Cambiamenti climatici

  • “Questo non è maltempo ma effetti del cambiamento climatico”, l’appello di 100 scienziati ai media

    Cento scienziati hanno lanciato un appello ai media italiani affinché, davanti ai disastri meteorologici, poiché si parla troppo spesso di maltempo e non di cambiamenti climatici. Nel testo, scritto, tra gli altri, dal premio Nobel per la Fisica Giorgio Parisi, Antonello Pasini, Nicola Armaroli, Stefano Caserini, Enrico Giovannini, Luca Mercalli, Telmo Pievani si legge: “Giornalisti, parlate delle cause del cambiamento climatico, e delle sue soluzioni. Omettere queste informazioni condanna le persone al senso di impotenza, proprio nel momento storico in cui è ancora possibile costruire un futuro migliore. I media italiani parlano ancora troppo spesso di ‘maltempo’ invece che di cambiamento climatico.

    Quando ne parlano, spesso omettono le cause e le relative soluzioni. È come se nella primavera del 2020 i telegiornali avessero parlato solo di ricoverati o morti per problemi respiratori senza parlare della loro causa, cioè del virus SARS-CoV-2, o della soluzione, i vaccini.

    Nel suo ultimo rapporto il gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite (Ipcc) è chiarissimo su quali siano le cause principali del cambiamento climatico: le emissioni di gas serra prodotte dall’utilizzo di combustibili fossili. Ed è altrettanto chiaro su quali siano le soluzioni prioritarie: la rapida eliminazione dell’uso di carbone, petrolio e gas, e la decarbonizzazione attraverso le energie rinnovabili. Non parlare delle cause dei sempre più frequenti e intensi eventi estremi che interessano il nostro pianeta – prosegue l’appello – e non spiegare le soluzioni per una risposta efficace rischia di alimentare l’inazione, la rassegnazione o la negazione della realtà, traducendosi in un aumento dei rischi per le nostre famiglie e le nostre comunità, specialmente quelle più svantaggiate.

    Per queste ragioni invitiamo tutti i media italiani a spiegare chiaramente quali sono le cause della crisi climatica e le sue soluzioni, per dare a tutti e a tutte gli strumenti per comprendere profondamente i fenomeni in corso, sentirsi parte della soluzione e costruire una maggiore fiducia nel futuro”.

  • Will the Gulf Stream really collapse by 2025?

    The Gulf Stream system of warm ocean currents could collapse as early as 2025, a scientific study has warned.

    The end of the system, which drives the Atlantic’s currents and determines western Europe’s weather, would probably lead to lower temperatures and catastrophic climate impacts.

    But leading scientists have reservations about the study and say it is not established science.

    It is far from certain the system will shut down this century, they say.

    The most recent assessment by the Intergovernmental Panel on Climate Change concluded that Amoc would not in fact collapse so quickly.

    The latest study’s author, Prof Peter Ditlevsen at the University of Copenhagen, told BBC News that other scientists had warned about the potential for collapse of the system, known as the Atlantic Meridional Overturning Circulation (Amoc).

    “There’s been worries that this current is weakening for as long as we have had measurements of it – since 2004,” he said.

    The Amoc is a complicated set of currents that bring warm water north towards the pole, where it cools and sinks.

    But as global temperatures rise with global warming, fresh water is pouring into the Amoc from the melting Greenland ice cap and other sources.

    It if collapses, it could lower temperatures by up to 10 or 15 degrees in Europe and lead to rising sea levels in the eastern US. It would also disrupt rain that billions rely on for agriculture.

    The last time Amoc stopped and restarted was during Ice Ages about 115,000 to 12,000 years ago.

    The new study, published in Nature Communications, used sea surface temperature data stretching back to 1870 as a way of assessing the change in strength of Amoc currents over time.

    It estimates Amoc could collapse between 2025 and 2095.

    The analysis is based on greenhouse gas emissions rising as they have done so far. If emissions started to reduce, the world would have more time to keep temperatures below the point at which Amoc would collapse.

