Finanziamenti

  • Centri storici tra crisi, trasformazioni e buone pratiche europee

    L’identità dell’Europa è tracciata in larga parte dalle sue città e delle città, come di questa identità del continente, i centri storici ne costituiscono il cuore. Tuttavia non esiste una vera riflessione da parte delle istituzioni europee sulla dimensione metropolitana, e anche le misure di sostegno sono relativamente scarse rispetto a quanto elargito ad altri settori – agricoltura, politica regionale del territorio, pesca. I centri storici rappresentano, soprattutto in Italia, il talismano della città, il territorio che raccoglie i principali monumenti, le glorie e le ragioni dell’orgoglio di una città. Con la trasformazione della società, i centri storici sono stati e sono destinati ancora a importanti cambiamenti; di questi, il segno principale è stato in Italia la chiusura al traffico o una sua limitazione. In buona parte questa scelta è restata la sola misura di qualificazione del centro storico – come se essa bastasse.

    Una soluzione all’italiana, perché una dimensione europea deve tener conto di un certo numero di esigenze:

    • Prioritaria è la difesa della salute dei Cittadini, provvedendo a misure che limitino l’inquinamento, atmosferico come acustico, reso più pernicioso dalle misure ristrette delle strade antiche. A queste in buona parte si ovvia proprio con un accesso limitato ai mezzi di trasporto; ma non solo: occorre anche investire sulla riconversione dei mezzi di trasporto, in particolare pubblici, sfruttando anche i finanziamenti europei disponibili per dotare autobus e altri veicoli pubblici con impianti elettrici. Tuttavia altro deve essere fatto in questa direzione: taxi-collettivi e perfino risciò. Decoro: il centro storico deve essere il biglietto da visita della città. Occorre procedere a una mappatura dei restauri da effettuare e trovare le migliori forme di co-finanziamento private e pubblico, e anche europeo attraverso fondi diretti, e recuperare, anzi valorizzare dal punto di vista sia estetico che dell’impiego, gli edifici non solo storici ma anche quelli dell’architettura minore. Una regolamentazione sui colori da usare e anche su alcuni criteri per fissare le insegne sono altri strumenti essenziali.
    • Vita: il centre storico ha un senso solo se è Per questo occorre mantenere alcune funzioni dei servizi pubblici – uffici comunali, banche, posta – ma soprattutto permettere ai negozi di poter lavorare nelle migliori condizioni. Un coinvolgimento con le categorie è fondamentale. Un centro chiuso ma accogliente per il passeggio, ben restaurato, illuminato, può creare ottime opportunità commerciali. Percorsi tematici, carte di acquisto comune e formule di agevolazioni, giornate o settimane dedicate, aiutano a sollecitare delle nuove forme di fare acquisiti, sempre basate su un’identità peculiare al centro storico – “i negozi del quartiere”.
    • Cultura: il commercio e i servizi però sono solo una gamba, perché il centro ha bisogno di affermare la sua vocazione culturale. Meglio dieci iniziative diffuse per le strade che una sola più eclatante ma riservata a pochi. Gli spazi degli edifici pubblici – centri civici, uffici comunali, piazze pedonali o altro – devono trasformarsi in altrettante occasioni di incontro, laboratori creativi, spazi espositivi. In queste il ruolo principale è quelle delle associazioni, alle quali si possono dare in concessione la gestione di specifici spazi.
    • Sostenibilità: il centro deve essere luogo del futuro. Pannelli solari – regolando la questione dei divieti da parte delle sovrintendenze-abbattimento delle barriere architettoniche, panchine per anziani, bagni pubblici, fontanelle: tutto questo è necessario per rendere il centro facile da usare, per la terza età, per genitori con passeggini, per turisti.
    • Parcheggi e mobilità: è il problema principale. II successo degli outlet dimostra, al di là della convenienza degli acquisti, che la facilità di parcheggio è un pezzo irrinunciabile del successo. La costruzione di un parcheggio non è mai cosa facile, e a seconda della sua collocazione occorre predisporre biciclette in prestito, autobus elettrici, percorsi pedonali. Il piano dei parcheggi costituisce l’investimento più oneroso, anche perché la formula delle generose concessioni a società private che si accollano la maggior parte delle spese di costruzione, comporta spesso dei prezzi per la sosta che non incentivano gli utenti.

    Tutti questi elementi, nessuno escluso, devono far parte di un approccio globale, che metta insieme le varie sfide in modo integrate. Un tale metodo è anche la condizione migliore per rivolgersi alla Commissione Europea per ottenere dei finanziamenti. Numerosi sono i programmi di finanziamento disponibili, altrettanti tasselli per realizzare un centro storico a misura d’uomo. In alcuni casi occorre una collaborazione tra enti locali o imprese e università in altri la creazione di consorzi internazionali. Ma tutte le esigenze di un centro storico possono essere soddisfatte con i finanziamenti europei, a patto di conoscere le regole di fondo dell’euro-progettazione. Dunque bisogna lavorare con metodo, coinvolgendo vari attori – associazioni di categoria, volontariato, operatori culturali, forze dell’ordine, comitati di cittadini – e mettere insieme un disegno complessivo.

    Spetta alle amministrazioni comunali farsi carico del coordinamento di queste lavoro, per far capire che tutti devono prendere parte a una decisione, nei rispettivi ruoli, e che chiudere una strada al traffico e basta è spesso indispensabile ma semplicistico. Nelle città ad alto flusso turistico queste strade pedonali si trasformano spesso in un mercificio che tradisce i connotati storici e allontana i residenti; in quelle meno battute dal turismo di massa, il centro storico si svuota di negozi e di residenti. Due forme di un medesimo deserto contemporaneo, tutt’altro che irresistibile perché, a volerle usare, ci sono idee e risorse per trasformare i centri “storici” in centri di vita.

  • Festival di Cannes 2024: candidati 16 film sostenuti dall’UE

    Sono 16 le opere nominate alla 77° edizione del Festival di Cannes, dal 14 al 25 maggio, finanziate dall’UE in sette diverse categorie.

    Si contendono la Palma d’oro Grand Tour di Miguel Gomes (Portogallo, Italia, Francia), All We Imagine as Light di Payal Kapadia (India, Francia, Paesi Bassi, Lussemburgo, Italia), Limonov — The Ballad di Kirill Serebrennikov (Francia, Italia, Spagna) e The Girl with the Needle (Pigen med nålen) di Magnus von Horn (Danimarca, Polonia, Svezia).

    I vincitori saranno annunciati alla cerimonia di premiazione che si terrà sabato 25 maggio.

  • Un finanziamento di 11 milioni di euro per reportage audiovisivi dedicati all’UE

    La Commissione ha pubblicato un invito a presentare proposte del valore di 11 milioni di euro per finanziare reportage audiovisivi indipendenti realizzati da media paneuropei e dedicati a questioni europee.

    Al fine di aumentare la quantità, la qualità e l’impatto di tali reportage, nel maggior numero possibile di lingue e paesi dell’UE, soprattutto laddove l’offerta da parte dei media è scarsa, l’invito è suddiviso in due sezioni: 8 milioni di euro per i media che presentano proposte per la produzione e la diffusione di programmi e reportage su questioni europee, e un ulteriore importo di 3 milioni di euro a disposizione per proposte di servizi di informazione realizzati in lingue nelle quali la copertura mediatica degli affari europei è limitata (compreso un servizio di informazione internazionale in ungherese) e/o in cui vi siano i margini per migliorare la diversità dei contenuti informativi sull’UE.

    I candidati possono presentare domanda per una delle due sezioni. La Commissione selezionerà una proposta per ciascuna sezione. Il termine ultimo per l’iscrizione è il 24 maggio 2024. Le convenzioni di sovvenzione dovrebbero essere firmate a settembre, a partire dall’ottobre 2024.

    Questo invito a presentare proposte rientra nel quadro delle azioni multimediali, che mirano a finanziare informazioni generali sull’UE, notiziari e programmi rivolti al pubblico con un’angolatura europea, realizzati in condizioni di assoluta indipendenza editoriale.

