Corruzione

  • Riconoscimenti irreali e ingannevoli che offendono l’intelligenza

    Nella corruzione di questo mondo, la mano dorata del delitto può scansare

    la giustizia e si vede spesso la legge farsi accaparrare dalla sua preda.

    William Shakespeare, da “Amleto”

    L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato il 31 ottobre 2003 la Convenzione contro la Corruzione. Tra l’altro la Convenzione affermava che le Nazioni Unite erano “…preoccupate per la gravità delle problematiche e delle minacce che la corruzione rappresenta per la stabilità e la sicurezza delle società”. Una preoccupazione quella che si basava sulla convinzione, espressa nella sopracitata Convenzione, che la corruzione logora e danneggia “…le istituzioni e i valori della democrazia, i valori etici e della giustizia, mettendo a repentaglio lo sviluppo sostenibile e lo Stato di diritto”. La stessa Convenzione ha proclamato la Giornata internazionale contro la corruzione, che si celebra, da allora, ogni 9 dicembre.

    Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America, dal 2021, ha cominciato a conferire un premio intitolato ‘Campioni Globali dell’Anticorruzione’ (Global Anti-Corruption Champions; n.d.a.). Si tratta di un riconoscimento che ha come obiettivo quello di “…onorare delle persone, in tutto il mondo, che fanno degli sforzi straordinari per combattere la corruzione”. Un premio che adesso viene legato proprio alla Giornata internazionale contro la corruzione e, perciò, le persone premiate si proclamano proprio il 9 dicembre.

    Nel primo anno dell’assegnazione di questo premio però i nomi dei premiati sono stati resi noti il 23 febbraio 2021. Allora il Segretario di Stato statunitense ha proclamato dodici ‘Campioni globali dell’anticorruzione’. Secondo lui loro “…hanno instancabilmente lavorato, spesso affrontandosi con delle inimicizie, per difendere la trasparenza, per combattere la corruzione e per garantire il rendiconto nei propri Paesi”. Tra i dodici premiati c’era anche un giudice albanese. Il nostro lettore è stato informato a tempo debito di tutto ciò. L’autore di queste righe scriveva, riferendosi a questa scelta, che lui, il giudice albanese, era “…una persona molto “chiacchierata” … Non solo perché è un ex inquisitore del regime comunista”. Aggiungendo che “…si tratta anche di un “uomo della legge” che, dati e fatti accaduti alla mano, ha continuamente infranto la legge. Anche quando, per rimanere in carica come giudice della Corte Suprema, nonostante il suo mandato fosse finito da sei anni, ha usato dei “trucchetti” ed ha beneficiato del diretto appoggio governativo. Si tratta di un “giusto” che aveva “dimenticato” di dichiarare parte dei beni in suo possedimento, come prevede proprio la legge! […] Tutto fa pensare ad una densa e ben pagata attività lobbistica” (Un vergognoso, offensivo e preoccupante sostegno alla dittatura;1 marzo 2021).

    Il 9 dicembre scorso, proprio alla ricorrenza della Giornata internazionale contro la corruzione, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America ha reso pubblico i nomi dei Campioni Globali dell’Anticorruzione per il 2024. Ebbene, tra i dieci nuovi premiati c’era, di nuovo, un albanese. Ma questa volta non un giudice, ma un procuratore. Anzi, il dirigente della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata. Un’istituzione costituita nel novembre 2019, nell’ambito della riforma del sistema della giustizia. Una riforma approvata dal Parlamento albanese nel luglio del 2016, sulla quale l’autore di queste righe ha spesso informato il nostro lettore con la dovuta e richiesta oggettività e sempre in base a tanti fatti, dati, denunce e documenti resi pubblici. Una riforma, quella del sistema della giustizia in Albania, che è stata ideata, consigliata ed assistita dagli specialisti e dai rappresentanti dalla Fondazione per la Società Aperta (Open Society Foundations; n.d.a.), fondata nel 1993 da George Soros, il noto multimiliardario e speculatore di borsa statunitense. Un fatto questo, dichiarato con tanto vanto e in diverse occasioni, anche dal dirigente della Fondazione per la Società Aperta in Albania. Si tratta di una riforma finanziata sia dagli Stati Uniti d’America che dall’Unione europea. Ragion per cui, bisogna dimostrare in tutti i modi che si tratta di un “successo” per giustificare i milioni spesi. Una riforma che doveva fare giustizia e condannare tutti i colpevoli, partendo dai massimi rappresentanti della politica, nel caso avessero commesso dei crimini di ogni genere, come abusi con il denaro pubblico, corruzione attiva e passiva e ben altro. Ma purtroppo, sempre fatti, dati, denunce e documenti resi pubblici alla mano, ormai risulta essere una “riforma” che ha messo tutte le istituzioni del sistema della giustizia sotto il diretto controllo del primo ministro e/o di chi per lui. Anche di questo fatto il nostro lettore è stato spesso informato con la dovuta e richiesta oggettività.

    Durante la cerimonia della premiazione, il 9 dicembre scorso, il Segretario di Stato statunitense ha detto: “…Gli Stati Uniti hanno lanciato il Premio ‘Campioni Globali dell’Anticorruzione’ nel 2021 per riconoscere le persone che hanno adottato misure straordinarie per contrastare la corruzione, nonché per dimostrare la solidarietà degli Stati Uniti con questi partner eroici’. E poi ha aggiunto: “Oggi, in occasione della Giornata internazionale contro la corruzione, riconosciamo 10 campioni della lotta alla corruzione che hanno guidato o sostenuto riforme e indagini che stanno portando un mondo più giusto e trasparente per i loro concittadini”. Ed uno di questi “partner eroici” era anche il dirigente della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata. Chissà perché?! Ma le cattive lingue hanno subito detto che si trattava di nuovo, come nel 2021, di una “scelta” ed una sponsorizzazione fatta dalle potenti lobby negli Stati Uniti, quelle che sostengono da anni il primo ministro albanese, in cambio di “servizi e ubbidienza”, proprio per dimostrare il successo della “riforma” del sistema della giustizia in Albania. E soprattutto perché si tratta di una riforma ideata e sostenuta proprio da una di queste lobby.

    Durante questi ultimi anni il nostro lettore è stato spesso informato, sempre fatti alla mano, anche dell’operato della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata in Albania e dell’ormai nota “ubbidienza” del dirigente della Struttura, appena premiato, alle “direttive” che gli arrivavano dalle massime autorità governative, primo ministro in testa. Sono tante, veramente tante le denunce che da anni “dormono” negli uffici della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata. E si tratta di denunce che coinvolgono direttamente il primo ministro, suoi famigliari ed alcuni suoi stretti collaboratori. Si tratta di una realtà confermata anche dalle dichiarazioni fatte dal noto procuratore antimafia italiano Nicola Gratteri. E proprio lui, già nel 2019, dichiarava convinto che “In Europa, nel futuro, credo che ci impegneremo molto con l’Albania”. Anche di questo il nostro lettore è stato sempre informato (Pericolose e preoccupanti presenze mafiose, 1 febbraio 2021; Similitudini tra l’Afghanistan e l’Albania, 30 agosto 2021; Clamorosi abusi rivelati da un programma televisivo investigativo, 23 aprile 2024; Altre verità rivelate da un programma televisivo investigativo, 7 maggio 2024; Minacce ai giornalisti europei che denunciano una grave realtà, 7 ottobre 2024…). Ma nonostante ciò proprio il dirigente della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata in Albania è stato tra i dieci ‘Campioni Globali dell’Anticorruzione’ per il 2024! Chissà perché?!

    Chi scrive queste righe, riferendosi al sopracitato riconoscimento, è convinto che si tratta di un riconoscimento irreale e ingannevole, che offende l’intelligenza degli albanesi. E trova attuale quanto scriveva Shakespeare più di quattro secoli fa. E cioè che nella corruzione di questo mondo, la mano dorata del delitto può scansare la giustizia e si vede spesso la legge farsi accaparrare dalla sua preda. Un insegnamento che non hanno tenuto presente nel Dipartimento di Stato statunitense.

  • Una gola profonda che accusa e rivela gravi verità

    Un’accusa grave nuoce anche se è fatta per scherzo

    Publilio Siro

    Quando si parla di una “gola profonda”, di solito si intende una persona che sa e rivela delle notizie importanti, riservate e che pochi sanno. Un’espressione che è stata usata, per la prima volta, da Bob Woodward, un giornalista del noto giornale statunitense The Washington Post. Lui insieme con un altro giornalista, Carl Bernstein, pubblicarono nel 1974 il libro All the president’s men (Tutti gli uomini del presidente; n.d.a.). Un libro che si riferiva a quello che ormai è noto come lo scandalo Watergate, che portò alle dimissioni, il 9 agosto 1974, del presidente Richard Nixon. E da allora l’espressione “gola profonda” viene usata soprattutto quando si tratta dell’intricato mondo dei malaffari, ma anche a determinati rapporti occulti che coinvolgono rappresentanti politici.

