Armi

  • Le armi riavvicinano Ue e Uk, Londra pronta a spedire soldati in Ucraina

    Mentre medita di mandare i suoi soldati in Ucraina, Londra potrebbe essere cooptata dalla Ue nei suoi programmi industriali di difesa.

    La “turbolenza globale innescata dal presidente statunitense, Donald Trump, sta rafforzando la determinazione dell’Unione europea a firmare un patto di difesa e sicurezza strategico con il Regno Unito, che consentirebbe alle aziende britanniche del settore bellico di partecipare agli appalti congiunti europei”, ha scritto il quotidiano “Financial Times”, riferendo che “le minacce di Trump di non difendere gli alleati della Nato e i suoi ammiccamenti alla Russia hanno spinto i Paesi europei a riarmarsi collettivamente, ad aumentare la spesa militare e a discutere su come unire le capacità per proteggere al meglio l’Ucraina in caso di un accordo di pace mediato dagli Stati Uniti”. “Sulla difesa, i britannici sono praticamente tornati sotto il nostro tetto”, ha dichiarato un diplomatico Ue al quotidiano, aggiungendo: “Ora serve solo questo accordo per formalizzarlo”.

    Secondo il “Financial Times” il patto sarebbe anche condizione necessaria per l’inclusione del Regno Unito nel programma da 150 miliardi di euro destinato agli acquisti congiunti di armi strategiche e consentirebbe alle aziende britanniche del settore, molte delle quali già strettamente legate ai partner industriali di Italia, Germania, Svezia e altri Stati Ue, di partecipare pienamente. Nonostante le tensioni con la Francia sul tema pesca, Bruxelles e Londra sono spinte dalla necessità di una cooperazione rafforzata contro le minacce globali. Secondo fonti diplomatiche del quotidiano, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa sosterrebbero entrambi un rafforzamento della cooperazione con il Regno Unito.

    Nel frattempo il Regno Unito sta valutando la possibilità di schierare truppe in Ucraina per un periodo di cinque anni. Secondo quanto rivelano alcune fonti del quotidiano “The Telegraph”, l’obiettivo sarebbe addestrare e ricostruire le Forze armate ucraine per prevenire una futura aggressione da parte della Russia. Il piano, discusso con Francia e altri alleati nell’ambito della “Coalizione dei volenterosi”, prevede una forza a guida europea incaricata inizialmente di garantire il rispetto di un eventuale accordo di pace e dare sollievo alle forze ucraine. Secondo fonti del quotidiano, i delegati militari francesi ritengono altamente improbabile che il presidente russo Vladimir Putin possa autorizzare un nuovo attacco in presenza di truppe occidentali in Ucraina, considerando che le sue forze attualmente riescono a conquistare solo piccole porzioni di territorio.

    Il piano, secondo le fonti del “Telegraph”, prevede inoltre che la “forza di rassicurazione” a guida franco-britannica possa contribuire a proteggere i cieli e i mari dell’Ucraina. Tuttavia, l’obiettivo principale del dispiegamento sarebbe iniziare immediatamente l’addestramento e la ricostruzione delle Forze armate ucraine, per scoraggiare qualsiasi futura aggressione russa. Il ritiro avverrebbe poi in diverse fasi, con le ultime truppe che dovrebbero lasciare l’Ucraina entro circa cinque anni. Secondo i servizi d’intelligence britannico, danese e tedesco, la Russia potrebbe essere pronta a dare il via a una nuova aggressione già entro cinque anni qualora venisse siglato entro breve un accordo di pace.

    Gli armamenti inviati dalla Germania alle Forze armate ucraine – in particolare il sistema di difesa aerea Iris-T e i carri armati da combattimento – “non sarebbero del tutto adatti alla guerra”. E’ quanto riferiscono alcuni media tedeschi che citano un rapporto interno trasmesso alle Forze armate tedesche (Bundeswehr) redatto dal vice addetto militare dell’ambasciata tedesca a Kiev. “Quasi nessun pezzo dell’equipaggiamento tedesco di grandi dimensioni è completamente adatto alla guerra”, avrebbe dichiarato l’addetto militare. Secondo il rapporto, ad esempio, “il Leopard 1A5 è affidabile”, ma “a causa della sua debole corazza, viene spesso utilizzato solo come mezzo d’artiglieria improvvisato”.

