Consiglio

  • Sempre più necessario un corpo di soccorso europeo

    Mentre si raccolgono i morti annegati nell’acqua e nel fango ed altri rischiano malattie per l’ambiente contaminato nel quale sono costretti a vivere da giorni, decine di migliaia di persone sono senza acqua, luce, cibo e si assommano recriminazioni e denunce, appare evidente l’incapacità ed impreparazione delle istituzioni di fronte ad una grave calamità naturale.

    Se l’allarme è stato dato con colpevole ritardo, con la conseguenza di quei morti nel garage o nelle macchine, per le strade o nei negozi, è ormai evidente che anche i soccorsi non sono stati attivati immediatamente e non vi sia stata la necessaria quantità di uomini e mezzi  a fare fronte alla immensa devastazione.

    Ancora una volta la gran parte del lavoro, nell’immediato ed anche dopo ore e giorni, è stato a carico dei volontari, dei civili, della gente comune, scene che avevamo in parte visto con le alluvioni in Romagna anche se la distruzione dentro la città di Valencia non ha paragoni con altre pur terribili sciagure.

    Il volontariato non può sostituirsi alle strutture pubbliche, non ne ha i mezzi mentre sembra invece che sempre più le istituzioni lascino compiti a loro propri ai privati.

    L’aumento in Europa di calamità naturali, di una violenza un tempo sconosciuta, dovrebbe far comprendere alla Commissione ed al Consiglio la necessità urgente di un corpo di soccorso europeo, specializzato al massimo, pronto a partire 24 ore su 24 con mezzi a disposizione, aerei cargo, per portare i soccorsi necessari nell’immediatezza dell’evento catastrofico. Un corpo di soccorso europeo che possa intervenire in aiuto alle popolazioni colpite e di supporto alle forze di soccorso che i governi nazionali mettono in campo.

    Anche con queste iniziative si costruisce l’Europa unita e si contrastano le tragedie che sempre più costantemente ci colpiscono.

  • L’Unione europea partecipa a pieno titolo al registro dei danni per l’Ucraina

    La Commissione saluta con favore l’adozione da parte del Consiglio della decisione di modificare lo status dell’Unione nel registro dei danni per l’Ucraina: da membro associato l’Unione diventerà partecipante a pieno titolo. Il registro dei danni contiene le prove e le informazioni sulle richieste di risarcimento per danni, perdite o lesioni causati dalla guerra di aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina e mira a garantire un risarcimento pieno ed effettivo all’Ucraina e al suo popolo. Al registro, istituito dal Consiglio d’Europa il 12 maggio 2023, hanno finora aderito 43 Stati membri di tale istituzione e l’UE, tra cui 26 Stati membri dell’Unione europea.

    Il 30 maggio 2024 la Commissione ha proposto al Consiglio di modificare lo status dell’Unione per rafforzare ulteriormente l’impegno dell’Unione a favore delle attività del registro. Diventando partecipante a pieno titolo, l’Unione mantiene e rafforza il suo impegno volto a garantire che tutte le violazioni del diritto internazionale commesse dalla Russia siano debitamente risarcite. Il cambiamento di status contribuisce inoltre alla stabilità finanziaria del registro, in quanto l’Unione si impegna a fornire un contributo finanziario annuo obbligatorio.

    A partire dall’aprile 2024 hanno iniziato a essere registrate le prime richieste di risarcimento relative a danni o alla distruzione di immobili residenziali, con un totale previsto di 300 000-600 000 richieste in tale categoria. Entro agosto potranno essere presentate altre dodici categorie di richieste, comprese quelle provenienti da persone particolarmente colpite dalla guerra e quelle relative al danneggiamento o alla distruzione delle infrastrutture critiche dell’Ucraina.

  • Giornata dell’Europa 2024: le istituzioni europee di tutta Europa accolgono i cittadini ai loro eventi della Giornata Porte aperte

    In occasione della Giornata dell’Europa del 9 maggio, l’UE celebra l’unità e il lungo periodo di pace che ha permesso di conseguire commemorando la firma della dichiarazione Schuman nel 1950. Un mese prima delle elezioni europee (che si svolgeranno dal 6 al 9 giugno), i cittadini avranno l’opportunità di visitare le istituzioni dell’UE a Bruxelles e altrove per saperne di più su quello che l’Europa fa per loro e insieme a loro. I cittadini saranno invitati ad assistere a spettacoli dal vivo e a partecipare a dibattiti, giochi e altre attività.

