si eludono.

    Giovanni Giolitti

    Era il 4 settembre 1961 quando il Congresso statunitense approvò il Foreign Assistance Act (la Legge sull’Assistenza estera; n.d.a.). Dopo quell’approvazione l’allora presidente democratico degli Stati Uniti d’America, John Fitzgerald Kennedy, firmò un ordine esecutivo con il quale si ufficializzò la costituzione dell’USAID (United States Agency for International Development – Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale; n.d.a.). Si trattava di un’agenzia che doveva gestire tutti gli aiuti internazionali statunitensi per vari Paesi del mondo. Aiuti che fino ad allora facevano parte del “Piano Marshall” per la ripresa, la ricostruzione dell’Europa occidentale. Il piano è stato annunciato pubblicamente il 5 giugno 1947 dall’allora Segretario di Stato George Marshall, dal quale prese anche il nome.

    USAID, dalla sua costituzione e fino a pochi giorni fa, ha gestito ingenti somme miliardarie per finanziare diversi progetti e programmi di assistenza in veri campi ed in molti Paesi del mondo. Da fonti ufficiali, risulterebbe che solo durante l’anno fiscale 2023 USAID ha gestito più di 40 miliardi di dollari. Si tratta di finanziamenti erogati per attuare progetti ideati da raggruppamenti politici della sinistra. Ragion per cui l’attuale presidente degli Stati Uniti d’America durante la sua campagna elettorale, nell’ambito della sua ormai nota strategia MAGA (Make America Great Again – Rendiamo l’America di  nuovo grande; n.d.a.), aveva promesso la sospensione e anche l’annullamento dei finanziamenti per simili progetti. Promesse che ha mantenuto già dal primo giorno del suo insediamento, quando ha firmato il decreto del congelamento, per 90 giorni, di tutti i finanziamenti e gli aiuti degli Stati Uniti per altri Paesi. Finanziamenti quelli che devono essere riallineati con le priorità del programma del presidente statunitense. E tra quei finanziamenti c’erano anche quelli gestiti dall’USAID.

    Lunedì scorso, 3 febbraio 2025, il presidente Trump ha dichiarato ai giornalisti che USAID doveva essere chiusa “molto tempo fa”. Lui ha altresì dichiarato che l’USAID “è gestita da un gruppo di pazzi estremisti di sinistra radicali.[…]. Li faremo andar via e poi prenderemo una decisione”. E già dal 1o febbraio scorso molti dirigenti dell’agenzia sono stati avvisati di essere messi in congedo forzato, mentre alcuni altri sono stati licenziati. Il 4 febbraio scorso il presidente Trump ha incaricato il Segretario di Stato come dirigente ad interim dell’USAID. Il Segretario di Stato, dopo il suo incarico, ha dichiarato che verranno fatte delle analisi e delle verifiche sui finanziamenti e l’operato dell’USAID. E per ogni finanziamento saranno fatte tre domande: “Rende l’America più sicura? Rende l’America più forte? Rende l’America più prospera?”. Sì, perché i nuovi dirigenti del Dipartimento di Stato sono convinti che “…l’agenzia si è da tempo allontanata dalla sua missione originale di promuovere con responsabilità gli interessi americani all’estero”.

    Uno dei Paesi che, dopo la caduta del regime comunista, ha beneficiato dei finanziamenti dell’USAID è anche l’Albania. Finanziamenti ai quali, quasi sempre, sono stati aggiunti quelli fatti dalla Fondazione per la Società Aperta (Open Society Foundations; n.d.a.), fondata nel 1993 da George Soros, il multimiliardario, speculatore di borsa statunitense e l’ideatore, tra l’altro, del “Mercoledì nero” nella Borsa di Londra del 16 settembre 1992. Sono stati dei finanziamenti che hanno sostenuto progetti di vario genere, tra cui anche quelli per la democratizzazione del Paese, dopo quarantacinque anni sotto una spietata dittatura comunista. Ma, durante questi ultimi dieci anni, la maggior parte dei finanziamenti del USAID e quelli della Fondazione per la Società Aperta, sono stati devoluti alla consultazione e alla stesura della riforma del sistema della giustizia in Albania, approvata all’unanimità, nelle primissime ore del 22 luglio 2016, dal Parlamento albanese.

    Si tratta di una riforma che, da allora, fatti accaduti e che stanno accadendo alla mano, non ha mai raggiunto gli obiettivi dichiarati sulla carta. Obiettivi che dovevano garantire il funzionamento del sistema della giustizia, in base al principio della separazione dei poteri di Montesquieu. E cioè doveva essere uno dei tre poteri separati ed indipendenti, insieme con il potere legislativo e quello esecutivo. Ma che, invece, è stata una “riforma” che ha garantito al primo ministro albanese il suo personale controllo del sistema. E da quanto sta pubblicamente emergendo durante questi ultimi giorni, risulta che tutti i “consiglieri” della “riforma” del sistema della giustizia, stranieri e albanesi, sono stati pagati dai finanziamenti sia dall’USAID che dalla Fondazione per la Società Aperta, proprio per rendere possibile un simile controllo. Una “riforma” quella che risulta essere stata un fallimento ideato, voluto e programmato da coloro che lo hanno finanziato e da colui che ne doveva beneficiare, il primo ministro albanese.

