cura

  • Troppo grillismo fisico, gli obesi aumenteranno di oltre 500milioni entro il 2030

    Se non ti muovi ti ammali, e la voglia di non fare nulla, l’inattività motoria, una sorta di grillismo fisico si potrebbe dire per essere sintetici, sarà sempre di più responsabile di una pandemia di gravi condizioni mediche, dal diabete all’obesità, con costi sanitari elevatissimi: secondo un rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), infatti, tra il 2020 e il 2030 quasi 500 milioni di persone a causa dell’inattività fisica svilupperanno malattie cardiache, obesità, diabete o altre malattie cosiddette non trasmissibili, con un costo annuo di 27 miliardi di dollari per l’assistenza sanitaria, se i governi non prenderanno provvedimenti urgenti per incoraggiare una maggiore attività fisica tra le loro popolazioni.

    Sono alcuni dei dati emersi dal Rapporto OMS sullo stato globale dell’attività fisica 2022, che misura il grado di azione dei governi per favorire un aumento dei livelli di attività fisica a tutte le età. La pandemia ha peraltro scoraggiato gli stati a organizzare eventi di attività fisica di massa.

    Dal Rapporto, che ha analizzato dati relativi a 194 paesi, è emerso che meno della metà delle nazioni ha una politica che favorisca l’attività fisica della popolazione adulta e pediatrica, e di questi meno del 40% sono veramente operativi per garantire che tutti svolgano un’adeguata quota di esercizio fisico. Inoltre dal rapporto emerge che solo il 30% dei Paesi ha linee guida nazionali sull’attività fisica per tutte le fasce d’età. Mentre quasi tutti i Paesi riportano un sistema di monitoraggio dell’attività fisica negli adulti, il 75% dei Paesi monitora l’attività fisica tra gli adolescenti e meno del 30% dei Paesi monitora l’attività fisica nei bambini al di sotto dei 5 anni. Il problema è che se un paese non è in grado di monitorare quanto si muovono i propri cittadini e quali sono i motivi della sedentarietà, difficilmente potrà adottare le politiche più idonee a favorire il movimento fisico.

    Considerando le azioni che potrebbero incoraggiare il trasporto attivo e sostenibile e quindi il movimento, dal rapporto Oms si vede che solo poco più del 40% dei Paesi ha standard di progettazione stradale che rendono più sicuri gli spostamenti a piedi e in bicicletta, incentivandoli. È importante supportare le persone affinché siano più attive attraverso gli spostamenti a piedi, in bicicletta, o attraverso la pratica di sport e altre attività fisiche. “I benefici sono enormi, non solo per la salute fisica e mentale degli individui, ma anche per le società, gli ambienti e le economie”, ha dichiarato Tedros Adhanom Ghebreyesus, Direttore generale dell’OMS. “Ci auguriamo che i Paesi utilizzino questo rapporto per costruire società più attive, più sane e più giuste per tutti”.

    L’onere economico dell’inattività fisica è significativo e il costo delle cure per i nuovi casi prevenibili di malattie non trasmissibili raggiungerà quasi 300 miliardi di dollari entro il 2030, circa 27 miliardi di dollari all’anno. Ma i paesi fanno pochissimo per incentivare al movimento fisico, ad esempio dal rapporto emerge che solo poco più del 50% dei Paesi ha condotto una campagna di comunicazione nazionale o ha organizzato eventi di attività fisica di massa negli ultimi due anni. La pandemia di Covid-19 non solo ha bloccato queste iniziative, ma ha anche influenzato l’attuazione di altre politiche che hanno ampliato le disuguaglianze nell’accesso e nelle opportunità di praticare attività fisica per molte comunità.

    Per aiutare i Paesi ad aumentare l’attività fisica, il Piano d’azione globale sull’attività fisica 2018-2030 (Gappa) dell’Oms stabilisce 20 raccomandazioni politiche, tra cui la creazione di strade più sicure per incoraggiare un trasporto più attivo, l’offerta di un maggior numero di programmi e opportunità per l’attività fisica in contesti chiave come le scuole.

  • In 6 anni le morti per tumori solo calate del 10% tra gli uomini e dell’8% tra le donne

    In 6 anni, dal 2015 al 2021, la mortalità per cancro in Italia è diminuita del 10% negli uomini e dell’8% nelle donne. Dai tumori del sangue a quelli della mammella e della prostata, molti progressi sono stati compiuti grazie alle campagne di prevenzione, alla diffusione degli screening oncologici e a nuove molecole che permettono di centrare sempre meglio il ‘bersaglio’ presente sulle cellule tumorali. Ma i pazienti si potrebbero curare ancora meglio se tutti coloro che possono beneficiarne avessero accesso ai test genetici in grado di individuare la presenza di mutazioni che rendono alcuni tumori rispondenti alle terapie.