  • A 1.249 ricercatori selezionati in tutto il mondo borse di studio nell’ambito delle azioni Marie Skłodowska-Curie

    La Commissione ha annunciato i risultati del bando 2023 per le borse di studio post-dottorato promosse dalle azioni Marie Skłodowska-Curie (MSCA).

    Grazie a una dotazione complessiva di 260 milioni di euro, 1.249 ricercatori post-dottorato potranno lavorare ai loro progetti beneficiando al contempo di formazione e tutoraggio per migliorare le loro competenze e promuovere la loro carriera. I progetti riguarderanno tutte le discipline scientifiche e un’ampia gamma di argomenti, tra cui la medicina nucleare per il trattamento oncologico, l’adattamento al cambiamento climatico e studi sulle donne, il genere e la storia.

    Si tratta del terzo bando per borse di studio post-dottorato MSCA nell’ambito del programma di ricerca e innovazione Orizzonte Europa. I borsisti selezionati realizzeranno i loro progetti in università, centri di ricerca, istituzioni pubbliche e aziende di 45 Paesi.

    L’apertura del prossimo bando è prevista per il 10 aprile 2024.

  • Dalla Banca europea per gli investimenti 1,7 miliardi di € di finanziamenti per la costruzione di nuove centrali solari in Spagna, Italia e Portogallo

    La Banca europea per gli investimenti ha approvato un quadro di finanziamento di 1,7 miliardi di € a favore di Solaria, al fine di sostenere la costruzione di circa 120 centrali fotovoltaiche in Spagna, Italia e Portogallo. Il finanziamento è sostenuto dal programma InvestEU.

    Le centrali fotovoltaiche avranno una capacità totale di circa 5,6 GW e produrranno circa 9,29 TWh all’anno. Si prevede la messa in funzione delle centrali elettriche entro la fine del 2028. Questa operazione sosterrà il conseguimento degli obiettivi strategici dell’UE nell’ambito del Green Deal europeo e del piano REPowerEU, fornendo energia elettrica equivalente alla domanda media annua di circa 2,5 milioni di famiglie e riducendo le emissioni di gas a effetto serra di circa 3 milioni di tonnellate di CO2 all’anno. Oltre un terzo della capacità installata sarà situato in regioni meno sviluppate con un PIL pro capite inferiore al 75% della media dell’UE. Secondo le stime della BEI, il progetto promuoverà in modo significativo l’occupazione nelle zone in cui saranno costruiti gli impianti, creando circa 11 100 posti di lavoro all’anno durante la fase di costruzione.

    “Questo importante accordo è una grande dimostrazione della capacità di InvestEU di sostenere in modo significativo la transizione europea verso la neutralità climatica e l’indipendenza energetica!” – ha dichiarato Il Commissario per l’Economia, Paolo Gentiloni. !Metterà a disposizione 1,7 miliardi di € di finanziamenti per nuove centrali fotovoltaiche in Spagna, Italia e Portogallo. Si tratta di una buona notizia sia per il clima sia per l’economia: non solo fornirà energia pulita a milioni di famiglie, ma nelle regioni interessate creerà anche migliaia di posti di lavoro nella fase di costruzione”.

    Il programma InvestEU fornisce all’UE finanziamenti a lungo termine attraverso fondi pubblici e privati a sostegno delle priorità strategiche dell’UE. Nell’ambito del programma, il fondo InvestEU è attuato mediante partner finanziari che investiranno in progetti utilizzando la garanzia dell’UE, mobilitando così almeno 372 miliardi di € di investimenti aggiuntivi.

  • Abusi anche con i finanziamenti europei

    Quando gli abusi vengono accolti con la sottomissione,

    il potere usurpatore non tarda a convertirli in legge.

    Guillaume Malesherbes

    L’Unione europea, tramite le sue istituzioni e strutture specializzate, assiste con dei finanziamenti molti progetti di sviluppo, dopo aver verificato e valutato le proposte presentate. Oltre ai Paesi membri dell’Unione, possono beneficiare dei finanziamenti europei anche tutti i Paesi che stanno seguendo il processo dell’adesione all’Unione europea. Dopo essere stati stanziati, la gestione di quei finanziamenti viene sempre controllata metodicamente da parte di altre strutture specializzate dell’Unione per garantire tutta la necessaria trasparenza. Dal 2007 è stato reso attivo lo Strumento di assistenza pre-adesione, noto come IPA (Instrument for Pre-Accession Assistance). Si tratta di uno strumento di finanziamenti che ha sostituito due precedenti programmi. Il primo, noto come il programma PHARE (Poland and Hungary Assistance for the Restructuring of the Economy – Assistenza per la Ristrutturazione dell’Economia in Polonia e Ungheria; n.d.a.), è stato istituito il 18 dicembre 1989, in seguito alla caduta del muro di Berlino, il 9 novembre 1989. Il programma PHARE è stato lo strumento principale di finanziamento dell’Unione europea. Il secondo, noto come il programma CARDS (Community Assistance for Reconstruction, Development and Stabilisation – l’Assistenza Comunitaria per la Ricostruzione, Sviluppo e Stabilizzazione; n.d.a.), è stato istituito il 5 dicembre 2000 e poi reso attivo nel 2001 per assistere i Paesi dei Balcani occidentali. Il programma CARDS è stato lo strumento principale dei finanziamenti previsti e messi in atto, nell’ambito del processo della Stabilizzazione e Associazione, che i Paesi dei Balcani occidentali hanno avviato, firmando un Accordo con l’Unione europea.

    Lo strumento di assistenza pre-adesione IPA serve per aiutare tutti i Paesi candidati all’adesione nell’Unione europea, o quelli potenzialmente tali, ad adattarsi ed allinearsi con le normative e i regolamenti dell’Unione. Normative e regolamenti che riguardano l’avviamento e l’avanzamento delle richieste riforme nel campo dell’economia, della politica, delle istituzioni, del sistema della giustizia ecc.. Riforme che devono garantire il funzionamento, nel Paese beneficiario, del sistema democratico, del buon governo e dello Stato di diritto, nonché il pieno ed incondizionato rispetto dei diritti dell’uomo e lo sviluppo sociale ed economico del Paese. Sempre nell’ambito dello strumento di assistenza pre-adesione IPA sono, altresì, previsti dei finanziamenti per promuovere e sostenere dei progetti di sviluppo delle aree rurali. Si tratta di finanziamenti effettuati tramite i programmi settennali IPARD (Instrument for Pre-Accession Assistance and Rural Development – Lo Strumento di assistenza pre-adesione per lo sviluppo rurale; n.d.a.). Dagli atti istituzionali risulta che i programmi IPARD si attivano nelle aree rurali dei Paesi che stanno percorrendo il processo di adesione all’Unione europea, per promuovere e sviluppare progetti nel campo dell’agricoltura e quello agroalimentare. Tramite i programmi IPARD si cerca di adattare i Paesi beneficiari con le normative dell’Unione europea nel campo agricolo. Attualmente è attivo il programma IPARD III (2021 – 2027). Tra gli obiettivi istituzionalmente confermati, da conseguire nell’ambito di questo programma, ci sono anche l’agevolazione dello sviluppo delle imprese, la loro crescita e, di conseguenza, la crescita dell’occupazione nelle aree rurali. In più si prevede anche l’aumento della competitività nel settore agroalimentare e il miglioramento dello sviluppo comunitario e del capitale sociale in quelle aree rurali dov’è attivo il programma. Un importante obiettivo dell’attuale programma IPARD III è quello di contribuire alla mitigazione, per quanto possa essere possibile, dei cambiamenti climatici e/o all’adattamento con loro. L’istituzione responsabile incaricata per la gestione del programma è la Direzione Generale della Commissione europea per l’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale (The Directorate-General for Agriculture and Rural Development), nota anche come DG AGRI.