    Durante la scorsa settimana, dopo la sospensione dei finanziamenti dell’USAID, sono state rese pubblicamente note molte informazioni, ricavate da documentazioni ufficiali, che confermano, senza equivoci, proprio il vero obiettivo della “riforma” del sistema della giustizia. Dalle stesse documentazioni risulterebbe che sono stati finanziati ingenti somme per il diretto e permanente coinvolgimento di alcune organizzazioni locali molto vicine al primo ministro. Oltre alla struttura rappresentante in Albania della Fondazione per la Società Aperta, un’altra organizzazione locale, la cui direttrice è stata una ex compagna del primo ministro ed ormai compagna dell’ex ministro degli Interni ed attualmente capo del gruppo parlamentare del partito socialista, capeggiato proprio dal primo ministro, ha “fortemente contribuito” per rendere attiva la “riforma” del sistema della giustizia in Albania. Si tratta dell’organizzazione non governativa East West Management Institute (Istituto della Gestione Est – Ovest; n.d.a.), la cui direttrice ha ricevuto per molti anni, e fino alla scorsa settimana, ingenti finanziamenti proprio dall’USAID. Dalla documentazione ufficiale risulta che la sua organizzazione ha ricevuto, solo durante l’ultimo anno fiscale, 31.2 milioni di dollari. In più, sempre in base alla documentazione ufficiale, dall’inizio dell’attuale anno fiscale e cioè dall’ottobre scorso, e fino alla scorsa settimana, l’organizzazione ha ricevuto circa 10 milioni di dollari dall’USAID. La stessa direttrice ha dichiarato ufficialmente di aver avuto, mediamente, uno stipendio di 100 mila dollari all’anno sempre dagli stessi finanziamenti. E ovviamente nessuno può mettere in dubbio il “valoroso contributo” dell’organizzazione da lei diretta, nell’ambito della “riforma” del sistema della giustizia in Albania.

    Il nostro lettore da anni è stato continuamente informato della totale ubbidienza delle strutture del sistema “riformato” della giustizia agli ordini e alla volontà del primo ministro albanese. Così come è stato informato che il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America ha conferito, il 9 dicembre scorso, il premio “Campioni Globali dell’Anticorruzione per il 2024” anche al dirigente della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata. Una delle persone che ubbidisce in una maniera vergognosa ed in violazione delle leggi in vigore agli ordini del primo ministro (Riconoscimenti irreali e ingannevoli che offendono l’intelligenza; 16 dicembre 2024). Tutto grazie alle attività lobbistiche finanziate dalla Fondazione per la Società Aperta.

    Chi scrive queste righe è convinto che si tratta di finanziamenti occulti che hanno appoggiato un autocrate ed il suo regime, nonché il fallimento programmato e preoccupante di una “riforma”, quella del sistema della giustizia in Albania. Aveva ragione Giovanni Giolitti: per i cittadini le leggi si applicano, per gli amici si interpretano, per alcuni si eludono.

  • Un autocrate colpevole che cerca di nascondersi codardamente

    Il colpevole, anche se sta nascosto, non ha mai la certezza di poter restare nascosto, poiché la sua coscienza l’accusa e lo svela a sé stesso: il colpevole vive in continua trepidazione.

    Lucio Anneo Seneca, Lettere a Lucilio, 62/65

    La scorsa settimana il nostro lettore è stato informato delle accuse fatte al primo ministro albanese da un suo stretto collaboratore (Altre rivelazioni clamorose che accusano un autocrate corrotto; 28 gennaio 2025). Si tratta dell’ex vice primo ministro (2021-2022). Ma lui dal 2013 è stato anche ministro dello sviluppo economico, ministro delle finanze e, in seguito, ministro di Stato per la Ricostruzione del Paese, dopo il terremoto del 2019. E sempre il suo diretto superiore è stato l’attuale primo ministo albanese. Uno stretto collaboratore che, ad un certo momento e non si sa ancora il perché, è diventato una persona “non gradita”. Ragion per cui il primo ministro ha deciso di consegnarlo alla Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata. Una Struttura quella che, fatti accaduti e che tuttora stanno accadendo, fatti pubblicamente noti e anche denunciati alla mano, risulta essere sotto il diretto e totale controllo del primo ministro. Ma lui, nel frattempo, era riuscito a fuggire all’estero. E dalla Svizzera, dove ormai si trova e gode dello stato di avente asilo politico, l’ex vice primo ministro ha rilasciato una lunga intervista ad una delle poche emittenti televisive in Albania non controllate dal primo ministro.

    Durante l’intervista del 27 gennaio scorso, oltre alle tante pesanti accuse fatte dall’ex vice primo ministro nei confronti del primo ministro albanese, ha attirato l’attenzione pubblica un particolare. L’accusatore ha sempre chiamato l’accusato come “il capo dell’organizzazione criminale” e ha anche spiegato il perché. Bisogna sottolineare che l’accusatore è una di quelle poche persone che conosce bene cosa ha realmente fatto il primo ministro durante tutti questi anni. Sì, lo ha affermato, poco tempo prima che venisse emesso l’ordine per l’arresto dell’ex vice primo ministro, proprio il primo ministro. Lui, durante una sua intervista aveva dichiarato che l’ex vice primo ministro era uno dei suoi collaboratori “…con il quale mi sono incontrato molto frequentemente; ho comunicato di più telefonicamente, ho discusso per la maggior parte delle [nostre] decisioni prese durante questi anni.”! Ragion per cui bisogna che tutte le accuse fatte dal vice primo ministro albanese, sia durante la sopracitata intervista del 27 gennaio scorso, sia quelle fatte durante le due precedenti interviste (1o febbraio 2024 e 29 luglio 2024) nei confronti del primo ministro vengano considerate con la massima attenzione da chi di dovere. Ma purtroppo chi ha il dovere istituzionale di trattare quelle accuse, e cioè la Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata, durante tutto il suo operato, dal 25 novembre 2019, quando è stata costituita, ad oggi, ha testimoniato, sempre fatti alla mano, che consapevolmente calpesta i doveri istituzionali, sanciti dalla legge. Un fatto questo sottolineato anche dall’ex vice primo ministro, durante la sua ultima intervista. In base a tanti fatti da lui evidenziati, risulta che quella Struttura è vergognosamente ubbidiente alla volontà del primo ministro.

    Durante la sua lunga intervista del 27 gennaio scorso, l’ex vice primo ministro albanese ha fatto delle accuse molto pesanti nei confronti del primo ministro. Ed ha pubblicamente dichiarato la sua piena disponibilità a presentarsi davanti a qualsiasi tribunale, basta che non sia in Albania, dove lui può essere ucciso. Lui ha parlato della famigerata strategia della cannabizzazione del Paese, proposta dall’attuale primo ministro all’inizio del suo primo mandato. L’accusatore, insieme con quattro altri ministri hanno presentato allora, durante una riunione, tutte le loro contrarietà ad una simile strategia. Ma il primo ministro ha imposto la sua volontà. Il nostro lettore è stato informato a tempo debito di quella attuata strategia e delle sue gravi conseguenze.

