In attesa di Giustizia: il conte Attilio
Sapete da cosa si capisce se, in un incidente stradale, è rimasto vittima un cane oppure un avvocato? Nel caso dell’avvocato non ci sono tracce di frenata…è una delle freddure da cui si ricava – paradigmaticamente – l’impopolarità di questa categoria di professionisti sebbene la funzione dell’avvocato abbia un riconoscimento nella Costituzione laddove, all’art. 24 reca che la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento, con ciò intendendosi qualsiasi genere di giudizio: civile, amministrativo, contabile, tributario piuttosto che penale.
Ma tant’è: gli avvocati sembrano non godere di grandi simpatie, soprattutto negli ultimi tempi: si è levata per prima la voce del SINAPPE, che è il Sindacato di categoria della Polizia Penitenziaria, scagliatosi con un comunicato in cui si lamentano alcune recenti modifiche dell’Ordinamento Penitenziario che, tra l’altro, conterrebbero “un regalo agli avvocati finanziato dai cittadini col gratuito patrocinio” lamentando in particolare la facoltà data ai carcerati di richiedere un risarcimento per le inaccettabili condizioni detentive (stigmatizzate, peraltro, dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo) che sarebbe il frutto normativo avvelenato di un Parlamento in cui è massiccia la presenza dell’avvocatura, regista occulta di simili manovre volte a far proliferare l’attività della categoria remunerata, spesso e benevolmente, dal patrocinio concesso dallo Stato. Insomma, un lobbismo da cialtroni che agevola degli accattoni.
Ma non basta e c’è di peggio: monta, infatti, la polemica – anche interna, a livello di compagine governativa – in merito alla proposta di sospendere definitivamente il corso della prescrizione dei reati dopo il giudizio di primo grado e, a tacere delle criticità anche di ordine costituzionale (magari ci ritorneremo in dettaglio con un prossimo articolo) che conseguirebbero ad un siffatto intervento, gli epigoni della riforma non hanno perso l’occasione per parlare a sproposito e per di più offendendo l’Avvocatura.
Infatti un Senatore M5S, tale Urraro, ha affermato che la riforma porterà ad un abbreviamento dei processi perché gli imputati non avranno più interesse ad allungarne i tempi per arrivare alla prescrizione.
Gli ha fatto eco e dato supporto il Guardasigilli Bonafede condividendone il pensiero ed aggiungendo che in questo modo si porrebbe finalmente un freno agli espedienti che – secondo lui – gli avvocati azzeccagarbugli metterebbero in campo per conseguire il traguardo della impunità per i loro assistiti.
Urraro e Bonafede sono avvocati, così almeno risulta dalla biografia di entrambi, e dovrebbero ben sapere due cose entrambi e tre il Ministro: che la percentuale in assoluto preponderante di reati estinti per prescrizione si registra nella fase delle indagini preliminari, cioè quando il dominus assoluto del processo è il Pubblico Ministero; quest’ultimo – oberato di fascicoli – spesso opta per trascurarne alcuni a vantaggio di altri aventi maggiore priorità e lasciando così prescrivere reati peraltro bagatellari.
Dovrebbero, poi, sapere che qualsiasi allungamento del processo causato dal difensore o dall’imputato genera già adesso per legge la sospensione della prescrizione e – quindi – questi espedienti quasi truffaldini cui hanno fatto riferimento sono del tutto inutili a determinare l’estinzione del reato per decorso del tempo.
Il Ministro, poi, spingendosi a definire gli avvocati azzeccagarbugli dovrebbe sapere – essendo lui stesso avvocato – che una simile aggettivazione, oltre che ingiustificata, è diffamatoria e dunque integra un reato.
Bonafede, criticatissimo da più parti per questa infelice uscita, si è poi scusato, ha spiegato che non voleva offendere e che la sua frase è stata equivocata.
Sarà: all’apparenza – se la lingua italiana ha ancora un senso – spazio agli equivoci non se ne ravvedono e dopo queste infelici espressioni aggiunte agli impropri argomenti di sostegno alla proposta di legge viene piuttosto da pensare a quel Conte Attilio dei Promessi Sposi che, spavaldo ed arrogante altrove, alla tavola di Don Rodrigo esprimeva tutta la sua subalternità di fronte proprio ad Azzeccagarbugli.