influenza

  • Comunità scientifica americana in allarme per il rischio di nuove pandemie

    La comunità scientifica americana, e per ora solo quella, è in allarme per una pandemia di influenza aviaria potenzialmente «100 volte peggiore del Covid» a seguito della scoperta di un raro caso umano in Texas. L’influenza aviaria H5N1 si è diffusa rapidamente da quando è stato rilevato un nuovo ceppo nel 2020, colpendo gli uccelli selvatici in ogni stato, così come il pollame commerciale e gli allevamenti da cortile. Ma ora è stato rilevato anche nei mammiferi, con allevamenti di bovini in quattro Stati che sono stati colpiti e i funzionari sanitari federali hanno annunciato che un lavoratore del settore lattiero-caseario in Texas ha contratto il virus.

    «Questo virus è stato in cima alla lista delle pandemie per molti, molti anni e probabilmente decenni. E ora ci stiamo avvicinando pericolosamente a questo virus che potrebbe causare una pandemia», ha spiegato il dottor Suresh Kuchipudi, un ricercatore sull’influenza aviaria di Pittsburgh, sottolineando che il virus H5N1 è già stato rilevato in specie in tutto il mondo e «ha dimostrato la capacità di infettare una serie di mammiferi, compreso l’uomo. Quindi, a mio avviso, penso che questo sia il virus che rappresenta la più grande minaccia pandemica che si sta manifestando a livello globale».

    Anche John Fulton, consulente dell’industria farmaceutica per i vaccini e fondatore della canadese BioNiagara: «Sembra che questo sia 100 volte peggiore del Covid o potrebbe esserlo se mutasse e mantenesse il suo alto tasso di mortalità. Una volta che sarà mutato per infettare gli esseri umani, possiamo solo sperare che il tasso di mortalità non sia alto».

    Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, circa il 52% delle persone che hanno contratto l’H5N1 dal 2003 sono morte. Per fare un confronto, il Covid attualmente uccide meno dello 0,1% delle persone infettate, anche se all’inizio della pandemia il tasso di mortalità era di circa il 20%. I sintomi dell’influenza aviaria sono simili a quelli di altre influenze, tra cui tosse, dolori muscolari e febbre. Alcune persone potrebbero non sviluppare sintomi evidenti, ma altre possono sviluppare una polmonite grave e pericolosa per la vita. Il lavoratore del settore lattiero-caseario in Texas che è stato infettato ha segnalato «arrossamento degli occhi (compatibile con congiuntivite) come unico sintomo», hanno osservato i Centers for Disease Control. «Al paziente è stato detto di isolarsi ed è in trattamento con un farmaco antivirale per l’influenza», ha affermato il CDC.

    L’esperto ha sostenuto che il virus non rappresenta un grosso rischio per la popolazione, sottolineando che il lavoratore del settore lattiero-caseario era in contatto diretto con bovini infetti, e il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti ha garantito che attualmente non ci sono cambiamenti che lo renderebbero più trasmissibile ai umani. «Sebbene siano possibili casi tra esseri umani a diretto contatto con animali infetti, ciò indica che l’attuale rischio per la popolazione rimane basso», ha scritto il dipartimento in una nota durante il fine settimana. Ma il fatto che il virus sia stato trovato nei bovini potrebbe significare che sta iniziando a mutare, ha detto Cohen al Washington Post.

    «Non avevamo riscontrato l’influenza aviaria nei bovini prima della scorsa settimana. Questa è una novità. È un serbatoio affinché il virus possa circolare e potenzialmente cambiare. Se il virus dovesse mutare abbastanza da infettare l’uomo potrebbe diffondersbni rapidamente», ha avvertito mercoledì l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, secondo Fox News. «Se i virus dell’influenza aviaria A [H5N1] acquisissero la capacità di diffondersi in modo efficiente tra gli esseri umani, potrebbe verificarsi una trasmissione su larga scala a causa della mancanza di difese immunitarie contro i virus H5 negli esseri umani», la conclusione dell’Autorità per la sicurezza alimentare.

  • La Commissione stanzia 46,7 milioni di euro per gli agricoltori colpiti da focolai di influenza aviaria in Italia

    In seguito al voto favorevole degli Stati membri, la Commissione concederà all’Italia 46,7 milioni di euro per contribuire a compensare gli agricoltori delle zone colpite da focolai di influenza aviaria.