    L’ex vice primo ministro ha affermato durante la sua intervista del 27 gennaio scorso che il primo ministro, insieme con sua moglie, ha frequentato almeno due volte un noto e lussuoso centro per la disintossicazione a Merano in Italia. A proposito, le cattive lingue da anni stanno dicendo convinte che il primo ministro fa un uso continuo di droghe pesanti. L’ex vice primo ministro ha anche affermato che ogni volta che il primo ministro e sua moglie hanno frequentato il centro sono stati in compagnia di un noto costruttore albanese e di sua moglie. E, guarda caso, quel costruttore ha vinto molti appalti pubblici! L’ex vice primo ministro ha sfidato tutti, compresa la Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata, invitandoli a verificare queste sue dichiarazioni!

    L’ex vice primo ministro ha dichiarato, sotto la sua piena responsabilità, che è stato per due volte presente quando il primo ministro, insieme ad un altro ministro e a due imprenditori turchi, hanno trattato un “affare” che riguardava l’apertura di un traforo nel sud dell’Albania. Ebbene quell’“affare” è stato concluso e reso attivo. Ma per i contribuenti albanesi ha aumentato di 50 milioni di euro il costo del precedente contratto. Però da fatti pubblicamente ormai noti alla mano risulta che gli imprenditori turchi hanno dato in subappalto i lavori alla stessa ditta che aveva vinto prima l’appalto proprio per il valore precedentemente stabilito! Anche in quel caso le cattive lingue hanno detto convinte che i 50 milioni di euro sono stati spartiti tra il primo ministro e i turchi.

    Durante l’intervista del 27 gennaio scorso, l’ex vice primo ministro ha dichiarato, sotto la sua piena responsabilità che un famigliare molto stretto del primo ministro da anni sta approfittando milioni di euro dagli appalti con l’agenzia che si occupa della protezione cibernetica in Albania.

    L’ex vice primo ministro ha accusato pubblicamente, sempre sotto la sua piena responsabilità, che il primo ministro gli aveva chiesto nel 2018, quando era ministro delle Finanze, di modificare la legge e permettere ad un imprenditore israelita di acquistare il diritto di trattare il debito pubblico dell’Albania, dando anche molti dettagli. Ha anche affermato però che lui, dopo aver consultato gli specialisti del ministero, aveva informato il primo ministro che non si poteva fare, perché la legge lo vietava. In più l’ex vice primo ministro ha accusato pubblicamente che il primo ministro voleva dare allo stesso imprenditore israelita un terreno nel territorio dal consolato albanese a New York per costruire. Un fatto questo che l’ex vice primo ministro aveva saputo dall’allora ministro degli Esteri, il quale ha chiesto il suo parere. Bisogna sottolineare che l’amico del primo ministro, l’imprenditore israelita, è attualmente molto attivo in Albania. Ma queste erano solo alcune delle accuse fatte dall’ex vice primo ministro durante la sua intervista. Lui ha, tra l’altro, parlato anche di tanti voli charter del primo ministro pagati da un imprenditore in cambio di appalti vinti. Ha accusato il primo ministro di aver assistito ad un partita di pallacanestro negli Stati Uniti d’America, approfittando di un biglietto che costava non meno di 28.000 dollari, domandando chi gli avesse pagato quel biglietto. E ne ha fatto anche altre di simili accuse.

    Chi scrive queste righe informa però il nostro lettore che il primo ministro albanese, ad oggi, non ha detto una sola parola riguardo alle pesanti accuse a lui fatte. Proprio colui che non perde occasione di apparire, di parlare, di ironizzare e di accusare gli altri. Lui adesso si sta comportando come un autocrate colpevole che cerca di nascondersi codardamente. Ma Lucio Anneo Seneca ci insegna che il colpevole, anche se sta nascosto, non ha mai la certezza di poter restare nascosto, poiché la sua coscienza l’accusa e lo svela a sé stesso: il colpevole vive in continua trepidazione. Di certo il primo ministro albanese sta passando dei giorni molto difficili. Lui sa anche il perché.

  • Riconoscimenti irreali e ingannevoli che offendono l’intelligenza

    Nella corruzione di questo mondo, la mano dorata del delitto può scansare

    la giustizia e si vede spesso la legge farsi accaparrare dalla sua preda.

    William Shakespeare, da “Amleto”

    L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato il 31 ottobre 2003 la Convenzione contro la Corruzione. Tra l’altro la Convenzione affermava che le Nazioni Unite erano “…preoccupate per la gravità delle problematiche e delle minacce che la corruzione rappresenta per la stabilità e la sicurezza delle società”. Una preoccupazione quella che si basava sulla convinzione, espressa nella sopracitata Convenzione, che la corruzione logora e danneggia “…le istituzioni e i valori della democrazia, i valori etici e della giustizia, mettendo a repentaglio lo sviluppo sostenibile e lo Stato di diritto”. La stessa Convenzione ha proclamato la Giornata internazionale contro la corruzione, che si celebra, da allora, ogni 9 dicembre.

    Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America, dal 2021, ha cominciato a conferire un premio intitolato ‘Campioni Globali dell’Anticorruzione’ (Global Anti-Corruption Champions; n.d.a.). Si tratta di un riconoscimento che ha come obiettivo quello di “…onorare delle persone, in tutto il mondo, che fanno degli sforzi straordinari per combattere la corruzione”. Un premio che adesso viene legato proprio alla Giornata internazionale contro la corruzione e, perciò, le persone premiate si proclamano proprio il 9 dicembre.