    But scientists including Ben Booth at the Met Office Hadley Centre say the paper’s conclusions “are far from settled science”.

    “We just don’t have the evidence to state that it has declined,” says Prof Penny Holliday at the National Oceanography Centre.

    “We know that there is a possibility that Amoc could stop what it’s doing now at some point, but it’s really hard to have certainty about that,” she says.

    “If my neighbour asked me if I should worry about heatwaves or the Amoc collapse, I’d say worry about temperatures. We know that is already happening and will get worse,” she said.

    The reasons for many scientists’ reservations is that they say the study’s authors made a series of assumptions about how to understand Amoc.

    But the climate system is extremely complex and experts do not have all the evidence they need to fully understand the Amoc.

    The predictions that it could collapse as early as 2025 or by 2095 should be taken with a large grain of salt, says Jon Robson at the National Centre for Atmospheric Science, University of Reading.

    But It does not mean that the study is not important or that the possibility of Amoc shutting down should be dismissed, they say.

    “We do still have to take the idea seriously that there could be abrupt changes in the North Atlantic climate system,” says Prof Robson.

    “But the exact predictions that it will happen and within this time frame – you have to take that with some scepticism,” he adds.

  • Le calamità naturali in Europa sono costate 77 miliardi in 20 anni

    Il cambiamento climatico e i suoi drammatici effetti come le inondazioni che in questi giorni stanno devastando il nord Europa sono una realtà concreta e misurabile, con un impatto sulle nostre vite, ma anche sulle nostre economie. Nel periodo che va dal 1995 al 2017, alluvioni, tempeste, siccità e terremoti hanno provocato degli shock economici negativi nell’Unione europea con un conseguente calo della produzione interna, causando quasi 77 miliardi di danni, di cui 43,5 miliardi di euro direttamente collegabili ai disastri naturali, e 33,4 miliardi di euro derivanti dai legami economici con le aree colpite da calamità naturali. La fotografia, piuttosto cupa, è restituita dal progetto di ricerca Titan, realizzato dal programma europeo Espon, specializzato in analisi delle politiche regionali.

    Secondo i ricercatori, l’Europa centrale, orientale e sud-orientale è stata l’area relativamente più colpita da calamità naturali in termini economici. E tra i Paesi più esposti c’è anche l’Italia, dove a subire di più i colpi del cambiamento climatico spiccano l’Abruzzo e diverse province in Lombardia, Emilia-Romagna, Lazio e Puglia. Non va comunque meglio sul versante occidentale europeo, dove a soffrire i maggiori danni sono state alcune aree nel Regno Unito, in Irlanda, Danimarca, Francia e Spagna.

    Le tempeste di vento e le alluvioni sono, tra le calamità naturali osservate, quelle che hanno lasciato ricadute economiche e disastri più pesanti dietro sé. Tra il 1981 e il 2010, questi fenomeni hanno causato il 76% dei danni stimati dai ricercatori, seguiti da siccità e terremoti, ciascuno responsabile per il 24%.

    Le regioni più interessate dalle calamità naturali non sono comunque necessariamente quelle che soffrono le maggiori perdite economiche. Francia e Germania, ad esempio, sono le aree più colpite dalla siccità, ma i danni più consistenti causati da questo fenomeno si registrano nei Paesi del Mediterraneo (Italia e Spagna su tutti), e dell’Europa centro-orientale (Romania e Ungheria).

    “Le calamità naturali – scrivono i ricercatori – non sono equamente distribuite tra i diversi territori. A parità di pericolosità, il loro impatto può variare considerevolmente” a seconda della vulnerabilità di un determinato luogo. Una variante complessa da definire, composta da una molteplicità di fattori – sociali, economici, demografici, ambientali e di governance – che aiuta a capire perché una calamità naturale possa trasformarsi in una catastrofe.

