In attesa di Giustizia: avanti il tribunale del popolo
Nello scorso numero abbiamo trattato una volta di più il tema della informazione giudiziaria e dei danni collaterali che può derivare: l’argomento rimane di attualità, e consente di affrontarlo da altre angolazioni prendendo spunto da un processo che si sta svolgendo alla Corte di Assise di Roma e che richiama un’attenzione morbosa e fuorviante dei media.
Si tratta della vicenda di un sottufficiale della Marina Militare, distaccato ai servizi segreti, che manovrando una pistola, colpì accidentalmente al braccio il fidanzato della figlia: invece di chiamare subito i soccorsi ed assicurarne un ricovero, forse preso dal panico e sottovalutando la gravità delle lesioni, tergiversa, e con lui i suoi famigliari. Gli accertamenti medico legali hanno, viceversa, accertato che il proiettile ebbe ad assumere una traiettoria del tutto anomala, entrando dal braccio ma deviando per poi attraversare il polmone ed il cuore: la lesione è così divenuta mortale in conseguenza della condotta negligentemente attendista attribuita agli imputati (con il militare sono accusati in concorso del fatto anche coloro che erano presenti in casa e non adottarono nessuna iniziativa a salvaguardia del ferito).
L’incolpazione è di omicidio volontario con dolo eventuale cioè a dire di con l’intenzione di attuare un evento lesivo accettando l’eventualità che le conseguenze siano più gravi del voluto; la difesa è che si sia trattato di omicidio colposo commesso dal solo imputato, vale a dire non con volontarietà ma con una negligenza di grado elevato che tecnicamente si definisce “colpa cosciente” il cui discrimine dal dolo eventuale è sottile e ben comprensibile solo agli addetti ai lavori. Si discute, in sostanza, la qualificazione giuridica del fatto, affrontando il tema dell’elemento soggettivo della condotta.
Di una vicenda cosi complessa, le “aule mediatiche” da Chi l’ha Visto a Quarto Grado celebrano un processo parallelo, con l’inesorabile partecipazione di pseudo esperti, psicologi, criminologi, sociologi, tuttologi, che parlano di atti che conoscono appena o per nulla, mentre va in scena anche il comprensibile dolore dei famigliari della vittima. Ciò che accade davvero in Corte di Assise non interessa, anche perché ce la vedete voi una trasmissione incentrata sulla differenza tra colpa cosciente e dolo eventuale?
Il primo risultato tangibile consiste nelle ingiurie e nelle minacce di cui sono stati fatti bersaglio gli avvocati difensori che hanno l’unica responsabilità di fare dignitosamente il loro lavoro senza neppure negare la materialità di quanto accaduto e – quindi – accampando insostenibili tesi di innocenza per il loro assistiti.
Il rischio ulteriore del “processo parallelo” è un condizionamento più o meno inconscio dei giudici popolari ma anche di quelli togati che compongono la Corte d’Assise: sono tutti uomini e come tali soggetti a emozioni e fascinazioni esterne. Non a caso – e non è un sistema giudiziario che debba essere preso interamente ad esempio – negli Stati Uniti è fatto divieto ai giurati di leggere giornali e seguire trasmissioni televisive che trattano del processo durante la sua celebrazione: pena il congedo dalla giuria.
La lettura, forse un po’ complessa, di un interessante libro, “Il Giudice Emotivo” può chiarire quali principi non siano negoziabili neppure nel rispetto della libertà di stampa e del dovere di informazione.
Diversamente, l’attesa di Giustizia rischia di diventare quella di una sentenza di condanna preceduta dal verdetto di un autoproclamato Tribunale del Popolo mediatico composto da indignati in servizio permanente effettivo e della ricerca di un colpevole purchessia.