    A fare il punto sulle terapie oncologiche è l’evento scientifico organizzato da AstraZeneca al Centro Congressi La Nuvola, a Roma, che vede riuniti i maggiori esperti in materia. Continuano a crescere di anno in anno, e sono oggi circa 3,6 milioni, i cittadini che vivono dopo la diagnosi di tumore. In particolare, 7 pazienti su 10 colpiti da tumori del sangue sono vivi a 10 anni dalla diagnosi o può essere considerato guarito. La leucemia linfatica cronica, che colpisce 3.400 persone ogni anno in Italia, è la più frequente fra le leucemie e, per trattarla, la tradizionale immuno-chemioterapia è efficace solo in alcuni casi. “Dopo la revisione delle linee guida europee, che ha ridotto i pazienti candidabili a questo approccio, le terapie mirate sono destinate a diventare sempre più lo standard di cura – spiega Armando Santoro, direttore dell’Humanitas Cancer Center all’Istituto Clinico Humanitas Irccs di Rozzano -. Nelle patologie dei linfociti B, gli inibitori della proteina BTK, che rientrano nella classe delle terapie mirate, permettono di controllare la malattia. In particolare, acalabrutinib ha evidenziato un beneficio significativo in termini di efficacia e tollerabilità a lungo termine”.

    A fare la differenza è, in molti casi, la possibilità di accedere a test per la ricerca di mutazioni genetiche: sapere se sono o meno presenti, infatti, è fondamentale nella scelta delle terapie migliori per alcuni tipi di tumore. Per quanto riguarda, ad esempio, i tumori della mammella ereditari in stadio precoce, in donne con mutazione dei geni Brca1 e 2, la terapia mirata olaparib colpisce le mutazioni di questi geni per ridurre il rischio di recidiva. Ma olaparib “ha aperto l’era della medicina di precisione anche nel tumore della prostata – spiega Romano Danesi, direttore del Dipartimento di Medicina di Laboratorio Aou Pisana -. La molecola ha più che triplicato la sopravvivenza libera da progressione di malattia, garantendo buona qualità di vita per pazienti con carcinoma prostatico metastatico resistente alla castrazione con mutazioni Brca1/2”. Le mutazioni genetiche sono in grado di guidare la scelta della terapia anche nel carcinoma del polmone, che in Italia ha causato 34mila decessi nel solo 2021. “Nei pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule in stadio precoce – conclude Danesi – il trattamento post chirurgico con osimertinib, terapia mirata anti EGFR, ha intento curativo. Parlare di guarigione in questa malattia è un grande risultato, impensabile pochi anni fa”.

    “I test per le mutazioni genetiche dovrebbero, pertanto, – afferma Saverio Cinieri, presidente Associazione Italiana Oncologia Medica (Aiom) – essere effettuati al momento della diagnosi per indirizzare al meglio ‘terapie su misura’ e andrebbero garantiti a tutti i pazienti che ne possono avere beneficio, a prescindere dalla regione di provenienza. Speriamo arrivino presto i decreti attuativi della legge che lo prevede, affinché possano presto essere inseriti nei Livelli essenziali di assistenza”.

  • HIV: First woman in world believed to be cured of virus

    A US patient is believed to be the third person in the world, and first woman, to be cured of HIV.

    The patient was being treated for leukaemia when she received a stem cell transplant from someone with natural resistance to the Aids-causing virus.

    The woman has now been free of the virus for 14 months.

    But experts say the transplant method used, involving umbilical cord blood, is too risky to be suitable for most people with HIV.

    The patient’s case was presented at a medical conference in Denver on Tuesday and is the first time that this method is known to have been used as a functional cure for HIV.

    The patient received a transplant of umbilical cord blood as part of her cancer treatment and has since not needed to take the antiretroviral therapy required to treat HIV.

    The case was part of a larger US study of people living with HIV who had received the same type of blood transplant to treat cancer and serious diseases.

    The transplanted cells that were selected have a specific genetic mutation which means they can’t be infected by the HIV virus.

    Scientists believe the immune system of recipients can develop resistance to HIV as a result.

    The woman’s treatment involved umbilical cord blood, unlike the two previous known cases where patients had received adult stem cells as part of bone marrow transplants.

    Umbilical cord blood is more widely available than the adult stem cells previously used and it does not require as close a match between donor and recipient.

    Sharon Lewin, president-elect of the International Aids Society, cautioned that the transplant method used in this case wouldn’t be a viable cure for most people living with HIV.