    Nel primo anno dell’assegnazione di questo premio però i nomi dei premiati sono stati resi noti il 23 febbraio 2021. Allora il Segretario di Stato statunitense ha proclamato dodici ‘Campioni globali dell’anticorruzione’. Secondo lui loro “…hanno instancabilmente lavorato, spesso affrontandosi con delle inimicizie, per difendere la trasparenza, per combattere la corruzione e per garantire il rendiconto nei propri Paesi”. Tra i dodici premiati c’era anche un giudice albanese. Il nostro lettore è stato informato a tempo debito di tutto ciò. L’autore di queste righe scriveva, riferendosi a questa scelta, che lui, il giudice albanese, era “…una persona molto “chiacchierata” … Non solo perché è un ex inquisitore del regime comunista”. Aggiungendo che “…si tratta anche di un “uomo della legge” che, dati e fatti accaduti alla mano, ha continuamente infranto la legge. Anche quando, per rimanere in carica come giudice della Corte Suprema, nonostante il suo mandato fosse finito da sei anni, ha usato dei “trucchetti” ed ha beneficiato del diretto appoggio governativo. Si tratta di un “giusto” che aveva “dimenticato” di dichiarare parte dei beni in suo possedimento, come prevede proprio la legge! […] Tutto fa pensare ad una densa e ben pagata attività lobbistica” (Un vergognoso, offensivo e preoccupante sostegno alla dittatura;1 marzo 2021).

    Il 9 dicembre scorso, proprio alla ricorrenza della Giornata internazionale contro la corruzione, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America ha reso pubblico i nomi dei Campioni Globali dell’Anticorruzione per il 2024. Ebbene, tra i dieci nuovi premiati c’era, di nuovo, un albanese. Ma questa volta non un giudice, ma un procuratore. Anzi, il dirigente della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata. Un’istituzione costituita nel novembre 2019, nell’ambito della riforma del sistema della giustizia. Una riforma approvata dal Parlamento albanese nel luglio del 2016, sulla quale l’autore di queste righe ha spesso informato il nostro lettore con la dovuta e richiesta oggettività e sempre in base a tanti fatti, dati, denunce e documenti resi pubblici. Una riforma, quella del sistema della giustizia in Albania, che è stata ideata, consigliata ed assistita dagli specialisti e dai rappresentanti dalla Fondazione per la Società Aperta (Open Society Foundations; n.d.a.), fondata nel 1993 da George Soros, il noto multimiliardario e speculatore di borsa statunitense. Un fatto questo, dichiarato con tanto vanto e in diverse occasioni, anche dal dirigente della Fondazione per la Società Aperta in Albania. Si tratta di una riforma finanziata sia dagli Stati Uniti d’America che dall’Unione europea. Ragion per cui, bisogna dimostrare in tutti i modi che si tratta di un “successo” per giustificare i milioni spesi. Una riforma che doveva fare giustizia e condannare tutti i colpevoli, partendo dai massimi rappresentanti della politica, nel caso avessero commesso dei crimini di ogni genere, come abusi con il denaro pubblico, corruzione attiva e passiva e ben altro. Ma purtroppo, sempre fatti, dati, denunce e documenti resi pubblici alla mano, ormai risulta essere una “riforma” che ha messo tutte le istituzioni del sistema della giustizia sotto il diretto controllo del primo ministro e/o di chi per lui. Anche di questo fatto il nostro lettore è stato spesso informato con la dovuta e richiesta oggettività.

    Durante la cerimonia della premiazione, il 9 dicembre scorso, il Segretario di Stato statunitense ha detto: “…Gli Stati Uniti hanno lanciato il Premio ‘Campioni Globali dell’Anticorruzione’ nel 2021 per riconoscere le persone che hanno adottato misure straordinarie per contrastare la corruzione, nonché per dimostrare la solidarietà degli Stati Uniti con questi partner eroici’. E poi ha aggiunto: “Oggi, in occasione della Giornata internazionale contro la corruzione, riconosciamo 10 campioni della lotta alla corruzione che hanno guidato o sostenuto riforme e indagini che stanno portando un mondo più giusto e trasparente per i loro concittadini”. Ed uno di questi “partner eroici” era anche il dirigente della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata. Chissà perché?! Ma le cattive lingue hanno subito detto che si trattava di nuovo, come nel 2021, di una “scelta” ed una sponsorizzazione fatta dalle potenti lobby negli Stati Uniti, quelle che sostengono da anni il primo ministro albanese, in cambio di “servizi e ubbidienza”, proprio per dimostrare il successo della “riforma” del sistema della giustizia in Albania. E soprattutto perché si tratta di una riforma ideata e sostenuta proprio da una di queste lobby.

    Durante questi ultimi anni il nostro lettore è stato spesso informato, sempre fatti alla mano, anche dell’operato della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata in Albania e dell’ormai nota “ubbidienza” del dirigente della Struttura, appena premiato, alle “direttive” che gli arrivavano dalle massime autorità governative, primo ministro in testa. Sono tante, veramente tante le denunce che da anni “dormono” negli uffici della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata. E si tratta di denunce che coinvolgono direttamente il primo ministro, suoi famigliari ed alcuni suoi stretti collaboratori. Si tratta di una realtà confermata anche dalle dichiarazioni fatte dal noto procuratore antimafia italiano Nicola Gratteri. E proprio lui, già nel 2019, dichiarava convinto che “In Europa, nel futuro, credo che ci impegneremo molto con l’Albania”. Anche di questo il nostro lettore è stato sempre informato (Pericolose e preoccupanti presenze mafiose, 1 febbraio 2021; Similitudini tra l’Afghanistan e l’Albania, 30 agosto 2021; Clamorosi abusi rivelati da un programma televisivo investigativo, 23 aprile 2024; Altre verità rivelate da un programma televisivo investigativo, 7 maggio 2024; Minacce ai giornalisti europei che denunciano una grave realtà, 7 ottobre 2024…). Ma nonostante ciò proprio il dirigente della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata in Albania è stato tra i dieci ‘Campioni Globali dell’Anticorruzione’ per il 2024! Chissà perché?!

    Chi scrive queste righe, riferendosi al sopracitato riconoscimento, è convinto che si tratta di un riconoscimento irreale e ingannevole, che offende l’intelligenza degli albanesi. E trova attuale quanto scriveva Shakespeare più di quattro secoli fa. E cioè che nella corruzione di questo mondo, la mano dorata del delitto può scansare la giustizia e si vede spesso la legge farsi accaparrare dalla sua preda. Un insegnamento che non hanno tenuto presente nel Dipartimento di Stato statunitense.

