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In attesa di Giustizia: cronaca di un flop annunciato

Lunedì 16 maggio avrebbe dovuto essere il gran giorno: quello della mobilitazione dei magistrati, indetta dalla Associazione Nazionale, per protestare contro la riforma proposta dalla Ministra Cartabia: se proprio dobbiamo dirla tutta, contro quella porzione che prevede regole più stringenti per le valutazioni in vista dei progressi in carriera (e in busta paga…).

Deludente il risultato in termini di adesione, a macchia di leopardo nelle diverse sedi giudiziarie con una media nazionale che non raggiunge il 50%. L’ultima volta che ce ne fu uno, molti anni fa, il riscontro fu plebiscitario con un 85% ma c’è da dire che erano altri tempi e, soprattutto, lo sciopero era indetto contro iniziative del Governo Berlusconi.

L’iniziativa era stata lanciata da quella che fu la roccaforte della magistratura: Milano e l’opinione corrente era che per non parlare di flop sarebbe stata necessaria una partecipazione intorno all’80%: poco più di 4.000 tra P.M. e giudici su un totale di 8.884 non è gran cosa.

Naturalmente è intervenuta la difesa d’ufficio del Presidente dell’ANM, Santalucia che – dovendo ammettere la dèbacle – giustifica il risultato con una spaccatura generazionale: “Direi che la magistratura, specie i colleghi più anziani, sono un corpo disilluso. Molti pensano che poco può cambiare e che sopravviveremo anche a questa riforma”.

Tradotto: bene ma non benissimo, in fondo è da sempre che ci autoassolviamo e che riusciamo a superare qualsiasi possibile intralcio alla limitazione dei nostri poteri e privilegi, ce la faremo anche questa volta.

Non si è persa l’occasione di “mostrare i muscoli”, se non una certa diffusa maleducazione: quasi nessuno ha anticipato se avrebbe aderito allo sciopero con ciò costringendo avvocati, testimoni, parti offese, periti, imputati a organizzarsi comunque – anche per trasferte più o meno lunghe – in vista di udienze che, poi, non si sono celebrate, apprendendo la mattina  stessa prevista per l’incombente le ragioni di rinvio.

Si tenga conto che quando vi sono astensioni degli avvocati, la legge prevede che l’adesione sia comunicata con giorni di anticipo “per meglio organizzare la gestione del ruolo ed evitare la citazione superflua di testimoni e consulenti” ed è necessario garantire la presenza anche solo di un sostituto per consentire le operazioni di rinvio. Ma si sa: la legge è uguale per tutti solo nelle scritte che campeggiano nelle aule e per le Signorie Loro non ce n’è neppure una a regolamentare la materia.

Ormai non diciamo nulla di nuovo: proprio in questi giorni sono usciti i dati relativi alle riparazioni economiche per ingiuste detenzioni relative al 2021 che registrano un aumento di oltre il 10% rispetto all’anno precedente e l’uso improprio delle manette è costato allo Stato quasi venticinque milioni di euro; in tutto ciò, la giustizia del C.S.M. si segnala per avere “assolto” tutti, non uno escluso, i magistrati sottoposti a procedimento disciplinare per abuso del potere cautelare e la responsabilità di quei milioni costati allo Stato non grava, dunque, in capo a nessuno.

Del resto, lo disse Enzo Tortora – che qualcosa ne sapeva – con una efficace esemplificazione: “In Italia solo tre categorie di persone non rispondono dei loro crimini: i bambini, i pazzi e i magistrati”.

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