liberalizzazioni

  • Finalmente le liberalizzazioni, ma intanto le bollette hanno tosato gli italiani

    Anni e anni di ritardi e solo una volta introdotta finalmente la liberalizzazione gli italiani hanno tirato il fiato guardando la bolletta: a febbraio 2024 i prezzi del gas naturale (28 euro per MWh) ed energia elettrica (87 euro per MWh) sono sostanzialmente tornati quelli del mese di giugno 2021, prima che la successiva guerra in Ucraina e le tensioni sulle forniture energetiche facessero schizzare i prezzi alla stelle. Secondo i calcoli effettuati dalla Cgia di Mestre le bollette di luce e gas delle famiglie italiane, nel corso del 2023, sono aumentate rispettivamente di 153 euro – ossia di un 24,2% – e di 175 euro – pari ad un +28,1% -. La spesa media complessiva è quindi aumentata di 328 euro, che corrispondono ad un +26,2%.

    La Cgia di Mestre sottolinea che negli anni scorsi molti distributori e fornitori di energia hanno aumentato la quota fissa a carico dell’utenza. Tra il 2021 e il 2023 l’aumento dei prezzi ha sostanzialmente coinvolto tutti i consumatori, anche se per quelli del mercato tutelato, circa un terzo del totale, la variazione è stata inferiore a quella registrata nel mercato libero. Per i primi l’incremento è stato pari al 34% per l’elettricità; mentre per i secondi è stato pari al 136,3%. Scomparso il mercato tutelato, la piena concorrenza tra erogatori nel 2024 ha portato quello che non si è visto finché il mercato tutelato c’era: lo sgonfiamento dei prezzi e la possibilità per tutti gli operatori di fornire tariffe concorrenziali, vista l’assenza di un prezzo di fatto amministrato dallo Stato tramite il mercato tutelato rispetto al quale nessun fornitore poteva reggere finanziariamente i costi da affrontare per fare offerte altrettanto competitive.

    Stando agli ultimi dati disponibili, il prezzo dell’elettricità in Italia nel primo semestre 2023 era pari a 378,1 MWh, il quarto più alto dell’area euro. Per quanto riguarda il gas, sempre nel I semestre 2023 il prezzo italiano era pari a 98,1 euro per MWh; un prezzo tra i più bassi dell’Eurozona.

  • Il finto e colpevole pensiero liberale

    Il risultato finale di uno scolastico pensiero liberale emerge limpido dalla semplice verifica dei dati economici. Il consuntivo delle “italiche” liberalizzazioni che hanno semplicemente trasferito monopoli statali a complessi interessi privati nell’ultimo decennio sono presto elencati. Costi a carico dell’utenza nell’ultimo decennio: energia elettrica +240%, gas +65%, acqua +54%, rifiuti +23% (*). Contemporaneamente le retribuzioni registrano un tasso di crescita del +11,5%.

    Un modo semplice ed elementare per comprendere per quale motivo negli ultimi trent’anni il reddito disponibile in Italia sia complessivamente diminuito del -3% mentre in Germania risulti cresciuto del +34,7% ed in Francia di oltre il 27% https://www.ilpattosociale.it/attualita/lappropriazione-indebita-del-termine-liberali/.

    Il mondo reale sconosciuto agli stessi scolastici promotori del liberalismo senza regole che hanno infestato le istituzioni nazionali dimostra quanto sia il danno economico e patrimoniale che questa risibile “scuola di pensiero” ha arrecato al nostro Paese, riducendo, in più, l’Italia a recitare, nella tragedia teatrale europea, il ruolo dell’Argentina. Il nostro sistema economico è tenuto in piedi paradossalmente dalla moneta unica (euro), perché se così non fosse avremmo gli stessi tassi di interesse (90%) dell’Argentina che opera con la propria valuta.

    Il Paese è stato depredato delle più importanti infrastrutture indivisibili (**) (autostrade, energia etc) in nome di un finto pensiero liberale assolutamente diverso da quello applicato in Svizzera e in Germania dove, solo per offrire un esempio, le autostrade sono di gestione pubblica. In questi paesi le infrastrutture e il loro efficientamento rappresenta un fattore fondamentale finalizzato alla crescita della competitività dell’intero paese.

    Nel nostro, invece, sono diventate, con un’evidente complicità del sistema politico, occasione di speculazioni a danno dell’utenza e del Paese.

    In questo contesto, basti ricordare come lo stesso ex primo ministro del governo conservatore Boris Johnson in Gran Bretagna abbia rinazionalizzato le ferrovie britanniche.