  • Una gola profonda che accusa e rivela gravi verità

    Un’accusa grave nuoce anche se è fatta per scherzo

    Publilio Siro

    Quando si parla di una “gola profonda”, di solito si intende una persona che sa e rivela delle notizie importanti, riservate e che pochi sanno. Un’espressione che è stata usata, per la prima volta, da Bob Woodward, un giornalista del noto giornale statunitense The Washington Post. Lui insieme con un altro giornalista, Carl Bernstein, pubblicarono nel 1974 il libro All the president’s men (Tutti gli uomini del presidente; n.d.a.). Un libro che si riferiva a quello che ormai è noto come lo scandalo Watergate, che portò alle dimissioni, il 9 agosto 1974, del presidente Richard Nixon. E da allora l’espressione “gola profonda” viene usata soprattutto quando si tratta dell’intricato mondo dei malaffari, ma anche a determinati rapporti occulti che coinvolgono rappresentanti politici.

    Era il 14 luglio 2023 quando il Parlamento albanese approvò la richiesta della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata. Una richiesta quella che chiedeva l’arresto di un deputato della maggioranza governativa, il quale è stato anche vice primo ministro (2021-2022). Lui però dal 2013 è stato, altresì, anche ministro dello sviluppo economico, ministro delle finanze e alla fine, ministro di Stato per la Ricostruzione del Paese, dopo il terremoto del 2019. Proprio lui per il quale il primo ministro, alcune settimane prima che si chiedesse il suo arresto, aveva detto che lui era “…uno dei collaboratori con il quale mi sono incontrato di più, ho comunicato di più al telefono, ho discusso di più per molte delle nostre decisioni durante questi anni”. Il vice primo ministro era accusato  di abuso d’ufficio, di corruzione passiva, di illegittimo vantaggio di interessi e di riciclaggio di denaro. Chi conosce la vera e vissuta realtà albanese di questi ultimi anni sa benissimo che i dirigenti della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata non fanno niente senza avere avuto prima il beneplacito partito da molto alto. Lui però, l’ex vice primo ministro, proprio in quel periodo, quando si chiedeva il suo arresto al Parlamento, era all’estero. Le cattive lingue dissero allora che, avvisato in tempo, era riuscito a fuggire ed in seguito a chiedere anche asilo politico in un Paese europeo. Il nostro lettore è stato informato di questa faccenda (Governo che funziona come un gruppo criminale ben strutturato, 17 luglio 2023; Inganna per non ammettere che è il maggior responsabile, 24 luglio 2023).

    Ovviamente l’ex vice primo ministro non era uno stinco di santo. Come persona molto vicina al primo ministro e come ministro in ministeri dove si gestivano ingenti somme di denaro pubblico, lui era spesso oggetto di critiche e pubbliche accuse, sia dai rappresentanti dell’opposizione, sia da alcuni media ancora non controllati dal restaurato regime che si sta consolidando da alcuni anni in Albania. Ma a onor del vero lui, quando era ministro delle finanze, non ha dato parere favorevole ai progetti degli inceneritori, tanto ambiti dal primo ministro, dal sindaco della capitale e da alcuni ministri e alti funzionari del governo. Si trattava di un’impresa, quella dei tre inceneritori, di “…un investimento per il quale non possiamo non essere fieri”, come esclamava euforico il primo ministro nel aprile 2017. Il nostro lettore è ormai da alcuni anni ben informato dello scandalo. Ragion per cui nella sopracitata richiesta della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata indirizzata al Parlamento, guarda caso, l’ex vice primo ministro non è stato accusato della violazione delle leggi in vigore che regolano le procedure messe in atto nel caso dei tre inceneritori e anche gli obblighi istituzionali del ministro. Violazioni delle procedure che porterebbero portare poi direttamente al primo ministro. Come mai e chissà perché?! Ma i dirigenti della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata, i quali, fatti accaduti e che tuttora stanno accadendo alla mano, risultano agire solo dopo aver avuto degli ordini partiti dagli uffici del primo ministro e/o di chi per lui. E quando serve chiudono occhi, orecchie e mente. Lo hanno fatto non di rado e come se niente fosse, anche per dei casi clamorosi ben documentati e denunciati ufficialmente. Lo stanno palesemente facendo anche in queste ultime settimane per alcuni scandali che coinvolgono direttamente il primo ministro, suoi famigliari ed altri.

    Era il 1o febbraio scorso quando, dall’esilio in Svizzera, l’ex vice primo ministro è stato intervistato da un giornalista di un media molto critica al primo ministro e che lui non riesce a controllare. Chi scrive queste righe informava allora il nostro lettore, scrivendo: “…Ebbene giovedì scorso 1o febbraio, l’ex primo ministro ha fatto delle rivelazioni riguardanti ruberie milionarie ed abuso del potere. Lui ha accusato direttamente il primo ministro ed il sindaco della capitale come ideatori e approfittatori dei progetti degli inceneritori. Lui ha fatto delle rivelazioni che non lasciano dubbi […] Lui ha dichiarato, tra l’altro: “Porterò sulla schiena la mia croce. Ma non porterò la croce di nessun altro”. E si riferiva al primo ministro albanese. L’ex vice primo ministro ha accusato anche il sistema “riformato” della giustizia che sta cercando di difendere il primo ministro ed il sindaco della capitale per lo scandalo degli inceneritori. Lui ha dichiarato che se si aprisse il dossier degli inceneritori “gli albanesi si spaventerebbero” (Rivelazioni riguardanti ruberie milionarie ed abuso del potere; 6 febbraio 2024).

    L’ex vice primo ministro il 29 luglio scorso, sempre dall’esilio, ha rilasciato una seconda intervista allo stesso giornalista che l’aveva intervistato sei mesi prima, il 1o febbraio. Durante una lunga e ben dettagliata intervista, lui ha di nuovo accusato il primo ministro albanese ed alcuni dei suoi più stretti collaboratori e famigliari. Ha, altresì, accusato il dirigente della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata, come una persona che non fa niente senza essere stato ordinato dal primo ministro, elencando alcuni casi concreti. L’ex vice primo ministro, ha detto che il primo ministro è “…uno delle sei persone responsabili se gli succede qualcosa” e che ha anche dei documenti e registrazioni che lo dimostreranno.  Lui ha riconfermato che il primo ministro ed il sindaco della capitale sono i veri proprietari del inceneritore della capitale.

