mare

  • Il Fondo europeo per gli investimenti sostiene il finanziamento di infrastrutture marittime sostenibili

    Il Fondo europeo per gli investimenti (FEI) ha effettuato un investimento iniziale di 70 milioni di euro nel Fondo per le infrastrutture marittime sostenibili, gestito da Eurazeo. L’investimento del Fondo europeo per gli investimenti beneficia del sostegno del Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), il principale pilastro del piano di investimenti per l’Europa. Il Fondo per le infrastrutture marittime sostenibili mira a sostenere la transizione del settore marittimo globale verso un’economia neutra in termini di emissioni di carbonio entro il 2050, in linea con l’obiettivo del Green Deal europeo di azzerare le emissioni nette di gas a effetto serra entro il 2050.

    Con un totale di 200 milioni di euro raccolti, a tutt’oggi il fondo ha già raggiunto più della metà del volume previsto. L’investimento totale contribuirà a finanziare tre attività principali: navi dotate di tecnologie rispettose dell’ambiente che utilizzano carburanti più efficienti o alternativi, attrezzature e infrastrutture portuali innovative a sostegno della transizione verde, nonché risorse che sostengono lo sviluppo delle energie rinnovabili offshore.

    Soddisfazione è stata espressa dal Commissario per l’Economia,Paolo Gentiloni che ha dichiarato: “Data la grande quantità di merci trasportate quotidianamente sui nostri oceani, è chiaro che il settore marittimo debba apportare un contributo significativo al nostro obiettivo di neutralità in termini di emissioni di carbonio entro il 2050. Il fatto che il piano di investimenti per l’Europa contribuisca a sostenere questo fondo per le infrastrutture marittime sostenibili è un’ottima notizia. Questa operazione getta le basi per un solido finanziamento a favore di navi e infrastrutture portuali più sostenibili al fine di promuovere lo sviluppo delle energie rinnovabili offshore.”

    Finora il piano di investimenti per l’Europa ha mobilitato 546,5 miliardi di euro di investimenti a favore di oltre 1,4 milioni di piccole e medie imprese.

    Fonte: Commissione europea

  • Affonda una petroliera in Tunisia e scatta l’allarme per la possibile marea nera

    Era venerdì 15, di sera. quando la petroliera ‘Xelo’, proveniente dall’Egitto e diretta a Malta, ha chiesto di poter entrare nelle acque territoriali tunisine per trovare riparo dal mare in tempesta. Ma, prima di raggiungere la costa, nelle ultime ore naufragata nel Golfo di Gabes, di fronte alla costa sud-orientale della Tunisia. E lì è affondata, con il suo carico altamente inquinante: 750 tonnellate di gasolio che ora giacciono in fondo al mare. Le autorità affermano che la situazione “è sotto controllo”. Ma finché il relitto e il suo carico non saranno messi in sicurezza tutto può ancora succedere.

    E’ stata la ministra dell’Ambiente, Leila Chikhaoui, ad affermare di non ravvisare al momento pericoli di inquinamento nell’area, situata praticamente al centro del Mediterraneo. “Riteniamo che lo scafo sia ancora a tenuta stagna e che finora non ci siano state perdite”, ha detto in un’intervista all’Afp. Inoltre, secondo il ministro, “il gasolio tende ad evaporare abbastanza velocemente”, anche nel caso in cui affiorasse. Tuttavia, se necessario la Tunisia potrebbe “fare appello agli aiuti internazionali”. E’ stato intanto attivato il piano nazionale di emergenza per la prevenzione dell’inquinamento marino con l’obiettivo di controllare la situazione ed evitare la diffusione di inquinanti”, ha fatto sapere il ministero dell’Ambiente. I ministeri della Difesa, dell’Interno, dei Trasporti e delle Dogane stanno lavorando quindi per evitare “un disastro ambientale nella regione e per limitarne le ripercussioni”, precisa la stessa fonte.

    Le autorità giudiziarie di Gabes, intanto, hanno aperto un’indagine sull’accaduto, prendendo atto di “perdite minime” che, a loro dire, non farebbero “presagire disastri”. Di certo c’è che venerdì sera la petroliera Xelo, lunga 58 metri e larga 9 e battente bandiera della Guinea Equatoriale, si stava dirigendo verso Malta dal porto di Damietta in Egitto. Mentre imperversava il maltempo ha chiesto di poter entrare in acque tunisine ma, a circa 7 km dalla costa, ha iniziato a imbarcare acqua. Poco dopo nella sala macchine ce n’erano due metri. Le autorità tunisine hanno quindi evacuato i sette uomini di equipaggio, un capitano georgiano, quattro turchi e due azeri, portati in salvo prima dell’affondamento, avvenuto all’alba. Trasportati in ospedale per accertamenti, sono poi stati trasferiti in hotel e interrogati sulle cause del naufragio.