    Tra il 1º gennaio 2022 e il 30 aprile 2022 l’Italia ha registrato 23 focolai confermati di influenza aviaria ad alta patogenicità del sottotipo H5 (“influenza aviaria”). In risposta, l’Italia ha attuato rapidamente misure rigorose in materia di sanità animale, con conseguenti perdite di produzione nelle regioni colpite, in particolare per quanto riguarda le uova e le carni.

    A seguito della richiesta formale dell’Italia, la Commissione europea ha deciso di stanziare 46.670. 790 euro provenienti dalla riserva agricola, a copertura del 50% della spesa dell’Italia per aiutare gli agricoltori gravemente colpiti. I pagamenti cofinanziati dalla riserva agricola devono essere effettuati entro il 30 settembre 2024. Il sostegno è riservato alle aziende agricole situate nelle zone soggette a restrizioni colpite dai 23 focolai. Al fine di evitare doppi finanziamenti da fondi pubblici, le perdite subite non devono essere compensate da aiuti di Stato o da assicurazioni. Dopo l’approvazione formale della misura di sostegno da parte della Commissione, il regolamento di esecuzione sarà pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’UE e dovrebbe entrare in vigore all’inizio di febbraio.

  • L’influenza stagionale non va chiamata ‘suina’

    Tutti stanno comunemente chiamando ‘suina’ l’influenza stagionale che sta costringendo a letto migliaia di italiani. In realtà con l’animale la patologia non ha nulla a che fare poiché è dovuta al virus influenzale A(H1N1) che provoca un’infezione virale acuta dell’apparato respiratorio con sintomi simili a quelli classici dell’influenza. Soprannominare questo virus influenza “suina”, come sottolinea @anmvioggi, rivista dell’Associazione nazionale medici veterinari italiani, è un retaggio mediatico che deriva dai primi casi rilevati nel 2009 quando diversi Paesi hanno riportato casi di infezione nell’uomo provocati da un nuovo virus influenzale di tipo A(H1N1), noto come influenza “suina” e poi denominato A(H1N1)pdm09.
    Ogni anno i virus respiratori determinano un aumento dei ricoveri e della mortalità nel periodo di circolazione; e allo stato attuale è in linea con le stagioni influenzali del periodo pre-pandemico, come riporta l’Oms.
    Il ceppo influenzale è contenuto nel vaccino, fortemente assolutamente consigliato, anche ad un pubblico più ampio rispetto ai soggetti tenuti a farlo. Mascherine e strumenti di protezione individuale nel caso di contagio sono fortemente consigliati. Negli episodi più gravi bisogna ricorrere ad una terapia tempestiva con antivirali, soprattutto nei soggetti con condizioni di rischio.

  • All’Italia 27 milioni di cofinanziamento per 294 focolai di influenza aviaria

    L’’Italia sarà indennizzata dalla Commissione Europea per i danni economici causati da 294 focolai di influenza aviaria  con uno stanziamento di 27,2 milioni di euro che aiuteranno a risarcire gli allevatori italiani che ne sono stati colpiti. Come riporta AnmviOggi, il dato è riferito ai focolai confermati tra la fine di ottobre e il 31 dicembre 2021 e notificati dall’Italia nello stesso periodo alla Commissione Europea.

    La copertura del 50% della spesa sostenuta dall’Italia supporterà il mercato delle uova e delle carni di pollame delle aree soggette a restrizioni di movimentazione a causa dei focolai. Le specie interessate dalle restrizioni sono polli, galline ovaiole, tacchini, anatre e faraone.

    Il co-finanziamento è stato riconosciuto all’Italia il 30 marzo scorso, per avere adottato “immediatamente ed efficacemente” tutte le necessarie misure sanitarie e veterinarie, comprese misure di controllo, monitoraggio e prevenzione. La Commissione ha deciso di riconoscerlo solo alle aziende situate nelle zone soggette a restrizioni fino al 31 dicembre 2021.
    Il regolamento attuativo entrerà in vigore nella seconda metà di aprile, dopo la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’UE. I pagamenti saranno eseguito entro il 30 settembre prossimo.

  • Aumentano i casi di influenza aviaria, allerta negli allevamenti

    Aumentano in Italia i casi di influenza aviaria tra gli uccelli selvatici ed il timore è quello di un salto di specie del virus anche verso l’uomo. Per questo l’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’Organizzazione Mondiale della Sanità Animale hanno invitato tutti i Paesi ad innalzare il livello di allerta sull’arrivo di una nuova pandemia di influenza nella popolazione umana sostenuta da un virus di origine aviaria, ed il ministero della salute italiano ha invitato le Regioni a rafforzare la sorveglianza anche se, al momento, non si registrano focolai di aviaria negli allevamenti di pollame nel nostro Paese.