  • La Commissione accoglie con favore l’accordo provvisorio per modernizzare le ispezioni e la sorveglianza delle navi

    La Commissione accoglie con favore l’accordo politico raggiunto tra il Parlamento europeo e il Consiglio sull’aggiornamento degli obblighi per il controllo da parte dello Stato di approdo delle navi che fanno scalo nei porti dell’UE e sugli obblighi dello Stato di bandiera per le navi mercantili registrate negli Stati membri dell’Unione.

    Per quanto riguarda la direttiva sullo Stato di bandiera, i colegislatori hanno convenuto di integrare nel diritto dell’UE le norme pertinenti dell’Organizzazione marittima internazionale (IMO) (l’International Instruments Code, o codice III). Ciò garantisce che tali norme possano essere applicate alle navi battenti bandiera di uno Stato membro dell’UE. Gli Stati membri dovranno inoltre effettuare ogni anno un numero concordato di ispezioni dello Stato di bandiera e provvedere alla digitalizzazione dei certificati statutari delle proprie navi, il che a sua volta faciliterà le ispezioni da parte dello Stato di approdo.

    L’accordo sul controllo da parte dello Stato di approdo allineerà il diritto dell’UE all’IMO e al Memorandum d’intesa di Parigi relativo al controllo delle navi da parte dello Stato d’approdo in merito agli obblighi relativi all’organizzazione e all’esecuzione dei controlli da parte dello Stato di approdo. Gli Stati membri hanno inoltre convenuto di istituire un regime volontario di controllo da parte dello Stato di approdo per i pescherecci più grandi e di aumentare l’importanza dei requisiti ambientali del controllo da parte dello Stato di approdo, adeguando il profilo di rischio della nave utilizzato per selezionare le navi da ispezionare. La direttiva riveduta prevede anche certificati navali elettronici, che consentiranno agli ispettori di prepararsi meglio prima delle ispezioni e di concentrarsi sulla conformità delle navi alle norme applicabili, piuttosto che su un riesame dei documenti una volta a bordo.

    I controlli da parte dello Stato di bandiera e da parte dello Stato di approdo sono strumenti importanti per un’ampia gamma di questioni relative al trasporto marittimo, quali la sicurezza marittima, la protezione dell’ambiente e le condizioni di lavoro a bordo.

    A seguito dell’accordo politico di ieri, ora i testi definitivi devono essere adottati formalmente. Una volta completato tale processo da parte del Parlamento europeo e del Consiglio, le nuove norme saranno pubblicate nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea ed entreranno in vigore dopo 20 giorni. Gli Stati membri disporranno di 30 mesi per recepire le direttive nel diritto nazionale.

  • Confedilizia invoca migliorie dell’apparato normativo e istituzionale europeo

    Di fronte alla XIV Commissione della Camera, in rappresentanza di Confedilizia, il vicepresidente Achille Colombo Clerici ha osservato che la comunicazione della Commissione europea a Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e al Comitato delle Regioni, dal titolo “Applicare il diritto dell’U.E. per un’Europa dei risultati”, si inscrive in un processo formativo dell’Unione europea che non solo non è compiuto ma pare in fase di arretramento. Lodando lo sforzo della Commissione stessa di contrastare tale tendenza, Colombo Clerici non ha potuto non sottolineare come l’Unione e il suo diritto, di cui la Commissione è custode, rischino di esser relegati in secondo piano rispetto agli interessi dei singoli Stati dell’Unione stessa. «Emblematico – ha detto – il caso Ema e l’assegnazione della sede ad Amsterdam. Il 14 luglio 2022 veniva pubblicata la sentenza della Corte di Giustizia Europea che si pronunciava sui ricorsi mediante i quali il Comune di Milano e la Repubblica Italiana avevano impugnato la decisione del Consiglio Europeo in merito alla assegnazione dell’Ema (l’Agenzia Europea per i farmaci). Si pensava potessero esserci vizi di legittimità (ad es. errore) nel procedimento di assegnazione culminato con l’estrazione a sorte l’assegnatario finale (la città olandese di Amsterdam) e l’esclusione di Milano, appunto. In particolare, circa l’idoneità della città di Amsterdam ad ospitare la predetta Agenzia. In effetti, mentre nei dossier si affermava che la sede di Amsterdam era idonea e pronta per essere occupata ed utilizzata, ciò non sarebbe risultato alla prova dei fatti (mancando ancora qualche mese all’ultimazione dei lavori di adattamento), tanto che si trattò poi di utilizzare provvisoriamente un altro edificio. La sentenza della Corte di Giustizia respingeva i ricorsi, (senza entrare nel merito e senza dar corso ad attività istruttorie di sorta) dichiarando che, in caso di decisione del Consiglio dei Ministri Europeo, si tratta di atto politico, insindacabile anche sul piano della legittimità (ad esempio per errore colposo o doloso che sia): non solo quindi la discrezionalità assoluta nel merito, ma, sul piano del controllo di legalità, mancando una norma che fissi il limite costituzionale, non solo le decisioni di contenuto amministrativo, ma le leggi stesse risultano legibus solutae».

