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La ratifica del Mes e la specificità italiana

Al di là delle solite schermaglie politiche che caratterizzano il panorama italiano ed abbastanza avvilenti, la vicenda legata alla ratifica del Mes sta raggiungendo dei contorni imbarazzanti.

L’opposizione preme per la firma del Mes il quale viene usato solo ed esclusivamente come strumento politico di contrasto al governo, dimenticando come il governo Draghi non l’avesse ratificato. Il governo in carica dimostra rara indecisione e tentennamenti in relazione alle strategie da adottare, ventilando una possibile ratifica in cambio di qualche concessione “decimale” relativa al deficit e probabilmente anche al debito pubblico.

Pur essendo diretto dai 19 Ministri delle Finanze, il Mes viene gestito da una Commissione alla quale accedono persone “di competenze internazionali” che usufruiscono inoltre di uno scudo penale e civile in relazione alle proprie operatività.

In altre parole, la “commissione tecnica” rappresenta una sorta di organo con una extraterritorialità decisionale e, di conseguenza, può imporre, qualora lo ritenga necessario, in rapporto all’andamento della finanza internazionale, anche delle ristrutturazione dei debiti pubblici per i paesi che hanno sottoscritto il trattato.

La logica conseguenza è rappresentata dal cambiamento della natura stessa del debito pubblico e del deficit, i quali da indicatori finanziari di sostenibilità economica della politica adottata da un Paese membro si trasformano in semplici fattori finanziari e, di conseguenza, soggetti ad una valutazione di mercato immediata. Entrambi, quindi, escono da una valutazione economica di natura prospettica e relativa anche ad una credibilità della politica di un governo.

Questa metamorfosi del debito pubblico e del deficit potrebbe rappresentare un pericolo enorme per i paesi ad alto rapporto tra PIL e debito pubblico, dei quali l’Italia ne è la più lampante espressione, anche grazie all’adozione massiccia di finanziamenti a debito del PNRR.

L’isolamento attuale del nostro Paese, quindi, non dovrebbe essere ricondotto ad una volontà politica antieuropeista, quanto, in considerazione della particolare situazione della finanza pubblica italiana, all’espressione di un tentativo di preservare la unicità, anche se in negativo, dell’Italia.

Non si possono porre oggi le condizioni per una stretta finanziaria nel medio termine, imposta attraverso la commissione del Mes, ad un paese che non ha ancora compreso quanto e come sia stata sprecata l’opportunità offerta con il Quantitative Easing.

Una opportunità sprecata che ha solo creato una percezione di sospensione dalla realtà attribuibile ai governi Renzi, Gentiloni e Conte 1 ed in relazione ai fondamentali economici finanziari del Paese.

Il Covid prima, la guerra russo-ucraina dopo, con la conseguente inflazione ed esplosione dei costi energetici, hanno sostanzialmente azzerato le mediocri illusioni dei governi precedenti.

Il Mes ora rappresenta l’opportunità, attraverso la ratifica o meno, di dimostrare di avere una visione prospettica, invece del solito opportunismo politico che vede come protagonisti il governo e l’opposizione.

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