  • Trump dopo aver tolto all’Ucraina l’aiuto dell’intelligence ha sulla coscienza i morti

    Ora all’Europa ed ai cittadini di tutto il mondo dovrebbe essere chiaro, dopo quanto accaduto in questi giorni, che  i morti ucraini ed i feriti delle ultime ore sono da imputarsi a Trump che ha tolto all’Ucraina quell’ombrello di intelligence che l’aiutava a prevenire e intercettare gli attacchi assassini di Putin.

    Trump può ascrivere ai primi giorni del suo nuovo mandato una serie di assassini programmati.

    L’Ucraina è diventata la cavia del nuovo assetto globale che i tre dittatori, Trump, Putin e Xi Jinping vogliono realizzare.

    Se Putin ha riportato indietro la storia di cinquanta anni, spingendo popoli pacifici, per timore della propria incolumità, a pensare di tornare indietro dai trattati che mettevano al bando le mine anti uomo e le bombe a grappolo, cosa dobbiamo dire di Trump,  presidente di quella che si vantava di essere la più grande democrazia al mondo, che scientemente condanna a morte inermi civili ucraini per raggiungere il suo obiettivo affaristico?

    Guardiamo i fatti come sono, ciascuno può avere l’ardire di fornire la sua verità ma la realtà è inconfutabile anche se la politica spesso ha la memoria troppo corta, e troppi sporchi interessi da difendere, per ricordarsene.

    L’Ucraina è stata attaccata tre anni fa, l’intento di Putin era di ucciderne  il presidente e di dare vita ad un governo fantoccio per annettersi di fatto tutto il paese con una dirigenza politica a lui asservita.

    Gli ucraini hanno coraggiosamente reagito, il presidente Zelensky non è scappato ed è rimasto alla guida del suo popolo.

    Ci sono state stragi di ogni tipo da parte dell’esercito russo, della Wagner e del bieco ceceno, rasi al suolo villaggi, rapiti centinaia di bambini, colpiti ospedali, palazzi civili, centrali energetiche per rendere sempre  più impossibili le condizioni dei civili.

    Il diritto internazionale è andato, come si suol dire, a farsi fottere perché nessuno aveva la capacità di imporlo mentre la Russia, aggressore di uno stato sovrano, continuava e continua imperterrita ad avere il potere di veto alle Nazioni Unite.

    Gli alleati dell’Ucraina hanno dato tangibilmente la loro solidarietà ma troppo spesso le armi e gli aiuti promessi sono arrivati in ritardo, troppo in ritardo per la resistenza sul campo.

    Putin ha dato l’avvio a nuovi reclutamenti, salvando i figli degli oligarchi e prendendo le nuove reclute dalle regioni più povere e lontane dalla capitale, ha aperto le carceri a malfattori e assassini arruolandoli, ha usato milizie private come la Wagner, fino a che ha fatto assassinare anche il suo capo per controllarle meglio e impossessarsi delle ricchezze accumulate da Prigozin, ha stretto alleanza con uno degli uomini più folli e sanguinari, Kim Jong-un, facendo arrivare al fronte i soldati della Corea del Nord.

    Ora Putin chiede a Zelensky di essere disponibile alla pace ed il presidente ucraino dice di sì ma che vuole garanzie per il futuro, infatti le garanzie che erano state date quando l’Ucraina, alla fine della guerra fredda, aveva ceduto il suo arsenale militare nucleare non sono servite a nulla.

    La risposta di Trump è stata di togliere gli armamenti già promessi e l’aiuto dell’intelligence con il quale l’Ucraina riusciva a debellare una parte degli attacchi russi che massacrano i civili.

    Cosa dobbiamo dire di più? Avere Trump come alleato è un pericolo, è inaffidabile probabilmente per i suoi problemi caratteriali, dice e smentisce anche se stesso.

    Cosa dire di fronte a personaggi come Orban e Salvini felici di essere vassalli di qualcuno più forte, e che scambiano la giustizia con un loro possibile tornaconto? Purtroppo non sono i soli ma quelli come loro sono soltanto un piccolo incidente della cronaca.