    Più dettagliatamente, ha sottolineato Colombo Clerici. «La sentenza della Corte di Giustizia incorre in errore perché assimila le decisioni del Consiglio dell’Unione Europea ai trattati internazionali, per il solo e semplice fatto che a decidere sono i rappresentanti degli stati. Ma nel caso di un trattato (che è un accordo inter partes) la decisione resta in capo ai diversi Stati, mentre nel nostro caso si tratta di un atto dell’organismo Unione (dotato di propria personalità giuridica), in quanto i singoli stati esprimono il loro voto nell’ambito di un organo istituzionale della Unione stessa: cosa ben diversa. Nel primo caso ci troviamo di fronte ad un atto politico, ad una decisione politica, nel secondo caso ad una decisione tecnico-istituzionale. La sentenza della Corte finisce inoltre per confondere il voto dei singoli stati membri (che è evidentemente atto politico insindacabile) con la decisione prodotta dal voto stesso (che è atto giuridico di un Organo dell’U.E.  e, come tutti gli atti giuridici, sindacabile sul piano della legittimità). Anche il voto dei nostri parlamentari è un atto politico, ma le leggi stesse sono soggette al vaglio di legittimità costituzionale. Ma tant’è. Il caso è chiuso».

    Osservando sulla scia della vicenda Ema che «l’interesse comunitario porterebbe a tener conto che l’Unione presenta una situazione di grave squilibrio quanto alla assegnazione storica delle diverse sedi istituzionali le quali risultano tutte concentrate in un ridotto europeo del raggio di poche centinaia di chilometri, localizzato nel quadrante Benelux Francia, Germania», il vicepresidente di Confedilizia ha ricordato che  «all’Italia (terzo contributore netto dell’Unione) ne risulta assegnata solo una e mezza. (Parma e Torino). Un trattamento a dir poco inconcepibile, che dà luogo ad una situazione certamente non suscettibile di esser protratta nel tempo, per ovvie ragioni di natura culturale ed economica».

    Colombo Clerici ha poi parlato anche delle implicazioni dell’affaire Qatargate; «Il sistema europeo di fatto non appronta, come vediamo, alcun rimedio. Mancando infatti di una giurisdizione penale comunitaria e parallelamente del requisito della extraterritorialità almeno per reati commessi da dipendenti, funzionari, esponenti nell’esercizio delle loro funzioni, questo sistema dà luogo ad una situazione anomala che rappresenta una grave lacuna nella costruzione dell’organismo dell’Unione Europea. E’ competente infatti l’A.G. del luogo dove è commesso il reato, cioè di uno dei cinque stati citati in cui è localizzata la sede istituzionale europea, sicché la sentenza verrà pronunciata in nome del popolo belga, francese e via dicendo e non dei popoli dell’Unione. Saremmo curiosi di sapere poi, prendendo ad esempio il caso Qatargate, visto che è competente l’A.G. belga, se, a seguito della condanna di un ex parlamentare alla confisca di 1 milione di euro, la somma venga incamerata dal Regno del Belgio o da chi altro.  Ma è la stessa attività inquirente/requirente (cioè di promozione dell’azione penale, con la conseguente attività istruttoria) che non potrà essere iniziata da uno stato diverso, anche se ci trovassimo di fronte alla lesione di interessi di soggetti appartenenti a questo stato (tranne ovviamente il caso che il funzionario da indagare mettesse piede proprio nel territorio di questo stato). Come si vede, dunque, sussiste un grandissimo vulnus sul piano della sovranità degli Stati (è questione di equità e di dignità degli Stati di fronte a questa asimmetricità) e della tutela degli interessi degli stati stessi e dei soggetti ad essi appartenenti».