    E siccome si tratta di ingenti finanziamenti stanziati dalla Commissione europea, diventa obbligatorio anche un dettagliato controllo della loro gestione in tutte le previste fasi dei progetti approvati in tutti i Paesi beneficiari. La struttura della Commissione europea responsabile di questo compito è OLAF, l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (European Anti-Fraud Office), istituito nell’aprile 1999. L’obiettivo istituzionale di questa struttura è quello di “…contrastare le frodi, la corruzione e qualsiasi attività illecita, lesiva degli interessi finanziari dell’Unione europea”. OLAF effettua continuamente delle indagini specializzate e indipendenti su qualsiasi presunto e/o denunciato caso di frode e di corruzione, riguardante i finanziamenti stanziati dall’Unione europea, da parte di coloro che gestiscono i finanziamenti nei singoli Paesi e/o dai beneficiari finali. In più OLAF si impegna a “…rafforzare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni dell’Unione europea, attraverso indagini su gravi inadempimenti degli obblighi professionali da parte del personale e dei membri delle istituzioni dell’Unione europea”.

    L’Albania, essendo uno dei Paesi che da molti anni ormai ha avviato il suo percorso per l’adesione all’Unione europea, ha anche beneficiato sia dei finanziamenti previsti dal programma CARDS, che di quelli dello Strumento IPA. Compresi anche i finanziamenti per lo sviluppo agricolo delle aree rurali, nell’ambito dei programmi IPARD. Ebbene, il 14 luglio scorso la Direzione Generale della Commissione europea per l’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale ha ufficialmente inviato alle istituzioni albanesi una lettera confermando la sospensione temporanea del sostegno finanziario nell’ambito dei programmi IPARD. Tra le istituzioni governative alle quali è stata inviata quella lettera c’erano anche il ministero dell’Agricoltura, il ministero delle Finanze, nonché l’Agenzia per lo sviluppo agricolo e rurale; un’istituzione quella che gestisce, a livello nazionale, proprio i finanziamenti dei programmi IPARD.  La notizia è stata resa pubblica alcuni giorni dopo, il 18 luglio scorso, da un portale informativo non controllato dal governo. E prima che venisse pubblicata la notizia, i gestori del portale informativo hanno verificato la sua veridicità tramite tre diverse fonti confidenziali. Ѐ stata contattata anche la Delegazione dell’Unione europea in Albania che ha confermato la notizia della sospensione dei finanziamenti, in seguito a delle indagini avviate dai primi mesi del 2021. Si è trattato di indagini focalizzate soprattutto sulla distribuzione dei finanziamenti a fondo perduto previsti e destinati ai beneficiari agricoltori albanesi. In più, proprio la Delegazione dell’Unione europea in Albania, il 19 luglio scorso, ha distribuito un comunicato ufficiale, con il quale si confermava che la Direzione Generale della Commissione europea per l’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale “…ha informato il governo albanese di aver preso delle misure precauzionali in base ad un’informazione iniziale diramata dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), in seguito alle indagine su delle accuse di corruzione riguardanti l’attuazione del programma IPARD II”. Nel comunicato ufficiale della Delegazione dell’Unione europea in Albania si precisava che “in via preventiva, a tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea, la Commissione europea ha temporaneamente sospeso i rimborsi alle autorità albanesi per le spese sostenute nell’ambito del programma IPARD II”. Si trattava proprio del pagamento dell’ultima richiesta di rimborso, per una somma di 450.000 euro, nell’ambito dei finanziamenti per l’agricoltura, presentata dalle autorità albanesi. Il rifiuto, come confermato dal portale informativo che ha pubblicato per primo la notizia il 18 luglio scorso, era dovuto a delle presunte irregolarità e pratiche corruttive durante la gestione dei finanziamenti europei. Nello stesso comunicato ufficiale della Delegazione dell’Unione europea in Albania, si ribadiva che “…la Commissione europea non può commentare nessuna conclusione possibile di OLAF sull’attuazione del programma IPARD II (2014 – 2020) in Albania. Le indagini di OLAF stanno continuando. Quando l’OLAF consegnerà il rapporto finale, la Commissione europea informerà le autorità albanesi e, in base alle conclusioni del rapporto, prenderà ogni successiva e necessaria misura per tutelare gli interessi finanziari dell’Unione europea”. Questo confermava il comunicato ufficiale reso pubblico dalla Delegazione dell’Unione europea in Albania il 19 luglio scorso.

    La notizia è arrivata in un momento veramente difficile in cui si trovano da tempo ormai le autorità albanesi, compreso il primo ministro. Anzi, soprattutto il primo ministro che, dati e fatti accaduti, documentati e denunciati pubblicamente alla mano, risulterebbe direttamente o indirettamente coinvolto in molti scandali finanziari milionari, tuttora in corso. Chissà perché le istituzioni del sistema “riformato” della giustizia non riescono a trovare i veri e diretti responsabili di tutti questi scandali?! Il nostro lettore è stato spesso informato di una simile, preoccupante e pericolosa realtà. E, guarda caso, la notizia è arrivata e poi resa pubblica proprio mentre nella capitale albanese il primo ministro aveva organizzato un incontro con i dirigenti dei Paesi dei Balcani occidentali. Un incontro durante il quale il primo ministro albanese aveva annunciato un nuovo piano di supporto finanziario da parte dell’Unione europea per i Paesi della regione balcanica. Ovviamente anche per l’Albania. Non poteva essere un momento peggiore per rendere pubblica la notizia arrivata il 14 luglio scorso dalla Commissione europea. Ragion per cui la notizia della sospensione dei rimborsi europei, nell’ambito dei finanziamenti per l’agricoltura e lo sviluppo delle aree rurali, è stata tenuta nascosta per alcuni giorni dalle autorità albanesi che, nel frattempo, erano state informate ufficialmente dalla Direzione Generale della Commissione europea per l’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale. E l’avrebbero tenuta ancora nascosta quella notizia se non fosse stata pubblicata da quel portale informativo il 18 luglio scorso. In una simile e difficile situazione, l’unica istituzione che è stata costretta a reagire era il ministero dell’Agricoltura. Ovviamente, con la sua reazione, il ministero ha cercato di negare, o comunque, di sfumare la notizia. Con dei raggiri verbali, il ministero ha cercato di tergiversare, sostenendo che il programma di finanziamento europeo per l’agricoltura e lo sviluppo delle aree rurali non era stato sospeso (Sic!). Hanno fatto riferimento al programma di finanziamenti e non al pagamento dell’ultima richiesta di rimborso, che ammontava ad una somma di 450.000 euro, proprio nell’ambito dei finanziamenti per l’agricoltura. L’ennesima “furbizia” per sfuggire alla verità e, perciò, anche alle responsabilità istituzionali e personali.

    A proposito, la ministra dell’Agricoltura il 28 aprile scorso, riferendosi proprio ai finanziamenti IPARD, dichiarava con un abominevole servilismo: “Il successo del programma IPARD ha nelle sue fondamenta gli sforzi titanici del primo ministro”! Mentre da tempo le cattive lingue parlavano di abusi dei finanziamenti europei.

    Bisogna sottolineare che nella stessa lettera ufficiale, inviata il 14 luglio scorso dalla Direzione Generale della Commissione europea per l’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale alle autorità albanesi, non si informava solo della sopracitata sospensione dei pagamenti. Il portale informativo che ha pubblicato la notizia, ha altresì confermato che, oltre alla sospensione dei rimborsi, l’Albania potrebbe essere espulsa anche dal programma di finanziamenti IPARD III (2020 – 2027), attivo ormai da tre anni. Le cause di una simile e possibile espulsione, nel caso accadesse, sarebbero la gestione corruttiva e gli abusi dei finanziamenti europei stanziati per l’agricoltura e per lo sviluppo delle aree rurali in Albania.

    Chi scrive queste righe è convinto che in Albania si sta abusando non solo del denaro dei contribuenti albanesi, la maggior parte dei quali si trova spesso in difficoltà finanziarie. Si sta abusando anche dei finanziamenti europei. E non è la prima volta. Perciò la convinzione espressa da Guillaume Malesherbes “Quando gli abusi vengono accolti con la sottomissione, il potere usurpatore non tarda a convertirli in legge” deve servire come un serio avvertimento per tutti i cittadini albanesi. Perché se no, la “legge del potere” continuerà a punirli.

  • Finanziamenti occulti in cambio di influenze internazionali

    Chi nasce tondo non può morire quadrato.