    Il tempo però stringe, l’Europa sta cominciando a svegliarsi ma è troppo lenta, non c’è più tempo per i nazionalismi ottusi, la patria si difende insieme alle altre patrie dando vita ad un’Europa che ci rappresenti tutti sul piano politico, militare e culturale e bisogna fare presto e bene.

  • How pausing US intelligence impacts Ukraine’s military operation

    The precise significance of US intelligence to Ukraine’s war effort has, for obvious reasons, never been spelled out in detail.

    But most analysts agree that it performs two important functions: helping Ukraine to plan offensive operations against Russian forces, and giving Kyiv vital advance warning of threats posed by incoming Russian drones and missiles.

    Satellite information and signal intercepts give Ukrainian forces on the frontline a sense of where Russian forces are, their movements and likely intentions.

    Without US intelligence, Ukraine will not be able to make such effective use of long-range Western weaponry, like the US-made Himars launchers or Stormshadow missiles supplied by Britain and France.

    Aside from military applications, the steady flow of real-time information provided by Washington has also given Ukraine’s military, critical national infrastructure and civilian population valuable advance information on incoming threats.

    Ukraine’s air raid sirens and mobile phone alerts are all informed, to a greater or lesser extent, by the early warning data provided by US satellites, which can detect aircraft and missile launches deep inside Russian territory.

    Any prolonged interruption in the supply of US intelligence could have a catastrophic impact on Ukraine’s ability to defend itself, particularly as the Trump administration has already decided to suspend vital military assistance.

    A few months ago, Ukraine was hoping that the supply of additional air defences -especially the US-made Patriot missile defence system – would enable it to extend protection to a greater number of potential targets, including cities and power stations across the country.

    But now Ukraine’s supply of Patriot missiles is running out. The latest European pledges to provide short- and medium-range systems will help to counter some threats, but not against Russia’s most dangerous hypersonic ballistic missiles.

    It’s clear that the US is using the withholding of military assistance and intelligence as another – blunt – diplomatic lever.

    The US national security adviser, Mike Waltz, said military assistance to Ukraine could resume if Ukraine agrees to participate in US-led diplomatic efforts.

    “I think if we can nail down these negotiations and move towards these negotiations… then the president will take a hard look at lifting this pause,” he told Fox News.

    The director of the CIA, John Ratcliffe, told Fox Business the pause “will go away”.

    But it’s clear what the White House wants from Ukraine’s President Volodymyr Zelensky in return.

  • Dieci ispezioni della Ue su navi a gennaio per contrastare il traffico d’armi verso la Libia

    Nel mese di gennaio 2025, l’operazione EuNavFor Med – “Irini”, la missione aeronavale dell’Unione europea incaricata di applicare l’embargo Onu sulle armi in Libia, ha svolto dieci ispezioni a bordo con il consenso dei comandanti (contro le quattro di dicembre per un totale di 702 cosiddetti “approcci amichevoli” da inizio mandato) e indagate 381 navi mercantili tramite chiamate radio (a ottobre erano 501, per un totale di 17.142). L’operazione ha inoltre monitorato 52 voli sospetti (a dicembre erano 44, 1.750 in totale) e ha continuato a vigilare su 25 aeroporti e 16 porti e terminali petroliferi. Dal lancio della missione il 31 marzo 2020, EuNavFor Med–Irini, attualmente comandata dal contrammiraglio Valentino Rinaldi, ha sequestrato carichi violatori dell’embargo in tre occasioni, dirottando le navi verso porti dell’Unione europea. Irini ha prodotto 68 rapporti per il Panel di esperti delle Nazioni Unite sulla Libia, la maggior parte dei quali riguarda violazioni dell’embargo sulle armi e attività di contrabbando di petrolio. Attraverso la Cellula di informazione sulla criminalità, integrata nella missione, sono state emesse 92 raccomandazioni per ispezioni in porti europei (di cui una emessa a dicembre 2024), con 73 ispezioni effettivamente condotte dalle autorità competenti.