  • 70 anni fa nasceva il Parlamento europeo, serve una nuova Convenzione per dare vita all’Unione politica

    Il 22 novembre di settanta anni fa nasceva il Parlamento europeo, l’unica assemblea che rappresenta i cittadini di tutti i Paesi membri dell’Unione attraverso parlamentari eletti in ogni Stato con elezione proporzionale.

    Da allora molta strada è stata fatta, la comunità europea è diventata Unione, ai sei Paesi fondatori si sono via via aggiunti altri Stati fino alla realtà attuale di 27, dopo l’uscita del Regno Unito.

    L’Europa, ancora incapace di diventare un’autentica Unione politica, è stata però in grado, in questi ultimi anni, di fronteggiare, tutti insieme, prima la pandemia ed ora la criminale guerra condotta da Putin contro l’Ucraina, di immaginare, finalmente, una politica comune per l’energia e di dare il via ad una prima ipotesi di esercito comune di difesa.

    Restano ancora aperti i problemi legati all’immigrazione, per questo si deve rivedere il trattato di Dublino dandosi regole comuni per l’accoglienza e l’inserimento degli immigrati, nessun Paese europeo può rifiutarsi di assumersi la quota di profughi che le spetta.

    Occorre una diversa politica per la cooperazione con i paesi in via di sviluppo perché è noto ed evidente che i primi e concreti aiuti vanno dati alle persone sul territorio nel quale vivono e questi aiuti devono arrivare alle popolazioni e non a quei governi che nulla hanno fatto per migliorare le condizioni di vita dei loro cittadini.

    I deputati europei, nel corso dei decenni, si sono molto battuti per eliminare quel deficit democratico che ancora pesa sul Parlamento, terza istituzione dell’Unione e l’unica eletta direttamente dai popoli europei.

    Certamente molti passi avanti sono stati fatti con il Trattato di Lisbona ma la strada è ancora lunga, infatti troppe volte il Consiglio europeo ha disatteso le decisioni votate dal Parlamento sfuggendo allo strumento della conciliazione che deve servire ad armonizzare il pensiero della tre Istituzioni: Consiglio, Commissione e Parlamento.

    Il Parlamento europeo ha diritto, come i parlamenti degli Stati nazionali, di poter legiferare e di potersi confrontare a pieno titolo con il Consiglio, questo deficit democratico pesa anche sull’opinione e la fiducia che i cittadini hanno verso l’Europa e porta troppi parlamentari europei a sentirsi meno ascoltati, sia dai propri partiti che dalla stampa del loro Stato, dei parlamentari nazionali.

    Come convinti europeisti crediamo che sia arrivato, e non più procrastinabile, il momento di nuove riforme sia per quanto riguarda il Consiglio che il Parlamento, il momento di una nuova Convenzione europea che ridisegnando compiti e ruoli porti finalmente all’Unione politica in senso pieno.

  • Legge sui servizi digitali: il Consiglio e il Parlamento europeo raggiungono un accordo per un ambiente online più sicuro

    Una tappa importante nella transizione digitale dell’Unione è stata segnata con l’accordo politico provvisorio riguardante la legge sui servizi digitali raggiunto tra la presidenza del Consiglio e il Parlamento europeo.

    La legge sui servizi digitali, che consente di sancire il principio secondo cui ciò che è illegale offline deve esserlo anche online, mira a proteggere lo spazio digitale dalla diffusione di beni, contenuti e servizi illegali e a garantire la protezione dei diritti fondamentali degli utenti.

    La legge sui servizi digitali si applica a tutti gli intermediari online che prestano servizi nell’Unione. Gli obblighi imposti sono proporzionati alla natura e alla portata dell’impatto intermediario in questione, in particolare in funzione del numero di utenti che utilizzano il servizio. Le piattaforme di dimensioni molto grandi o i motori di ricerca di dimensioni molto grandi saranno pertanto soggetti a obblighi più rigorosi a seconda del numero di utenti che utilizzano i loro servizi.