    But she added that the case “confirms that a cure for HIV is possible and further strengthens using gene therapy as a viable strategy for an HIV cure.”

    The findings around this most recent case study are yet to be published in a peer-reviewed journal, so wider scientific understanding is still limited.

  • Ipotesi scientifica: un batterio intestinale fa la differenza nella resistenza al Covid

    Il Giappone sembrerebbe fornire un modello da seguire nella lotta contro il coronavirus. Il paese del Sol Levante ha infatti avuto uno dei tassi di mortalità per Covid-19 più bassi del mondo. La spiegazione di questo incredibile risultato è in un recentissimo studio pubblicato sulla rivista scientifica PLOS One, un team giapponese guidato da  Masaaki Hirayama, professore associato alla Graduate School of Medicine della Nagoya University Graduate School of Medicine e di altri istituti giapponesi, ha suggerito che il batterio “Collinsella intestinale” può ridurre gli effetti delle infezioni da Covid-19 e quindi spiegare i differenti tassi di mortalità tra i diversi paesi asiatici ed Europei. Lo studio, basato su dati del febbraio 2021, prova che i Paesi come Corea del Sud, Giappone e Finlandia hanno una fetta della popolazione con la flora intestinale contenente il batterio Collinsella, tra il 34% al 61%, hanno anche i più bassi tassi di mortalità dovuta al coronavirus. Al contrario, Messico, Italia, Stati Uniti, Regno Unito e Belgio, che comprendono solo dal 4% al 18% delle popolazioni con Collinsella, hanno mostrato alcuni tra i tassi di mortalità più elevati dalla pandemia. La correlazione negativa scoperta dai ricercatori nipponici, collega una scarsa presenza nella flora intestinale del batterio Collinsella e le morti per Covid. Questo potrebbe essere attribuito alla capacità dei batteri di produrre ursodeossicolato, che inibirebbe il legame del virus e l’enzima di conversione dell’angiotensina 2 (ACE2), il principale punto di ingresso nelle cellule per molti coronavirus.

    È da sottolineare che lo studio in questione è stato sottoposto a una revisione paritaria completa ed è stato pubblicato sulla rivista americana di scienza e medicina ad accesso aperto su “Plos One”, tra le più importanti riviste medico scientifiche a fine novembre. Il professor Hirayama ha scoperto che l’azione del “batterio Collinsella” trasforma gli acidi biliari dell’intestino in “acido ursodeossicolico”, che ha la capacità di recedere il legame del coronavirus al suo recettore e inibire la risposta immunitaria potenzialmente mortale chiamata tempesta di citochine. L’importanza del cd “bioma intestinale” per il nostro sistema immunitario è studiata da anni e oggetto di centinaia di pubblicazioni scientifiche. Probabilmente è una delle manifestazioni più affascinanti della grande capacità di adattamento della nostra specie “Homo Sapiens” che in questo modo può adattarsi anche ad ambienti dove sono endemici virus e malattie mortali, acquisendo una sorta di “simbiosi” con questi batteri e microorganismi che si stabiliscono e riproducono nel nostro intestino.  Un approccio simile esiste nelle piante che da milioni di anni vivono in simbiosi con batteri e funghi micorrizici che le aiutano ad assorbire i diversi nutrienti e difendersi da malattie e predatori.

  • Covid e prevenzione in oncologia

    La pandemia ha creato un enorme incremento di mortalità data dagli effetti gravi indotti dalla malattia scatenata dal covid: attualmente siamo ormai vicini in Italia a raggiungere purtroppo quasi i 140.000 morti, un numero impressionante che ci fa riflettere sull’impatto che ha avuto nella popolazione italiana, soprattutto nelle fasce di età più avanzate. Questo è ciò che definisco l’impatto primario. Ma la pandemia ha creato un impatto secondario di non minor importanza, sia nel breve che nel lungo termine, legato a una drastica riduzione da una parte del monitoraggio dei pazienti che già hanno avuto una diagnosi oncologica e dall’altra soprattutto nella ampia fascia di popolazione coinvolta nella prevenzione oncologica. I dati che arrivano dall’Europa e dall’Italia in particolare non sono per niente rassicuranti: nel nostro continente infatti, che ogni anno rileva 2,7 milioni di nuovi casi di cancro e 1,3 milioni di morti (dati 2020), la macchina della prevenzione nel periodo covid ha rallentato vertiginosamente, stimando che non siano stati eseguiti un numero di più di 100 milioni di screening oncologici, di cui più di 2,5 milioni solo in Italia. Nel 2020 due fra i  tumori più diffusi, cioè quello della mammella e del colon retto, hanno registrato una riduzione di interventi del 12%, soprattutto di quelli di minori e limitate dimensioni e quindi con probabilità maggiore di controllo e di sopravvivenza.