    Secondo i dati epidemiologici del Centro di referenza nazionale ed europeo per l’influenza aviaria presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe), in Italia la circolazione del virus H5N1 è infatti in aumento ra gli uccelli selvatici, con il rischio che questi possano trasmettere il virus agli allevamenti avicoli. Il ministero della Salute ha per questo diramato una nota, indirizzata a tutti i Servizi veterinari regionali e agli Istituti Zooprofilattici, in cui ravvisa la necessità di rafforzare la sorveglianza dei volatili selvatici e l’applicazione delle misure di biosicurezza negli allevamenti avicoli. La diffusione fra gli uccelli selvatici «è in crescita, in Italia come nel resto del mondo – afferma Calogero Terregino, direttore del Centro di referenza per l’influenza aviaria – Nel nostro Paese, i casi di H5N1 nell’avifauna interessano principalmente Veneto, Lombardia, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia. Il ministero ha evidenziato come tale situazione costituisca un rischio costante per gli allevamenti di volatili domestici e come Centro di referenza stiamo monitorando l’evoluzione dell’epidemia su tutto il territorio nazionale».

    Al momento comunque, fa sapere Lara Sanfrancesco, direttore di Unaitalia, associazione delle imprese della filiera avicola italiana, «non ci sono focolai di aviaria negli allevamenti italiani, ma vista l’alta circolazione nelle specie selvatiche stiamo quotidianamente in contatto con le autorità veterinarie. Abbiamo avviato le misure del sistema di biosicurezza: mezzi di trasporto sanificati e ad esempio chiunque entri negli allevamenti professionali deve avere calzari e tute disinfettati e usa e getta». Unitalia guarda con favore anche alla vaccinazione degli animali, i cui trial stanno avendo risultati incoraggianti.

    Negli uccelli selvatici a partire da settembre 2022 sono stati ufficialmente confermati 79 casi di positività fra gabbiani (19), alzavole (13), germani (10) e in altri esemplari di rapaci. Negli uccelli domestici la situazione è più favorevole, dopo l’ondata epidemica che ha investito prevalentemente il nordest nell’inverno 2021-2022, con 317 focolai negli allevamenti. L’ultimo focolaio nel pollame in Italia risale infatti al 23 dicembre 2022. I focolai sono stati riscontrati principalmente in Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna. In Italia non sono stati registrati casi tra i mammiferi, tuttavia sono previste attività di monitoraggio anche in queste specie. Alcuni animali, come i visoni, potrebbero infatti consentire il riassortimento genetico di diversi virus influenzali, da cui possono emergere varianti virali più pericolose per gli animali e l’uomo. Sono attualmente in corso all’IZSVe studi per approfondire le caratteristiche genetiche e biologiche del ceppo identificato nei visoni in Spagna. Gli studi finora condotti dall’IZSVe indicano comunque un’evoluzione solo parziale del virus che, per il momento, non è in grado di causare un contagio inter-umano. Non si può escludere però che il virus in futuro possa acquisire caratteristiche tali da renderlo trasmissibile da uomo a uomo anche se dalla sua comparsa, nel 1996 in un allevamento di oche in Cina, il virus H5N1 ha provocato casi di infezione anche tra gli esseri umani ma con una frequenza sporadica e in particolari condizioni.

  • Strano silenzio stampa sulle dichiarazioni dell’Oms per l’influenza aviaria

    L’Oms,dopo gli errori e le omissioni iniziali nei primi giorni dell’era covid,non è vista con particolare fiducia ma questo non giustifica il silenzio con il quale la maggior parte degli organi di stampa e di informazione hanno accolto il nuovo allarme lanciato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

    Secondo una recente analisi dell’Oms l’evoluzione dell’influenza aviaria di tipo A, che in genere è circoscritta al pollame e ad alcune specie di uccelli, potrebbe rappresentare un grave pericolo per l’umanità.

    Il direttore generale Tedros Ghebreyesus  ha spiegato che il virus responsabile dell’influenza aviaria si è diffuso in maniera esponenziale tra gli uccelli selvatici e quelli domestici di allevamento negli ultimi 25 anni, ma vi sono stati anche casi di contagio nei mammiferi, visoni, lontre, volpi etc.