    Ambito di applicazione

    La legge sui servizi digitali stabilisce un quadro giuridico orizzontale e si applica ai servizi intermediari quali quelli offerti da prestatori di servizi di hosting, motori di ricerca, piattaforme e mercati online. Nell’ambito di questi servizi intermediari, tra le piattaforme e i motori di ricerca online di dimensioni molto grandi si opera una distinzione quando tali servizi sono utilizzati da oltre 45 milioni di utenti attivi al mese nell’UE.

    Al fine di salvaguardare lo sviluppo delle start-up nel mercato interno, il Consiglio e il Parlamento europeo hanno convenuto che le microimprese e le piccole imprese con meno di 45 milioni di utenti attivi al mese nell’UE sono esentate da alcuni nuovi obblighi.

    Governance

    Per garantire un’attuazione efficace e uniforme degli obblighi della legge sui servizi digitali, il Consiglio e il Parlamento hanno deciso di conferire alla Commissione il potere esclusivo di vigilare sulle piattaforme e sui motori di ricerca di dimensioni molto grandi per quanto riguarda gli obblighi specifici a questo tipo di operatori.

    I principali operatori digitali saranno quindi controllati a livello europeo grazie allo sviluppo di competenze in seno alla Commissione e in collaborazione con gli Stati membri. In tal modo sarà garantita una risposta efficace e uniforme ai rischi sistemici posti da tali operatori di dimensioni molto grandi. Questo modello di governance preserva il principio del paese d’origine che si applica a tutti gli altri intermediari di servizi e agli altri obblighi stabiliti dalla legge sui servizi digitali.

    Per finanziare le attività di vigilanza della Commissione europea sugli operatori di dimensioni molto grandi, il Consiglio e il Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo provvisorio per creare un meccanismo di commissioni annuali da imporre a tali operatori, direttamente collegato ai compiti della Commissione.

    Mercati online

    I colegislatori hanno convenuto di rafforzare gli obblighi relativi ai mercati online nell’ambito della legge sui servizi digitali. In effetti, considerato il ruolo importante svolto da tali operatori nella vita quotidiana dei cittadini europei, la legge sui servizi digitali impone ai mercati un dovere di diligenza nei confronti dei venditori i cui prodotti o servizi sono messi in vendita sulla loro piattaforma online.

    Al fine di limitare la diffusione di contenuti illegali, i mercati online devono compiere i massimi sforzi per verificare la corretta fornitura di informazioni da parte dei venditori prima di autorizzarli a vendere online. I mercati dovranno inoltre raccogliere e mostrare le informazioni sui prodotti e i servizi venduti, come la marca e la conformità al diritto dell’Unione, al fine di garantire che i consumatori siano adeguatamente informati.

    Rischi sistemici delle piattaforme e dei motori di ricerca di dimensioni molto grandi

    Data l’importanza degli operatori di dimensioni molto grandi nella vita quotidiana dei cittadini europei e dell’Unione in generale, la legge sui servizi digitali introduce l’obbligo per tali operatori di analizzare i rischi sistemici che generano e di mettere in atto misure per ridurre i rischi individuati.

    Tale analisi è effettuata annualmente e, grazie alla supervisione unificata di questi operatori da parte della Commissione europea, consente un monitoraggio continuo per ridurre i rischi di: i) diffusione di contenuti illegali; ii) effetti negativi sui diritti fondamentali come la libertà di espressione e di informazione; iii) manipolazione dei loro servizi a scapito dei processi democratici e della sicurezza pubblica; iv) effetti negativi in relazione alla violenza di genere e alla protezione dei minori e gravi conseguenze sulla salute fisica o mentale degli utenti.

    Interfacce fuorvianti

    Tenuto conto dell’obiettivo di proteggere gli utenti online, i colegislatori hanno convenuto di vietare le interfacce fuorvianti e i metodi finalizzati a indurre in errore gli utenti per le piattaforme e le interfacce online designate nell’ambito della legge sui servizi digitali, come le interfacce relative alla segnalazione di presunti contenuti illegali da parte di un utente.