    Il Consiglio Ue dovrebbe disporre nelle prossime settimane il rinnovo della missione, in scadenza il 31 marzo 2025. Dopo la prima Conferenza di Berlino, il Consiglio dell’Unione europea ha deciso di lanciare, il 31 marzo 2020, l’operazione militare denominata EuNavFor Med–Irini, principalmente marittima e incentrata sull’attuazione dell’embargo delle Nazioni Unite sulle armi alla Libia. Irini fa parte dell’approccio integrato europeo alla Libia che prevede sforzi politici, militari, economici e umanitari per portare stabilità e sicurezza nel Paese. I compiti dell’operazione sono: contrastare il traffico illegale di armi, sostenendo l’attuazione dell’embargo sulle armi nei confronti della Libia sulla base delle pertinenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (compito principale); raccogliere informazioni sul contrabbando di petrolio, in particolare per le sue conseguenze sull’economia libica e il suo possibile utilizzo per finanziare il mercato delle armi; contribuire all’interruzione del modello commerciale del traffico di migranti raccogliendo informazioni con mezzi aerei e condividendole con Frontex e le autorità nazionali competenti; sostenere lo sviluppo della capacità di ricerca e soccorso delle pertinenti istituzioni libiche attraverso la formazione. In particolare, quest’ultima attività non è stata ancora attuata.

    Lo scorso mese di gennaio 2025, il Consiglio di sicurezza ha aggiornato il regime di sanzioni sulla Libia, esentando alcune attività dall’embargo sulle armi. In particolare, il Consiglio ha deciso che il suddetto embargo sulle armi non si applicherà a nessuna assistenza tecnica o formazione fornita dagli Stati membri alle forze di sicurezza libiche, intesa esclusivamente a promuovere il processo di riunificazione delle istituzioni militari e di sicurezza libiche. Inoltre, il Palazzo di vetro ha affermato che tale embargo sulle armi non deve essere applicato ad aeromobili militari o navi militari temporaneamente introdotti nel territorio libico esclusivamente per consegnare articoli o facilitare attività altrimenti esentate o non coperte dall’embargo.

  • Pyongyang medita di far saltare le strade verso la Corea del Sud

    La Corea del Nord ha posto le forze militari schierate al confine con la Corea del Sud in stato di massima allerta, dopo aver accusato Seul di aver inviato droni sui cieli di Pyongyang. Lo stato maggiore dell’esercito nordcoreano ha ordinato ai reparti di artiglieria al confine di “prepararsi ad aprire il fuoco” nell’eventualità di nuove violazioni dello spazio aereo nazionale, secondo quanto riferito ieri dall’agenzia d’informazione ufficiale del Nord, “Korean Central News Agency” (“Kcna”). Pyongyang, che accusa la Corea del Sud di “provocazioni belliche”, sostiene che Seul abbia inviato droni sui cieli di Pyongyang per tre volte dall’inizio di ottobre, e che questi ultimi abbiano sganciato sulla capitale nordcoreana volantini di denuncia del governo guidato da Kim Jong-un. Lo stato maggiore congiunto delle Forze armate sudcoreane ha affermato in una nota di essere a conoscenza delle attività militari nordcoreane oltreconfine, e di essere pronto a rispondere a qualunque provocazione.

    Le Forze armate della Corea del Nord hanno annunciato la scorsa settimana ulteriori lavori di fortificazione del confine tra le due Coree, e l’interruzione fisica di tutti i collegamenti stradali e ferroviari transfrontalieri tra i due Paesi, già in disuso a causa delle tensioni in atto nella Penisola coreana. L’annuncio, rilanciato dall’agenzia di stampa ufficiale “Korean Central News Agency” (“Kcna”), presenta le misure come una risposta alle esercitazioni militari congiunte intraprese da Corea del Sud e Stati Uniti in prossimità del confine, e alla decisione degli Usa di schierare “assetti nucleari strategici” nella Penisola coreana. Nella nota dello Stato maggiore dell’Armata del popolo coreano in cui si annuncia il taglio totale delle vie di collegamento tra i due Paesi, le forze armate affermano che le misure hanno carattere esclusivamente difensivo, e accusano la Corea del Sud di aver causato “una situazione critica nella quale il rischio di innescare un conflitto è in continuo aumento”.