    Era il 14 luglio 2023 quando il Parlamento albanese approvò la richiesta della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata. Una richiesta quella che chiedeva l’arresto di un deputato della maggioranza governativa, il quale è stato anche vice primo ministro (2021-2022). Lui però dal 2013 è stato, altresì, anche ministro dello sviluppo economico, ministro delle finanze e alla fine, ministro di Stato per la Ricostruzione del Paese, dopo il terremoto del 2019. Proprio lui per il quale il primo ministro, alcune settimane prima che si chiedesse il suo arresto, aveva detto che lui era “…uno dei collaboratori con il quale mi sono incontrato di più, ho comunicato di più al telefono, ho discusso di più per molte delle nostre decisioni durante questi anni”. Il vice primo ministro era accusato  di abuso d’ufficio, di corruzione passiva, di illegittimo vantaggio di interessi e di riciclaggio di denaro. Chi conosce la vera e vissuta realtà albanese di questi ultimi anni sa benissimo che i dirigenti della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata non fanno niente senza avere avuto prima il beneplacito partito da molto alto. Lui però, l’ex vice primo ministro, proprio in quel periodo, quando si chiedeva il suo arresto al Parlamento, era all’estero. Le cattive lingue dissero allora che, avvisato in tempo, era riuscito a fuggire ed in seguito a chiedere anche asilo politico in un Paese europeo. Il nostro lettore è stato informato di questa faccenda (Governo che funziona come un gruppo criminale ben strutturato, 17 luglio 2023; Inganna per non ammettere che è il maggior responsabile, 24 luglio 2023).

    Ovviamente l’ex vice primo ministro non era uno stinco di santo. Come persona molto vicina al primo ministro e come ministro in ministeri dove si gestivano ingenti somme di denaro pubblico, lui era spesso oggetto di critiche e pubbliche accuse, sia dai rappresentanti dell’opposizione, sia da alcuni media ancora non controllati dal restaurato regime che si sta consolidando da alcuni anni in Albania. Ma a onor del vero lui, quando era ministro delle finanze, non ha dato parere favorevole ai progetti degli inceneritori, tanto ambiti dal primo ministro, dal sindaco della capitale e da alcuni ministri e alti funzionari del governo. Si trattava di un’impresa, quella dei tre inceneritori, di “…un investimento per il quale non possiamo non essere fieri”, come esclamava euforico il primo ministro nel aprile 2017. Il nostro lettore è ormai da alcuni anni ben informato dello scandalo. Ragion per cui nella sopracitata richiesta della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata indirizzata al Parlamento, guarda caso, l’ex vice primo ministro non è stato accusato della violazione delle leggi in vigore che regolano le procedure messe in atto nel caso dei tre inceneritori e anche gli obblighi istituzionali del ministro. Violazioni delle procedure che porterebbero portare poi direttamente al primo ministro. Come mai e chissà perché?! Ma i dirigenti della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata, i quali, fatti accaduti e che tuttora stanno accadendo alla mano, risultano agire solo dopo aver avuto degli ordini partiti dagli uffici del primo ministro e/o di chi per lui. E quando serve chiudono occhi, orecchie e mente. Lo hanno fatto non di rado e come se niente fosse, anche per dei casi clamorosi ben documentati e denunciati ufficialmente. Lo stanno palesemente facendo anche in queste ultime settimane per alcuni scandali che coinvolgono direttamente il primo ministro, suoi famigliari ed altri.

    Era il 1o febbraio scorso quando, dall’esilio in Svizzera, l’ex vice primo ministro è stato intervistato da un giornalista di un media molto critica al primo ministro e che lui non riesce a controllare. Chi scrive queste righe informava allora il nostro lettore, scrivendo: “…Ebbene giovedì scorso 1o febbraio, l’ex primo ministro ha fatto delle rivelazioni riguardanti ruberie milionarie ed abuso del potere. Lui ha accusato direttamente il primo ministro ed il sindaco della capitale come ideatori e approfittatori dei progetti degli inceneritori. Lui ha fatto delle rivelazioni che non lasciano dubbi […] Lui ha dichiarato, tra l’altro: “Porterò sulla schiena la mia croce. Ma non porterò la croce di nessun altro”. E si riferiva al primo ministro albanese. L’ex vice primo ministro ha accusato anche il sistema “riformato” della giustizia che sta cercando di difendere il primo ministro ed il sindaco della capitale per lo scandalo degli inceneritori. Lui ha dichiarato che se si aprisse il dossier degli inceneritori “gli albanesi si spaventerebbero” (Rivelazioni riguardanti ruberie milionarie ed abuso del potere; 6 febbraio 2024).

    L’ex vice primo ministro il 29 luglio scorso, sempre dall’esilio, ha rilasciato una seconda intervista allo stesso giornalista che l’aveva intervistato sei mesi prima, il 1o febbraio. Durante una lunga e ben dettagliata intervista, lui ha di nuovo accusato il primo ministro albanese ed alcuni dei suoi più stretti collaboratori e famigliari. Ha, altresì, accusato il dirigente della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata, come una persona che non fa niente senza essere stato ordinato dal primo ministro, elencando alcuni casi concreti. L’ex vice primo ministro, ha detto che il primo ministro è “…uno delle sei persone responsabili se gli succede qualcosa” e che ha anche dei documenti e registrazioni che lo dimostreranno.  Lui ha riconfermato che il primo ministro ed il sindaco della capitale sono i veri proprietari del inceneritore della capitale.

    Il 29 luglio scorso, il giornalista ha chiesto all’ex vice primo ministro se era pronto a confrontarsi con il dirigente della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata. La sua risposta era che il procuratore non ha il coraggio di farlo, aggiungendo: “Avrebbe avuto il coraggio se fosse pulito nella sua integrità come procuratore e come [dirigente della] istituzione….Non ha il coraggio. Le carte ci sono, ma non vuol vederle. Dove sono gli 80 milioni di dollari dell’inceneritore di Tirana? Segui il denaro! Dove sono?”. Per l’ex vice primo ministro, il dirigente della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata è “controllato politicamente … e non dalla legge”. L’ex vice primo ministro, durante la sua intervista del 29 luglio scorso ha accusato anche gli stretti famigliari del primo ministro come diretti approfittatori di ingenti somme di denaro pubblico, affermando che ci sono delle intercettazioni ambientali che lo testimoniano. Ma durante l’intervista del 29 luglio scorso l’ex primo ministro ha rivelato anche altre gravi e clamorose verità. Verità che purtroppo non saranno confermate anche dalle istituzioni “riformate” del sistema della giustizia, la Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata per prima.

    Chi scrive queste righe pensa che le dichiarazioni fatte il 29 luglio scorso dal vice primo ministro albanese, così come quelle fatte sei mesi fa, il 1o febbraio, sono delle importanti rivelazioni uscite da una “gola profonda”. Così come le sue accuse.  Perché lui dovrebbe sapere tante cose riservate, molto riservate, a conoscenza di pochissime persone. Publilio Siro pensava che un’accusa grave nuoce anche se è fatta per scherzo. Ma il vice primo ministro non scherzava. Anzi!

  • Diritti violati in uno Stato che finge di essere di diritto

    Nel nostro paese la menzogna è diventata non solo

    una categoria morale, ma un pilastro dello Stato.

    Aleksandr Isaevič Solženicyn

    Uno dei concetti che distinguono il sistema democratico dell’organizzazione dello Stato è quello dello Stato di diritto. Si tratta di una determinata forma di funzionamento del sistema giuridico di un Paese democratico, in cui tutti i poteri politici e pubblici sono obbligati ad agire rispettando i limiti previsti e sanciti dalle leggi in vigore. In tutti i Paesi dove è funzionante lo Stato di diritto si tutelano e sono rispettati dalla legge anche tutti i diritti dell’essere umano. Lo stesso concetto dello Stato di diritto ha cominciato ad essere elaborato circa due secoli fa, quando cominciarono anche i movimenti di massa contro le monarchie che rappresentavano degli Stati assoluti dove i poteri venivano determinati e gestiti dal monarca. E nell’ambito dello Stato di diritto bisognava che venissero limitati, per legge, proprio i poteri dello Stato. Bisognava che si riconoscessero i diritti fondamentali ed inalienabili dell’essere umano. Bisognava, tra l’altro, che il potere esecutivo, quello legislativo ed il potere giudiziari, venissero separati e diventassero indipendenti.

    È necessario comunque distinguere il concetto dello Stato di diritto da quello dello Stato legale. Sono due concetti che si usano comunemente e che, non di rado, si confondono nonostante rappresentino due concetti diversi. Tutti e due si basano su uno stretto legame tra lo Stato e le leggi, le quali determinano anche i diritti. Ma tra loro esiste una netta differenza. Si, perché lo Stato di diritto è funzionante in un Paese dove si applica la forma democratica dell’organizzazione dello Stato, la quale garantisce i diritti, compresi anche quelli dell’essere umano. Mentre le leggi in vigore si applicano anche nei Paesi dittatoriali, dove molti diritti dell’essere umano, ma non solo, si calpestano. Perciò uno Stato legale non obbligatoriamente è anche uno Stato democratico. Invece uno Stato democratico, obbligatoriamente, è e dovrebbe essere uno Stato di diritto.

    I Padri fondatori, firmando a Roma il 25 marzo 1957 i Trattati che diedero vita all’allora Comunità economica europea, hanno sancito anche l’importanza dello Stato di diritto, delle libertà innate ed inalienabili ed i valori fondamentali dell’essere umano. Il secondo articolo del Trattato sull’Unione europea sancisce che “L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini”.

    Dal 2020 la Commissione europea pubblica, ogni anno, una Relazione sullo Stato di diritto in cui si analizza e si presenta la sua situazione e gli sviluppi in tutti i Paesi membri dell’Unione. Il 24 luglio scorso è stata resa pubblica la quinta Relazione della Commissione sullo Stato di diritto. Per la prima volta quest’anno la Relazione, oltre ai capitoli dedicati a ciascuno dei Paesi membri  dell’Unione europea, comprendeva anche quattro aggiunti capitoli che si riferivano ai quattro Paesi che hanno aperto i negoziati dell’adesione all’Unione europea. E cioè l’Albania, il Montenegro, la  Macedonia del Nord e la Serbia. Una decisione quella che evidenzia la necessità di sostenere e di aiutare le autorità di questi Paesi candidati anche a raggiungere gli obiettivi previsti che riguardano lo Stato di diritto. L’inclusione di questi quattro Paesi nella Relazione annuale della Commissione europea rappresentava “la principale novità” della relazione stessa. Nei rispettivi capitoli vengono analizzate le realtà, con l’obiettivo di evidenziare le situazioni per quanto riguarda il sistema giudiziario, la corruzione, il rispetto dei diritti e delle libertà dei cittadini e dei media.