    Sistemi di raccomandazione

    Data l’importanza dei sistemi di raccomandazione nell’esperienza degli utenti online, il Parlamento e il Consiglio hanno convenuto di stabilire requisiti di trasparenza per i parametri dei sistemi di raccomandazione al fine di migliorare l’informazione degli utenti e le loro possibili scelte. Ai sensi della legge sui servizi digitali, le piattaforme e i motori di ricerca di dimensioni molto grandi dovranno obbligatoriamente offrire agli utenti un sistema di raccomandazione dei contenuti che non sia basato sulla loro profilazione.

    Gestione delle crisi

    Nel contesto dell’aggressione russa nei confronti dell’Ucraina e in particolare delle conseguenze sulla manipolazione delle informazioni online, i colegislatori hanno convenuto di includere un nuovo articolo che introduce un meccanismo di risposta alle crisi.

    Tale meccanismo sarà attivato da una decisione della Commissione su raccomandazione del comitato dei coordinatori nazionali dei servizi digitali e consentirà di analizzare l’impatto dell’attività delle piattaforme e dei motori di ricerca di dimensioni molto grandi sulla crisi in questione, come pure le misure proporzionate ed efficaci da attuare nel rispetto dei diritti fondamentali.

    Tutela dei minori online

    Diverse disposizioni della legge sui servizi digitali consentono la tutela dei minori online. Le piattaforme accessibili ai minori dovranno mettere in atto misure di protezione particolari per garantire la sicurezza dei minori online, specie quando sono a conoscenza del fatto che l’utente è un minore; alle piattaforme sarà fatto divieto di presentare ai minori messaggi pubblicitari mirati derivanti dall’uso dei loro dati personali quali definiti nel diritto dell’UE.

    Nel dicembre 2020 la Commissione europea ha presentato due proposte legislative nell’ambito di un pacchetto volto a regolamentare il settore digitale: la legge sui servizi digitali e la legge sui mercati digitali.

    La legge sui servizi digitali e la legge sui mercati digitali costituiscono i due pilastri di una regolamentazione digitale che rispetta i valori europei e il modello europeo; tali regolamenti definiscono insieme un quadro adeguato allo sviluppo economico dei giganti del digitale e alla protezione dei loro utenti.

    Il 24 marzo è intervenuto un accordo politico provvisorio tra il Consiglio e il Parlamento e oggi si è giunti a un accordo politico provvisorio riguardante la legge sui servizi digitali.

    L’accordo politico provvisorio odierno deve essere approvato dal Consiglio e dal Parlamento europeo prima di passare alle fasi formali della procedura di adozione di ciascuna istituzione.

    È stato raggiunto un ambizioso accordo provvisorio sul termine per l’entrata in applicazione della legge sui servizi digitali, poiché le disposizioni sulle piattaforme e sui motori di ricerca di dimensioni molto grandi che hanno il maggiore impatto sulla protezione degli utenti si applicheranno entro XX mesi, mentre le restanti disposizioni entreranno in vigore entro 12-18 mesi dall’entrata in vigore della legge sui servizi digitali.

    Fonte: Comunicato stampa del Consiglio europeo

  • Il PE si prepara a votare l’accordo sulle indicazioni geografiche UE-Cina

    Il 6 novembre 2019 l’UE e la Cina hanno concluso i negoziati su un accordo autonomo in merito alla cooperazione sulla protezione delle indicazioni geografiche (IG) di prodotti, perlopiù agricoli. Il reciproco accordo UE-Cina mira a proteggere 100 IG dell’UE in Cina e 100 IG cinesi nell’UE contro l’imitazione e l’appropriazione indebita. Il 20 luglio 2020 il Consiglio UE ha approvato la firma dell’accordo e il Parlamento europeo deve ora dare il suo consenso alla conclusione del contratto. Una volta entrato in vigore, l’accordo potrebbe contribuire a promuovere le esportazioni dei prodotti alimentari di alta qualità dell’UE, compresi vini e alcolici, verso la terza destinazione più grande per le esportazioni agroalimentari dell’UE, cioè la Cina.

    L’accordo amplierebbe inoltre il riconoscimento globale del regime di protezione delle IG sui generis dell’UE, un obiettivo chiave della politica commerciale dell’UE.