    Secondo lo studio, i territori più vulnerabili e a rischio anche per il prossimo futuro si trovano nella regione baltica e nell’Europa orientale e meridionale. Aree definite “ad alta” e “molto alta” vulnerabilità nelle quali, complessivamente, si concentrano 116 milioni di persone su un totale di 528 milioni, pari al 22% della popolazione europea. Italia, Grecia, Romania e Bulgaria sono i Paesi che contano la maggior parte della popolazione residente in territori molto vulnerabili, seguiti da Spagna, Portogallo, Ungheria, Polonia e Francia.

  • L’Italia primo Paese al mondo in cui lo studio del cambiamento climatico sarà obbligatorio

    C’è chi va e c’è chi resta. E si fa pure sentire. Lo stesso giorno in cui Washington si è formalmente ritirata dall’accordo sul clima di Parigi del 2015, l’Italia ha annunciato che diventerà il primo paese al mondo a rendere obbligatorio lo studio del cambiamento climatico e dello sviluppo sostenibile nelle scuole. In un’intervista rilasciata lunedì alla Reuters, il ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, ha dichiarato che, a partire da settembre 2020, nel curriculum scolastico nazionale saranno dedicate 33 ore all’anno alle questioni relative ai cambiamenti climatici. Inoltre, una prospettiva sul cambiamento climatico sarà inserita nelle materie tradizionali, come geografia, matematica e fisica.

    Gli Stati Uniti, al contrario, sono diventati il ​​primo Paese a rinunciare all’accordo sul clima di Parigi lunedì scorso, quando il Segretario di Stato Mike Pompeo ha presentato un avviso formale alle Nazioni Unite. Il Presidente Trump ha infatti definito il riscaldamento globale come “una bufala perpetrata dai cinesi”. Il presidente francese Emmanuel Macron e il cinese Xi Jinping invece mercoledì firmeranno un documento che afferma l'”irreversibilità” dell’accordo sul clima di Parigi”.

  • La scuola non è l’ambiente di Greta Thunberg: salterà un anno e mezzo di lezioni

    Greta Thunberg, la ragazzina scandinava divenuta icona globale dell’ambientalismo, resterà lontana dai banchi per concentrarsi sulla campagna internazionale a difesa dell’ambiente di cui in questi mesi è appunto diventata il simbolo. Lo hanno detto all’agenzia di stampa Dpa fonti vicine all’attivista svedese 16enne, secondo cui Greta sarà a settembre a New York al summit sul clima, a margine dell’Assemblea generale dell’Onu, e poi alla conferenza sul clima delle Nazioni Unite prevista in Cile a dicembre. Secondo le fonti, alla fine di quest’anno scolastico Greta – promotrice di ‘Fridays for future’, gli scioperi degli studenti contro i cambiamenti climatici – prenderà una pausa per concentrarsi a tempo pieno sulla sua campagna. Nei giorni scorsi, al quotidiano svedese Dagens Nyheter aveva detto: «Il 2020 è l’anno in cui dobbiamo far scendere verso il basso al curva delle emissioni se vogliamo mantenere il riscaldamento globale tra 1,5 e 2 gradi celsius».