    Proverbio  

    Era il 9 dicembre scorso quando ebbe inizio quello che subito dopo è stato denominato Qatargate. Una somiglianza verbale con il ben noto scandalo Watergate, riferito alla seconda parte della parola. Proprio quello che scoppiò negli Stati Uniti d’America nel 1972 e che riguardava le intercettazioni illegali alla vigilia delle elezioni presidenziali del 7 novembre 1972, mentre Qatargate ha a che fare con l’emirato arabo del Qatar. Uno Stato, quello, situato su una piccola penisola sul golfo persico. Un piccolo Paese che fino ad un centinaio di anni fa era popolato da pescatori di perle ed allevatori di cammelli, ma che, dopo le scoperte delle enormi riserve di petrolio e soprattutto di gas, all’inizio del secolo passato, divenne un territorio di grande interesse per degli investimenti occidentali. Attualmente il Qatar rappresenta uno dei Paesi più importanti nel mondo per l’approvvigionamento di gas. Dati alla mano, il Qatar rappresenta il primo esportatore globale di gas naturale con circa il 14% delle riserve mondiali. Ragion per cui è anche un Paese molto ricco. Ma è altresì un Paese dove si ignorano e si calpestano i basilari diritti civili e quelli dei lavoratori. Sono stati a migliaia i migranti morti mentre lavoravano per la costruzione degli stadi per il campionato mondiale di calcio. E proprio per cancellare quella brutta e vergognosa immagine sembrerebbe che siano stati versati ingenti somme di denaro per pagare l’appoggio dell’Unione europea e di singoli Stati occidentali. Ma non è solo la documentata violazione dei diritti civili e dei lavoratori che il Qatar ha cercato di “offuscare” con pagamenti milionari fatti ad importanti rappresentanti istituzionali. C’è anche la proposta che riguarda l’esenzione di visti per i cittadini dell’emirato di viaggiare liberamente in Europa. Ragion per cui il Qatar ha cercato in questi ultimi anni di assicurare l’appoggio a suo favore influenzando con finanziamenti occulti ed attività lobbistiche le decisioni delle istituzioni dell’Unione europea. Lo scandalo Qatargate, reso pubblico dal 9 dicembre scorso, è tuttora in corso. E da allora ci sono stati ulteriori sviluppi nelle indagini condotte dalla procura belga. Indagini che potrebbero portare ad altri coinvolgimenti, sia di persone influenti nell’ambito delle istituzioni europee e/o di altre organizzazioni, che di mandanti e finanziatori di attività lobbistiche. Finora, dalle indiscrezioni mediatiche risulterebbe che un altro Paese, il Regno del Marocco, potrebbe aver finanziato, con ingenti somme, delle decisioni prese a suo favore dalle istituzioni dell’Unione europea. L’accordo tra l’Unione europea e il Marocco sulla pesca, approvato nel 2019, è stato in seguito rifiutato dalla Corte europea perché in quell’accordo si includevano, come parte integrante del territorio del Regno di Marocco, anche territori del Sahara occidentale, contestati da altri. Un buon e convincente motivo perché si possano versare dei milioni però.

    L’autore di queste righe, riferendosi allo scandalo Qatargate, scriveva alcune settimane fa per il nostro lettore che si trattava di “…Uno scandalo tuttora in corso, nell’ambito del quale sono state arrestate alcune persone. Tra le quali anche la vice presidente del Parlamento europeo ed un ex eurodeputato italiano. Quest’ultimo è, dal 2019, anche il fondatore di una ONG (organizzazione non governativa; n.d.a.) il cui nome è Fight Impunity (Combattere l’Impunità; n.d.a.). Un nome che è tutto un programma! E chissà perché nel consiglio dei membri onorari dell’organizzazione, cioè dei garanti, hanno fatto parte, fino al 10 dicembre scorso, diverse persone note ed ancora influenti, alcune delle quali anche ex commissarie della Commissione europea.” (Ciarlatani e corrotti di alto livello istituzionale; 19 dicembre 2022). La scorsa settimana, il 17 gennaio, proprio l’ex eurodeputato italiano e fondatore della ONG Fight Impunity ha firmato con il procuratore che sta seguendo in Belgio le indagini su Qatargate un memorandum, dichiarandosi pentito e perciò anche collaboratore di giustizia. In base a quanto prevede la legge belga, adesso lui si impegna perciò “a informare la giustizia e gli inquirenti in particolare sul modus operandi, gli accordi finanziari con Stati terzi, le architetture finanziarie messe in atto, i beneficiari delle strutture messe in atto e i vantaggi proposti, l’implicazione delle persone conosciute e di quelle ancora non conosciute nel dossier, ivi inclusa l’identità delle persone che ammette di aver corrotto”. Chissà cosa avrà da dichiarare ed informare l’ex eurodeputato pentito e collaboratore di giustizia? Si sa però che con quella sua decisione, dal 17 gennaio scorso, altre persone non sono più tranquille, essendo in vari modi coinvolte in attività che hanno beneficiato di finanziamenti occulti in cambio di influenze internazionali, abusando dei loro obblighi istituzionali.

    Il 18 gennaio scorso, il gruppo parlamentare dell’Alleanza progressista di socialisti e democratici ha ufficializzato una sua richiesta al Parlamento europeo. Essendo presa in considerazione quella richiesta, il Parlamento europeo chiede, a sua volta, lo svolgimento di “…un’indagine indipendente e imparziale sul Commissario europeo per l’Allargamento e la Politica di vicinato”. In più si prende in considerazione il fatto che il Commissario europeo potrebbe aver violato il Codice di condotta dei membri della Commissione europea durante il suo operato nei Balcani occidentali. Ragion per cui la richiesta fatta è stata inclusa nel rapporto annuale sulla politica estera e di sicurezza comune. E proprio nel pomeriggio del 18 gennaio scorso, l’Assemblea plenaria del Parlamento europeo ha adottato quel rapporto con 407 voti a favore, 92 contrari e 142 astenuti. In quel rapporto, tra l’altro, si evidenziava che “…il Parlamento europeo rimane profondamente preoccupato per le notizie secondo cui il Commissario per l’Allargamento cerca deliberatamente di agitare e minare la centralità delle riforme democratiche e dello Stato di diritto nei Paesi in via di adesione all’Unione europea”. E si fa espressamente riferimento al comportamento del Commissario nel caso della crisi istituzionale in Bosnia ed Erzegovina all’inizio dell’anno scorso. Da sottolineare che il Paese è uno di quelli candidati dei Balcani occidentali. Ma per l’Unione europea, e non solo, da più di un anno, il comportamento ufficiale ed i rapporti di dichiarata amicizia con la Russia del presidente della Republika Srpska (Repubblica serba; n.d.a.), che è una delle due entità statali in Bosnia ed Erzegovina, a maggioranza serba, sta preoccupando le istituzioni dell’Unione europea. Con le sue scelte e le sue decisioni, il presidente della Republika Srpska sta cercando di avere un suo esercito, nonché un sistema fiscale e giudiziario divisi da quegli della Bosnia ed Erzegovina. Ed è quel presidente che ha recentemente conferito un’onorificenza al presidente della Russia. Ma, fatti accaduti e resi pubblici alla mano, risulterebbe che oltre al presidente della Republika Srpska, il Commissario europeo per l’Allargamento e la Politica di vicinato abbia degli ottimi rapporti anche con il presidente della Serbia. E si sa che c’è proprio la Serbia dietro tutte le “iniziative” del presidente della Republika Srpska. Si sa anche che la Serbia, un Paese candidato all’adesione nell’Unione europea, non ha aderito alle sanzioni poste dall’Unione alla Russia, dopo l’inizio della guerra in Ucraina, il 24 febbraio scorso. Ragion per cui i promotori della richiesta rivolta il 18 gennaio scorso al Parlamento europeo hanno espresso anche la loro preoccupazione riguardo i rapporti del Commissario europeo per l’Allargamento e la Politica di vicinato sia con il presidente della Serbia, che con quello della Republika Srpska. Secondo i promotori della sopracitata richiesta il Commissario tende a relativizzare i comportamenti e gli atti antidemocratici del presidente della Serbia, mentre appoggia gli atti separatisti del presidente della Republika Srpska.