  • Il Consiglio dell’UE nomina 22 procuratori dell’EPPO

    Il Consiglio dell’UE ha nominato i pubblici ministeri della Procura europea (EPPO) che lavoreranno insieme sotto la guida della nuova responsabile, Laura Codruta Kovesi, entrato in carica in autunno. Nel momento del suo insediamento aveva immediatamente sottolineato che all’EPPO mancava il personale e che tale carenza avrebbe gravemente ostacolato il lavoro della procura.

    La decisione è arrivata con ritardo a causa degli ostacoli che Malta stava affrontando nella nomina di un procuratore europeo poiché aveva un numero limitato di candidati ammissibili. I pubblici ministeri dell’UE avranno una durata non rinnovabile di sei anni, con la possibilità di una proroga di tre anni.

    Nel suo incarico, Kovesi, ex capo dell’unità anticorruzione della Romania, indagherà sui crimini finanziari nell’UE, come la frode IVA transfrontaliera, il riciclaggio di denaro e la corruzione. L’EPPO è stato creato per indagare e perseguire le frodi contro il bilancio dell’UE, al di là dei confini nazionali e delle autorità nazionali, poiché gli organismi dell’UE già esistenti come Eurojust, Europol e l’ufficio antifrode dell’UE (OLAF) non dispongono dei poteri necessari per svolgere attività di indagini criminali e azioni penali.

    L’EPPO dovrebbe diventare operativo entro la fine dell’anno ed è incaricato di indagare, perseguire e assicurare alla giustizia i crimini contro gli interessi finanziari dell’UE.

    22 paesi stanno attualmente partecipando all’EPPO: Austria, Belgio, Bulgaria, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Romania, Slovenia, Slovacchia e Spagna.

  • Oltre il tifo com’è andata a Bruxelles

    Riportiamo di seguito il commento di Carlo Calenda sul vertice straordinario del Consiglio europeo diramato attraverso il sito del suo movimento AZIONE.

    A Bruxelles l’Italia non ha né “vinto” né “perso”. Non è così che si ragiona sull’esito di un vertice internazionale. Ho cercato di spiegare in un video cos’è successo al Consiglio Europeo, per chi vuole capire e non tifare. Gli aspetti positivi e quelli negativi di un accordo importante e, per alcuni versi, rischioso per l’Italia.
    Il nostro Paese riceverà più prestiti del previsto, 38 miliardi di euro in più, e 4 miliardi in meno di sussidi a fondo perduto. L’ammontare complessivo del Recovery Fund è comunque superiore alla proposta iniziale. Attenzione però, i sussidi non sono realmente 80 miliardi perché dal 2028 ne daremo 55 al budget europeo, quindi il saldo netto è di 25 miliardi. Una somma importante, ma non decisiva.
    Ricordiamoci inoltre che questi fondi hanno condizioni stringenti, molto più del MES “sanitario”. Occorrerà presentare entro il 15 ottobre un piano – molto dettagliato – alla Commissione europea, che attribuirà una valutazione basata su sei criteri. È anche giusto che sia così, perché quei soldi non vanno buttati.
    C’è, in questo importante accordo, una sconfitta per l’Europa. Nel corso del Consiglio europeo sono state tolte le risorse che erano destinate a rafforzare gli strumenti comunitari, gestiti dalla Commissione, a favore di strumenti gestiti dai singoli Stati. È un problema per due motivi: primo, i Paesi si indebitano, secondo, rallenta il cammino verso un’Unione più forte.
    Altri due punti critici. Uno, è sparito il vincolo del rispetto dei principi dello Stato di diritto per ricevere i fondi. Sbagliatissimo, chi fa parte di un’Unione e ne trae i benefici deve rispettarne le regole, penso in particolare all’Ungheria. Due, rimane il tema del “freno” che consente a un Paese di richiedere la sospensione dell’erogazione dei fondi a un altro Stato, se ritiene che non stia rispettando il piano previsto.
    Questo piano è un compromesso, importante, ma con qualche rischio per l’Italia. Uno in particolare, che come conseguenza del piano di aiuti la BCE riduca l’intensità del quantitative easing – l’acquisto di titoli di Stato – che è fondamentale per il nostro Paese. Quindi mettiamoci subito al lavoro per scrivere un piano serio. Azione, come sempre, è pronta a dare il suo contributo.

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