    Nel capitolo sull’Albania della quinta Relazione sullo Stato di diritto della Commissione europea, pubblicata il 24 luglio scorso, si evidenziavano delle problematiche riguardanti anche il sistema giudiziario ed il funzionamento dello Stato di diritto. Bisogna sottolineare che, per la prima volta, la Relazione evidenzia delle preoccupazioni, mentre in precedenza, dal 2014, tutti i Rapporti della Commissione europea sull’Albania “elogiavano i successi del governo”. Perciò la sopracitata Relazione, nonostante il “linguaggio diplomatico”, conferma una realtà preoccupante. Una realtà che certe attività lobbistiche occulte, profumatamente pagate dal primo ministro e/o da chi per lui, cercano sempre di camuffare. Una realtà vissuta e spesso anche sofferta che riguarda la galoppante corruzione, partendo dai più alti livelli delle istituzioni governative. Una realtà quella che cercano di camuffare le occulte attività lobbistiche, che riguarda quello che in Albania è palese, e cioè che il sistema “riformato” della giustizia è totalmente controllato. Così come è palese, fatti accaduti, documentati e pubblicamente denunciati alla mano, che in Albania si è restaurato e si sta sempre più consolidando un regime, una nuova dittatura sui generis, come alleanza occulta e pericolosa del potere politico, rappresentato dal primo ministro, la criminalità organizzata e determinati raggruppamenti occulti internazionali. Uno soprattutto, finanziato da un noto multimiliardario speculatore di borsa di oltreoceano, che con le sue fondazioni presenti e ben attive anche in Albania e in altri Paesi dei Balcani occidentali, determina non poche decisioni governative importanti.

    Nel capitolo sull’Albania della quinta Relazione sullo Stato di diritto della Commissione europea si analizzava la situazione partendo dall’approvazione unanime del Parlamento della Riforma del sistema di giustizia, il 22 luglio 2016. E si evidenziavano anche delle problematiche. Ma per chi conosce bene la realtà albanese, quelle problematiche non sono le più preoccupanti, anzi! Nella Relazione si afferma, comunque, che ci sono dei “tentativi di interferenza e pressione sul sistema giudiziario da parte di funzionari pubblici o politici“. Mentre per quanto riguarda la corruzione, una vera e pericolosa cancrena che sta divorando tutto il bene pubblico in Albania, la Relazione evidenzia solo che la corruzione “è diffusa in molti settori, anche durante le campagne elettorali”. Aggiungendo, altresì, che il quadro giuridico “troppo complesso” limita le misure preventive. La Relazione evidenzia anche delle problematiche che riguardano i media, sottolineando che condizionano il buon funzionamento dello Stato di diritto in Albania. Destano preoccupazione la mancata indipendenza dell’emittente pubblica. Nella Relazione della Commissione europea si legge che c’è una “limitata regolamentazione sulla trasparenza della proprietà dei media” e che non si garantisce “un’equa allocazione della pubblicità statale e di altre risorse statali”. La sopracitata Relazione afferma che “le aggressioni verbali e fisiche, le campagne diffamatorie e le azioni legali strategiche contro la partecipazione pubblica sono motivo di preoccupazione”.

    Chi scrive queste righe la scorsa settimana informava il nostro lettore che “…il sistema della giustizia in Albania purtroppo, è solo un ubbidiente sistema “riformato” di [in]giustizia. I massimi rappresentanti delle “riformate” istituzioni di quel sistema sono purtroppo diventati dei servi che seguono solo gli ordini di chi comanda in Albania.” (Un ubbidiente sistema “riformato” di [in]giustizia; 22 luglio 2024). Egli è altresì convinto che in Albania sempre più diritti vengono violati. E trova molto significative le parole di Solženicyn, noto scrittore russo e primo Nobel per la letteratura, il quale affermava che “Nel nostro paese la menzogna è diventata non solo una categoria morale, ma un pilastro dello Stato”. Cosa che, da alcuni anni, si potrebbe dire anche dell’Albania, di uno Stato che finge di essere di diritto.

  • Abusi scandalosi con la salute dei cittadini

    Le istituzioni passano attraverso tre periodi:

    quello dei servizi, quello dei privilegi, quello degli abusi.

    François René de Chateaubriand

    “Giuro per Apollo medico e Asclepio e Igea e Panacea e per gli dèi tutti e per tutte le dee, chiamandoli a testimoni, che eseguirò, secondo le forze e il mio giudizio, questo giuramento e questo impegno scritto”. Così cominciava il Giuramento scritto da Ippocrate tra il V ed il IV secolo avanti Cristo. Egli giurava, tra l’altro, “Regolerò il tenore di vita per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio, mi asterrò dal recar danno e offesa”. E poi garantiva: “In qualsiasi casa andrò, io vi entrerò per il sollievo dei malati, e mi asterrò da ogni offesa e danno volontario, e fra l’altro da ogni azione corruttrice sul corpo delle donne e degli uomini, liberi e schiavi”. Il testo del Giuramento finiva con l’affermazione: “E a me, dunque, che adempio un tale giuramento e non lo calpesto, sia concesso di godere della vita e dell’arte, onorato degli uomini tutti per sempre; mi accada il contrario se lo violo e se spergiuro”. Si trattava di un giuramento che doveva essere fatto da tutti coloro che si prestavano ad esercitare la professione del medico. Nel corso dei secoli il testo del Giuramento di Ippocrate è stato modificato, senza però cambiare la sostanza degli impegni solennemente presi. Il testo attualmente in vigore comincia con l’affermazione: “Consapevole dell’importanza e della solennità dell’atto che compio e dell’impegno che assumo, giuro….”. Un medico giura anche di attenersi “…ai principi morali di umanità e solidarietà nonché a quelli civili di rispetto dell’autonomia della persona”. Il medico finisce il suo giuramento affermando: “E a me, dunque, che adempio un tale giuramento e non lo calpesto, sia concesso di godere della vita e dell’arte, onorato degli uomini tutti per sempre; mi accada il contrario se lo violo e se spergiuro”. Così giurano i nuovi medici, ovunque, prima di iniziare la loro professione, prima di impegnarsi a salvare vite umane.

    Questo giuramento lo hanno fatto tutti i medici che esercitano anche in Albania. Ma non tutti loro, purtroppo, hanno rispettato il giuramento fatto. Sono stati molti i casi in cui i pazienti sono stati costretti a pagare quello che doveva essere coperto/rimborsato dai fondi statali. E questo non era un fatto sconosciuto. Anzi! Lo testimonia anche quanto è stato reso pubblicamente noto martedì scorso, 25 giugno. Alcuni medici e specialisti dell’ospedale oncologico della capitale sono stati accusati del reato di abuso d’ufficio. Risulterebbe che loro, invece di trattare i pazienti oncologici presso l’ospedale, li orientavano presso delle strutture private. Disgraziatamente molti pazienti terminali sono stati costretti a pagare un servizio e delle cure che dovevano essere rese gratuitamente dall’ospedale pubblico. In più è stato reso noto che mancavano quasi tutti i medicinali che dovevano essere disponibili presso le strutture pubbliche. Mentre nelle cliniche private, dove esercitavano alcuni dei medici accusati, i medicinali non mancavano. Anzi! Però si doveva pagare caro. Purtroppo, non tutti i pazienti potevano affrontare simili spese, perciò sono state tante le fatali conseguenze. Risulterebbe che, addirittura, spesso i medicinali necessari per la chemioterapia, ma non solo, arrivavano nelle cliniche private anche dall’ospedale pubblico. Ma risulterebbe anche un altro fatto clamoroso che non poteva essere stato attuato solo dall’abuso dei medici. Si tratta dell’apparecchio per la cobaltoterapia. Un apparecchio che era stato installato presso l’ospedale oncologico della capitale nel 2021. Ma purtroppo, da allora ad oggi, risulterebbe che quell’apparecchio non sia stato mai messo in funzione. E non solo. In piena violazione delle normative internazionali per le sorgenti radioattive di cui è munito, l’apparecchio è stato messo in un ambiente non protetto dalle radiazioni. E tutto questo non poteva, mai e poi mai, accadere senza l’approvazione dei dirigenti. E non solo di quelli dell’ospedale, ma anche di quelli del ministero della Sanità. Come mai e chissà perché?! Ma le cattive lingue da anni parlano e dicono quello che è stato reso noto la scorsa settimana. Le cattive lingue non hanno parlato però solo di quello che accadeva presso l’ospedale oncologico. Hanno parlato e parlano tuttora anche di quello che accade in tutti gli ospedali pubblici, e non solo nella capitale albanese. Ma coloro che sono stati e sono i veri responsabili, a tutti i livelli, del funzionamento normale delle strutture ospedaliere ed ambulatorie in Albania non hanno fatto niente perché tutto ciò non si verificasse e non accadesse. E le conseguenze di una simile irresponsabilità, così come dell’irresponsabilità dei medici, anche se non di tutti loro, sono state spesso fatali per i semplici cittadini albanesi. Per tutti coloro che non potevano affrontare le spese presso le cliniche private dove lavoravano e/o erano proprietari anche medici del servizio pubblico.