    Sicuramente la paura di recarsi in ospedale e le limitazioni di aree rosse vissute ha dato una forte spinta a questo atteggiamento ma credo che ciò ci debba far ripensare sia a una riorganizzazione del sistema di cura e delle strutture ad esse dedicate (quello che io chiamo un sistema modulare), sia ad una nuova maggiore attenzione da parte del governo e dei media di tornare a focalizzare le attenzioni e gli investimenti di nuovo sulla prevenzione e sulle campagne di screening.

  • Piano europeo di lotta contro il cancro: un nuovo approccio dell’UE in materia di prevenzione, trattamento e assistenza

    Alla vigilia della giornata mondiale contro il cancro, che si celebra il 4 febbraio, la Commissione europea ha presentato il piano europeo di lotta contro il cancro, priorità fondamentale della Commissione von der Leyen nel settore della salute e colonna portante di una solida Unione europea della salute. Muovendo da nuove tecnologie, ricerca e innovazione, il piano definisce il nuovo approccio dell’UE in materia di prevenzione, trattamento e assistenza, affrontando la malattia in tutte le sue fasi – dalla prevenzione alla qualità della vita di chi ne è affetto e di chi l’ha sconfitta – e concentrandosi sulle azioni alle quali l’UE può apportare il massimo valore aggiunto.

    Il piano europeo di lotta contro il cancro sarà sostenuto da azioni in vari settori strategici, dall’occupazione all’istruzione fino alla politica sociale e all’uguaglianza, passando per commercio, agricoltura, energia, ambiente, clima, trasporti, politica di coesione e fiscalità.

    Il piano si articola in quattro aree d’intervento fondamentali, nelle quali sono previste 10 iniziative faro e numerose azioni di supporto. Per realizzarle saranno attivati tutti gli strumenti di finanziamento della Commissione, con uno stanziamento complessivo di 4 miliardi di € destinati ad azioni di lotta contro il cancro in provenienza dal programma EU4Health, da Orizzonte Europa e dal programma Europa digitale, solo per citarne alcuni.

    1.Prevenzione, attraverso azioni finalizzate ad arginare i principali fattori di rischio, ad esempio il tabagismo (affinché entro il 2040 la percentuale di popolazione che fa uso di tabacco sia inferiore al 5 %), il consumo nocivo di alcol, l’inquinamento ambientale e le sostanze pericolose. La campagna “HealthyLifestyle4All” promuoverà inoltre l’alimentazione sana e l’attività fisica. Per prevenire i tumori causati da infezioni, il piano punta a vaccinare almeno il 90 % della popolazione bersaglio di ragazze nell’UE e ad aumentare considerevolmente la copertura vaccinale dei ragazzi entro il 2030.

    2.Individuazione precoce, migliorando l’accesso alla diagnostica e la sua qualità e appoggiando gli Stati membri di modo che entro il 2025 il 90 % della popolazione dell’UE che soddisfa i requisiti per lo screening del tumore al seno, del tumore del collo dell’utero e del tumore del colon-retto abbia la possibilità di sottoporvisi. A tal fine sarà proposto un nuovo programma di screening sostenuto dall’UE.

    3.Diagnosi e trattamento, mediante azioni volte a offrire una migliore assistenza integrata e completa e a correggere le disparità di accesso a cure e medicinali di alta qualità. Di qui al 2030 il 90 % degli aventi diritto dovrebbe avere accesso a centri nazionali integrati di cancerologia facenti parte di una rete UE. Entro la fine del 2021 sarà inoltre varata una nuova iniziativa di diagnosi e trattamento del cancro per tutti allo scopo di migliorare l’accesso a diagnosi e trattamenti innovativi, mentre un’iniziativa europea per comprendere il cancro (UNCAN.eu) aiuterà a individuare le persone ad alto rischio di sviluppare tumori comuni.

    4.Miglioramento della qualità della vita dei malati di cancro e dei sopravvissuti, compresi gli aspetti di riabilitazione e di possibile recidiva o metastasi, e misure per facilitare l’integrazione sociale e il reinserimento lavorativo. Sarà avviata un’iniziativa a favore di una vita migliore per i malati di cancro incentrata sull’assistenza durante il follow-up.

