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In attesa di Giustizia: quando la giustizia è stupefacente

Continua a tener banco la querelle sui test psico attitudinali per i magistrati e quel buontempone di Nicola Gratteri, Procuratore della Repubblica di Napoli, si è detto favorevole a condizione che vengano introdotti anche per altre categorie “a rischio” tra qui – neanche a dirlo – i politici e con l’aggiunta di alcol e narco test.

La storia che stiamo per raccontarvi gli dà (in un certo senso) ragione e anche a chi, come chi scrive, sostiene che i test dovrebbero essere periodici e non solo somministrati al momento di entrare in servizio dopo il superamento del concorso. Accade in Calabria, proprio la terra in cui Gratteri è nato ed ha esercitato le funzioni per la quasi interezza della sua carriera, che un giudice sia stato appena riammesso in ruolo dopo una sospensione di un anno  seguita ad un certificato abuso di droga, cocaina ed anfetamine…e non era il primo provvedimento disciplinare inflitto a costui che, dal 2003 (sì, ventuno anni!) quando, ubriaco alla guida, ha anche percosso un passante: più volte segnalato per avere guidato in stato di ubriachezza e, per non farsi mancare nulla, di violenza e minacce nei confronti di appartenenti alle Forze dell’Ordine.

Non vogliamo né possiamo giudicare: la evidente fragilità di quest’uomo, i problemi personali irrisolti che lo hanno condotto nel baratro delle dipendenze suggeriscono quella pietas di romana memoria…però è sconcertante che, a fronte di fenomeni di recidiva, gli sia stato consentito di proseguire nel suo delicatissimo ministero amministrando giustizia sotto i postumi di una sbornia o di qualche altra sostanza.

I motivi di una deriva possono essere molteplici e la vita, poi, può essere crudele: solo per fare un esempio estremo torna alla memoria il caso di un grande giudice e giurista milanese che, alla fine degli anni ’70, andandola a trovare, trovò il cadavere fatto a pezzi a colpi di scure della anziana madre; il delitto rimase irrisolto, e divenne un alcolizzato: la umana comprensione non si discute, non fu destituito ma assegnato ad un ruolo (in collegio con altri due) nel quale non poteva nuocere ma, anzi, portare la sua esperienza e competenza che continuavano ad affiorare nei momenti di lucidità non infrequenti.

Ed allora, Procuratore Gratteri, suvvia Presidente dell’ANM, è più responsabile riconoscere che i magistrati non sono superuomini e soffrono delle medesime debolezze e patologie di tutti, soprattutto di tutti coloro che devono giudicare; fu Davigo, negli anni ’90, a sostenere che i giudici sono il meglio della società ed i pubblici ministeri il meglio del meglio del meglio: infatti si è vista la fine che ha fatto.

Per par condicio è giusto riferire che il Consiglio di Disciplina di Bologna ha di recente sospeso dalla professione un’avvocata che remunerava le sue praticanti (forse bisognerebbe definirle “aspiranti”) con generose righe di cocaina e questo accadimento consente di stagliare la differenza con il destino analogo di un magistrato: per un avvocato una lunga sospensione comporta non solo perdita di avviamento ma anche prestigio ed affidabilità pur senza sapere le ragioni del provvedimento perchè la selezione la fa il “mercato”, un politico è sottoposto al giudizio degli elettori mentre un magistrato è sostanzialmente inamovibile grazie, in buona misura, alla tradizionale indulgenza della Sezione Disciplinare del C.S.M..

In questo quadro desolante, nei giorni di Pasqua, la splendida preghiera del penalista scritta dall’Avvocato Francesco Maisano di Bologna può aiutare ad alimentare la speranza in quella giustizia cui i difensori offrono un contributo essenziale:

O Signore, Tu che hai detto “Beati i perseguitati a causa della giustizia” fai che io possa assolvere con spirito di fratellanza e carità il compito di difendere chi si affida a me; fai che sia, per chi mi cerca nel bisogno, quel che il Cireneo fu per te lungo la via dolorosa. Assistimi quando prenderò le ragioni di chi spera e lascia che io stesso speri in te quando la tua amorosa difesa mi salverà dal male.

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