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L’Italia lentamente si adegua alla necessità di spese militari come richiesto dall’Alleanza

Riproposto brutalmente da Donald Trump, l’obbligo di destinare alle spese militari almeno il 2% del Pil da parte di ciascun Paese aderente alla Nato deriva da un accordo informale del 2006 dei Ministri della Difesa dei Paesi membri dell’Alleanza poi confermato e rilanciato al vertice dei Capi di Stato e di Governo del 2014 in Galles (obiettivo da raggiungere entro il 2024), in cui si è anche indicata una quota del 20% di tale spesa da destinarsi ad investimenti in nuovi sistemi d’arma.

Nel bilancio 2023 dello Stato: il ministero della Difesa italiana ha ottenuto 27 miliardi e 748 milioni di euro, cui vanno aggiunti gli stanziamenti di ministero dell’Economia e delle Finanze e ministero delle Imprese e del Made in Italy alle spese militari. Come emerge dal dossier (pubblicato il 6 luglio scorso) della Documentazione parlamentare della Camera le spese militari sono passate dai 19,9 miliardi di euro del 2016 ai 21,4 del 2019 fino ai 24,5 del 2021. Nel 2022 il Sipri di Stoccolma, uno dei più prestigiosi istituti di studi sulla pace, stimava che in tutto il mondo le spese militari ammontassero a 1.981 miliardi di dollari annui, 1.103 dei quali (il 56% del totale) erano riconducibili all’Allenza Atlantica. All’undicesimo posto nel mondo e tra i primi 5 in Europa per questo tipo di spese nel 2022, l’Italia col bilancio 2023 ha portato le sue spese militari a oltre il 3% de Pil  (gli Stati Uniti, primi nella classifica mondiale, nel 2022 hanno destinato a questo settore 766 miliardi di dollari, pari al 3,74% del loro Pil).

Le maggiori risorse alla Difesa nel 2023 rispetto al 2022, 1,792 miliardi di euro in più rispetto alimentano in particolare la “Funzione difesa” che sfiora i 20 miliardi con un aumento superiore all’8%. Nell’arco di 15 anni l’Italia spenderà quasi 13 miliardi di euro col “Fondo relativo all’attuazione dei programmi di investimento pluriennale per le esigenze di difesa nazionale”. E fino al 2036 sono previsti altri 3,8 miliardi di euro per le “Politiche di sviluppo dei settori ad alta valenza tecnologica per la difesa e la sicurezza nazionale”. Il capitolo 7421 della Difesa ha stanziato 877,9 milioni per “interventi per lo sviluppo delle attività industriali a tecnologia dei settori aeronautico e aerospazio in ambito difesa e sicurezza nazionale”: dal programma Forza Nec per abbattere i tempi di comunicazione, agli elicotteri Hh-101 e Nh-90 e agli aerei da caccia Eurofighter e Tornado.

L’Italia partecipa con oltre 7mila soldati a 35 missioni internazionali nell’ambito di coalizioni multinazionali, sotto l’egida di Onu, Nato e Unione Europea o accordi bilaterali. E nello scenario di guerra sul “fianco est” della Nato altri 1.250 militari sono in Lettonia, Ungheria e in Bulgaria. In Romania una task force dell’Aeronautica è impegnata con Ef-2000 “Typhoon” nella sorveglianza degli spazi aerei alleati. A queste missioni, finanziate dal ministero dell’Economia, nel 2023 sono stati destinati 1,7 miliardi di euro. L’anno precedente sono stati spesi 137.259.170 di euro nella Coalizione internazionale di contrasto alla minaccia terroristica del Daesh; 106.585.294 per United Nations Interim Force in Lebanon (Unifil); 70.068.735 alla partecipazione a Nato Joint Enterprise nei Balcani; 55.427.196 nell’operazione “Mare Sicuro” e nella missione di supporto alla Marina libica, cui si sommano altri 11.848.004 euro per il controllo dei confini in “assistenza” alle istituzioni libiche; infine 24.598.255 al “potenziamento” del fianco sudorientale della Nato. Per il 2023 sono state finanziate 4 nuove mission: l’European Union Border Assistance Mission in Libya, l’iniziativa di partnership militare dell’Ue in Niger, la missione bilaterale in Burkina Faso e soprattutto Eumam Ucraina.

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