In attesa di Giustizia: occhio ai guardoni
Una recente decisione della Cassazione merita di essere commentata sia perché ha suscitato un certo clamore ed è interessante non solo per gli studiosi del diritto ma anche per il motivo che può offrire spunti di riflessione non disgiunti – per una volta – da un sorriso affrontando un tema delicato ed attuale come la tutela della privacy in un contesto singolare un po’ piccante e più leggero di altri argomenti che qui vengono trattati.
Questo il fatto: l’imputato venne denunciato, rinviato a giudizio ed inizialmente condannato per il reato di interferenze illecite nella vita privata per avere filmato attraverso le finestre una avvenente dirimpettaia mentre, inguda, usciva dalla doccia…certamente non il comportamento di un gentiluomo di altri tempi ma che per la Suprema Corte, che ha annullato la condanna, non integra illecito penale.
La decisione, in tempi di preteso rigoroso rispetto della riservatezza può sembrare incomprensibile e invece ha un fondamento giuridico che la Cassazione ha illustrato con chiarezza di argomenti.
Per comprendere al meglio deve farsi una premessa: la donna di cui sono state carpite le immagini non si era curata, o era dimentica del fatto, che le finestre del suo appartamento (prospicente a breve distanza da altro immobile) erano sprovviste di tende, imposte, persiane o tapparelle ovvero che le stesse non erano azionate in guisa da impedire la visibilità di quanto avveniva all’interno. Dunque, via libera al voyeur di turno che non si è perso l’occasione per documentare l’imprevista ed apprezzata visione.
Ciò che non sappiamo, la sentenza della Cassazione tratta solo i profili di diritto e non quelli di fatto – se non in termini estremamente riassuntivi – dei ricorsi portati alla sua attenzione, è come la vittima di tali non apprezzate attenzioni se ne sia accorta: ma si tratta di una mera curiosità la cui soddisfazione non è rilevante per comprendere la decisione.
La Corte è partita dal presupposto che il reato che era stato denunciato, punisce chiunque mediante l’uso di strumenti di ripresa visiva o sonora si procuri notizie o immagini attinenti alla vita privata svolgentesi nei luoghi di abitazione o nelle loro pertinenze a condizione che questa condotta sia realizzata indebitamente, come suggerisce l’aggettivo “illecita” usato nel titolo dell’articolo del codice.
Ciò significa che quanto osservato o ascoltato liberamente da estranei, cioè senza ricorrere a particolari accorgimenti, possa anche essere registrato o filmato ed il reato non si configura; sostanzialmente è la conseguenza di una rinuncia di fatto alla riservatezza da parte di chi è titolare del corrispondente diritto.
Per trarre una conclusione: la tutela del privato domicilio e quanto all’interno vi accade è limitata a ciò che si verifica al suo interno in condizioni tali da renderlo tendenzialmente non percepibile a terzi.
Sbirciare e origliare cosa fanno i vicini di casa continua – dunque – ad essere una forma di maleducazione ma non un crimine a condizione che ciò avvenga con implicito assenso, mentre, per esempio, dotarsi di un drone (le nuove tecnologie possono indurre straordinarie tentazioni) per restare comodamente sotto l’ombrellone e lustrarsi gli occhi con il topless delle signore che prendono il sole su un barchino lontano dalla riva del mare è un reato che la legge punisce fino a quattro anni di reclusione e la Giustizia da noi è lenta ma quando arriva anche una occhiatina di troppo può costare molto cara.
Manuel Sarno