    Per promuovere le nuove tecnologie, la ricerca e l’innovazione sarà inoltre creato un centro di conoscenze sul cancro, che aiuterà a coordinare le iniziative scientifiche e tecniche a livello dell’UE. Sarà varata un’iniziativa europea sulla diagnostica per immagini (imaging) dei tumori, tesa a sostenere lo sviluppo di strumenti computerizzati in grado di far progredire la medicina personalizzata e le soluzioni innovative.

    Particolare attenzione sarà rivolta ai più piccoli nell’ambito di un’iniziativa per aiutare i bambini affetti da cancro, allo scopo di garantire che abbiano accesso a un’individuazione, una diagnosi, un trattamento e un’assistenza rapidi e ottimali. Per individuare tendenze, disparità e disuguaglianze tra Stati membri e regioni sarà infine istituito nel 2021 un registro delle disuguaglianze.

  • Aumentano tumori tra le donne, ma crescono le guarigioni

    Nel 2020 in Italia sono stimati 377mila nuovi casi di tumore, circa 6mila in più rispetto allo scorso anno. Ma ad aumentare sono solo le diagnosi tra le donne – soprattutto per l’aumento dei casi di cancro al polmone legato al fumo di sigaretta sempre più diffuso al femminile – mentre diminuiscono quelle tra gli uomini. La bella notizia è che crescono le guarigioni e cala la mortalità per varie neoplasie, grazie alle nuove terapie e agli screening, e sono 3,6 milioni gli italiani vivi dopo la diagnosi di cancro (+37% rispetto a 10 anni fa).

    E’ a luci ed ombre il quadro che emerge dal censimento ‘I numeri del cancro in Italia 2020′, presentato all’Istituto superiore di sanità (Iss) nella sua decima edizione, frutto del lavoro dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) con l’Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM), la Società Italiana di Anatomia Patologica (SIAPEC-IAP), Fondazione AIOM,  PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia). Nel 2020 si stimano dunque 195.000 nuovi casi negli uomini e 182.000 nelle donne (nel 2019 erano 196.000 e 175.000). Si stimano, quindi, circa 6.000 casi in più, a carico delle donne. Il tumore più diagnosticato, nel 2020, è quello della mammella (54.976), seguito dal colon-retto (43.702), polmone (40.882), prostata (36.074). In particolare, nel sesso femminile, continua la preoccupante crescita del carcinoma del polmone (+3,4% annuo), legata proprio all’abitudine al fumo. Si impone, rileva il rapporto, il “caso” del colon-retto, in netto calo in entrambi i sessi, grazie all’efficacia dei programmi di screening. Nel 2020, i tassi di incidenza di questa neoplasia sono in diminuzione del 20% rispetto al picco del 2013. In generale, l’efficacia delle campagne di prevenzione e delle terapie innovative determina un complessivo aumento del numero delle persone vive dopo la diagnosi. Almeno un paziente su 4 (quasi un milione di persone) è tornato ad avere la stessa aspettativa di vita della popolazione generale e può considerarsi guarito. Un altro dato importante è quello relativo alla riduzione complessiva dei tassi di mortalità stimati nel 2020 rispetto al 2015: sono in diminuzione sia negli uomini (-6%) che nelle donne (-4,2%), grazie ai progressi nella diagnosi e nei trattamenti.

    E’ questa la “conferma della qualità del nostro Servizio Sanitario Nazionale – commenta il ministro della Salute Roberto Speranza nella prefazione al volume -. C’è ancora molto da fare, ma rispetto a 10 anni fa cresce notevolmente il numero di donne e uomini che sopravvivono alla diagnosi di tumore, aumenta il tasso di guarigioni e sempre più persone tornano ad avere la stessa aspettativa di vita della popolazione generale”.

    Ma se le donne si ammalano di più, tra loro la sopravvivenza ai tumori a 5 anni raggiunge il 63%, migliore rispetto a quella degli uomini (54%). Ciò perché nel sesso femminile il tumore più frequente è quello della mammella, caratterizzato da una prognosi migliore. Il dito puntato resta contro gli scorretti stila di vita: “circa il 40% dei nuovi casi di tumore è potenzialmente evitabile”, ha sottolineato Stefania Gori, presidente Fondazione Aiom. Ma a fare la differenza è anche la prevenzione, da qui la necessità di rafforzare gli screening, avverte il presidente Iss Silvio Brusaferro, ricordando che ancora meno di 5 persone su 10 tra gli ultra 50enni si sottopongono al test colorettale.  E la pandemia ha peggiorato la situazione con lo stop degli esami. Ora gli screening “non sono ancora ripresi dappertutto e persiste una situazione a macchia di leopardo tra le Regioni. Il fatto – spiega il presidente Aiom Giordano Beretta – è che in varie realtà i nuovi inviti ad effettuare gli screening non sono ancora ripartiti, perché il personale delle Asl è impegnato a convocare le persone per i tamponi e non riesce a convocare i cittadini per gli screening”. Ma Covid-19, ammonisce, “non può diventare un alibi e una giustificazione per la mancata ripresa degli esami oncologici”.