    Il pericolo è che se l’infezione comincia a colpire mammiferi vicini all’uomo il virus potrebbe poi ulteriormente modificarsi diventando molto infettivo per gli esseri umani e adattandosi ad agire velocemente.

    L’Oms raccomanda a tutte le autorità sanitarie monitoraggio ed attenzione e di studiare attentamente i casi di infezione da influenza aviaria negli esseri umani prima che da pochi casi si finisca in una nuova pandemia.

    L’Organizzazione raccomanda, e stupisce che le regioni ed i comuni non abbiano avvertito la popolazione, specie quella che abita in zone rurali, di non toccare o raccogliere animali selvatici morti o ammalati, che invece devono essere segnalati alle autorità locali, e di consultare il medico, o nel  caso di animali il veterinario, se vi è un sospetto di infezione in quanto è in aumento il rischio di trasmissione del virus.

    Se fino ad ora i casi di infezione nell’uomo erano legati a contatti con pollame d’allevamento che si era infettato con l’aumento della trasmissione dell’infezione nei mammiferi il rischio per l’uomo è aumentato e si teme possa succedere, se non c’è adeguata prevenzione e controllo, quello che è successo con il corona virus.

    Nell’uomo i sintomi dell’aviaria, causata da ceppi virali asiatici H5N1 eH7N9, sono simili a quelli  dell’influenza stagionale, febbre, tosse, mal di gola, dolori muscolari, malessere e stanchezza, congiuntivite, difficoltà respiratorie e possibili polmoniti, per questo è necessario non trascurare l’allarme che l’Oms questa volta, ha lanciato tempestivamente.

  • L’emergenza si previene non si insegue

    Prevenire meglio che reprimere o prevenire meglio che curare sono due modi di dire molto conosciuti ma forse ignoti ad alcuni di coloro che dovrebbero essere preposti alla guida del loro paese. Ovviamente per quanto riguarda la Cina, sapendo il sistema che governa, non potevamo che aspettarci quello che è successo mentre per i paesi europei sono mancati sia una prevenzione concreta che un coordinamento ed anche l’Oms si è più basata sui dati inesatti, forniti dai cinesi, che sulla realtà scientifica che potevano dedurre anche da precedenti avvenimenti. In Italia risultano assolutamente sproporzionate per difetto le misure di prevenzione che dovevano partire immediatamente, come l’obbligo di quarantena per tutti coloro che provenivano dalla Cina, a qualunque nazionalità appartenessero, con il controllo del passaporto nessuno sarebbe scappato alla verifica anche se non arrivava con un volo diretto, come succede nella maggior parte dei casi. Sembrano, al momento, altrettanto sproporzionate per eccesso le misure di isolamento di intere aree, misure per altro prese dopo che gli abitanti si erano già abbondantemente recati in altre località per fare scorte alimentari. Ora ci troviamo di fronte ad alcune realtà prevedibili, vi sono pazienti asintomatici, vi potrebbero essere anche portatori sani, in Italia troviamo molti casi perché di stanno facendo quei controlli che non si fanno in altri paesi europei, il virus si è diffuso tra persone che non sono state in Cina né hanno avuto contatto con chi proviene dalle aree cinesi contagiate e non si trova ancora il paziente zero. Manca anche un dato che sarebbe importante sapere e cioè quante sono, tra le persone trovate positive al coronavirus, quelle che avevano fatto il vaccino antinfluenzale e quali sono le loro reazioni fisiche.

    Se da un lato è importante che i cittadini siano messi, minuto per minuto, al corrente di quanto avviene c’è però da evidenziare che in alcuni casi si sta fomentando il panico con gravi conseguenze sul piano emotivo. Guardando ai dati di precedenti situazioni simili ricordiamo che per la Sars vi sono stati 801 decessi, 229 per l’epidemia influenzale H1N1 del 2009 e che quest’anno per influenza sono già morte 24 persone.

    Presumibilmente con il coronavirus dovremo vivere per qualche tempo perciò è necessario che le forze politiche di attrezzino sia a lavorare insieme su questo problema sia ad essere più accorte, ascoltati gli scienziati, medici e ricercatori, nel promuovere iniziative per contenere l’epidemia e per non vessare inutilmente le persone creando anche altri problemi ad un’economia già in crisi. Se per dipendenti, pubblici o privati, vi sono ammortizzatori sociali che possono essere attivati non si dimentichino i piccoli commercianti, gli artigiani, i professionisti, gli agricoltori privi di qualunque paracadute economico. Si ha purtroppo la sensazione di una costante improvvisazione di fronte ad un’emergenza che doveva essere, dalle prime notizie che arrivavano dalla Cina, contemplata come possibile.