    Il 29 luglio scorso, il giornalista ha chiesto all’ex vice primo ministro se era pronto a confrontarsi con il dirigente della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata. La sua risposta era che il procuratore non ha il coraggio di farlo, aggiungendo: “Avrebbe avuto il coraggio se fosse pulito nella sua integrità come procuratore e come [dirigente della] istituzione….Non ha il coraggio. Le carte ci sono, ma non vuol vederle. Dove sono gli 80 milioni di dollari dell’inceneritore di Tirana? Segui il denaro! Dove sono?”. Per l’ex vice primo ministro, il dirigente della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata è “controllato politicamente … e non dalla legge”. L’ex vice primo ministro, durante la sua intervista del 29 luglio scorso ha accusato anche gli stretti famigliari del primo ministro come diretti approfittatori di ingenti somme di denaro pubblico, affermando che ci sono delle intercettazioni ambientali che lo testimoniano. Ma durante l’intervista del 29 luglio scorso l’ex primo ministro ha rivelato anche altre gravi e clamorose verità. Verità che purtroppo non saranno confermate anche dalle istituzioni “riformate” del sistema della giustizia, la Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata per prima.

    Chi scrive queste righe pensa che le dichiarazioni fatte il 29 luglio scorso dal vice primo ministro albanese, così come quelle fatte sei mesi fa, il 1o febbraio, sono delle importanti rivelazioni uscite da una “gola profonda”. Così come le sue accuse.  Perché lui dovrebbe sapere tante cose riservate, molto riservate, a conoscenza di pochissime persone. Publilio Siro pensava che un’accusa grave nuoce anche se è fatta per scherzo. Ma il vice primo ministro non scherzava. Anzi!

  • Diritti violati in uno Stato che finge di essere di diritto

    Nel nostro paese la menzogna è diventata non solo

    una categoria morale, ma un pilastro dello Stato.

    Aleksandr Isaevič Solženicyn

    Uno dei concetti che distinguono il sistema democratico dell’organizzazione dello Stato è quello dello Stato di diritto. Si tratta di una determinata forma di funzionamento del sistema giuridico di un Paese democratico, in cui tutti i poteri politici e pubblici sono obbligati ad agire rispettando i limiti previsti e sanciti dalle leggi in vigore. In tutti i Paesi dove è funzionante lo Stato di diritto si tutelano e sono rispettati dalla legge anche tutti i diritti dell’essere umano. Lo stesso concetto dello Stato di diritto ha cominciato ad essere elaborato circa due secoli fa, quando cominciarono anche i movimenti di massa contro le monarchie che rappresentavano degli Stati assoluti dove i poteri venivano determinati e gestiti dal monarca. E nell’ambito dello Stato di diritto bisognava che venissero limitati, per legge, proprio i poteri dello Stato. Bisognava che si riconoscessero i diritti fondamentali ed inalienabili dell’essere umano. Bisognava, tra l’altro, che il potere esecutivo, quello legislativo ed il potere giudiziari, venissero separati e diventassero indipendenti.

    È necessario comunque distinguere il concetto dello Stato di diritto da quello dello Stato legale. Sono due concetti che si usano comunemente e che, non di rado, si confondono nonostante rappresentino due concetti diversi. Tutti e due si basano su uno stretto legame tra lo Stato e le leggi, le quali determinano anche i diritti. Ma tra loro esiste una netta differenza. Si, perché lo Stato di diritto è funzionante in un Paese dove si applica la forma democratica dell’organizzazione dello Stato, la quale garantisce i diritti, compresi anche quelli dell’essere umano. Mentre le leggi in vigore si applicano anche nei Paesi dittatoriali, dove molti diritti dell’essere umano, ma non solo, si calpestano. Perciò uno Stato legale non obbligatoriamente è anche uno Stato democratico. Invece uno Stato democratico, obbligatoriamente, è e dovrebbe essere uno Stato di diritto.

    I Padri fondatori, firmando a Roma il 25 marzo 1957 i Trattati che diedero vita all’allora Comunità economica europea, hanno sancito anche l’importanza dello Stato di diritto, delle libertà innate ed inalienabili ed i valori fondamentali dell’essere umano. Il secondo articolo del Trattato sull’Unione europea sancisce che “L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini”.

    Dal 2020 la Commissione europea pubblica, ogni anno, una Relazione sullo Stato di diritto in cui si analizza e si presenta la sua situazione e gli sviluppi in tutti i Paesi membri dell’Unione. Il 24 luglio scorso è stata resa pubblica la quinta Relazione della Commissione sullo Stato di diritto. Per la prima volta quest’anno la Relazione, oltre ai capitoli dedicati a ciascuno dei Paesi membri  dell’Unione europea, comprendeva anche quattro aggiunti capitoli che si riferivano ai quattro Paesi che hanno aperto i negoziati dell’adesione all’Unione europea. E cioè l’Albania, il Montenegro, la  Macedonia del Nord e la Serbia. Una decisione quella che evidenzia la necessità di sostenere e di aiutare le autorità di questi Paesi candidati anche a raggiungere gli obiettivi previsti che riguardano lo Stato di diritto. L’inclusione di questi quattro Paesi nella Relazione annuale della Commissione europea rappresentava “la principale novità” della relazione stessa. Nei rispettivi capitoli vengono analizzate le realtà, con l’obiettivo di evidenziare le situazioni per quanto riguarda il sistema giudiziario, la corruzione, il rispetto dei diritti e delle libertà dei cittadini e dei media.