    Il leader della Corea del Nord, Kim Jong-un, ha dichiarato nei giorni scorsi che il Paese accelererà ulteriormente gli sforzi tesi ad affermarsi come “superpotenza militare dotata di armi nucleari”, e ha ribadito che la dottrina di Pyongyang non esclude l’uso delle armi atomiche in caso di aggressione. Lo ha riferito ieri l’agenzia di stampa ufficiale “Korean Central News Agency” (“Kcna”), che ha rilanciato parti di un discorso tenuto dal leader nordcoreano presso l’Università nazionale della difesa a lui intitolata. Kim ha nominato espressamente il presidente della Corea del Sud, Yoon Suk Yeol, accusandolo di essere “in combutta con gli Stati Uniti per destabilizzare la regione”: “Yoon Suk Yeol ha pronunciato commenti privi di gusto e volgari in merito alla fine della Repubblica (Popolare Democratica di Corea, la Corea del Nord) in un suo recente discorso, e questo dimostra che è del tutto consumato dalla sua cieca fiducia nella forza dei suoi padroni”, ha dichiarato il leader nordcoreano riferendosi agli Stati Uniti.

    “Ad essere sinceri, non abbiamo assolutamente alcuna intenzione di attaccare la Corea del Sud”, ha aggiunto Kim. “Ogni qual volta ho enunciato la nostra posizione sull’uso della forza militare, mi sono espresso al condizionale: se i nemici proveranno ad usare la forza contro il nostro Paese, le Forze armate della Repubblica utilizzeranno tutta la forza offensiva (di cui dispongono) senza alcuna esitazione. Questo non preclude l’utilizzo di armi nucleari”, ha ribadito il leader della Corea del Nord, aggiungendo che “i nostri passi per affermarci come superpotenza militare e nucleare accelereranno”.

  • Notizie in breve per ricordare a chi dimentica

    Ogni giorno Mosca fa volare i suoi missili sulle centrali nucleari ed energetiche dell’Ucraina, il rischio di un disastro nucleare è sempre più reale e gli ucraini, nell’inverno, sono al gelo e senza luce, per Putin ogni mezzo è lecito per distruggere la popolazione che invece, insieme al proprio esercito, gli resiste dando prova di un attaccamento alla patria e di un coraggio degno di  ogni onore.

    Steven Seagal, l’ex popolare attore americano, ormai bolso e grasso e che ha preso la cittadinanza russa ha nuovamente dichiarato, dopo quanto già detto all’inizio della guerra di aggressione di Putin contro l’Ucraina, di essere pronto a morire per Putin, il suo presidente. Speriamo vada presto in Russia e che le tv italiane smettano di trasmettere i suoi vecchi e ridicoli film.

    Molte fonti confermano che soldati nord coreani stanno già combattendo contro l’Ucraina ed altre migliaia si stanno addestrando in Russia, lo zar macellaio continua ad usare gli esseri umani, russi o di qualunque nazionalità, come carne da cannone pur di tentare di sfiancare i coraggiosi soldati ucraini che, ad oltranza, difendono  la loro patria e la loro identità.

    L’India, secondo notizie statunitensi, sarebbe il secondo maggior fornitore della Russia per tecnologie soggette a restrizione, così anche l’India alimenta sempre più la macchina da guerra di Putin attraverso microchip e macchine utensili particolari, il primo paese a supportare Putin è la Cina, l’India contribuisce con circa un quinto della tecnologia sensibile che invia a Putin per la sua sciagurata guerra.

    Putin si è rifiutato di rispondere alla telefonata del cancelliere tedesco, la sua arroganza prima o poi dovrà pagare un prezzo.

    Ancora un delitto pesa su Putin: è morta, durante il trasferimento da un carcere all’altro, anche la giovane reporter ucraina catturata da Mosca nel 2023.

    Ancora una volta, fortunatamente, fallisce il test, sarebbe il quarto, per il super missile di Putin, l’area di lancio si è trasformata in un immenso cratere.

  • Sottomarino cinese fa un buco nell’acqua e a Taiwan arrivano i giapponesi

    Il primo sottomarino d’attacco a propulsione nucleare cinese di classe Zhou sarebbe affondato la scorsa primavera. Fonti anonime hanno detto al “Wall Street Journal” che l’incidente sarebbe avvenuto presso un cantiere navale vicino alla città di Wuhan, tra la fine di maggio e l’inizio di giugno. La Cina sta sviluppando la nuova classe di sottomarini a propulsione nucleare nel quadro di un importante programma militare per la modernizzazione e l’espansione della sua Marina. I funzionari statunitensi che hanno parlato al quotidiano non hanno saputo dire se il sottomarino avesse a bordo del combustibile nucleare quando è affondato. Una eventualità che esperti non legati al governo federale hanno però definito “probabile”. La produzione di sottomarini nucleari cinesi viene solitamente portata avanti presso la città di Huludao, nel nord-est del Paese, ma il governo avrebbe recentemente iniziato a spostare le attività relative ai sottomarini nucleari d’attacco ai cantieri navali Wuchang Shipyard, a Wuhan.