    Già un anno fa, il 12 gennaio 2022, trenta eurodeputati hanno inviato una lettera alla Commissione europea, tramite la quale chiedevano di verificare su “…possibili violazioni dell’imparzialità e neutralità” del Commissario per l’Allargamento e la Politica di vicinato, in riferimento ai concreti e sopracitati tentativi secessionistici del presidente della Republika Srpska. Mentre il 18 gennaio scorso, un anno dopo, con l’approvazione dal Parlamento europeo del rapporto annuale sulla politica estera e di sicurezza comune, si mette in evidenza che l’operato del Commissario europeo costituisce “…una violazione del Codice di condotta per i membri della Commissione e degli obblighi del Commissario, ai sensi dei Trattati”. Bisogna sottolineare che, tra l’altro, il Codice di condotta sancisce il modo in cui i commissari europei debbano attuare in concreto i loro obblighi istituzionali di indipendenza ed integrità. In quel Codice si prevede e si sancisce, altresì, che “I membri della Commissione si astengono da ogni atto incompatibile con il carattere delle loro funzioni”. In più si sancisce che loro, durante tutto il periodo dell’esercitazione del mandato conferito “assumono l’impegno solenne di rispettare gli obblighi derivanti dalla loro carica”. Rimane da seguire e di conoscere le conclusioni delle indagini che svolgerà la Commissione europea nei confronti del Commissario per l’Allargamento e la Politica di vicinato. Chissà però se siano vere le accuse a lui fatte. E se così sarà allora viene naturale pensare: lo ha fatto per sua propria convinzione, oppure in seguito a delle attività lobbistiche. Si sa però che la Serbia da anni finanzia “gruppi di interesse” e attività lobbistiche a suo favore. Sono note anche le relazioni di “vecchia amicizia” che la Serbia ha con alcuni Paesi europei. Ma, fino alla pubblicazione delle conclusioni dell’indagine della Commissione europea, bisogna essere garantisti.

    Leggendo il testo della sopracitata richiesta fatta il 18 gennaio scorso al Parlamento europeo e del rapporto annuale sulla politica estera e di sicurezza comune dallo stesso Parlamento, nel quale era inserita integralmente la richiesta, ad una persona che conosce i Paesi dei Balcani occidentali, non poteva non pensare anche all’Albania. Pur non essendo stata citata, alcune affermazioni del rapporto sono attuali e si verificano quotidianamente in Albania. Soprattutto quando si tratta del rapporto che il primo ministro ha con i principi della democrazia. Come anche il presidente della Serbia, al quale lo legano degli ottimi rapporti di “amicizia e fratellanza”. E non a caso lui, il primo ministro albanese, ha fatto “l’avvocato” della Serbia, anche nelle istituzioni dell’Unione europea. Lo ha fatto anche la scorsa settimana, durante il vertice economico di Davos. Durante quel vertice il primo ministro albanese, cercando di essere “originale”, ha fatto anche una gaffe, rivolgendosi alla presidente del Parlamento europeo e riferendosi allo scandalo Qatargate. Ha citato fuori contesto il detto “Il karma è una puttana”, senza però aggiungere la rimanente parte del detto “che agisce sul lungo termine”. Con ogni probabilità non conosceva il vero significato del detto.

    Il nostro lettore è stato spesso informato della vera, vissuta e sofferta realtà albanese. L’Albania è uno dei Paesi più poveri, se non il più povero, dell’Europa. In Albania, durante questi ultimi anni si sta consolidando una nuova dittatura sui generis. Anche di questo il nostro lettore è stato spesso informato. Ma nonostante tutto ciò, il primo ministro ed i suoi “alleati”, i capi della criminalità organizzata e i rappresentanti di certi raggruppamenti occulti locali ed/o internazionali sono ricchissimi. Ragion per cui possono anche spendere molto.

    Chi scrive sueste righe è convinto che anche il primo ministro albanese può pagare tangenti miliardarie per “ripulire” la sua imagine. Proprio come hanno fatto i suoi simili in Qatar ed in Marocco, pagando e comprando alti funzionari e deputati del Parlamento europeo ed altre Istituzioni dell’Unione. Sono ormai noti anche i rapporti entusiastici e ottimisti di progresso della Commissione europea sull’Albania. Comprese anche le dichiarazioni dell’attuale Commissario dell’Allargamento. Di colui che, dal 18 gennaio scorso è sotto indagine dalla Commissione. Chissà se anche le sue dichiarazioni sull’Albania non siano “condizionate” da altro?! Si sa però che, come ci insegna la saggezza popolare, chi nasce tondo non può morire quadrato.

  • Ciarlatani e corrotti di alto livello istituzionale

    Tuttavia si rassomigliano tanto da non lasciare dubbi: o i ciarlatani

    hanno imparato la retorica dagli oratori, o gli oratori dai ciarlatani.

    Erasmo da Rotterdam, da “Elogio della follia”

    Il 6 dicembre scorso a Tirana si è svolto il vertice dell’Unione europea con i Paesi dei Balcani occidentali. Un vertice che, più che per le discussioni e le decisioni prese, sarà ricordato per la sua ben curata facciata, per la “calorosa e cordiale” accoglienza, per le messinscene e per le danze folcloristiche, sapientemente ideate dagli organizzatori. Durante quel vertice, soprattutto durante quelle parti del vertice che sono state trasmesse per il pubblico, il primo ministro albanese non ha perso occasione di esprimere il suo “convinto orientamento europeista”. Tutte le sue dichiarazioni pubbliche fatte il 6 dicembre scorso ne sono una testimonianza. Durante quel vertice, nonostante il tempo molto limitato, programmato per le discussioni, sono state comunque prese anche alcune decisioni. Decisioni che riguardavano le conseguenze generate dall’aggressione russa contro l’Ucraina, il preoccupante problema della migrazione e la lotta contro il terrorismo e la criminalità organizzata ecc.. Il nostro lettore è stato informato di tutto ciò la scorsa settimana (Ipocriti che continuano a nascondere gravissime realtà; 14 dicembre 2022).

    È durato però meno di un giorno l’orientamento europeista, fortemente e volutamente espresso dal primo ministro albanese durante il vertice. Sono state subito sfumate anche le sue dichiarazioni e le sue “battute ad effetto” pronunciate durante la conferenza con i giornalisti, insieme con il presidente del Consiglio europeo e la presidente della Commissione. Perciò è durato meno di un giorno anche il dovuto ed obbligato impegno a rispettare quanto è stato deciso durante il vertice. L’Albania, essendo un Paese candidato all’adesione nell’Unione europea, ha anche degli obblighi ad osservare e rispettare. Obblighi che ne derivano dai criteri di Copenaghen e dall’Accordo di Stabilizzazione e Associazione. Un Accordo quest’ultimo con l’Unione europea, che l’Albania lo ha firmato nel 2006. Ma, fatti accaduti alla mano, non è durata più di un giorno la disponibilità del primo ministro albanese a rispettare tutti questi obblighi. E neanche di rispettare quello che lui stesso aveva dichiarato prima. Il primo ministro albanese, con le sue pubbliche dichiarazioni ha contraddetto quanto aveva affermato e confermato in presenza dei più alti rappresentanti dei Paesi membri dell’Unione europea e delle massime autorità delle istituzioni dell’Unione.