    Si attende ora che la furia del mare, dove persistono forti venti e mareggiate, si plachi abbastanza da permettere ai sommozzatori di andare a controllare da vicino le condizioni dello scafo. Poi si deciderà se pompare il carico da lì o avvicinare la nave alla costa. Intanto, a scopo precauzionale, lungo il perimetro del naufragio sono predisposte barriere antinquinamento, sorvegliate dai militari e inaccessibili a chiunque sia estraneo ai soccorsi.

    La regione del Gabes ospita oltre la metà della flotta di pesca tunisina ma negli ultimi anni ha sofferto, secondo diverse ong, di vari episodi di inquinamento, anche per la presenza sulla costa di industrie di lavorazione del fosfato e di un oleodotto che trasporta petrolio dal sud della Tunisia. Intanto, un altro incidente ha coinvolto una petroliera, la ‘Chang Yi’, una petroliera da 9.995 tonnellate immatricolata a Panama, a 300 chilometri dalla costa di Hong Kong. Una esplosione a bordo ha ucciso un uomo dell’equipaggio ferendone altri 6. Ignote le cause del disastro, che ha richiesto l’intervento di un aereo e 2 elicotteri. Nella zona è ormai buio, ed è stato finora impossibile accertare se vi siano o meno perdite di petrolio in mare.

  • La Commissione propone un secondo pacchetto di misure anticrisi a sostegno dei settori della pesca e dell’acquacoltura

    La Commissione ha proposto una modifica legislativa del Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP) 2014-2020 volta a consentire ulteriori misure anticrisi per sostenere i settori della pesca e dell’acquacoltura dell’UE nel contesto dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. La modifica integra il primo pacchetto di misure anticrisi adottato il 25 marzo nell’ambito del Fondo europeo per gli affari marittimi, la pesca e l’acquacoltura (FEAMPA) e prevede un indennizzo finanziario per i costi aggiuntivi, il mancato guadagno e l’ammasso dei prodotti nonché l’arresto temporaneo delle attività di pesca se attualmente non sicure.

    L’aggressione militare della Russia contro l’Ucraina ha aumentato i prezzi dell’energia e delle materie prime, generando costi d’esercizio aggiuntivi elevatissimi e comprimendo i margini di profitto nei settori della pesca, dell’acquacoltura e della trasformazione dei prodotti ittici. In determinate zone la guerra ha inoltre portato all’interruzione precauzionale delle attività di pesca. Una volta adottata la proposta odierna, gli Stati membri avranno la possibilità di concedere rapidamente un sostegno finanziario per compensare i costi aggiuntivi e le perdite economiche derivanti dalla crisi, disponendo in particolare:

    • l’indennizzo finanziario per l’arresto temporaneo delle attività di pesca qualora l’aggressione militare della Russia contro l’Ucraina metta a rischio la sicurezza delle operazioni di pesca; questo indennizzo non è soggetto al massimale finanziario e alla durata massima previsti negli altri casi di arresto temporaneo;
    • l’indennizzo finanziario a favore delle organizzazioni di produttori che immagazzinano prodotti della pesca o dell’acquacoltura conformemente al meccanismo di ammasso di cui al regolamento (UE) n. 1379/2013 (organizzazione comune dei mercati);
    • l’indennizzo finanziario a favore degli operatori dei settori della pesca e dell’acquacoltura (compreso il settore della trasformazione) per il mancato guadagno e per i costi aggiuntivi sostenuti in conseguenza della perturbazione del mercato causata dall’aggressione militare della Russia contro l’Ucraina e dei suoi effetti sulla catena di approvvigionamento dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura.

    La proposta inserisce questi sistemi di indennizzo nelle misure vigenti del FEAMP per agevolarne la rapida attuazione.

    Introduce inoltre meccanismi di flessibilità per agevolare la rapida attuazione delle nuove misure seguenti:

    • una procedura semplificata di modifica dei programmi operativi degli Stati membri per l’introduzione di tali misure, compresa la riassegnazione delle risorse finanziarie;
    • l’ammissibilità retroattiva delle spese per tali misure a decorrere dal 24 febbraio 2022;
    • la possibilità di riassegnare alle nuove misure connesse alla crisi gli importi fissi inizialmente riservati a determinate misure del FEAMP (ossia controllo ed esecuzione, raccolta dei dati).

    Trattandosi di una proposta legislativa, prima di poter entrare in vigore dovrà essere adottata dal Parlamento europeo e dal Consiglio secondo la procedura legislativa ordinaria.

