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Una decisione e molti punti interrogativi…

Oggi l’Unione europea ha di fronte a sé una sfida epocale, dalla quale
dipenderà non solo il suo futuro, ma quello del mondo intero.

Papa Francesco; dal “Messaggio Pasquale”, 12 aprile 2020

Ieri, domenica 12 aprile, durante il suo Messaggio Pasquale, Papa Francesco ha rivolto “uno speciale pensiero”, un forte appello anche all’Europa. Riferendosi alla grave situazione creata dalla pandemia e alle sue conseguenze, attuali e future, il Pontefice ha ribadito che “non è questo il tempo degli egoismi, perché la sfida che stiamo affrontando ci accomuna tutti e non fa differenza di persone”. Poi, rivolgendosi all’Unione europea, è stato molto chiaro e significativo il suo avvertimento: “Oggi l’Unione Europea ha di fronte a sé una sfida epocale, dalla quale dipenderà non solo il suo futuro, ma quello del mondo intero”. Il Santo Padre considera la solidarietà tra gli Stati europei come l’unico modo di agire per affrontare questa allarmante realtà. Perché se no “L’alternativa è solo l’egoismo degli interessi particolari e la tentazione di un ritorno al passato, con il rischio di mettere a dura prova la convivenza pacifica e lo sviluppo delle prossime generazioni”. Spetta, perciò, a tutti coloro che hanno potere decisionale, sia nei singoli Stati, che nelle istituzioni dell’Unione europea, di essere pienamente consapevoli e responsabili e di agire di conseguenza. Cosa che, purtroppo, non hanno sempre fatto. Come lo sta dimostrando anche questa grave situazione causata dalla pandemia che sta flagellando l’umanità.

Oggi, nella sua omelia durante la messa a Santa Marta, Papa Francesco si è riferito a quella parte delle Sacre Scritture in cui Gesù risorto appare, per la prima volta, ad alcune donne e chiede di avvertire i suoi discepoli di andare in Galilea, dove essi lo vedranno di nuovo, risorto. L’evangelista Matteo, a cui si riferiva il Pontefice, additava i sacerdoti i quali, preoccupati dell’accaduto e convinti che il sepolcro vuoto creava loro tanti problemi, decidono subito di corrompere i soldati posti a guardia del sepolcro. I sacerdoti, in cambio di denaro, ordinano ai soldati di affermare che i discepoli di Gesù erano giunti di notte rubando il corpo, mentre loro dormivano. Poi, in seguito della sua omelia, Papa Francesco ha fatto riferimento all’avvertimento di Gesù per i discepoli. E cioè che “Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altroNon potete servire Dio e la ricchezza (Matteo; 6,24; n.d.a.)”. Papa Francesco ha proseguito poi, dicendo che “i sacerdoti, i dottori della Legge hanno scelto l’altra strada, quella che offriva loro il dio denaro e hanno pagato: hanno pagato il silenzio”. Il Santo Padre è stato chiaro e perentorio, perché quell’atto dei sacerdoti e dei dottori della legge che hanno pagato il silenzio “non è una tangente: questa è corruzione pura, corruzione allo stato puro”! Ovviamente quanto ha detto oggi Papa Francesco, durante la sua omelia a Santa Marta, dovrebbe servire come  avvertimento anche per tutti coloro che abusano del potere conferitogli. E la storia, compresa quella recente, ci insegna che sono non pochi quei dirigenti e alti rappresentanti politici e/o istituzionali, anche in Europa, i quali “comprano il silenzio” per coprire e nascondere tutte quelle imbarazzanti verità e quelle vissute realtà, in cambio di denaro.

Quanto ha detto Papa Francesco, sia ieri durante il suo Messaggio Pasquale, che oggi durante la suo omelia a Santa Marta, sono stati dei chiari ammonimenti e richiami alle autorità e ai dirigenti politici ed istituzionali, quelli dell’Unione europea e dei singoli Stati membri compresi. Perché sono loro, alla fine, che devono esercitare responsabilmente il loro potere decisionale, sia nei loro paesi, che durante le sedute decisionali dell’Unione europea.