    Ora cerchiamo di tenere la testa a posto sia come singoli cittadini che come operatori nei vari settori, dalla politica all’informazione e cerchiamo, d’ora in avanti, di prevenire e non inseguire l’emergenza come è avvenuto purtroppo all’ospedale di Codogno.

  • Qualche dato su pandemie e influenze…

    SPAGNOLA

    L’influenza spagnola, altrimenti conosciuta come la grande influenza o epidemia spagnola, fu una pandemia influenzale, insolitamente mortale, che fra il 1918 e il 1920 uccise decine di milioni di persone nel mondo, la prima delle due pandemie che coinvolgono il virus dell’influenza H1N1. Essa arrivò ad infettare circa 500 milioni di persone in tutto il mondo, inclusi alcuni abitanti di remote isole dell’Oceano Pacifico e del Mar Glaciale Artico, provocando il decesso di 50-100 milioni (dal tre al cinque per cento della popolazione mondiale dell’epoca). La letalità le valse la definizione di più grave forma di pandemia della storia dell’umanità: ha infatti causato più vittime della terribile peste nera del XIV secolo.

    Il tasso di mortalità globale della pandemia di influenza spagnola non è noto, ma si stima che dal 10% al 20% di coloro che sono stati contagiati sia deceduto. Con circa un terzo della popolazione mondiale infetta si può supporre che tra il 3% e il 6% dell’intera popolazione mondiale sia morto. L’influenza può aver ucciso fino a 25 milioni di persone nelle prime 25 settimane. Stime più datate dicono che ha causato tra i 40 e i 50 milioni di decessi, mentre le stime più attuali stimano questo numero oscillante tra i 50 e 100 milioni.

    In Europa, il diffondersi della pandemia fu aiutato dalla concomitanza degli eventi bellici relativi alla Prima Guerra Mondiale. Nel 1918, il conflitto durava ormai da quattro anni ed era diventato una guerra di posizione: milioni di militari vivevano quindi ammassati in trincee sui vari fronti favorendo così la diffusione del virus. I dati storici ed epidemiologici sono inadeguati per identificare l’origine geografica della pandemia. Si ritiene che sull’influenza spagnola abbia avuto un’implicazione la comparsa, negli anni ‘20, dell’encefalite letargica.

    SARS

    La malattia, identificata per la prima volta dal medico italiano Carlo Urbani (poi deceduto a causa della stessa), produsse un’epidemia lungo un arco temporale che andò dal novembre 2002 al luglio 2003, determinando 8.465 casi segnalati nel mondo e 801 decessi accertati in 17 Paesi (per la maggior parte nella Cina continentale e ad Hong Kong), per un tasso di letalità finale del 9,6%. Dal 2004 non si sono più segnalati altri casi di SARS in alcuna parte del mondo. Questa malattia fu causata da un coronavirus (così chiamato per la sua apparenza al microscopio) che sul finire del 2017 gli scienziati cinesi hanno rintracciato nei pipistrelli comunemente noti come ferri di cavallo, con gli zibetti quali vettori intermediari.

    N1H1

    La pandemia influenzale del 2009 (chiamata anche influenza A/H1N1 o febbre suina), causata da una variante fino ad allora sconosciuta del virus H1N1, è stata una pandemia che ha causato centinaia di morti e decine di migliaia di contagi nel mondo, concentrati per la maggior parte nel continente americano.

    Il comunicato emesso dal Ministero della Salute fissava a 229 il numero di «vittime collegate alla nuova influenza» che, in rapporto al numero stimato dei casi (4.391.000) corrisponde a una letalità di circa lo 0,005 %, quasi cento volte meno rispetto a quella della passata influenza H3N2.

    INFLUENZA STAGIONALE

    L’influenza stagionale 2020 è in fase di remissione, il numero di contagi – infatti – è in calo: il picco è alle spalle, mentre sale quello dei casi gravi (118 persone) e dei morti (24 casi). Nell’ultima settimana 656.000 italiani sono finiti a letto, per un totale, da metà ottobre a oggi, di circa 5.632.000 casi. Le regioni maggiormente colpite sono state: Lombardia, Marche, Abruzzo e Basilicata.

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