    Dopo una approfondita ricerca era emerso, non senza imbarazzi, come la liberalizzazione delle ferrovie britanniche avesse determinato un aumento del costo dei biglietti unito ad un peggiorato servizio reso ai viaggiatori https://www.luciferonline.it/2021/06/21/il-ritorno-di-british-railway-ed-il-silenzio-liberale/

    Emege molto difficile trovare strategie che assicurino uno sviluppo, specialmente a livello industriale, senza adottare un vero pensiero politico liberale che abbia come prospettiva l’efficentamento in termini qualitativi e di costi per l’utenza delle infrastrutture.

    Molto lontano, quindi, dalla smobilitazione di monopoli statali a favore di interessi privati invece di favorirne un accesso sulla base del principio della concorrenza.

    (*) Fonte Il Sole 24 Ore

    (**) I servizi di accesso dovrebbero invece essere oggetto di liberalizzazioni (p.e. Telepass)

  • L’appropriazione indebita del termine “liberali”

    Se sicuramente un mercato liberalizzato, quindi sottoposto al principio della concorrenza, è in grado di offrire un bene o un servizio ad un prezzo inferiore o con un contenuto qualitativo superiore a tutto vantaggio della clientela dei consumatori, allora, per sua stessa definizione, un mercato liberalizzato deve assicurare le medesime condizioni normative, economiche e fiscali a tutti i soggetti imprenditoriali impegnati.

    Solo così si può concentrare sul singolo prodotto o servizio la massima espressione del migliore know how professionale ed industriale incalzato dal principio di concorrenza.

    Durante questo terribile periodo di pandemia, ed ora di guerra, si è finalmente compreso quanto le delocalizzazioni produttive abbiano rappresentato la semplice adozione del parametro speculativo di genesi finanziaria, applicato al sistema industriale e finalizzato alla ricerca del minore costo del lavoro possibile all’interno del perimetro del mercato globale.

    Da anni le nuove compagini che si definiscono “liberali” individuano nelle semplici liberalizzazioni dei servizi, quindi anche dei taxi e delle concessioni balneari, il mantra assoluto finalizzato alla crescita del  nostro Paese all’interno per un mercato globale che assicuri competizione e  competitività.

    Sfugge, però, come Uber altro non sia che una app quotata al mercato azionario olandese con un capitale di 70.000 euro e in più si avvantaggi di un regime fiscale favorevole (olandese) rispetto a quello italiano.

    In altre parole, il principio della delocalizzazione produttiva, che ha disintegrato il sistema industriale italiano, viene applicato ora al contrario nella erogazione di servizi all’interno del nostro Paese attraverso l’importazione di sistemi informativi e digitali che abbassano per uno solo dei concorrenti la  concentrazione di capitale per l’erogazione del medesimo servizio.

    In modo surrettizio, all’interno di questa visione distorta che si definisce “liberale”, si pongono in concorrenza un sistema di servizi complesso come quello dei taxi italiani, il quale sicuramente  necessita di un adeguamento digitale ed un miglioramento complessivo del servizio, con una applicazione la quale si avvantaggia anche di un sistema fiscale assolutamente vantaggioso.

    Un sistema concorrenziale relativo ad un servizio oppure ad un prodotto dovrebbe svolgersi all’interno di condizioni economiche, fiscali e normative simili, ed invece si riduce al vantaggio di sistema legato a regimi fiscali che distorcono le stesse regole del mercato esattamente come le delocalizzazioni produttive.

    Questa impostazione politica che si definisce “liberale” si dimostra incompetente nella stessa analisi economica. Inoltre, sempre facendo riferimento a questa corrente politica, non viene dedicata una parola a favore della tutela della produzione italiana e degli stessi servizi italiani (05.03.2020 https://www.ilpattosociale.it/attualita/made-in-italy-valore-economico-etico-e-politico/) sui quali grava un sistema fiscale iniquo ed invasivo .

    In altre parole, non viene definita una strategia per la crescita del Pil ma semplicemente per l’abbassamento del costo dei servizi classica  all’interno di una visione economica pre-rivoluzione industriale ed espressione di un neo latifondismo digitale.

    Mai come ora, anche coloro che si considerano i portatori illuminati del pensiero liberale e di novità intellettuali e strategiche, si dimostrano, invece. semplicemente come una banale espressione del  solito approccio parziale, il cui pensiero caratterizzante si dimostra finalizzato semplicemente all’abbassamento della soglia economica di accesso ad un  servizio.

    Contemporaneamente questo nuovo pensiero liberale si dimostra ancora una volta incapace di elaborare una strategia  per uno sviluppo economico, soprattutto industriale, del nostro Paese.

    L’unica crescita, va ricordato per l’ennesima volta, che possa assicurare un aumento dell’occupazione e del benessere diffuso.

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