    Il 7 dicembre scorso il primo ministro albanese è andato a Bruxelles, dove ha partecipato ad una sessione speciale, sempre legata ai temi ed agli argomenti che erano parte dell’agenda del vertice di Tirana di un giorno prima. Dalle sue dichiarazioni, fatte dopo la sessione, si è capito che il primo ministro albanese ha “cambiato registro” nei confronti delle istituzioni dell’Unione europea. Ma siccome doveva curare anche la sua immagine di “convinto europeista”, ha usato delle battute a doppio significato. Ha dichiarato che, appena arrivati in Albania, gli alti rappresentanti delle istituzioni dell’Unione e i capi di Stato e di governo dei Paesi membri, hanno avuto il sorriso. “Avete visto ieri (6 dicembre; n.d.a.) i loro visi?”, ha subito chiesto il primo ministro albanese ai giornalisti, durante una conferenza con loro. Ed in seguito, non senza una mascherata ironia ha aggiunto “Erano meglio di quanto si riuniscono in quel noioso Bruxelles, nelle loro depressive capitali”. Aggiungendo anche, sempre con doppio senso, che “…era come se loro uscissero da una caverna, dopo un lungo tempo e godevano il sole”. Chissà cosa intendeva con il “sole” il primo ministro? Da ben noto megalomane e narcisista qual è, chissà se non si identificava lui stesso con il sole?! E continuando con delle frasi a doppio senso, ha fatto riferimento alla promessa di “matrimonio” tra l’Unione europea e i Paesi dei Balcani occidentali, Albania compresa. Rivolgendosi ai “Grandi dell’Europa” ha ricordato loro di non dire “…per tutto il tempo che ‘vogliamo che ci sposiamo ma non vogliamo parlare’, perché è una pazzia”. E per continuare “in bellezza”, allegoricamente parlando, lui, il primo ministro albanese, ha parafrasato una frase attribuita ad un noto politico siciliano degli anni ’70 del secolo passato. Una frase resa nota anche dal film “La mafia uccide solo d’estate”. Il primo ministro albanese ha dichiarato convinto che “L’Unione europea ha bisogno dei Balcani occidentali, come i Balcani occidentali hanno bisogno dell’Unione europea”. Una frase usata diverse volte anche in passato da lui, ma questa volta con una “piccola variazione”. Invece dell’Albania, ha fatto riferimento ai Balcani occidentali. Come per dividere delle responsabilità, che da solo lui non vuole reggerle.

    In seguito, l’8 dicembre scorso, da Bruxelles, il primo ministro albanese è andato ad Istanbul, in Turchia. L’occasione era un invito a partecipare ad un Forum internazionale della piattaforma TRT (acronimo della Radio e Televisione turca; n.d.a.). Una buona occasione anche per incontrare ed elogiare il suo “carissimo amico”, il presidente turco. Ebbene, così è stato. Davanti ai partecipanti, riferendosi alla situazione regionale e quella generata dopo l’aggressione russa contro l’Ucraina, il primo ministro albanese, usando sempre delle frasi a doppio senso, ha ribadito che “…Bisogna avere un alleato strategico come la Turchia. E [bisogna] dirlo a voce alta, in modo che lo possano sentire tutti i nostri amici statunitensi ed europei che nei Balcani occidentali la Turchia non è un terzo potere. […]. Sembra che quando il sistema internazionale abbia fallito, senza dubbio la Turchia ha contribuito molto alla sicurezza”. Poi, riferendosi alla crisi dei migranti del 2016, lui ha dichiarato convinto che “…Senza Erdogan i muri dell’Europa non potevano reggersi in piedi. La Turchia è la chiave della stabilità in Europa”. Si sa però anche come Erdogan ha usato, a più riprese, negli anni seguenti la “crisi dei migranti”. Si sa ormai la pressione che di tempo in tempo il sultano fa all’Unione europea e ad alcuni Stati membri usando la “crisi dei migranti”, dopo aver avuto degli ingenti finanziamenti per far fronte a quella crisi. Si tratta di un tema trattato anche durante il vertice di Tirana, due giorni prima, il 6 dicembre. Ma a Tirana il primo ministro albanese ha usato altre parole ed ha elogiato l’Unione europea. Mentre ad Istanbul ha fatto il contrario, nonostante sia stato attento a non forzare troppo il linguaggio. Ad Istanbul il primo ministro ha fatto di nuovo l’avvocato della Serbia, senza nominarla. Ed anche il comportamento ambiguo della Serbia nei confronti della Russia ed i preoccupanti rapporti speciali tra i due paesi, sono stati discussi durante il vertice di Tirana il 6 dicembre scorso. In quel vertice però “l’atteggiamento ufficiale” del primo ministro albanese è stato diverso. Ad Istanbul, due giorni dopo, lui ha cercato di difendere “l’ambiguità” dei rapporti della Serbia con la Russia, dicendo: “Diversamente dall’altra parte dell’Europa, nei Balcani occidentali, ci sono Paesi dove più del 70% della popolazione pensa che la Russia non è colpevole (della guerra in Ucraina; n.d.a.), ma un [paese] guida al quale si possa affidare la sicurezza del nostro continente”. (Sic!). E nonostante abbia volutamente usato il plurale, si tratta di un solo Paese, della Serbia. A proposito, in questi ultimi giorni alcuni media del Montenegro stanno pubblicando dei documenti, secondo i quali risulterebbe che enormi quantità di grano e di pesticidi, partiti dalla Russia con delle navi da trasporto,  siano transitate dal porto di Durazzo in Albania, tramite le dogane del Montenegro, per arrivare finalmente in Serbia. Se tutto ciò sia vero, allora si tratterebbe di una palese violazione dell’embargo e delle sanzioni poste dall’Unione europea alla Russia e ai suoi prodotti. Ed essendo l’Albania, il Montenegro e la Serbia dei Paesi candidati all’adessione nell’Unione europea, allora si tratterebbe veramente di un altro grave e preoccupante scandalo in corso. L’ennesimo. Rimane tutto da essere seguito con la dovuta ed obbligatoria attenzione istituzionale. Soprattutto dalle istituzioni specializzate dell’Unione europea.

    È durato veramente poco l’orientamento europeista, fortemente e volutamente espresso dal primo ministro albanese durante il vertice tra gli alti rappresentanti delle istituzioni dell’Unione e i capi di Stato e di governo dei Paesi membri con le massime autorità dei sei Paesi balcanici, svoltosi il 6 dicembre scorso a Tirana. Si perché il primo ministro albanese ha scelto domenica scorsa, 18 dicembre, per affermare con determinazione la sua volontà di approvare in parlamento la legge per l’amnistia fiscale e penale. Una proposta quella che dura ormai da anni. Una proposta quella che è stata fortemente contestata sia dagli specialisti, sia dalle istituzioni specializzate dell’Unione europea. Sull’amnistia fiscale e penale ha espresso la sua ferma contrarietà anche la Commissione europea. L’autore di queste righe ha informato il nostro lettore di questo progetto a tempo debito (Una perfida proposta in sostegno del riciclaggio dei milioni sporchi, 13 settembre 2022; Un’ingannevole ed occulta iniziativa regionale, 31 maggio 2022). Ma nonostante tutto ciò, il primo ministro sta di nuovo sfidando tutti, anche i “Grandi dell’Europa”, con i qualli è stato molto cordiale, collaborativo e disponibile durante il sopracitato vertice del 6 dicembre scorso a Tirana. Lui vuol portare questo disegno di legge in parlamento per avere l’approvazione definitiva, costi quel che costi. Le cattive lingue dicono che non è solo lui che vuole approvare questa legge, ma anche i suoi “alleati” della criminalità organizzata locale ed internazionale. Coloro che, da anni ormai, stanno riciclando in Albania ingenti somme di denaro sporco. Una gravissima, pericolosa e molto preoccupante realtà questa, che oltrepassa anche i confini dell’Albania. Ragion per cui c’è anche l’espressa e ferma contrarietà delle istituzioni dell’Unione europea. Una realtà questa che da alcuni anni è stata rapportata da Moneyval (Comitato di Esperti per la valutazione delle misure anti riciclaggio e il finanziamento del terrorismo, struttura del Consiglio d’Europa; n.d.a.). Così come anche da un altra struttura specializzata, la FATF (Financial Action Task Force on Money Laundering, nota anche come il Gruppo di Azione Finanziaria (GAFI); n.d.a.). Anche su questo argomento il nostro lettore è stato informato a più riprese. Chissà se questa volta il primo ministro riuscirà a portare a compimento il suo, ma non solo, ambito progetto dell’amnistia fiscale e penale?! E non si capisce perché ha scelto di agire proprio adesso, mentre le istituzioni dell’Unione europea e di diversi singoli Paesi membri si stano preoccupando di un grave scandalo.