    L’attuale primo ministro albanese ha cominciato il suo primo mandato nel settembre 2013, dopo aver vinto le elezioni il 23 giugno dello stesso anno. Uno dei “punti forti” della sua campagna elettorale allora era “il servizio sanitario gratuito”. Fatti accaduti da allora in poi, fatti tutti documentati e pubblicamente noti alla mano però, testimoniano la falsità di questa promessa. Anzi, tra i primi scandali con gli appalti pubblici, clientelistici e milionari ci sono stati proprio quelli effettuati nel sistema della sanità pubblica. Il nostro lettore è stato informato a tempo debito di tali scandali. Nel novembre scorso il nostro lettore veniva informato che “…Nelle ultime settimane sono stati resi noti altri dati e fatti che riguardano alcuni altri scandali clamorosi nel settore della sanità pubblica. […]. Si tratta di scandali milionari che hanno privato i poveri cittadini albanesi dei servizi sanitari di prima necessità. Servizi vitali che loro non possono permettersi, finanziariamente, per averli nelle strutture private. Si tratta di scandali che da molti anni ormai stanno arricchendo gli amici sia del primo ministro che di alcuni ministri della Sanità. Tra i più noti e clamorosi ci sono lo scandalo del controllo sanitario, conosciuto come il servizio “Check up”, e quello degli sterilizzatori” (Misere bugie per nascondere clamorosi abusi quotidiani ed altro; 27 novembre 2023). Alcuni anni fa, trattando l’irresponsabilità dei massimi rappresentanti governativi, primo ministro compreso, l’autore di queste righe scriveva per il nostro lettore: “Un altro peccato madornale quello loro, che invece di gestire responsabilmente un settore così importante come quello della Sanità pubblica, hanno parlato soltanto di immaginari successi e hanno sperperato i fondi pubblici devoluti alla Sanità, dividendoli con certi oligarchi, loro sostenitori elettorali” (Dio salvi l’Albania e gli albanesi!; 16 marzo 2020).

    Oggi, di fronte ad una simile e molto evidente realtà, il primo ministro albanese ha cercato di nuovo, come sempre, di scaricare le sue colpe ad altri. Oggi ha scelto i medici. Una preda facile, dopo lo scandalo sopracitato. Ma i medici hanno abusato, beneficiando di quello che il sistema corrotto, capeggiato proprio dal primo ministro, permette. Oggi, il primo ministro ha scoperto che quello che hanno fatto i medici dell’ospedale oncologico era “un crimine non semplicemente contro i malati, ma [contro] tutta l’umanità” (Sic!). Chissà come si dovrebbe chiamare allora quello che lui, il primo ministro ed i suoi collaboratori fanno ogni giorno contro i cittadini albanesi?!

    Chi scrive queste righe è convinto che alcuni medici hanno disonorato il Giuramento di Ippocrate.  Ma il primo ministri ha consapevolmente violato e disonorato la Costituzione della Repubblica, sulla quale ha giurato fedeltà. E, non a caso, durante questi anni si sono verificati anche degli abusi scandalosi con la salute dei cittadini. Aveva ragione François René de Chateaubriand: le istituzioni passano attraverso tre periodi: quello dei servizi, quello dei privilegi, quello degli abusi.

  • Abusi confermati con i fondi europei

    L’abuso è il contrassegno del possesso e del potere.

    Paul Valéry, da “Quaderni, 1894/1945”

    All’inizio del 1999 al Parlamento europeo si discuteva di una mozione di censura nei confronti della Commissione europea. Si accusava la commissaria europea per la scienza, la ricerca e lo sviluppo di “presunti casi di frode, cattiva gestione e nepotismo in seno alla Commissione europea”. Accuse che la diretta interessata aveva respinto. Il 16 marzo 1999 però l’allora presidente della Commissione europea aveva annunciato “le dimissioni sue e dell’intero collegio”. E fino a settembre 1999 la Commissione ha svolto solo delle attività necessarie previste dalle normative in vigore. Il 28 aprile 1999 è stato costituito l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (Office européen de lutte anti-fraude – OLAF; n.d.a.). L’OLAF é un organismo indipendente all’interno della Commissione Europea. Il suo obiettivo istituzionale allora era quello di evidenziare e combattere “le frodi, la corruzione e qualsiasi attività illecita lesiva degli interessi finanziari della Comunità europea”. Da allora però sono aumentati i compiti istituzionali di OLAF. Uno di quei compiti è quello di indagare sugli abusi dei fondi comunitari attuati anche nei Paesi candidati all’adesione all’Unione europea. E tra i fondi ci sono anche quelli previsti per promuovere e sostenere dei progetti di sviluppo delle aree rurali. Si tratta di finanziamenti effettuati tramite i programmi settennali IPARD (Instrument for Pre-Accession Assistance and Rural Development – Lo Strumento di assistenza pre-adesione per lo sviluppo rurale; n.d.a.).

    Uno dei Paesi che approfitta dei finanziamenti IPARD è anche l’Albania. Attualmente sono attivi i finanziamenti nell’ambito del programma IPARD III. Ci sono diversi obiettivi previsti da questo programma. Si tratta di obiettivi istituzionalmente confermati, da conseguire nel periodo 2021 – 2027. Obiettivi che riguardano l’agevolazione dello sviluppo delle imprese, la loro crescita e, di conseguenza, la crescita dell’occupazione nelle aree rurali. Il programma IPARD III prevede anche “…l’aumento della competitività nel settore agroalimentare e il miglioramento dello sviluppo comunitario e del capitale sociale in quelle aree rurali” dov’è attivo il programma. L’istituzione incaricata per la gestione del programma è la Direzione Generale della Commissione europea per l’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale (The Directorate-General for Agriculture and Rural Development), nota anche come DG AGRI. Trattandosi però di finanziamenti europei per i Paesi candidati all’adesione all’Unione europea, o potenzialmente tali, diventa obbligatorio anche il controllo della gestione di quei finanziamenti. Controllo effettuato da OLAF.

    In Albania le istituzioni governative direttamente coinvolte nell’uso di quei finanziamenti sono il ministero dell’Agricoltura e l’Agenzia per lo sviluppo agricolo e rurale. Ed è proprio quest’ultima che gestisce, a livello nazionale, i finanziamenti dei programmi IPARD.  Purtroppo però, fatti accaduti, documentati e denunciati alla mano, risulterebbero degli abusi continui e ben evidenziati di quei finanziamenti. Si tratta di fatti resi pubblici e denunciati ufficialmente anche presso le strutture dell’Unione europea, OLAF compresa. Il nostro lettore è stato informato di questi abusi a tempo debito (Abusi anche con i finanziamenti europei, 19 settembre 2023; Misere bugie per nascondere clamorosi abusi quotidiani ed altro, 27 novembre 2023). Basandosi su quelle denunce OLAF ha, in seguito, effettuato delle indagini focalizzate soprattutto sulla distribuzione dei finanziamenti a fondo perduto previsti e destinati ai beneficiari agricoltori albanesi.

    Ebbene in base a quelle indagini avviate dall’inizio del 2021 e dalle conclusioni preliminari, il 16 luglio 2023 la Direzione Generale della Commissione europea per l’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale ha ufficialmente inviato alle istituzioni albanesi una lettera confermando la sospensione temporanea del sostegno finanziario nell’ambito dei programmi IPARD. Con quella lettera si comunicava ufficialmente alle responsabili istituzioni albanesi “la sospensione temporanea del sostegno finanziario nell’ambito dei programmi IPARD”. E tra le istituzioni c’erano anche il ministero dell’Agricoltura, il ministero delle Finanze e l’Agenzia per lo sviluppo agricolo e rurale. La notizia però è stata tenuta segreta dalle istituzioni, come spesso accade in simili casi in Albania. Notizia che comunque non poteva rimanere tale per molto tempo. E così è stato. La Delegazione dell’Unione europea in Albania il 19 luglio 2023 ha distribuito un comunicato ufficiale, con il quale confermava che la Direzione Generale della Commissione europea per l’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale “ha informato il governo albanese di aver preso delle misure precauzionali in base ad un’informazione iniziale diramata dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), in seguito alle indagine su delle accuse di corruzione riguardanti l’attuazione del programma IPARD II”. In più in quel comunicato diramato si sottolineava che “…in via preventiva, a tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea, la Commissione europea ha temporaneamente sospeso i rimborsi alle autorità albanesi per le spese sostenute nell’ambito del programma IPARD II”.

    In seguito è stato confermato, altresì, che nella stessa lettera ufficiale, inviata il 14 luglio scorso dalla Direzione Generale della Commissione europea per l’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale alle autorità albanesi, non si informava solo della sopracitata sospensione dei pagamenti. L’autore di queste righe informava il nostro lettore nel settembre dell’anno scorso che “…oltre alla sospensione dei rimborsi, l’Albania potrebbe essere espulsa anche dal programma di finanziamenti IPARD III (2021 – 2027), attivo ormai da tre anni. Le cause di una simile e possibile espulsione, nel caso accadesse, sarebbero la gestione corruttiva e gli abusi dei finanziamenti europei stanziati per l’agricoltura e per lo sviluppo delle aree rurali in Albania” (Abusi anche con i finanziamenti europei; 19 settembre 2023).

    Ebbene le scorsa settimana è stato reso pubblico il rapporto ufficiale dell’OLAF per il 2023. In quel rapporto si affermava che OLAF ha investigato basandosi sulle “…gravi accuse riguardanti l’uso improprio dei fondi dell’Unione europea provenienti dallo strumento di assistenza pre-adesione per lo sviluppo rurale (IPARD II) in Albania”. Un’accusa fatta e confermata dalle indagini dell’OLAF si riferiva alla denuncia secondo la quale coloro che avevano presentato la richiesta per avere dei finanziamenti dal programma IPARD II “erano obbligati a pagare un’elevata percentuale della loro sovvenzione a società di consulenza ‘preselezionate’, che avrebbero poi agevolato i contratti con l’Agenzia albanese per lo sviluppo rurale e l’agricoltura (ARDA), che distribuiva i fondi”. In base alle indagini fatte e alle derivanti e fondate conclusioni, OLAF raccomandava alle istituzioni competenti dell’Unione europea “…di impedire che 112 milioni di euro di futuri finanziamenti (IPARD III) all’Albania provengano da spese indebite, fino a quando non saranno messe in atto misure correttive per proteggere gli interessi finanziari dell’UE da qualsiasi attività illegale”. Aggiungendo in seguito che “Considerate le possibili attività criminali scoperte durante l’indagine, l’OLAF ha inviato copia dei risultati anche alle autorità giudiziarie albanesi”.

