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In attesa di Giustizia: …non solo a Berlino…

Ha fatto notizia, come nel caso immaginario dell’uomo che morde il cane, il G.I.P. che, richiesto di emettere una ordinanza cautelare per 153 indagati, ritenendo che mancassero i presupposti, ha disposto la cattura solo per 11 di questi…e tutto ciò è accaduto a Milano, la capitale della Repubblica delle Procure: non solo a Berlino, quindi, c’è un giudice.

Gli indignati in servizio permanente effettivo, peraltro, hanno subitaneamente rivolto giacobine esecrazioni contro chi ha osato falsificare così massicciamente il dogma dell’infallibilità del Pubblico Ministero e, con sacrilega indisponenza, si è sottratto alla tradizione del “copia e incolla” di una richiesta della Procura.

Nel lodevole tentativo di sedare le polemiche è intervenuto il Primo Presidente del Tribunale difendendo l’operato del G.I.P., Tommaso Perna, sostenendo che “la terzietà ed il controllo del Giudice non sono una patologia”, un’affermazione impeccabile seppur degna di Jacques de Chabannes, noto come Monsieur De la Palice, se non fosse che – all’evidenza – in questo Paese sembra doversi darsi per scontato l’esatto contrario.

La decisione si ritiene errata? Esistono gli strumenti per criticarla processualmente ed, infatti, il P.M. ha già redatto un ricorso di un migliaio di pagine destinato al Tribunale del Riesame…ma non prima di avere offerto il suo contributo ad infiammare la diatriba.

Per molto meno il solerte C.S.M., anche in tempi recenti, ha aperto pratiche a tutela dei magistrati. In questo caso, invece, tace: forse perché difendendo il giudicante il sottinteso sarebbe un addebito al P.M. per averlo ingiustamente esposto alla critica dell’opinione pubblica? Forse perché tra la magistratura requirente e giudicante, che fisiologicamente può negare catture e condanne, si preferisce la prima e – comunque – quella che “tutto quanto fa spettacolo”?… con la sigla finale affidata al tintinnio delle manette in luogo del pianoforte di Keith Emerson come in “Odeon”, su RAI 2 a metà anni ’70.

Nel tormentoso compito di decidere della libertà o del destino di un altro uomo, non di un asettico nome scritto su un fascicolo, è ben possibile che si sbagli ma, purchè l’errore non sia grossolano (e purtroppo questa rubrica ne registra sistematicamente) è nell’ordine delle cose che un magistrato possa prendere un abbaglio: per questo esistono gli appelli ma restando fuori da ogni polemica tenendosi conto che non esiste una sola ed univoca risposta a fronte dei dilemmi umani: leggere lo straordinario thriller filosofico di Ian Pears “La quarta verità”, il cui titolo è emblematico, potrebbe meglio far comprendere il senso di queste considerazioni.

E, valga per i non addetti ai lavori, non c’è nulla di più arduo dell’impegno del giudice cui viene chiesto di disporre arresti demandatogli un doppio pronostico: il primo sulla gravità degli indizi nell’ottica probabilistica di una condanna in seguito a contraddittorio ed al confronto con le prove a discolpa in un futuro dibattimento ed il secondo sul pericolo che un indagato – se lasciato libero – commetta altri reati.

L’uomo tuttavia, la storia lo dimostra, non è molto bravo a fare previsioni: basti pensare che Einstein sostenne che non ci sarebbe mai stata possibilità di produrre energia atomica e che Thomas Watson (chi sarà mai? Era il Presidente dell’IBM) nel 1943 predisse che in futuro solo una manciata di persone sarebbe stata interessata ad acquistare un computer, per non parlare di Steven Ballmer (e questo? Era l’Amministratore delegato di Microsoft) che, più di recente nel 2007, profetizzò autorevolmente che non vi era alcuna possibilità che l’ I-Phone conquistasse una significativa quota di mercato.

Fatto sta che un altro signore non molto conosciuto, Philip Tetlock Docente a Berkeley, analizzando un campione significativo di migliaia di pronostici formulati negli anni da centinaia di esperti in diversi campi, ha concluso che la precisione di tali pronostici sarebbe rimasta la stessa se a generarli fosse stato un computer in maniera casuale.

Sbaglia, dunque, il Dottor Perna sol perché dimostra autonomia di pensiero rispetto al P.M.? Sbaglia perché usa grande scrupolo nel decidere della vita di altri essere umani?  Alla stregua di ciò cui si assiste una volta di più vi è da temere che la cultura di cui sono intrise ampie fasce dell’opinione pubblica e lo stesso Ordine Giudiziario sia quella, poliziesca, del “non ci sono innocenti ma solo colpevoli che la fanno franca” di davighiana ispirazione. Parrebbe che quasi nessuno – in questo come in altri simili occorsi – si sia posto la domanda se fallibile non sia stato, invece, proprio l’organo investigativo. Sbaglia invece, sempre e comunque, chiunque associ la figura del magistrato ad una missione dedicata alla sconfitta del male dei torti e delle iniquità, dimenticando che, quando vi sono, simili missionari condividono con gli imbecilli il primato del maggior numero dei danni prodotti.

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