    Il sottomarino affondato, ha scritto il “Wall Street Journal”, è stato costruito dalla società China State Shipbuilding Corporation. Alcune immagini satellitari ottenute dal quotidiano mostrano il sottomarino ancorato a un molo lungo il Fiume Azzurro verso la fine di maggio. Altre immagini, risalenti all’inizio di giugno, mostrano gru galleggianti impegnate a recuperare il relitto dal fondo del fiume. “L’incidente rallenterà i piani della Cina per espandere la sua flotta di sottomarini nucleari: è significativo”, ha detto Brent Sadler, ex ufficiale della Marina Usa che ora lavora come analista alla Heritage Foundation.

    Non è affondato invece il cacciatorpediniere della Forza marittima di autodifesa del Giappone che, secondo quanto riferito dal quotidiano nipponico “Nikkei” citando fonti anonime della Difesa giapponese, ha navigato per la prima volta attraverso lo stretto di Taiwan. Il cacciatorpediniere Sazanami avrebbe navigato attraverso lo stretto assieme a navi delle marine militari di Australia e Nuova Zelanda, diretto verso sud dalle acque del Mar Cinese Meridionale: unità delle marine militari dei tre Paesi condurranno esercitazioni congiunte.

    Sempre in chiava di contenimento della Cina, i ministri della Difesa di Stati Uniti, Regno Unito e Australia si sono visti il 26 settembre a Londra nell’ambito dell’accordo trilaterale di sicurezza Aukus, Le discussioni in merito alle esportazioni sensibili senza licenza puntano a facilitare l’assemblaggio dei sottomarini in Australia, permettendo al Regno Unito di esportare componenti per sottomarini per un valore di miliardi di sterline, secondo il ministero della Difesa britannico. Il programma dei sottomarini Aukus impiegherà secondo le previsioni di Londra più di 21.000 persone nel Regno Unito, e genererà 7.000 nuovi posti di lavoro.

    “Come partner Aukus, restiamo uniti in un mondo sempre più instabile,” ha dichiarato in una nota il segretario alla Difesa britannico John Healey. “Questo è un partenariato che aumenterà i posti di lavoro, la crescita e la prosperità nei nostri tre Paesi, oltre a rafforzare la nostra sicurezza collettiva”. In questo ambito, le aziende britanniche Amiosec, Roke Manor Research e Autonomous Devices, così come l’Università di Liverpool, sono state selezionate dall’Agenzia per la difesa e la sicurezza del Regno Unito come beneficiarie di 2 milioni di sterline (2,67 milioni di dollari) di finanziamenti per sviluppare soluzioni di puntamento e protezione elettromagnetica. L’Australia punta a dotarsi di una flotta di sottomarini a propulsione nucleare operativa a partire dai primi anni del 2030, come parte del primo pilastro dell’accordo Aukus. I tre Paesi mirano anche ad avere una presenza a rotazione di sottomarini statunitensi e britannici in Australia occidentale già dal 2027. I tre Paesi hanno stabilito il partenariato di sicurezza nel settembre 2021 per rafforzare la sicurezza e la stabilità nell’Indo-Pacifico. Per celebrare il terzo anniversario dell’intesa, i tre Paesi hanno annunciato di aver avviato consultazioni con Canada, Nuova Zelanda e Corea del Sud per individuare aree di collaborazione nell’ambito del “secondo pilastro” dell’accordo, che si concentra sullo sviluppo di capacità tecnologiche avanzate per la difesa e sul rafforzamento dell’interoperabilità tra le rispettive forze armate.

  • Sostenere Kiev con tutto quello che occorre

    Se su Kiev arrivano i missili russi, è bene che a Kiev siano mandati i missili occidentali per colpire i depositi di armi in Russia.