    Chi scrive queste righe è convinto che le autorità giudiziarie albanesi, ubbidienti al primo ministro e/o a chi per lui, insabbieranno anche quel rapporto dell’OLAF sugli abusi dei fondi europei. Come hanno fatto con delle innumerevoli altre clamorose denunce in precedenza. Aveva ragione Paul Valéry, l’abuso è il contrassegno del possesso e del potere.

  • Rappresentanti corrotti di servizi segreti internazionali in azione

    Fra gli errori ci sono quelli che puzzano di fogna e quelli che odorano di bucato.

    Indro Montanelli

    Era il 21 gennaio 2023 quando, all’aeroporto internazionale John Fitzgerald Kennedy di New York, veniva arrestato un uomo di 54 anni. Si trattava di un alto ed importante ex funzionario dell’Ufficio Federale di Investigazione degli Stati Uniti d’America (Federal Bureau of Investigation – FBI; n.d.a.), con ventidue anni di carriera presso quell’Ufficio. Lui nel 2016, prima di trasferirsi a New York, era a capo dei servizi di controspionaggio dell’FBI a Washington DC. In seguito, dall’inizio d’ottobre 2016 fino al 2018, quando è andato in pensione, ha diretto la più importante divisione del servizio di controspionaggio statunitense con sede a New York. Le accuse a suo carico, fatte dalle autorità competenti di Washington DC e di New York, erano diverse. Era stato accusato della violazione delle sanzioni poste dal governo statunitense a determinati oligarchi russi e soprattutto ad uno di loro, noto per essere molto vicino al presidente russo. In più veniva accusato di non aver dichiarato diversi suoi viaggi ed incontri all’estero e di essere stato impegnato personalmente nel riciclaggio di denaro sporco. Un’altra accusa era quella di aver ricevuto 225.000 dollari, non dichiarati, da un ex agente dei servizi segreti albanesi. Per settimane i più importanti media statunitensi, ma non solo, hanno trattato il caso. Caso di cui è stato informato anche il nostro lettore (Collaborazioni occulte, accuse pesanti e attese conseguenze, 30 gennaio 2023; Un regime corrotto e che corrompe, 13 febbraio 2023; Angosce di un autocrate corrotto e che corrompe, 20 febbraio 2023; Un autocrate corrotto e che corrompe, ormai in preda al panico, 27 febbraio 2023; La messinscena con un ‘sostegno’ avuto in un periodo difficile, 10 luglio 2023 ecc.).

    L’autore di queste righe scriveva nel gennaio 2023 che il sopracitato oligarca russo “…insieme con l’ex alto funzionario dell’FBI hanno registrato ufficialmente, da alcuni anni, delle attività di impresa e di consulenza in Albania” (Collaborazioni occulte, accuse pesanti e attese conseguenze, 30 gennaio 2023). Dalle indagini risultava altresì che, tra le persone che avevano collaborato con l’ex alto funzionario del FBI, era anche un “consigliere esterno” del primo ministro albanese che ha goduto da lui di un “trattamento speciale”. L’autore di queste righe scriveva che “…Si tratta di una persona che ha avuto però “utili rapporti di conoscenza” anche con i dirigenti delle organizzazioni malavitose e trafficanti di stupefacenti in Messico. Rappresentanti che il “consigliere esterno” ha accompagnato nell’ufficio del primo ministro due anni fa” (Angosce di un autocrate corrotto e che corrompe; 20 febbraio 2023). Bisogna sottolineare però che dalle dichiarazioni ufficiali delle autorità statunitensi rese pubbliche sul caso dell’ex alto funzionario dell’FBI, il nome del primo ministro albanese veniva citato per ben 14 volte come persona coinvolta. Lui stesso, nel settembre 2022 aveva dichiarato, proprio riferendosi all’ex alto funzionario del FBI, che “il capo del controspionaggio dell’FBI è stato ed è mio amico, non si discute!”.

    Errare humanum est, perseverare autem diabolicum dicevano i latini. Con la loro esperienza e saggezza essi ci insegnano che commettere errori è umano, ma perseverare è diabolico. Però nel caso del primo ministro albanese, fatti accaduti e che stanno tuttora accadendo, fatti documentati sia in Albania che in altri Paesi, fatti testimoniati e denunciati alla mano, risulterebbe che lui è un individuo che non sbaglia per caso. Lui continua, persevera con le sue scelte che non sono degli “errori”, bensì sono obblighi dovuti alla criminalità organizzata e ai clan occulti con i quali da anni collabora e ne approfitta.

    Il 12 giugno scorso alcuni media in Romania rendevano pubblico uno scandalo internazionale in cui risulterebbe attivamente coinvolto l’ex vice direttore del Servizio dell’Intelligenza Romena, un ex generale ormai  in pensione. Mercoledì scorso, in mattinata, lui ha affrontato i procuratori della Direzione nazionale Anticorruzione a Bucarest, essendo accusato di corruzione, ricatto ed altro. Le indagini nei suoi confronti sono state avviate il 24 maggio scorso. Il media televisivo România TV, che trasmette notizie 24 ore, affermava che l’ex vice direttore del Servizio dell’Intelligenza Romena, una persona vicina “…ad alcuni importanti politici albanesi” ha aiutato la sua amante di “…farsi parte di una rete internazionale del traffico della droga. La cocaina arrivava dal Messico in Albania, direttamente dal cartello Sinaloa, in grandi quantità e poi veniva trasferita a Bucarest, tramite un percorso segreto”. Si evidenziava che il ruolo dell’ex generale “era, indubbiamente, un ruolo strategico”. I media romeni hanno pubblicato anche una fotografia in cui apparivano tre persone. C’erano l’ex generale in pensione e la sua amante. E con loro c’era anche il sopracitato “consigliere esterno” del primo ministro albanese. La foto era stata scattata a Berlino.

    România TV specifica che “…il generale in pensione aveva un contratto di consulenza con l’Albania, dove consigliava politici di alto livello. E più precisamente il primo ministro”.

    Il media romeno evidenzia, tra l’altro, che l’ex vice direttore del Servizio dell’Intelligenza Romena da circa quattro anni “…ha fatto quello che sapeva fare meglio; è stato infiltrato profondamente nel sottosuolo della mafia in Albania attuando una serie di legami; legami pericolosi […] con i vertici degli ambienti criminali e politici in Albania”. Specificando che lui, l’ex vice direttore del Servizio dell’Intelligenza Romena era in continuo contatto con il “consigliere esterno” ed affidato del primo ministro albanese”. In più si specificava che il “consigliere esterno” è noto in Albania come la persona che “…aiuta il primo ministro nei suoi rapporti con l’imprenditoria e l’ambiente criminale albanese”. In seguito si evidenziano anche i rapporti del noto cartello di Sinaloa, che gestisce il traffico della cocaina con la criminalità organizzata albanese. In base a quei rapporti “…i trafficanti messicani hanno cominciato a riciclare grandi quantità di denaro in Albania”.

    Due settimane fa l’autore di queste righe informava il nostro lettore del programma Report dedicato alla realtà albanese, trasmesso su RAI 3 il 2 giugno scorso. Durante l’intervista il giornalista ha rinfacciato al primo ministro di essersi incontrato nel suo ufficio con “…un trafficante albanese, membro attivo di un noto cartello messicano che gestisce la cocaina della Colombia”. E poi il giornalista ha detto al primo ministro: “Per me, come giornalista, il fatto che il capo del Consiglio dei ministri dell’Albania si incontra con una persona che, in seguito, si scopre riciclare il denaro del cartello Sinaloa e [di essere] uno dei membri più importanti [del cartello], è una notizia ed io le chiederò di questo. Non avrei fatto bene il mio mestiere se non glielo avessi chiesto.” (Nuove verità inquietanti da un programma televisivo investigativo; 3 giugno 2024). E anche in questo caso era presente anche il “consigliere esterno” del primo ministro! La stessa persona che risultava anche nelle indagini dell’ex alto funzionario del FBI. Chissà perché?!

    Chi scrive queste righe seguirà questo nuovo scandalo ed informerà il nostro lettore delle attività pericolose di certi rappresentanti corrotti di servizi segreti internazionali. Egli però è convinto che gli “errori” del primo ministro albanese sono, parafrasando Indro Montanelli, quelli che puzzano di fogna. E puzzano davvero.

  • Nuove verità inquietanti da un programma televisivo investigativo

    Tre cose non possono essere nascoste a lungo: il sole, la luna e la verità.