    Nel capitolo sull’Albania della quinta Relazione sullo Stato di diritto della Commissione europea, pubblicata il 24 luglio scorso, si evidenziavano delle problematiche riguardanti anche il sistema giudiziario ed il funzionamento dello Stato di diritto. Bisogna sottolineare che, per la prima volta, la Relazione evidenzia delle preoccupazioni, mentre in precedenza, dal 2014, tutti i Rapporti della Commissione europea sull’Albania “elogiavano i successi del governo”. Perciò la sopracitata Relazione, nonostante il “linguaggio diplomatico”, conferma una realtà preoccupante. Una realtà che certe attività lobbistiche occulte, profumatamente pagate dal primo ministro e/o da chi per lui, cercano sempre di camuffare. Una realtà vissuta e spesso anche sofferta che riguarda la galoppante corruzione, partendo dai più alti livelli delle istituzioni governative. Una realtà quella che cercano di camuffare le occulte attività lobbistiche, che riguarda quello che in Albania è palese, e cioè che il sistema “riformato” della giustizia è totalmente controllato. Così come è palese, fatti accaduti, documentati e pubblicamente denunciati alla mano, che in Albania si è restaurato e si sta sempre più consolidando un regime, una nuova dittatura sui generis, come alleanza occulta e pericolosa del potere politico, rappresentato dal primo ministro, la criminalità organizzata e determinati raggruppamenti occulti internazionali. Uno soprattutto, finanziato da un noto multimiliardario speculatore di borsa di oltreoceano, che con le sue fondazioni presenti e ben attive anche in Albania e in altri Paesi dei Balcani occidentali, determina non poche decisioni governative importanti.

    Nel capitolo sull’Albania della quinta Relazione sullo Stato di diritto della Commissione europea si analizzava la situazione partendo dall’approvazione unanime del Parlamento della Riforma del sistema di giustizia, il 22 luglio 2016. E si evidenziavano anche delle problematiche. Ma per chi conosce bene la realtà albanese, quelle problematiche non sono le più preoccupanti, anzi! Nella Relazione si afferma, comunque, che ci sono dei “tentativi di interferenza e pressione sul sistema giudiziario da parte di funzionari pubblici o politici“. Mentre per quanto riguarda la corruzione, una vera e pericolosa cancrena che sta divorando tutto il bene pubblico in Albania, la Relazione evidenzia solo che la corruzione “è diffusa in molti settori, anche durante le campagne elettorali”. Aggiungendo, altresì, che il quadro giuridico “troppo complesso” limita le misure preventive. La Relazione evidenzia anche delle problematiche che riguardano i media, sottolineando che condizionano il buon funzionamento dello Stato di diritto in Albania. Destano preoccupazione la mancata indipendenza dell’emittente pubblica. Nella Relazione della Commissione europea si legge che c’è una “limitata regolamentazione sulla trasparenza della proprietà dei media” e che non si garantisce “un’equa allocazione della pubblicità statale e di altre risorse statali”. La sopracitata Relazione afferma che “le aggressioni verbali e fisiche, le campagne diffamatorie e le azioni legali strategiche contro la partecipazione pubblica sono motivo di preoccupazione”.

    Chi scrive queste righe la scorsa settimana informava il nostro lettore che “…il sistema della giustizia in Albania purtroppo, è solo un ubbidiente sistema “riformato” di [in]giustizia. I massimi rappresentanti delle “riformate” istituzioni di quel sistema sono purtroppo diventati dei servi che seguono solo gli ordini di chi comanda in Albania.” (Un ubbidiente sistema “riformato” di [in]giustizia; 22 luglio 2024). Egli è altresì convinto che in Albania sempre più diritti vengono violati. E trova molto significative le parole di Solženicyn, noto scrittore russo e primo Nobel per la letteratura, il quale affermava che “Nel nostro paese la menzogna è diventata non solo una categoria morale, ma un pilastro dello Stato”. Cosa che, da alcuni anni, si potrebbe dire anche dell’Albania, di uno Stato che finge di essere di diritto.

  • Abusi scandalosi con la salute dei cittadini

    Le istituzioni passano attraverso tre periodi:

    quello dei servizi, quello dei privilegi, quello degli abusi.

    François René de Chateaubriand

    “Giuro per Apollo medico e Asclepio e Igea e Panacea e per gli dèi tutti e per tutte le dee, chiamandoli a testimoni, che eseguirò, secondo le forze e il mio giudizio, questo giuramento e questo impegno scritto”. Così cominciava il Giuramento scritto da Ippocrate tra il V ed il IV secolo avanti Cristo. Egli giurava, tra l’altro, “Regolerò il tenore di vita per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio, mi asterrò dal recar danno e offesa”. E poi garantiva: “In qualsiasi casa andrò, io vi entrerò per il sollievo dei malati, e mi asterrò da ogni offesa e danno volontario, e fra l’altro da ogni azione corruttrice sul corpo delle donne e degli uomini, liberi e schiavi”. Il testo del Giuramento finiva con l’affermazione: “E a me, dunque, che adempio un tale giuramento e non lo calpesto, sia concesso di godere della vita e dell’arte, onorato degli uomini tutti per sempre; mi accada il contrario se lo violo e se spergiuro”. Si trattava di un giuramento che doveva essere fatto da tutti coloro che si prestavano ad esercitare la professione del medico. Nel corso dei secoli il testo del Giuramento di Ippocrate è stato modificato, senza però cambiare la sostanza degli impegni solennemente presi. Il testo attualmente in vigore comincia con l’affermazione: “Consapevole dell’importanza e della solennità dell’atto che compio e dell’impegno che assumo, giuro….”. Un medico giura anche di attenersi “…ai principi morali di umanità e solidarietà nonché a quelli civili di rispetto dell’autonomia della persona”. Il medico finisce il suo giuramento affermando: “E a me, dunque, che adempio un tale giuramento e non lo calpesto, sia concesso di godere della vita e dell’arte, onorato degli uomini tutti per sempre; mi accada il contrario se lo violo e se spergiuro”. Così giurano i nuovi medici, ovunque, prima di iniziare la loro professione, prima di impegnarsi a salvare vite umane.