  • Il dottore Giuseppe Di Bella: «Possiamo fermare il tumore. Ecco i nostri ultimi risultati»

    «Stiamo studiando innovazioni sul campo della proliferazione tumorale e della mutazione. Il cambiamento del tumore è uno degli aspetti più insidiosi e più pericolosi, con la mutazione la cellula tumorale diventa resistente a tutto…». Il dottor Giuseppe Di Bella è impegnato nella lotta contro il cancro e porta avanti da anni gli studi del padre Luigi tramite la Fondazione Di Bella. Studi che vedono la collaborazione in tempi più recenti del Cnr e di altri rilevanti centri di oncologici. Giuseppe Di Bella intervistato da Radio Radio ha snocciolato i più importanti progressi ottenuti nella prevenzione e cura dei tumori.

    «Ci sono due obiettivi precisi e studi in corso che la Fondazione Di Bella ha finanziato. E continuerà a finanziare perché devono essere continuati», ha spiegato Di Bella ai microfoni di Radio Radio. «Innanzitutto individuare un prodotto biologico che possa inibire la proliferazione tumorale. Il tumore cresce con l’ormone della crescita. Bisogna avere un inibitore specifico, che è la somatostatina. Renderla il più possibile attiva dentro la cellula per resistere agli enzimi del sangue come peptidasi. Questa è la prima ricerca che stiamo conducendo col Cnr i cui primi risultati importanti sono pubblicati sulle banche dati. Abbiamo già una somatostatina liposomiale, stiamo aspettando di poterla dare al farmacista». Di Bella ha spiegato che «secondo questa linea di ricerca che continuerà col prossimo finanziamento, questo tipo di somatostatina può essere usata per aumentare ancor di più l’emivita, cioè durare più a lungo e avere più affinità nella cellula. Abbiamo, oltre la collaborazione del Cnr, anche quella di due centri di ricerca: in particolare uno di oncologia avanzata che sta sperimentando l’effetto epigenetico».

    Cosa vuol dire? «Come la somatostatina agisce sul Dna, come lo modifica a livello epigenetico», ha spiegato ancora il figlio del professore. «Questo può dare una quantità di elementi preziosi per indirizzare la terapia, i dosaggi e avere un tipo di somatostatina ad alta affinità recettoriale: agire sui codici della vita». Inoltre molta attenzione è riposta sull’ultimo «prodotto che studiò il Professor Di Bella. La citocalasina B, un prodotto biologico. Il professor Carlo Ventura, titolare della cattedra di biologia molecolare all’università di Bologna sta conducendo la ricerca e ha portato i risultati preliminari al nostro congresso dell’anno scorso. Cosa fa la citocalasina? Può modificare i potenziali di membrana cellulare e perciò interferire sul citoscheletro delle cellule tumorali e sugli scambi delle cellule, con effetti determinanti in particolare sui tumori al seno».

  • Quanti errori…

    Pubblichiamo un articolo del 23 marzo 2020 dal blog che Fabrizio Cicchitto tiene sull’Huffington Post 

    Francamente non capisco le ragioni autentiche della popolarità del presidente del Consiglio Conte se non come effetto di un meccanismo mediatico e psicologico: in una situazione così drammatica la gente è alla ricerca di una persona nella quale aver fiducia.

    Senonché se è vero che ci troviamo di fronte a un attacco sul piano sanitario da quasi tutti imprevisto (diciamo “quasi” perché Bill Gates lo aveva previsto nel 2015), non possiamo fare a meno di rilevare che se siamo a questo punto ciò avviene anche per gli errori commessi dal governo: lo diciamo senza ragioni politiche e strumentali perché non condividiamo quasi nulla di un centro-destra a guida Salvini.

    Allora, premesso che ha ragione Trump quando rileva che la Cina ha gravissime responsabilità per aver tardato di comunicare l’esplosione del virus a Wuhan mettendo a tacere i suoi medici, tuttavia alcuni esperti, in primo luogo Roberto Burioni, hanno sostenuto già a gennaio le esigenze di chiusure assai incisive a partire dalle scuole.

    A essi però nessuno ha dato retta. Il 30 gennaio il presidente Conte ha dichiarato: “La situazione è sotto controllo”. Questa affermazione è derivata anche dalla convinzione del tutto destituita di fondamento e caratterizzata anche da un incredibile provincialismo secondo la quale avendo bloccato i voli diretti fra l’Italia e la Cina noi ci eravamo blindati.