    Buddha

    Il nostro lettore veniva informato alcune settimane fa su un’inchiesta di un giornalista investigativo trasmessa il 21 aprile scorso, in prima serata, su RAI 3 (Clamorosi abusi rivelati da un programma televisivo investigativo, 23 aprile 2024; Altre verità rivelate da un programma televisivo investigativo, 7 maggio 2024). Durante la prima parte del programma televisivo Report veniva trattata, fatti alla mano, la vera e vissuta realtà albanese. Una realtà che sta diventando sempre più preoccupante ed allarmante. Una realtà che rispecchia e testimonia tutta la pericolosità del nuovo regime, della nuova dittatura sui generis restaurata da alcuni anni ed in continuo consolidamento in Albania. Si tratta di una pericolosa e sempre più attiva alleanza tra il potere politico, la criminalità organizzata e determinati clan occulti internazionali, finanziariamente molto potenti. Si tratta di una dittatura camuffata da una facciata di pluripartitismo e di democrazia. Una facciata ben programmata e messa in atto da una potente propaganda governativa alla quale ubbidiscono la maggior parte dei media. Una realtà che, guarda caso però, non “riescono” a notarla, capirla e ad agire di conseguenza neanche gli alti rappresentanti delle cancellerie occidentali e delle più importanti istituzioni internazionali, comprese quelle dell’Unione europea. Una realtà della quale il nostro lettore è stato informato da anni ormai, sempre con la dovuta e richiesta oggettività, fatti accaduti, documentati e pubblicamente noti alla mano.

    Durante il programma Report trasmesso in prima serata su RAI 3 il 21 aprile scorso veniva trattato l’Accordo, noto come il Protocollo sui migranti, ufficializzato il 6 novembre 2023 a Roma tra l’Italia e l’Albania. Un accordo firmato dalla Presidente del Consiglio dei ministri dell’Italia e dal suo omologo e “caro amico’, il primo ministro albanese. Proprio da lui che quasi due anni prima, ed esattamente il 18 novembre 2021, era determinato e dichiarava convinto che “L’Albania non sarà mai un Paese dove paesi molto ricchi possano creare campi per i loro rifugiati. Mai!”. Riferendosi all’Accordo, il giornalista investigativo analizzava anche la sua parte finanziaria ed alcune incongruenze ad essa legate. Lui, dopo aver esposto ed analizzato i costi previsti e quelli con i quali, tutto sommato, si dovrebbe far conto e realmente affrontare nel prossimo futuro, faceva la normale domanda: “Ma chi beneficerà davvero di questo accordo?”. L’autore di queste righe, in seguito a quella domanda, ha espresso la sua opinione, anzi la sua convinzione, che ne beneficerà “…la criminalità organizzata locale che ormai è diventata molto attiva e pericolosa anche in Europa ed altrove. Sì, perché i profughi diventeranno preda del traffico dei clandestini. E si tratta proprio di quella criminalità organizzata che collabora con il potere politico e che determina non poche decisioni del governo albanese”(Clamorosi abusi rivelati da un programma televisivo investigativo, 23 aprile 2024).

    Il giornalista investigativo del programma televisivo Report durante il documentario trasmesso il 21 aprile scorso su RAI 3, tra l’altro, aveva evidenziato fatti che riguardavano e coinvolgevano anche il segretario generale del Consiglio di ministri albanese e il fratello del primo ministro. Lui, il giornalista, riferendosi al segretario generale del Consiglio dei ministri, affermava che “…la sua potenza ed il suo potere sono fuori misura […]. Lui è una persona chiave anche dell’Accordo sui migranti tra l’Italia e l’Albania”. L’autore di queste righe ha informato in precedenza il nostro lettore chi è e cosa rappresenta il segretario generale del Consiglio dei ministri albanese. Mentre, per quanto riguarda il fratello del primo ministro albanese, il giornalista del programma Report, trasmesso il 21 aprile scorso su RAI 3, affermava che “dai documenti delle indagini della Procura [albanese] nel 2016, che il programma Report pubblica esclusivamente in seguito, risulta che il fratello del primo ministro albanese ha usato per i suoi movimenti la stessa macchina che era al servizio di un cartello di narcotrafficanti albanese […]. Quelle indagini hanno portato ad un processo giudiziario, durante il quale i narcotrafficanti sono stati condannati, mentre Olsi Rama (il fratello del primo ministro albanese; n.d.a.) non è stato neanche ascoltato. Il suo nome, addirittura, è stato cancellato dai fascicoli giudiziari”. Si tratta di un fatto noto ormai da anni in Albania. Chissà perché il sistema “riformato” della giustizia non ha reagito?! La risposta, da anni ormai, la danno le cattive lingue. Secondo loro è proprio il primo ministro che controlla tutto il sistema e guai se qualcuno gli si mette contro.

    Domenica scorsa, 2 giugno, di nuovo la prima parte del programma televisivo Report era stata dedicata alla situazione in Albania. Il giornalista lo aveva già dichiarato, dopo la trasmissione della sua inchiesta del 21 aprile, che lui disponeva di molte altre informazioni e fatti documentati che dimostrerebbero inconfutabilmente l’esistenza di un’alleanza pericolosa tra il potere politico, rappresentato istituzionalmente dal primo ministro, e la criminalità organizzata. Sia quella albanese, che sta diventando sempre più potente, che quella internazionale. Dopo la dura reazione e le minacce fatte dal primo ministro albanese, trovandosi in grosse difficoltà, alla direzione di RAI 3, i rappresentanti della redazione del programma Report hanno smentito tutto e hanno promesso un’altro programma che avrebbe trattato la realtà albanese. Il programma trasmesso domenica scorsa presentava nuove verità inquietanti. Verità documentate, che coinvolgevano direttamente il primo ministro. Verità che il giornalista ha detto in faccia al diretto interessato, durante un’intervista con lui, realizzata alcuni giorni fa in Albania, nell’ufficio del primo ministro. Durante l’intervista il giornalista ha rinfacciato al primo ministro il fatto che tre dei suoi ministri degli Interni, compreso quello attuale, hanno dei legami stretti con la criminalità. Poi ha evidenziato un altro fatto accaduto, che si riferisce ad un incontro che il primo ministro ha avuto pochi anni fa, nel suo ufficio, con un trafficante albanese, membro attivo di un noto cartello messicano che gestisce la cocaina della Colombia. Il giornalista di Report chiede al primo ministro: “Per me, come giornalista, il fatto che il capo del Consiglio dei ministri dell’Albania si incontra con una persona che, in seguito, si scopre riciclare il denaro del cartello Sinaloa e [di essere] uno dei membri più importanti [del cartello], è una notizia ed io le chiederò di questo. Non avrei fatto bene il mio mestiere se non glielo avessi chiesto”. Il primo ministro, come suo solito, ha cercato di tergiversare con giochi di parole. Ma il giornalista, non mollando, ha detto: “Se la Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia avesse incontrato la persona che ricicla denaro per i cartelli messicani, le avrei fatto delle domande ripetute a raffica solo su questo fatto”. Durante l’intervista il giornalista ha rinfacciato anche molte altre scomode verità al primo ministro, comprese quelle su suo fratello. Ma lui non ha potuto e neanche voluto dare delle risposte convincenti, anzi.

    Chi scrive queste righe continuerà a trattare altre nuove verità inquietanti rivelate dal programma Report trasmesso domenica 2 giugno in prima serata su RAI 3. Nel frattempo qualcuno dovrebbe dire al primo ministro albanese che sono tre le cose che non possono essere nascoste a lungo: il sole, la luna e la verità. Buddha ci insegna.

  • Altre verità rivelate da un programma televisivo investigativo

    Non c’è nulla sotto il sole di cui non si possa abusare e di cui non si sia abusato.

    Karl Popper, da “La società aperta e i suoi nemici”, 1945

    Due settimane fa il nostro lettore veniva informato solo di una parte dei clamorosi abusi di potere in Albania, rivelati dal programma televisivo investigativo Report, trasmesso in prima serata il 21 aprile scorso su Rai 3. Si trattava di un documentario che evidenziava e testimoniava questi abusi, basandosi su fatti accaduti, documentati e denunciati pubblicamente. Fatti che hanno a che fare con la grave e preoccupante realtà albanese. Una realtà generata dalla connivenza del potere politico con la criminalità organizzata locale ed internazionale e con determinati raggruppamenti occulti internazionali. Il programma cominciava trattando l’Accordo firmato il 6 novembre 2023 a Roma tra l’Italia e l’Albania sui migranti. Un Accordo che ha suscitato subito molte e forti reazioni e contestazioni, sia in Italia ed in Albania, sia tra numerose istituzioni e organizzazioni internazionali specializzate. Il giornalista che aveva preparato il documentario, trasmesso durante il programma Report, trattava ed analizzava, tra l’altro, anche l’aspetto finanziario dell’Accordo, sottolineando che “Verrebbero spese, dunque, cifre spropositate, rispetto ai costi di gestione ordinari in Italia, per spedire in Albania a mala pena 3000 migranti all’anno che comunque dovranno successivamente essere trasferiti in Italia”. E poi faceva la domanda, che era obbligatoria: “Ma chi beneficerà davvero di questo accordo?”. L’autore di queste righe scriveva che “La risposta, oltre al giornalista, la possono dare tutti coloro che conoscono bene la vera, vissuta e spesso sofferta realtà albanese. E la risposta, essendo l’Albania ormai considerato da molte istituzioni e strutture specializzate internazionali come un “narcostato”, è semplice, evidente e chiara: la criminalità organizzata locale che ormai è diventata molto attiva e pericolosa anche in Europa ed altrove. Sì, perchè i profughi diventeranno preda del traffico dei clandestini. E si tratta proprio di quella criminalità organizzata che collabora con il potere politico e che determina non poche decisioni del governo albanese”. Dopo aver portato e citato parte delle interviste fatte dal giornalista del programma televisivo Report a due noti magistrati italiani, Nicola Gratteri e Francesco Mandoi, l’autore di queste righe finiva l’articolo promettendo al nostro lettore che “troverà il modo di informare nelle prossime settimane sugli altri clamorosi abusi rivelati dal giornalista di Report” (Clamorosi abusi rivelati da un programma televisivo investigativo; 23 aprile 2024).