    Si, perché dal 9 dicembre scorso è stato reso pubblico quello che ormai è comunemente noto come Qatargate. Si tratta di ingenti somme di denaro provenienti dal Qatar, ma forse anche da altri Paesi. Denaro che ha generato una diffusa corruzione di persone di alto livello istituzionale, soprattutto nelle istituzioni dell’Unioine europea. Ma anche di altre. Uno scandalo tuttora in corso, nell’ambito del quale sono state arrestate alcune persone. Tra le quali anche la vice presidente del parlamento europeo ed un ex eurodeputato italiano. Quest’ultimo è, dal 2019, anche il fondatore di una ONG (organizzazione non governativa; n.d.a.) il cui nome è Fight Impunity (Combattere l’Impunità; n.d.a.). Un nome che è tutto un programma! E chissà perché nel consiglio dei membri onorari dell’organizzazione, cioè dei garanti, hanno fatto parte, fino al 10 dicembre scorso, diverse persone note ed ancora influenti, alcune delle quali anche ex commissari della Commissione europea. Compresa anche una nota sostenitrice ed “amica” del primo ministro albanese.

    Chi scrive queste righe continuerà a seguire anche lo scandalo Qatargate. Uno scandalo tuttora in corso che, secondo delle fonti credibili, porterà al giudizio molte altre persone coinvolte. Alcuni dei quali potrebbero essere dei funzionari e/o rappresentanti di alto livello istituzionale, sia nelle istituzioni dell’Unione europea, che in alcuni singoli Paesi membri. Si tratta però di ciarlatani e di corrotti che meglio perderli che trovarli, come dice la saggezza popolare. Ed è molto significativo che Erasmo da Rotterdam ha messo insieme “oratori e ciarlatani” che imparano gli uni dagli altri.

  • Approvato dalla Commissione il regime italiano da 700 milioni di € a sostegno delle imprese nel contesto della guerra della Russia contro l’Ucraina

    La Commissione europea ha approvato il regime italiano da 700 milioni di € a sostegno delle imprese nel contesto della guerra della Russia contro l’Ucraina. La misura sarà accessibile alle piccole e medie imprese (“PMI”) e a quelle con meno di 1500 dipendenti (imprese a media capitalizzazione) attive in tutti i settori colpiti dall’attuale crisi geopolitica e dalle sanzioni e controsanzioni adottate in tale contesto.

    Sono tuttavia escluse le imprese che operano nel settore della produzione primaria di prodotti agricoli, della pesca, dell’acquacoltura, del settore bancario e finanziario, nonché le società commerciali e di intermediazione commerciale.

    La misura è analoga ad altri regimi italiani a sostegno dei settori agricolo, forestale, della pesca e dell’acquacoltura, come quello approvato dalla Commissione il 18 maggio 2022 (SA.102896).

    Nell’ambito del regime i beneficiari ammissibili avranno diritto a ricevere aiuti di importo limitato sotto forma di sovvenzioni dirette.

    Il regime sarà accessibile alle imprese con un fatturato estero medio complessivo, negli anni 2019, 2020 e 2021, pari ad almeno il 10% del fatturato medio totale degli stessi anni.

    Per essere ammissibili, le società devono inoltre rifornirsi per determinate parti dell’insieme delle loro forniture dall’Ucraina, dalla Russia o dalla Bielorussia e prevedere, per l’esercizio finanziario 2022, i) un aumento del costo unitario medio delle forniture; o ii) una riduzione dei quantitativi di forniture provenienti dagli stessi paesi di almeno il 20 % rispetto alla media registrata nel 2019, 2020 e 2021.

    La Commissione ha constatato che il regime italiano è in linea con le condizioni stabilite nel quadro temporaneo di crisi. In particolare, gli aiuti i) non supereranno 500.000 € per impresa; e ii) saranno concessi entro il 31 dicembre 2022.

    La Commissione ha concluso che il regime italiano è necessario, adeguato e proporzionato per porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro in linea con l’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), TFUE e con le condizioni stabilite nel quadro temporaneo.

    Su queste basi la Commissione ha approvato la misura di aiuto in quanto conforme alle norme dell’Unione sugli aiuti di Stato.

    Fonte: Commissione europea

  • Finanziamenti occulti ed altro

    Chiunque commette il peccato è schiavo del peccato.

    Vangelo secondo Giovanni; 8/34

    L’evangelista Giovanni inizia l’ottavo capito del suo Vangelo con il confronto tra Gesù e gli scribi e i farisei che volevano “metterlo alla prova ed avere di che accusarlo”, come racconta l’evangelista. Per farlo avevano condotto una donna adultera e gli fanno una domanda provocatoria: “Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?”. Gesù “si mise a scrivere col dito per terra” e non diede risposta. Ma siccome loro insistevano, alzò la testa e disse: “Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei”. L’evangelista racconta che “Udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi”. Gesù, l’unico senza nessun peccato, disse alla donna: “…Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più”. Così facendo Gesù ha mostrato a tutti l’ipocrisia degli scribi e dei farisei, rendendo chiaro, perciò, chi erano i veri peccatori. Molto significativa questa prima parte del capitolo 8. Il suo simbolismo rimane sempre attuale, visto anche i tanti politici e rappresentanti istituzionali, ipocriti e demagoghi, che cercano di fare gli “integerrimi moralisti” mentre peccano di continuo. In seguito l’evangelista Giovanni ci racconta i dibattiti di Gesù con i giudei che gli avevano creduto ed erano rimasti con lui. Loro, non riuscivano però a capire il significato delle parole di Gesù che diceva: “Se rimanete nella mia parola […] conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”. Perciò risposero molto indignati: “Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire ‘diventerete liberi’?”. Gesù, calmo ma risoluto, disse loro: In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato”. E siccome i giudei non riuscivano a capire il vero significato delle sue parole, Gesù disse loro: “Perché non potete dare ascolto alla mia parola?”. E poi aggiunse perentorio: “Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna”. Questo ci racconta l’evangelista Giovanni nell’ottavo capitolo del suo Vangelo. Sono degli utili e saggi insegnamenti che rimangono sempre validi ed attuali.

    La scorsa settimana è stata diffusa una notizia che ha attirato subito la massima attenzione pubblica e suscitato varie reazioni in molti Paesi del mondo. Era mercoledì, il 14 settembre, quando un alto funzionario dell’amministrazione del presidente statunitense, durante una teleconferenza, ha dichiarato che la Russia, dal 2014, avrebbe attuato dei finanziamenti occulti, trasferendo in vari modi e segretamente oltre a 300 milioni di dollari. L’alto funzionario, usando un linguaggio sibillino e senza dare molti dettagli, ha affermato che si trattava di finanziamenti indirizzati a determinati partiti e/o a dei dirigenti e rappresentanti politici in più di 20 diversi Paesi. Tutto nell’ambito dell’esercitazione, da parte della Russia, di quello che ormai è noto come soft power (potere morbido; n.d.a.). Il periodo coincideva con l’occupazione della Crimea da parte delle forze armate della Russia. Purtroppo, dal 24 febbraio scorso, la Russia ha avviato l’invasione dei territori dell’Ucraina. Un’invasione questa, che il dittatore russo, con un’irritante cinismo, considera semplicemente una “operazione militare speciale”! Quanto sta accadendo in Ucraina durante questi mesi di spietata, sanguinosa e crudele guerra ormai è di dominio pubblico. Subito dopo la diffusione della notizia dei finanziamenti occulti russi fatti dal 2014, il segretario di Stato ha inviato delle istruzioni specifiche a molte ambasciate e consolati degli Stati Uniti d’America in altrettanti Paesi in Europa, Africa ed Asia. Molte agenzie internazionali di stampa hanno sottolineato che si tratterebbe di istruzioni in base alle quali i rappresentanti diplomatici statunitensi devono affrontare il caso con le rispettive istituzioni governative e statali dei Paesi nei quali sono stati accreditati. Le stesse fonti hanno affermato che si tratta di informazioni declassificate, parte integranti di un rapporto ufficiale preparato dalle istituzioni specializzate statunitensi. Ovviamente non è la prima volta che l’amministrazione americana diffonde simili informazioni, denunciando la Russia dei tentativi di coinvolgere ed influenzare rappresentanti e partiti politici in vari Paesi in Europa e nel mondo. Dalle agenzie di stampa internazionali, sempre in riferimento ai finanziamenti occulti russi, risulterebbe che si tratta della strategia di generare delle influenze usando pagamenti in contanti e/o regali, in generale tramite dei conti ed altre risorse finanziarie delle ambasciate russe in diversi Paesi, nei quali la Russia mira a stabilire le proprie influenze. Secondo la notizia diffusa il 14 settembre scorso si tratterebbe di Paesi come la Francia, l’Italia, l’Austria, i Paesi Bassi, l’Ungheria, la Repubblica Ceca ecc.. Ma si tratterebbe anche di altri Paesi come l’Albania, il Montenegro, il Madagascar e l’Ecuador. Alle ripetute e lecite domande rivolte, i rappresentanti del Dipartimento di Stato hanno semplicemente risposto che “la nostra preoccupazione sull’attività russa a questo proposito non riguarda alcun Paese in particolare ma è di natura globale, mentre continuiamo a fronteggiare le sfide contro le società democratiche”. La notizia ha, ovviamente, attirato subito l’attenzione mediatica e pubblica ed ha suscitato, inevitabilmente, anche le reazioni delle istituzioni e dei rappresentanti dei partiti politici nei Paesi che risulterebbero essere coinvolti e dove sarebbero arrivati i finanziamenti occulti russi. Italia compresa. Anche perché in Italia, quando è stata resa nota la notizia, rimanevano solo dodici giorni dalle prossime elezioni politiche del 25 settembre. Ed era inevitabile che partissero delle accuse incrociate dei partiti l’uno contro l’altro. Ragion per cui il presidente del Consiglio ha chiesto il 16 settembre scorso al segretario di Stato statunitense, durante una telefonata, se ci fossero dei partiti politici italiani coinvolti. Il presidente del Consiglio, in seguito, ha confermato che “…l’intelligence americana, diversa dal dipartimento del Stato, ha confermato di non disporre di alcuna evidenza di finanziamenti occulti russi a candidati e partiti politici che competono nell’attuale tornata elettorale”.