    Questo giuramento lo hanno fatto tutti i medici che esercitano anche in Albania. Ma non tutti loro, purtroppo, hanno rispettato il giuramento fatto. Sono stati molti i casi in cui i pazienti sono stati costretti a pagare quello che doveva essere coperto/rimborsato dai fondi statali. E questo non era un fatto sconosciuto. Anzi! Lo testimonia anche quanto è stato reso pubblicamente noto martedì scorso, 25 giugno. Alcuni medici e specialisti dell’ospedale oncologico della capitale sono stati accusati del reato di abuso d’ufficio. Risulterebbe che loro, invece di trattare i pazienti oncologici presso l’ospedale, li orientavano presso delle strutture private. Disgraziatamente molti pazienti terminali sono stati costretti a pagare un servizio e delle cure che dovevano essere rese gratuitamente dall’ospedale pubblico. In più è stato reso noto che mancavano quasi tutti i medicinali che dovevano essere disponibili presso le strutture pubbliche. Mentre nelle cliniche private, dove esercitavano alcuni dei medici accusati, i medicinali non mancavano. Anzi! Però si doveva pagare caro. Purtroppo, non tutti i pazienti potevano affrontare simili spese, perciò sono state tante le fatali conseguenze. Risulterebbe che, addirittura, spesso i medicinali necessari per la chemioterapia, ma non solo, arrivavano nelle cliniche private anche dall’ospedale pubblico. Ma risulterebbe anche un altro fatto clamoroso che non poteva essere stato attuato solo dall’abuso dei medici. Si tratta dell’apparecchio per la cobaltoterapia. Un apparecchio che era stato installato presso l’ospedale oncologico della capitale nel 2021. Ma purtroppo, da allora ad oggi, risulterebbe che quell’apparecchio non sia stato mai messo in funzione. E non solo. In piena violazione delle normative internazionali per le sorgenti radioattive di cui è munito, l’apparecchio è stato messo in un ambiente non protetto dalle radiazioni. E tutto questo non poteva, mai e poi mai, accadere senza l’approvazione dei dirigenti. E non solo di quelli dell’ospedale, ma anche di quelli del ministero della Sanità. Come mai e chissà perché?! Ma le cattive lingue da anni parlano e dicono quello che è stato reso noto la scorsa settimana. Le cattive lingue non hanno parlato però solo di quello che accadeva presso l’ospedale oncologico. Hanno parlato e parlano tuttora anche di quello che accade in tutti gli ospedali pubblici, e non solo nella capitale albanese. Ma coloro che sono stati e sono i veri responsabili, a tutti i livelli, del funzionamento normale delle strutture ospedaliere ed ambulatorie in Albania non hanno fatto niente perché tutto ciò non si verificasse e non accadesse. E le conseguenze di una simile irresponsabilità, così come dell’irresponsabilità dei medici, anche se non di tutti loro, sono state spesso fatali per i semplici cittadini albanesi. Per tutti coloro che non potevano affrontare le spese presso le cliniche private dove lavoravano e/o erano proprietari anche medici del servizio pubblico.

    L’attuale primo ministro albanese ha cominciato il suo primo mandato nel settembre 2013, dopo aver vinto le elezioni il 23 giugno dello stesso anno. Uno dei “punti forti” della sua campagna elettorale allora era “il servizio sanitario gratuito”. Fatti accaduti da allora in poi, fatti tutti documentati e pubblicamente noti alla mano però, testimoniano la falsità di questa promessa. Anzi, tra i primi scandali con gli appalti pubblici, clientelistici e milionari ci sono stati proprio quelli effettuati nel sistema della sanità pubblica. Il nostro lettore è stato informato a tempo debito di tali scandali. Nel novembre scorso il nostro lettore veniva informato che “…Nelle ultime settimane sono stati resi noti altri dati e fatti che riguardano alcuni altri scandali clamorosi nel settore della sanità pubblica. […]. Si tratta di scandali milionari che hanno privato i poveri cittadini albanesi dei servizi sanitari di prima necessità. Servizi vitali che loro non possono permettersi, finanziariamente, per averli nelle strutture private. Si tratta di scandali che da molti anni ormai stanno arricchendo gli amici sia del primo ministro che di alcuni ministri della Sanità. Tra i più noti e clamorosi ci sono lo scandalo del controllo sanitario, conosciuto come il servizio “Check up”, e quello degli sterilizzatori” (Misere bugie per nascondere clamorosi abusi quotidiani ed altro; 27 novembre 2023). Alcuni anni fa, trattando l’irresponsabilità dei massimi rappresentanti governativi, primo ministro compreso, l’autore di queste righe scriveva per il nostro lettore: “Un altro peccato madornale quello loro, che invece di gestire responsabilmente un settore così importante come quello della Sanità pubblica, hanno parlato soltanto di immaginari successi e hanno sperperato i fondi pubblici devoluti alla Sanità, dividendoli con certi oligarchi, loro sostenitori elettorali” (Dio salvi l’Albania e gli albanesi!; 16 marzo 2020).

    Oggi, di fronte ad una simile e molto evidente realtà, il primo ministro albanese ha cercato di nuovo, come sempre, di scaricare le sue colpe ad altri. Oggi ha scelto i medici. Una preda facile, dopo lo scandalo sopracitato. Ma i medici hanno abusato, beneficiando di quello che il sistema corrotto, capeggiato proprio dal primo ministro, permette. Oggi, il primo ministro ha scoperto che quello che hanno fatto i medici dell’ospedale oncologico era “un crimine non semplicemente contro i malati, ma [contro] tutta l’umanità” (Sic!). Chissà come si dovrebbe chiamare allora quello che lui, il primo ministro ed i suoi collaboratori fanno ogni giorno contro i cittadini albanesi?!

    Chi scrive queste righe è convinto che alcuni medici hanno disonorato il Giuramento di Ippocrate.  Ma il primo ministri ha consapevolmente violato e disonorato la Costituzione della Repubblica, sulla quale ha giurato fedeltà. E, non a caso, durante questi anni si sono verificati anche degli abusi scandalosi con la salute dei cittadini. Aveva ragione François René de Chateaubriand: le istituzioni passano attraverso tre periodi: quello dei servizi, quello dei privilegi, quello degli abusi.

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