    Anche i nostri ministri dovrebbero sapere che nel mondo contemporaneo esistono mille modi per spostarsi e per di più fra Italia e Cina esistono rapporti economici, culturali e personali molto profondi. Di conseguenza da noi il Coronavirus è arrivato molto prima del fatidico 21 febbraio a Codogno.

    Anzi, dobbiamo ringraziare la comunità cinese in Italia che, specie a Prato, ma non solo lì, si è sottoposta autonomamente a una rigorosa quarantena di persone e di negozi. Tant’è che a parte i due turisti cinesi non esistono altri cinesi contagiati. Con la stessa faciloneria è stata respinta in modo del tutto sbagliata la richiesta dei governatori del Nord di sottoporre a quarantena gli studenti cinesi che tornavano nelle scuole in Italia. L’eventuale razzismo insito in quella proposta andava corretto, estendendola non annullandola: tutti (italiani, cinesi, svizzeri e ostrogoti) che erano passati per la Cina andavano identificati e sottoposti a quarantena.

    La realtà è che molto a lungo il problema Covid-19 è stato visto da noi come se fosse solo un problema interno alla Cina, malgrado che Burioni e altri esperti continuassero a suonare il campanello d’allarme. A un certo punto addirittura ha preso piede lo slogan “Milano non si ferma”, lanciato dal sindaco Sala e raccolto non solo dallo sfortunato Zingaretti, ma anche da Salvini e in parte da Zaia.

    Solo il presidente Fontana è rimasto fermo su una posizione rigida avendo coscienza di quello che stava fermentando in Lombardia. D’altra parte, tutta l’esperienza cinese di lotta al virus nella sua estrema durezza ci dice che in una situazione nella quale non c’è vaccino e non ci sono nemmeno allo stato farmaci incisivi l’unica cura è il blocco di quasi tutto.

    Il governo è arrivato molto tardi a questa convinzione e per di più la sta attuando non con un provvedimento globale, ma a pezzi e a bocconi, lasciando sempre buchi in seguito a una estenuante contrattazione con le categorie economiche e in primo luogo con la Confindustria sviluppata in prima persona dal presidente del Consiglio, con procedure francamente al limite del grottesco attraverso la presentazione di più decreti nel cuore della notte.

    Anche stavolta in occasione di quest’ultimo decreto che avrebbe dovuto segnare il blocco di tutto c’è stato un imbarazzante mercato delle vacche con risultati assai discutibili. Ma non possiamo sottacere l’estrema gravità di quello che è successo a Bergamo e a Brescia. In quelle località la situazione era da subito così grave che si sarebbe dovuto procedere con grande velocità alla loro chiusura in zona rossa come è stato fatto per gli undici comuni intorno a Codogno e a Vò.

    Non lo si è fatto per una ragione che in altri tempi sarebbe stata chiamata “una scelta di classe”. Questa scelta di classe è consistita nel mantenere in atto larga parte delle attività industriali e dell’edilizia su richiesta della Confindustria. Così si è concentrata la polemica su coloro che fanno jogging. Certamente una parte di essi, quelli che procedono a gruppi, fanno dei danni. Figurarsi però i danni che possono derivare, in modo ovviamente del tutto involontario, da coloro che lavorano nello spazio ristretto delle fabbriche e dei cantieri.

    Per di più siccome è stato commesso il gravissimo errore di non fare più un uso generalizzato dei tamponi, può accadere benissimo che una parte dei lavoratori, giovani e forti, che lavorano in fabbrica, sono asintomatici per cui tornano a casa e contagiano padri e nonni.

    In più una delle possibili spiegazioni del livello elevatissimo di contagi e di letalità al Nord dipende dal fatto che siccome in quell’area c’è una concentrazione estrema di lavoro industriale e agricolo la diffusione delle polveri sottili e di altri inquinamenti indebolisce le difese immunitarie e su ciò si sta innestando con maggiore forza l’azione del virus.

    A tutto ciò si sono aggiunti altri due tragici errori, quello di non aver fatto tamponi su medici e infermieri e di averli mandati allo sbaraglio senza mascherine. Si è cominciato a respirare mascherine e respiratori a fine febbraio, non dall’inizio di gennaio.

    Evidentemente, purtroppo, la storia si ripete: nella Prima Guerra Mondiale Cadorna e i suoi generali mandavano i fanti a morire contro i reticolati e le mitragliatrici, adesso noi abbiamo mandato medici e infermieri a infettarsi e magari morire non munendoli nemmeno della indispensabile protezione.