    Come sempre, l’Europa e gli Stati Uniti si rimpallano la decisione sull’invio di armi a Kiev e sull’utilizzo di queste armi anche in territorio russo, al fine di poter minare l’avanzata delle truppe di Putin e la continua distruzione di abitazioni civili in Ucraina. Dall’altro canto Putin a metà settembre ha firmato un decreto per aumentare il numero dei militari, che ora arrivano a 1,5 milioni di unità. Intanto continuano gli attacchi alle centrali ucraine per infiacchire sempre più la popolazione, da tempo ormai periodicamente privata di riscaldamento e/o di luce. Basti ricordare, ad esempio, gli attacchi di droni russi agli impianti di Sumy.

    Sono inoltre frequenti i sorvoli da parte di aerei russi nei cieli di Paesi Nato, salvo poi ritirarsi rapidamente. Si tratta di operazioni mirate a testare l’allerta dei Paesi europei.

    Putin insiste a bombardare palazzi residenziali, facendo morti e feriti, ma inorridisce se i droni ucraini, finalmente, riescono a colpire i suoi depositi di armi. Secondo Kiev, la Russia sta preparando attacchi alle centrali nucleari ucraine e molti sembrano aver dimenticato che Mosca ha sequestrato da ormai molto tempo una centrale atomica in Europa, ricattando così il mondo intero.

    Intanto tra le vittime continuano ad annoverarsi bambini e i missili balistici russi continuano a essere lanciati anche sul porto di Odessa. Kramatorsk come vari villaggi nella regione di Kherson sono stati ulteriormente presi di mira.

    Ancora: il cannibale di Volgograd, condannato per omicidio e cannibalismo e poi graziato dal presidente russo e mandato a combattere in Ucraina è tornato nella sua città, in convalescenza. Molti russi sono preoccupati per il ritorno a casa di vari criminali graziati dal Cremlino purché andassero a combattere al fronte. Le notizie, si sa, arrivano frammentate ma pare che oltre 50 russi siano morti per mano di questi delinquenti arruolati come soldati una volta che hanno potuto fare ritorno dal fronte alle proprie abitazioni.

    Il 22 settembre sembra che il supermissile russo Sarmat sia esploso nel suo sito di lancio e che questo tipo di esplosioni sia già avvenuto in altre occasioni. Questo lascia sperare che le tanto minacciate superarmi di Putin non siano sempre così efficienti come lui afferma.

    Resta il fatto che Putin utilizza armi che gli arrivano dai suoi sanguinari alleati, dall’Iran e dalla Corea del Nord ma la Cina cosa fa veramente?
    Anche se il Consiglio europeo continua a sostenere in modo risoluto l’indipendenza, integrità e sovranità dell’Ucraina mentre i confini riconosciuti a livello internazionale, lo zar del Cremlino aumenta l’escalation della sua aggressione, in spregio alle nuove sanzioni adottate dalle Ue verso Bielorussia, Iran e Corea del Nord quale risposta al loro sostegno a Putin. Le sanzioni comunque non sembrano per ora essere quel deterrente risolutivo che si sperava, anche perché molti continuano a praticare esportazioni tramite triangolazioni e questo la dice lunga sulla moralità e correttezza di molti paesi

    I mass media, almeno in Italia, hanno ridotto molto la copertura informativa su quanto sta avvenendo in Ucraina, ma è bene che ciascuno di noi cerchi di informarsi il più possibile perché la scellerata determinazione di Putin di proseguire in questa guerra sanguinosa, che ha portato ad autentici massacri e stragi di civili (bimbi inclusi), resta una minaccia per tutti noi e non è il momento di tentennamenti o indifferenza.

    Salvini e Orban, una parte del Pd e il M5s per parte loro continuano a parlare della necessità di fermare la guerra senza indicare proposta diversa dalla resa dell’Ucraina e della sua conquista da parte di Putin.

    A chi parla di pace dovrebbe essere chiesto di presentare progetti concreti, non a scapito degli ucraini; a chi parla di diplomazia va ricordato che ad oggi, purtroppo, le feluche non sono state in grado di imbastire con Putin neppure l’avvio di una trattativa. A chi vuole seriamente la pace non resta che la strada di sostenere Kiev con tutto quello che occorre, sia per riconquistare il proprio territorio, invaso dai russi, che per garantire alla popolazione civile il massimo della sicurezza e quei sistemi energetici necessari per poter affrontare l’inverno.

