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In attesa di Giustizia: le peggiori della settimana

E’ difficile fare una graduatoria non meno che elencarle tutte, i lettori dovranno accontentarsi di una selezione.

Abbiamo dovuto vedere le immagini di Ilaria Salis trascinata in catene come Amatore Sciesa e scortata da sicofanti in tuta mimetica e mefisto calato sul volto per avere un saggio sulla giustizia e le carceri ungheresi, perché iniziasse a scoperchiarsi un vaso di Pandora circa favoleggiate “tradizioni comuni e condivise” su cui si fondano istituti, sempre più numerosi, di cooperazione presupponendo il mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie in ambito UE: quello magiaro non è  certamente l’unico esempio, seguito a ruota da quello rumeno e chissà quanti ancora soprattutto tra i Paesi già appartenenti al Patto di Varsavia. Spiace dirlo proprio su queste pagine ma l’Europa sta dimostrandosi sempre più un’entità solo geografica e monetaria.

Eppure non si tratta di novità se la Procura Generale di Milano – neanche a dirlo in persona del Consigliere Cuno Tarfusser – aveva espresso, già da tempo, parere negativo alla consegna all’Ungheria – in seguito alla emissione di un mandato di arresto europeo – proprio del coimputato di Ilaria Salis evidenziando la mancanza di garanzie di quel sistema e le condizioni detentive degne della Turchia di “Fuga di Mezzanotte”.

A proposito di Procure Generali: quella di Brescia ha chiesto la conferma della condanna di Piercamillo Davigo affermando che “Davigo ha trasformato documenti riservati nel segreto di Pulcinella”: il parere non è vincolante e deciderà liberamente la Corte d’Appello ma il pronostico non sembra favorevole e probabilmente genera ansie nella redazione del Fatto Quotidiano dove, all’improvviso, hanno scoperto che esiste la presunzione di innocenza, tanto è vero che Travaglio si sta sperticando nella difesa di un imputato; il che è cosa buona e giusta anche se suona vagamente sospetta la circostanza che tutto questo fervore garantista sia rivolto nei confronti del figlio del suo ’”azionista di riferimento”: Beppe Grillo.

Naturalmente Ciro Grillo deve essere considerato – come tutti – presunto innocente fino a sentenza definitiva ed ha diritto ad un giusto processo come vuole la nostra Costituzione…un processo che però, nel suo caso e come prevede la legge, si sta celebrando a porte chiuse per la delicatezza degli argomenti, tutelando il diritto alla riservatezza tanto della denunciante quanto degli accusati.

La regola generale vuole che ai processi vi sia la partecipazione del pubblico con la finalità di consentire il controllo sull’andamento della giurisdizione da parte dei cittadini nel cui nome vengono pronunciate le sentenze. Viene allora da domandarsi: se questa pubblicità è legittimamente esclusa perché (e, soprattutto, come) la si aggira, commettendo, tra l’altro, un reato (anche se non viene mai contestato), divulgando poi a mezzo stampa i verbali corrispondenti alle udienze non pubbliche? Nello specifico, il riferimento è ancora una volta al Fatto Quotidiano ed alla vicenda per violenza sessuale di gruppo che vede coinvolto Grillo jr. e i suoi amici, in particolare, sembra che l’interesse sia stato improvvisamente rivolto all’interrogatorio della ragazza, presunta vittima senza risparmiarne neppure un passaggio tra quelli che contengono le vivaci contestazioni delle difese e che, al di fuori di un’aula di Tribunale, possono ascriversi più al gossip ginecologico che ad un settore della informazione e della cronaca giudiziaria.

Gran finale riservato al recentissimo flop che arricchisce lo score imbarazzante del Pool Corruzione Internazionale – ora soppresso dal Procuratore Capo – che fu creato a suo tempo da quel Fabio De Pasquale, che (a sua volta presunto innocente) è sotto processo per avere, nella nota indagine ENI-Nigeria, occultato prove a favore degli imputati, poi tutti assolti: sentenza contro la quale si è pure ingegnato di fare appello finendo letteralmente sbeffeggiato dalla Procura Generale.

Questa volta, il 30 gennaio, sono stati tutti assolti gli accusati in un processo per supposte tangenti pagate da un’azienda tedesca per l’appalto di lavori nella metropolitana di Mosca. Cosa importasse alla Procura milanese di tutto ciò non era chiarissimo fin dall’inizio ma, con buona pace del “filtro” da sempre malfunzionante dell’udienza preliminare, sono finiti a giudizio manager finlandesi, tedeschi, russi ed anche qualche italiano: questi ultimi per avere emesso… delle fatture che apparivano da subito regolari, inerenti a forniture di materiali.

Il fatto non sussiste, è la formula tranciante adottata dal Tribunale che chiude dopo nove anni questa vicenda e suona come dire: perdonate loro (i Pubblici Ministeri) che non sanno quello che fanno, convinti tuttavia di essere investiti di una missione salvifica, meritevole persino di essere esportata…anche senza licenza; un po’ come quella volta che, qualcuno lo ricorderà, c’era stato chi voleva arrestare Yasser Arafat per atti di terrorismo mentre partecipava ai funerali di Pertini.

In attesa di giustizia, ungheresi e rumeni paiono essere in ottima compagnia.

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