    *Presidente di Riformismo e Libertà, ex presidente della commissione affari esteri della Camera

     

  • ‘La scelta antitumore’, il libro che racconta le verità sul Metodo Di Bella

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo dal Dott. Giuseppe Di Bella

    “Invito a diffondere scomode verità per smascherare e delegittimare le mafie di potere che opprimono la nazione. Il Gruppo editoriale Macro ha ridotto del 25% il prezzo del libro “La scelta antitumore” per favorirne la diffusione, come evidenziato in questo link.

    Chiedo collaborazione per la  massima diffusione del libro sulla prevenzione dei tumori, che ha anche una valenza etica e finalità sociali, soprattutto per informare il maggior numero possibile di persone, oltre che della reale, scientificamente documentata, possibilità di prevenire i tumori, dell’entità e gravità della disinformazione, falsificazione e mistificazione sul Metodo Di Bella e sull’inganno dei mainstream di regime, relativamente alle possibilità non mediatiche ma reali, vere, delle cure istituzionali del cancro. Per ogni libro ho un incasso inferiore all’euro, peraltro tassabile. Vi informo di questo per chiarire che non è certo l’interesse che mi spinge a chiedere la collaborazione per la diffusione del libro.

    Nel 2001, per raggiungere il capitale necessario al riconoscimento della Fondazione Di Bella, ho speso oltre un centinaio di milioni di vecchie lire, oltre al resto per attrezzare con vari PC e tutto il materiale necessario alla sede scientifica della Fondazione, la cui gestione è esclusivamente a mio carico. Il portale della Fondazione Di Bella www.metododibella.org ha comportato un lungo impegno di diverse persone, una revisione della letteratura e la traduzione di migliaia di pubblicazioni, interamente a mio carico. L’impegno per il MDB mi ha costretto ad abbandonare l’attività chirurgica estetica e funzionale otorino e maxillo facciale, con sensibile riduzione del fatturato, documentabile dalle denunce dei redditi. Ho ceduto in comodato alla Fondazione per la sua sede scientifica, un locale accatastato come ufficio in Bologna, zona centrale, Via Marconi.

    L’insperata e ampia diffusione del libro ha prodotto una momentanea battuta d’arresto dell’opera di diffamazione continuata e aggravata del regime su mio padre, il Prof. Luigi Di Bella, sulla sua opera di medico e scienziato, sulle possibilità aperte dal MDB nella terapia e prevenzione del cancro. Questi signori hanno difficoltà a contestare sul piano scientifico e clinico l’ampia documentazione nelle banche dati biomediche e nella letteratura, delle basi razionali, scientifiche e i riscontri clinici del MDB riportati nel libro. Questa pubblicazione documenta inoltre e certifica in modo incontestabile l’assoluta mancanza sia di legittimità, che di scientificità, della sperimentazione ministeriale del 1998, con evidente perdita di credibilità, autorevolezza e prestigio dei centri di potere responsabili di questo falso, gravissimo sul piano etico, scientifico e clinico. Se la diffusione del libro continuerà a mantenersi elevata l’editore sarà fortemente motivato ad accelerare la pubblicazione dell’edizione inglese e probabilmente anche tedesca.

    Per questo chiedo collaborazione e la massima opera di informazione e diffusione del libro a incominciare dai medici che conoscete, dal medico di famiglia, farmacisti, estendendola al maggior numero possibile di conoscenti. Il libro oggi, costituisce l’unica fonte di informazione divulgativa per un’efficace, razionale, scientificamente documentata, prevenzione dei tumori. Si sta già registrando un sensibile aumento dei medici interessati alla prescrizione del MDB, documentato dagli oltre 100 medici che hanno partecipato al Congresso del 7 dicembre a Bologna sul MDB, e dal numero maggiore di iscrizioni che stiamo già ricevendo per il prossimo congresso del 20 giugno a Bologna. E’ significativo che oltre ai medici stiano dimostrando vivo interesse al MDB, anche laureati in Farmacia, Scienze  naturali, Biologiche, Chimica, Fisica e tra le specialità anche oncologi, biologi molecolari e ricercatori .La diffusione di verità particolarmente temute dalle mafie di potere travestite da democrazia che opprimono la nostra Patria, può concorrere alla loro definitiva delegittimazione, al recupero della libertà, indipendenza, dignità e identità del popolo italiano, che hanno condotto al punto infimo di umiliazione e degradazione della sua millenaria storia”.

    ]*Dott. Giuseppe Di Bella, figlio del Prof. Luigi Di Bella, ideatore della terapia antitumorale “Metodo Di Bella”

     

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