  • Difendere un paese aggredito è un dovere politico e morale

    Orban si scandalizza per le dichiarazioni di Borrell il quale ha correttamente sostenuto come sia giusto che gli ucraini usino le armi degli alleati per difendersi dagli attacchi russi, anche in territorio russo.
    Ovviamente Orban non ha mai contestato al suo amico Putin di aver invaso uno stato indipendente e di continuare la sua feroce guerra utilizzando anche armi iraniane, nord coreane e di chi sa quali altri paesi sanguinari e dittatoriali.
    Perciò gli ucraini per difendersi, sempre secondo Orban, non devono usare le armi degli alleati, anzi nessuno deve dare armi all’Ucraina mentre Putin può prendere armi da chi vuole e continuare ad usarle contro uno stato sovrano ed indipendente al quale ha dichiarato  guerra ormai da più di due anni e mezzo!
    Come sempre una doppia verità, per Orban l’aggressore, Putin, va difeso e l’aggredito, il popolo ucraino, va lasciato alla mercé dello zar.
    L’Europa, lo sappiamo, ha molti problemi gravi ed irrisolti ma ha anche la sfortuna, in un momento così difficile e pericoloso per la vita di tutti, di avere un presidente, grazie a Dio solo per sei mesi, come Orban, un personaggio che ha già dimostrato in troppe occasioni di avere come obiettivo solo il proprio tornaconto e l’amicizia con Putin ne è una ulteriore dimostrazione.
    Diceva una vecchia canzone “Avanti ragazzi di Buda, avanti ragazzi di Pest, il sole non sorge più all’est”, speriamo che gli ungheresi capiscano il valore della libertà di tutti i popoli e che difendere un paese aggredito è un dovere politico e morale.

  • Guerre lunghe e mercanti di armi

    La capacità di Kiev di penetrare in territorio russo, anche se sfiancata da più di due anni di una guerra condotta da Putin con particolare durezza ed efferatezza, dimostra inequivocabilmente la fermezza degli ucraini nel voler difendere la loro terra e gli errori dei loro alleati che non hanno fornito prima armi sufficienti ad impedire l’avanzata russa.
    Se l’Ucraina avesse avuto per tempo le armi di cui ora dispone i russi non sarebbero avanzati così tanto come hanno potuto fare per l’impossibilità degli ucraini di potersi difendere con mezzi adeguati.
    Coloro che vogliono sinceramente la pace vogliono il rispetto del diritto internazionale e della sovranità degli Stati e  per questo sanno che se una nazione si deve difendere da un aggressione l’unica strada per contenere le vittime ed i danni è dare risposte forti ed immediate.
    Chi crede nella pace sa che è meglio una battaglia breve e violenta, che porti ad un accordo, mentre invece le guerre che si trascinano portano migliaia di morti in più, distruzione di interi territori non solo per gli edifici rasi al suolo ma per la contaminazione del terreno causata dai tanti ordigni bellici esplosi ed abbandonati
    Le guerre lunghe portano a ferite profonde che per molti sarà difficile rimarginare anche negli anni, le guerre lunghe giovano solo ai mercanti di armi, a certe contorte visioni politiche, spesso portano a sconfitte dolorose.
    Putin, come tutti i dittatori, vede in una guerra lunga la possibilità di far vincere la forza numerica del colosso che governa, un colosso però che sempre più ha bisogno di alleanze sporche per incrementare la propria macchina bellica con nuovi strumenti di morte.
    È stato un grave errore degli alleati dell’Ucraina non aver ascoltato subito le richieste di Zelenskiy, più armi date nell’immediatezza dell’invasione avrebbero portato meno morti, stragi, sofferenze, distruzioni e Putin sarebbe stato costretto prima a finire il massacro che ha iniziato.
    I veri guerrafondai, dittatori e non, sono coloro che trascinano le guerre nel tempo e arricchiscono i fabbricanti di armi e gli speculatori.
    Se vogliamo la pace giusta diamo all’Ucraina quanto le serve ancora e impegniamo quelle diplomazie che fino ad ora sono state inconcludenti o assenti per motivi di incapacità o di bieco interesse.

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