  • Environment and climate action need more EU funds, MEPs say

    New Europe Online/KG

    Following European Parliament’s adoption of its position on the EU’s long-term 2021-2027 budget, MEPs voted in favour on December 11 of doubling funding for the LIFE programme, the EU’s only funding instrument for climate change, environment and nature conservation, compared to the last 7-year period.
    Setting out their position on the scope and the priorities for investing in areas which are crucial for future growth, MEPs approved by 580 votes to 41 against, and 45 abstentions the proposal for the LIFE programme for 2021-2027 financing of environmental and climate objectives.
    MEPs propose to double funding for the LIFE programme compared to the last 7-year period. The total financial envelope foreseen is €6.44 billion in 2018 prices (€7.27 billion in current prices compared to the Commission’s proposal of €5.45 billion).
    The EU programme for the environment and climate action will contribute to mainstreaming climate action and to reaching an overall target of at least 25% of the EU’s budget expenditure supporting climate objectives over the 2021-2027 period, the European Parliament said in a press release.
    The European Parliament is now ready to start negotiations with EU member states, the press release read. MEPs want a swift agreement on MFF-related files before the European elections, in order to avoid any serious setbacks in launching the new programmes due to late adoption, as experienced in the past.
    Environmental organisations hailed the move. WWF noted that the European Parliament voted in favour of increasing the allocation for LIFE from 0.3% to 0.6% of the EU budget. This is higher than the European Commission’s proposal to increase the allocation to 0.4%. Parliament also voted to dedicate 45% of the fund to nature and biodiversity projects, 5% higher than the recommendation from the European Commission.
    “It’s commendable that the European Parliament has gone slightly above the European Commission’s recommendations, but even with the proposed increase, the LIFE budget remains minuscule. This clearly shows that policymakers continue ignoring the real value of our planet and the biodiversity it hosts, and fail to understand that funding nature conservation is not a cost, but an investment in our future,” said Andreas Baumueller, Head of Natural Resources, WWF European Policy Office.
    An increase to 1% would further enable the LIFE Programme to fulfil its aim to contribute to the implementation, updating and development of EU biodiversity, environment and climate policies, WWF said, adding that the environmental group urges the Environment Council to send a strong message in support of increasing LIFE funding at its meeting on December 20.

  • SEEDS&CHIPS 2018: John Kerry e Howard Schultz tra i keynote speaker della quarta edizione del Summit sulla food innovation

    Ancora una volta per parlare di cibo i riflettori saranno puntati su Milano grazie all’Executive Chairman di Starbucks, Howard Schultz, e all’ex Segretario di Stato americano, John Kerry, tra i keynote speaker della quarta edizione di Seeds&Chips, the Global Food Innovation Summit, il grande evento di innovazione nella filiera agroalimentare che si svolgerà a MiCo, Milano Congressi, dal 7 al 10 maggio 2018, ideato da Marco Gualtieri. Schultz, fondatore della più grande catena internazionale di caffetterie al mondo, aprirà la prima giornata del Summit il 7 maggio. Un rapporto particolare il suo con il capoluogo meneghino, visitato più di trent’anni fa e dal quale partì il suo fortunato percorso imprenditoriale. Un ritorno, dopo quel soggiorno negli anni ’80 in cui elaborò il concetto di esperienza legato al caffè che sta oggi alla base del rivoluzionario concept di Starbucks e che lo portò ad esportare a livello internazionale l’autenticità del caffè italiano e le sue tradizioni. Fu proprio allora infatti che nacque il progetto di Starbucks, oggi una delle aziende di maggior successo a livello globale, del valore di 77 miliardi di dollari, con oltre 21.000 negozi in tutto il mondo.

    L’8 maggio toccherà invece all’ex Segretario di Stato americano John Kerry che, sulla scia dell’intervento dello scorso anno dell’ex Presidente Barack Obama, affronterà il tema dell’importanza del cambiamento climatico nel sistema alimentare e delle sfide che il mondo è chiamato ad affrontare per assicurarsi un futuro sostenibile. Un tema già affrontato da Kerry durante la sua visita ad Expo 2015. “L’anno scorso il Presidente Obama, con il suo grande carisma, ha indicato la strada da seguire per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità legati al cibo, all’ambiente e al clima, portando il dibattito ad un livello elevato”, commenta Marco Gualtieri, Presidente e Fondatore di Seeds&Chips, che aggiunge: “Seeds&Chips vuole continuare a percorrere questa strada, consapevole che tutti i messaggi, i nuovi modelli, le innovazioni e le opportunità legate al cibo devono essere declinati per raggiungere ogni angolo del Pianeta. L’edizione di quest’anno vedrà salire sul palco grandissimi personaggi internazionali e, come da nostra tradizione, tanti giovani.  Siamo dunque onorati di presentare ufficialmente Howard Schultz e John Kerry, in qualità di keynote speaker del Summit”.

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