    Ebbene, durante il sopracitato programma, il giornalista si riferiva ed evidenziava, in base a delle dichiarazioni rilasciate durante interviste, il ruolo del segretario generale del Consiglio dei ministri albanese. Secondo il giornalista “…la sua potenza ed il suo potere sono fuori misura”. Sempre riferendosi al segretario generale del Consiglio dei ministri, il giornalista di Reporter ribadiva che “…lui è una persona chiave anche dell’Accordo sui migranti tra l’Italia e l’Albania”. E, guarda caso, soltanto alcuni giorni prima che venisse firmato quell’Accordo, l’ambasciata dell’Italia in Albania decorava per i suoi contributi nelle relazioni tra l’Italia e l’Albania proprio il segretario generale del Consiglio dei ministri albanese. Una cerimonia che però non è stata resa nota al pubblico, come accade sempre in simili occasioni. Chissà perché?! Il nostro lettore è stato informato a tempo debito chi è e cosa rappresenta il segretario generale del Consiglio dei ministri albanese (Misere bugie ed ingannevoli messinscene che accusano, 4 aprile 2022; A ciascuno secondo le proprie responsabilità, 26 aprile 2022; Diaboliche alleanze tra simili corrotti, 9 maggio 2022; Da quale pulpito arrivano quelle minacciose prediche, 16 maggio 2022 ecc…).

    Quanto è stato trasmesso durante il programma Report su Rai 3 il 21 aprile scorso in prima serata e portato in seguito a conoscenza del pubblico albanese da pochissimi media non controllati dal regime autocratico restaurato in Albania ha messo in grosse difficoltà il potere politico  in Albania, primo ministro, compreso. Anzi lui per primo. E non solo per quanto si riferiva alla mancanza totale della trasparenza, obbligatoria per legge, sull’Accordo tra l’Italia e l’Albania sui migranti. E neanche per quanto riguarda le dichiarazioni di due noti magistrati italiani, Nicola Gratteri e Francesco Mandoi, i quali hanno convintamente evidenziato e testimoniato la pericolosità della criminalità organizzata albanese e la falsità della riforma del sistema della giustizia in Albania. Il primo ministro si è trovato in difficoltà perché il programma investigativo ha evidenziato chi è e cosa rappresenta realmente la sua eminenza grigia, il segretario generale del Consiglio dei ministri. Ma il primo ministro albanese, dopo la trasmissione, il 21 aprile scorso, del programma Report su Rai 3 si è trovato in grande difficoltà soprattutto perché in quel programma il giornalista ha trattato anche il coinvolgimento attivo del fratello del primo ministro con un’organizzazione che trafficava la cocaina. Riferendosi proprio al fratello del primo ministro, il giornalista del programma Report ha evidenziato che “Dai documenti delle indagini della Procura [albanese] nel 2016, che il programma Report pubblica esclusivamente in seguito, risulta che il fratello del primo ministro albanese ha usato per i suoi movimenti la stessa macchina che era al servizio di un cartello di narcotrafficanti albanese. […] Quelle indagini hanno portato ad un processo giudiziario, durante il quale i narcotrafficanti sono stati condannati, mentre Olsi Rama (il fratello del primo ministro albanese; n.d.a.) non è stato neanche ascoltato. Il suo nome, addirittura, è stato cancellato dai fascicoli giudiziari”. Un fatto quello noto ormai da anni in Albania. Ma riportato anche da Rai 3 ha fatto veramente male al primo ministro albanese.

    Trovandosi di fronte a simili grosse difficoltà, il primo ministro è stato costretto a reagire. Però ha reagito, come di suo solito, cercando di tergiversare, di ingannare e anche di minacciare. Lui ha cercato di orientare tutto quello che è stato trasmesso dal programma Report su Rai 3 il 21 aprile scorso, in prima serata come un attacco diretto alla sua “carissima amica”, la presidente del Consiglio dei ministri italiano. “Per il momento mi sforzo di credere che, comunque, tutto questo furore per attaccare Giorgia Meloni, a scapito dell’Albania, non è stato un peccato in malafede contro il mio Paese e che l’uso delle calunnie, sia in Italia che in Albania, comprese le attività del Servizio Pubblico e le calunnie contro mio fratello, contro le quali lui adesso ha esposto denuncia e aspetta la parola della giustizia, è accaduto soltanto come risultato di una leggerezza insopportabile …”. Da che pulpito vengono queste prediche però?!

    Chi scrive queste righe non poteva non informare il nostro pubblico anche di queste verità rivelate dal programma Report. Ed è convinto che quello che accade in Albania conferma quanto affermava Karl Popper nel 1945. E cioè che non c’è nulla sotto il sole di cui non si possa abusare e di cui non si sia abusato. Lo testimonia quanto sta facendo il primo ministro albanese ed i suoi.

  • Clamorosi abusi rivelati da un programma televisivo investigativo

    L’abuso e la disubbidienza alla legge non può essere impedita da nessuna legge.

    Giacomo Leopardi

    Il nostro lettore da anni ormai è stato informato di quello che accade in Albania. E sempre con la dovuta e necessaria oggettività, riferendosi a fatti accaduti, verificati e verificabili, a testimonianze, documentazione e denunce rese pubbliche. Ma la situazione in Albania, membro della NATO dall’aprile 2009 e Paese candidato all’adesione nell’Unione europea dal giugno 2014, però e purtroppo sta peggiorando sempre di più. La corruzione, partendo dai massimi livelli delle istituzioni statali e governative, è diventata una divorante cancrena che sta corrodendo tutto il tessuto sociale. Una realtà, quella albanese, che non poteva mai e poi mai diventare talmente allarmante se non ci fosse un diretto coinvolgimento, beneplacito ma anche il beneficio dei massimi rappresentanti del potere politico, partendo dal primo ministro. Anzi, lui per primo.

    In Albania, sempre fatti accaduti, documentati ed ufficialmente denunciati alla mano, da alcuni anni è stata restaurata e si sta consolidando una nuova dittatura sui generis, un regime che cerca di camuffarsi dietro ad una fasulla parvenza pluripartitica. In Albania una persona, il primo ministro, controlla tutti i poteri, definiti dal 1748 da Montesquieu nella sua ben nota opera De l’esprit des lois (“Spirito delle leggi”; n.d.a.). Il che significa che in Albania ormai è stato annientato e reso non funzionante il principio base in qualsiasi società democratica, quello della divisione dei poteri. Il primo ministro (e/o chi per lui) controlla, oltre al potere esecutivo e legislativo, anche il sistema “riformato” della giustizia. Bisogna purtroppo sottolineare, sempre fatti accaduti, documentati ed ufficialmente denunciati alla mano, che tutto ciò è successo anche con il preoccupante sostegno dei “rappresentanti internazionali” in Albania. Proprio coloro che, guarda caso, non vedono, non sentono e non capiscono la vera, vissuta e sofferta realtà, ma “applaudono ed elogiano” i successi del governo (Sic!). Il primo ministro controlla però anche la maggior parte di quello che ormai è noto come il quarto potere, i media. Mentre il presidente della Repubblica, da lui scelto, è diventato un suo ridicolo ed ubbidiente subordinato. Quello albanese è un regime autoritario che, sempre fatti accaduti, documentati ed ufficialmente denunciati alla mano, ha basato la sua esistenza alla pericolosa connivenza con la criminalità organizzata, nonché al sostegno lobbistico, ma non solo, di alcuni raggruppamenti occulti internazionali. Il nostro lettore è stato, da anni, informato anche di questa grave e pericolosa realtà.

    Una realtà preoccupante che domenica scorsa è stata trattata anche dal programma investigativo Report, trasmesso da Rai 3 in prima serata. Ovviamente Rai 3 segue una sua linea editoriale, perciò il documentario cominciava con il trattamento dell’Accordo ufficializzato il 6 novembre 2023 tra l’Italia e l’Albania. L’Accordo, noto come il Protocollo sui migranti, è un documento di 14 articoli che è stato contestato sia in Italia ed in Albania, sia da diverse organizzazioni che si occupano dei diritti dell’uomo. Sull’Accordo hanno espresso riserve anche alcuni rappresentanti delle strutture dell’Unione europea. L’autore di queste righe informava il nostro lettore: “…Lunedì scorso, il 6 novembre, a Roma è stato firmato, dai rispettivi primi ministri, un accordo tra l’Italia e l’Albania. Secondo quell’accordo l’Italia potrà beneficiare dei territori in Albania per organizzare e gestire due campi dove arriveranno circa 36.000 profughi all’anno per almeno cinque anni! Profughi di quelli che l’Italia non vuole e/o può tenere […] Profughi che l’Italia non ha potuto, nonostante un accordo firmato recentemente con la Tunisia, fermare ad arrivare nelle coste italiane. Ma per fortuna il primo ministro italiano ha un ‘caro amico” in Albania, il primo ministro albanese.”(Un autocrate irresponsabile e altri che seguono i propri interessi; 14 novembre 2023). Proprio lui che solo due anni fa, ed esattamente il 18 novembre 2021, dichiarava convinto e perentorio che “L’Albania non sarà mai un Paese dove paesi molto ricchi possano creare campi per i loro rifugiati. Mai!”. Chissà perché ha cambiato opinione solo due anni dopo?!

    Il giornalista di Rai 3, domenica scorsa durante il programma Report, ha trattato anche la parte finanziaria del Protocollo, sottolineando che “…A fronte dei 650 milioni di euro inizialmente preventivati per 5 anni, la spesa complessiva potrebbe superare la soglia di 1 miliardo di euro. E anche le previsioni fatte dal governo sul numero dei migranti sembrerebbero troppo ottimistiche. Verrebbero spese, dunque, cifre spropositate, rispetto ai costi di gestione ordinari in Italia, per spedire in Albania a mala pena 3000 migranti all’anno che comunque dovranno successivamente essere trasferiti in Italia”. E poi faceva la naturale domanda: “Ma chi beneficerà davvero di questo accordo?”. La risposta, oltre al giornalista, la possono dare tutti coloro che conoscono bene la vera, vissuta e spesso sofferta realtà albanese. E la risposta, essendo l’Albania ormai considerato da molte istituzioni e strutture specializzate internazionali come un “narcostato”, è semplice, evidente e chiara: la criminalità organizzata locale che ormai è diventata molto attiva e pericolosa anche in Europa ed altrove. Sì, perchè i profughi diventeranno preda del traffico dei clandestini. E si tratta proprio di quella criminalità organizzata che collabora con il potere politico e che determina non poche decisioni del governo albanese.