    La notizia, diffusa il 14 settembre scorso da molte agenzie ufficiali di stampa, ha attirato subito l’attenzione pubblica ed ha suscitato molte reazioni e dichiarazioni dei massimi rappresentanti dei partiti politici anche in Albania. Reazioni e dichiarazioni che rivendicavano precedenti denunce fatte ed accusavano, allo stesso tempo, i rispettivi avversari politici. Quella notizia continua ad avere la massima attenzione dei media, nonostante siano ormai passati alcuni giorni. I media hanno fatto riferimento proprio alle dichiarazioni fatte il 14 settembre scorso dall’alto rappresentante dell’amministrazione statunitense. La sezione in lingua albanese della Voice of America (Voce dell’America; n.d.a.), che rappresenta il servizio ufficiale radiotelevisivo del Governo federale degli Stati Uniti, ha contattato gli appositi uffici del Dipartimento di Stato per chiedere ulteriori informazioni. Un rappresentante del Dipartimento ha riconfermato che l’Albania era uno dei Paesi dove sono arrivati dei finanziamenti occulti russi. In più lui ha confermato che “In Albania la Russia ha dato nel 2017 circa mezzo milione di dollari al partito democratico tramite delle società fantasma”. Ma lui non ha voluto dare ulteriori informazioni e dettagli su quei trasferimenti occulti. Quanto ha riferito il 14 settembre scorso la sezione in lingua albanese della Voice of America ha riaperto in Albania un agguerrito dibattito cominciato circa cinque anni fa.

    Era il novembre 2017 quando un giornalista investigativo albanese scrisse e pubblicò una sua indagine giornalistica su alcuni finanziamenti occulti ed illeciti fatti pochi mesi prima dal partito democratico albanese, il maggior partito dell’opposizione allora ed adesso. Allora veniva accusato il dirigente del partito democratico che aveva contattato ed ingaggiato (o chi per lui) una società lobbistica statunitense, proprietà di un ex funzionario dell’amministrazione statunitense. La sua richiesta era di procurare un incontro ed una fotografia con il presidente degli Stati Uniti, dietro il dovuto pagamento. Tutto però prima delle elezioni politiche in Albania che si dovevano svolgere il 17 giugno 2017 e poi, dopo un accordo mai reso trasparente con il primo ministro, sono state posticipate di una sola settimana e svolte il 25 giugno 2017. Il giornalista che pubblicò il suo articolo il 22 novembre 2017 faceva riferimento a delle fatture di pagamento fatte alla società lobbistica da parte di un’altra società registrata in Scozia e che come numero di telefono aveva il numero di una casa di tolleranza in Ucraina! I due azionisti della società erano, allo stesso tempo i proprietari di due società registrate in Belize, uno dei paradisi fiscali dell’America centrale. Poi seguiva una catena di società per finire ad una con un proprietario russo. Le fatture per questa società venivano firmate da una donna con almeno quattro nomi diversi! La prima fattura, di 150.000 dollari per la società lobbistica risulta essere stata rilasciata il 24 marzo 2017 dalla società registrata in Scozia. Mentre la seconda e la terza, rispettivamente di 25.000 dollari e di 500.000 dollari, sono state rilasciate direttamente dal partito democratico albanese, il 27 marzo ed il 9 giugno 2017. Complessivamente la società che doveva assicurare al dirigente del partito democratico albanese un incontro ed una fotografia con il presidente statunitense d’allora ha incassato una somma di 675.000 dollari. La procura si mise ad indagare sul caso dopo la pubblicazione del sopracitato articolo. Alla fine il caso si chiuse senza colpevoli. Ma ormai si sa chi controlla il sistema “riformato” della giustizia in Albania. Era il periodo “di accordo” tra il primo ministro albanese ed il dirigente del partito democratico. Un vergognoso, occulto e mai reso trasparente accordo stabilito tra i due il 18 maggio 2017. Il nostro lettore è stato informato di tutto ciò a tempo debito e a più riprese durante questi ultimi anni. Alcuni mesi dopo, il 6 marzo 2018 una rivista statunitense riprese il caso e pubblicò un articolo, sottolineando proprio dei finanziamenti occulti russi. Il dibattito e le accuse reciproche ripresero di nuovo, per poi finire però nel dimenticatoio. Anche perché in Albania gli scandali si susseguono e non lasciano il tempo per occuparsene. Doveva diffondersi il 14 settembre scorso la notizia sui finanziamenti russi, per ritornare all’attenzione anche il caso del pagamento di 675.000 dollari per una fotografia con il presidente statunitense!

    Quella delle fotografie, purtroppo, è diventata un’abitudine in Albania. L’autore di queste righe informava più di cinque anni fa il nostro lettore che l’attuale primo ministro albanese aveva pagato nel 2012, quando era ancora il capo dell’opposizione, 80.000 dollari per avere un incontro ed una fotografia con l’allora presidente statunitense, durante la campagna elettorale per le presidenziali negli Stati Uniti. Non solo ma si presentò come la moglie di un cittadino albanese residente nel New Jersey. Quel cittadino è stato in seguito condannato dalla giustizia, mentre “sua moglie” divenne il primo ministro in Albania (In attesa che le verità vengano fuori; 4 luglio 2016)!

    Chi scrive queste righe pensa che i finanziamenti occulti russi in Albania, resi noti il 14 settembre scorso da molte agenzie ufficiali di stampa internazionali, con molta probabilità sono stati fatti non dalle strutture governative. Egli crede che si tratta, si, di finanziamenti occulti ed illeciti che però di “russo” ha solo alcuni proprietari di una catena di società come sopra riferito. Perché la Russia, volendo avere delle influenze in Albania, poteva investire direttamente sull’onnipotente primo ministro e non sulla sua “stampella”. Chi scrive queste righe pensa che l’usurpatore della dirigenza del partito democratico albanese fino al marzo scorso ha tanti ma tanti altri peccati sulla coscienza, ma non quello dei finanziamenti governativi russi. Comunque lui, il primo ministro e altri loro simili, rimarranno sempre schiavi dei propri peccati. Ne era convinto l’evangelista Giovanni che chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. E che sia un insegnamento per tutti!

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