La pandemia che sta flagellando tutto il mondo in queste settimane ha, tra l’altro, giustamente e doverosamente attirato tutta l’attenzione mediatica e dell’opinione pubblica. Anche in Albania. Ed ha messo in secondo piano altri sviluppi. Anche quelli che, fino a qualche mese fa, avrebbero attirato tutta l’attenzione, generando animati dibattiti. Tale era anche la decisione del Consiglio dei ministri con delega agli Affari europei dell’Unione europea del 24 marzo scorso. L’autore di queste righe aveva pensato di trattare questo argomento già due settimane fa. Ma i fatti legati alla pandemia e alle buffonate e le messinscene mediatiche del primo ministro hanno semplicemente spostato in tempo un argomento così importante per le sorti dell’Albania. Ma anche con delle derivanti e negative ripercussioni per altri paesi, Italia compresa.

Il 24 marzo scorso, durante la seduta del Consiglio dei ministri con delega agli Affari europei, è stata decisa unanimemente anche l’apertura dei negoziati per l’Albania e la Macedonia del Nord, come paesi candidati all’adesione nell’Unione europea. Con una significativa differenza però. Che mentre per la Macedonia le previste procedure si avvieranno subito e senza nessuna condizione, per l’Albania quelle procedure si avvieranno dopo il compimento di 15 condizioni. Il che significa di ben 10 condizioni in più rispetto a quelle poste già dal 2016. Ma anche di 6 condizioni in più, riferendosi alla conditio sine qua non posta dal Bundestag tedesco il 25 settembre scorso. La sopracitata decisione è stata adottata poi il 26 marzo scorso anche dal vertice del Consiglio dei capi di Stato e di governo dei 27 paesi membri dell’Unione europea, durante una riunione in videoconferenza. Una decisione quella che, nel caso dell’Albania, fatti accaduti e che stanno accadendo alla mano, è tutt’altro che convincente. Una decisione presa in seguito alle raccomandazioni positive della Commissione europea. Nel caso dell’Albania, sono le stesse “entusiastiche” raccomandazioni, ripetute da alcuni anni a questa parte. Raccomandazioni che, però, regolarmente sono state respinte dal Consiglio europeo, in seguito a delle ragionevoli e realistiche obbiezioni da parte di alcuni Stati membri. E sempre, riferendosi al caso dell’Albania, nel frattempo non solo non sono stati registrati progressi, ma anzi, la situazione sta peggiorando continuamente e il paese, da più di un anno ormai, si trova ad affrontare una crisi politica, istituzionale e sociale. Una realtà quella, che è ben nota e, purtroppo, anche sofferta in Albania. Una realtà che è stata denunciata, a più riprese, anche dalle istituzioni internazionali specializzate e dai media. Una realtà quella, che però non solo “sfugge’ ai massimi rappresentanti della Commissione europea, ma anzi appare loro ”una storia di successi”! E soprattutto considerano tale anche il consapevole e programmato fallimento della riforma del sistema della giustizia. Un fallimento che, sempre fatti accaduti alla mano, sembrerebbe abbia avuto anche “l’assistenza specializzata” della Missione Euralius, che ha come obiettivo il “Consolidamento del Sistema di Giustizia in Albania”. Una Missione quella, che viene finanziata dai fondi dell’Unione europea da circa 15 anni ormai. E si tratta di milioni e milioni di Euro. Le cattive lingue dicono che è proprio per questa ragione, e cioè per giustificare questi ingenti finanziamenti, che da alcuni anni le raccomandazioni per l’Albania, da parte della Commissione europea, basate sui rapporti della Delegazione dell’Unione europea in Albania, sono “positive ed entusiastiche”! Mentre la realtà è ben diversa e alla luce del sole. Una realtà di fronte alla quale però i soliti “rappresentanti internazionali” hanno gli occhi, le orecchie, la mente e la bocca chiusa.

Chi scrive queste righe, per motivi di spazio non può continuare oggi l’analisi e presentare tanti altri argomenti. Ma egli promette al nostro lettore di ritornare presto sul caso. Per dare, tra l’altro, anche una convincente risposta alla domanda: coloro che hanno preso la sopracitata decisione sono degli ingenui ingannati, oppure dei consapevoli compiacenti e “pagati per il loro silenzio”?!

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