    Lo confermano anche due noti procuratori italiani, intervistati dall’autore del programma Report, Nicola Gratteri e Francesco Mandoi. Nicola Gratteri, uno dei magistrati più impegnati nella lotta alla ‘ndrangheta, attualmente procuratore della Repubblica di Napoli, ha dichiarato che “…La mafia albanese è forte, perché è attiva in uno Stato dova la corruzione e ampiamente diffusa”. Aggiungendo anche: “…Le organizzazioni criminali che arrivano dall’Albania sono ricche, forti e potenti. […] Da alcuni anni la mafia albanese la troviamo anche in America latina. È in grado di portare, autonomamente, tonnellate di cocaina in Italia ed in Europa”. Anche Francesco Mandoi, già procuratore nazionale antimafia, ormai in pensione, conosce molto bene la realtà albanese. Lui è stato assunto come consigliere speciale proprio dal primo ministro albanese. Ha lavorato molto per quattro anni in Albania. Ma, come ha affermato lui stesso al giornalista del Report, il primo ministro non ha chiesto mai da lui un consiglio! “…Sono stato consigliere sulla carta, perché non ho mai dato un solo consiglio”, ha dichiarato Mandoi. Sottolineando che “…la mafia albanese ha i suoi rappresentanti nel governo ed orienta molte scelte dello stesso governo.”.

    Chi scrive queste righe avrebbe avuto bisogno di molto più spazio per trattare tutti gli argomenti affrontati domenica scorsa dal programma Report. Ma troverà il modo di informare il nostro lettore nelle prossime settimane sugli altri clamorosi abusi rivelati dal giornalista di Report. È sempre attuale però l’affermazione di Giacomo Leopardi: “L’abuso e la disubbidienza alla legge non può essere impedita da nessuna legge”. Lo conferma anche la grave e pericolosa realtà albanese.

  • Altre clamorose testimonianze di corruzione ed abuso di potere

    Il potere va definito dalla possibilità di abusarne.
    André Malraux, La via dei re, 1930

    Era la metà di dicembre del 2022, quando il primo ministro albanese ha dovuto di nuovo difendere, di fronte ai giornalisti, le sue decisioni che hanno portato a quello che ormai è noto in Albania come lo scandalo dei tre inceneritori. Il nostro lettore è stato informato a tempo debito e a più riprese di questo scandalo. A metà dicembre 2022 è stata divulgata la notizia secondo la quale uno dei più stretti collaboratori del primo ministro era coinvolto in quello scandalo. Si trattava del vice primo ministro (2021-2022), il quale, dal 2013, è stato anche ministro dello sviluppo economico, ministro delle finanze e alla fine, ministro di Stato per la Ricostruzione del Paese, dopo il terremoto del 2019. Il primo ministro però, ha cercato di apparire ignaro del diretto coinvolgimento del suo collaboratore, come fa di solito in simili circostanze. Di fronte ai giornalisti che gli chiedevano del suo stretto collaboratore, cercando di cambiare discorso, lui ha dichiarato invece, riferendosi al progetto dei tre inceneritori, che “…anche se 100 volte tornassi indietro, 100 volte avrei detto che devono essere fatti”. Poi, riferendosi a ciascuno dei tre inceneritori, ha spudoratamente mentito. E non poteva essere diversamente, visto che, mentre il primo ministro rispondeva ai giornalisti, nessuno dei tre inceneritori era realmente operativo. Soprattutto quello della capitale, che non esisteva proprio, non era stato messo neanche un mattone. La saggezza popolare però ci insegna che la lingua batte dove il dente duole. E anche il primo ministro, senza batter ciglio, riferendosi all’inceneritore della capitale, ha detto che “…l’inceneritore della capitale […] aveva salvato Tirana una volta per tutte dalle immondizie” (Sic!). Ma i giornalisti hanno insistito per sapere l’opinione del primo ministro sul suo stretto collaboratore. Allora il primo ministro, cercando di allontanare da se stesso ogni responsabilità, come fa sempre quando si trova di fronte a dei fatti inconfutabili, ha risposto: “Se noi partiamo per una determinata battaglia e, strada facendo, qualcuno o alcuni, che sono partiti per raggiungere l’obiettivo [prestabilito], raccolgono anche pere e mele per  poi metterle nei sacchetti, dietro la mia schiena, questa è una questione che non coinvolge me ma la giustizia”.

    Ebbene, erano passati soltanto sette mesi quando, dopo che l’opposizione politica ed il coraggioso lavoro di alcuni giornalisti investigativi hanno evidenziato e denunciato proprio l’ex vice primo ministro, la Struttura Speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata è stata costretta a chiedere al Parlamento il permesso di procedere contro di lui. Nel frattempo però lui era riuscito a fuggire all’estero. Le cattive lingue hanno detto subito che era stato informato in tempo da chi di dovere. L’autore di queste righe informava allora il nostro lettore che “ … guarda caso, lui, l’ex vice primo ministro, che è stato anche ministro delle finanze e di altri ministeri importanti, dove si gestiva il denaro pubblico, fatti accaduti, documentati, testimoniati, resi pubblici e denunciati ufficialmente alla mano, non risulta essere accusato della violazione delle leggi in vigore che regolano le procedure seguite nel caso dei tre inceneritori e gli obblighi istituzionali del ministro. Violazioni delle procedure che porterebbero poi direttamente al primo ministro” (Inganna per non ammettere che è il maggior responsabile; 24 luglio 2023). Dall’esilio in un Paese europeo, l’ex vice primo ministro, nel febbraio scorso ha rilasciato una lunga intervista ad una rete televisiva albanese. Il nostro lettore è stato informato subito dopo che il 1o febbraio “…l’ex primo ministro ha fatto delle rivelazioni riguardanti ruberie milionarie ed abuso del potere. Lui ha accusato direttamente il primo ministro ed il sindaco della capitale come ideatori e approfittatori dei progetti degli inceneritori. Lui ha fatto delle rivelazioni che non lasciano dubbi, durante una lunga intervista televisiva seguita con grande interesse dal pubblico. Lo ha fatto da un Paese europeo dove ormai gode dello stato di avente asilo politico. Lui ha dichiarato, tra l’altro: “Porterò sulla schiena la mia croce. Ma non porterò la croce di nessun altro””. Aggiungendo anche che “…se si aprisse il dossier degli inceneritori “gli albanesi si spaventerebbero” (Rivelazioni riguardanti ruberie milionarie ed abuso del potere; 6 febbraio 2024).

    Il 28 marzo scorso, sempre in seguito alle continue e dettagliate denunce dell’opposizione, la Struttura Speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata ha chiesto e ottenuto l’arresto, questa volta, di alcuni dei più stretti collaboratori del sindaco della capitale. Si tratta di importanti direttori del municipio che gestivano i soldi pubblici. Ma risulta che loro non hanno preso la “loro parte”, come tangenti. Hanno invece costituito delle imprese private, con dei “trucchi” di gestione e di appartenenza dal 2016, solo alcuni mesi dopo che l’attuale sindaco della capitale ha cominciato il suo primo mandato. E tramite quelle imprese, soprattutto di una di loro, registrata come impresa edile, vincevano appalti milionari di cui loro stessi, i direttori, decidevano il “vincitore”. E dai tanti documenti ed intercettazioni ambientali, risulterebbe che tutto veniva fatto con il beneplacito del sindaco. Anzi, risulterebbe proprio che il sindaco era il vero proprietario delle imprese e di tutto ciò che a loro apparteneva. Ma, guarda caso però, la Struttura Speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata, nonostante abbia tutto il materiale necessario per accusare ed arrestare il sindaco della capitale, ha chiuso il fascicolo.

    Sabato scorso, finalmente, il sindaco della capitale ha reagito pubblicamente all’arresto dei suoi stretti collaboratori. Ha elogiato l’operato dei suoi direttori, specificando i loro “contributi” durante tutti questi anni. (Sic!) Ma il sindaco della capitale ha usato la stessa “strategia difensiva” del primo ministro. E cioè che lui non sapeva niente degli “abusi dietro le sue spalle” dei suoi collaboratori. Il che era anche un ricatto nei confronti dello stesso primo ministro, il quale, a distanza di poche ore, ha dichiarato: “Se unisco parola e virgola” con quanto ha detto il sindaco della capitale e “appoggiava il giusto comportamento” del sindaco. Il ricatto ha perciò funzionato.

    Chi scrive queste righe continuerà ad informare il nostro lettore di questi clamorosi sviluppi tuttora in corso. Egli però è convinto che sia il primo ministro albanese che il sindaco della capitale devono essere i primi indagati per tutti i loro clamorosi abusi del potere. E, nel frattempo, devono lasciare i loro incarichi istituzionali. O perché sono cosi “ingenui” che con la loro “ingenuità”, che è anche incapacità, non capiscono quello che fanno i loro stretti collaboratori. Oppure perché mentono ed ingannano e, perciò devono essere puniti legalmente. Chi scrive queste righe è convinto però che loro due sono degli incalliti bugiardi ed ingannatori. Ma, come scriveva André Malraux, il potere va definito dalla possibilità di abusarne.

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