    Fonte: Commissione europea

  • La Commissione fornisce orientamenti per l’applicazione armonizzata delle norme sulla plastica monouso

    La Commissione europea ha fornito orientamenti sulle norme sulla plastica monouso e ha adottato una decisione di esecuzione relativa al monitoraggio e alla comunicazione degli attrezzi da pesca immessi sul mercato e dei rifiuti di attrezzi da pesca raccolti. Tali norme mirano a ridurre i rifiuti marini derivanti dai prodotti di plastica monouso e dagli attrezzi da pesca e a promuovere la transizione a un’economia circolare basata su modelli commerciali, prodotti e materiali innovativi e sostenibili.

    In base alle norme dell’UE del 2019 in materia di plastica monouso, entro il 3 luglio di quest’anno gli Stati membri devono garantire che determinati prodotti di plastica monouso non siano più immessi sul mercato dell’Unione. Gli orientamenti mirano a garantire che le nuove norme siano applicate correttamente e uniformemente in tutta l’UE. Il recepimento armonizzato nella legislazione nazionale è importante per il corretto funzionamento del mercato interno per quanto riguarda i prodotti disciplinati da tali norme. Gli orientamenti illustrano le definizioni e i termini chiave e sono stati sviluppati attraverso ampie consultazioni con gli Stati membri e interazioni con un’ampia gamma di parti interessate.

    La decisione di esecuzione relativa al monitoraggio e alla comunicazione degli attrezzi da pesca e dei rifiuti di attrezzi da pesca raccolti consente agli Stati membri di adempiere all’obbligo di riferire, a partire dal 2022, sugli attrezzi da pesca contenenti plastica immessi sul mercato e sugli attrezzi da pesca raccolti in mare. L’obiettivo è incentivare il recupero di tutti gli attrezzi da pesca e migliorarne la gestione attraverso regimi di responsabilità estesa del produttore. Maggiori informazioni sono disponibili nel comunicato stampa e nelle domande e risposte.

    Fonte: Commissione europea

  • La Commissione europea presenta un progetto per l’economia blu sostenibile

    La Commissione europea propone un nuovo approccio per un’economia blu sostenibile per le industrie e i settori legati agli oceani, ai mari e alle coste. Nel progetto di Bruxelles tutti i settori dell’economia blu, compresi la pesca, l’acquacoltura, il turismo costiero, i trasporti marittimi, le attività portuali e la costruzione navale, dovranno ridurre il proprio impatto ambientale e climatico.

    “Affrontare le crisi climatiche e della bio-diversità richiede mari sani e un uso sostenibile delle loro risorse per creare alternative ai combustibili fossili e alla produzione alimentare tradizionale”, sostiene la Commissione europea. Nella lista degli obiettivi dell’Ue vi è: raggiungere gli obiettivi della neutralità climatica e dell’inquinamento zero, in particolare sviluppando l’energia rinnovabile offshore, decarbonizzando il trasporto marittimo e rendendo più verdi i porti; passare a un’economia circolare e ridurre l’inquinamento, anche attraverso standard rinnovati per la progettazione degli attrezzi da pesca, per il riciclaggio delle navi e per lo smantellamento delle piattaforme offshore e azioni per ridurre l’inquinamento da plastica e microplastiche; preservare la biodiversità e investire nella natura, proteggere il 30% della superficie marittima dell’Ue invertirà la perdita di biodiversità, aumenterà gli stock ittici, contribuirà alla mitigazione del clima e alla resilienza e genererà significativi vantaggi finanziari e sociali; l’impatto ambientale della pesca sugli habitat marini sarà ulteriormente ridotto al minimo; sostenere l’adattamento al clima e la resilienza costiera e, infine, garantire una produzione alimentare sostenibile.

  • Bando: Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca

    Il Bando europeo FEAMP – Interventi nel settore della pesca e dell’acquacoltura cofinanziati dal Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e la Pesca – ha lo scopo di sostenere i beneficiari che promuovono e incentivano la competitività del settore ittico, volta alla ricerca di nuovi mercati e di promuovere prodotti di qualità.

    Obiettivi: la Misura mira ad accrescere la competitività dei settori pesca e acquacoltura in linea con l’obiettivo tematico di migliorare la competitività delle PMI previsto tra gli obiettivi tematici del Quadro Strategico Comune per la programmazione 2014/2020. Gli interventi sono volti a promuovere la qualità e il valore aggiunto delle produzioni ittiche, attraverso la tracciabilità, la certificazione, la commercializzazione e le campagne di comunicazione e promozione dei settori di pesca e acquacoltura.

    Azioni: Creare organizzazioni di produttori, associazioni di organizzazioni di produttori o organizzazioni riconosciute a norma del capo II, sezione II, del Reg. (UE) n. 1379/2013.

    Trovare nuovi mercati e migliorare le condizioni per l’immissione sul mercato dei prodotti alieutici e acquicoli.

    Promuovere la qualità e il valore aggiunto.

    Contribuire alla trasparenza della produzione e dei mercati e svolgere indagini di mercato e studi sulla dipendenza dell’Unione dalle importazioni.

    Contribuire alla tracciabilità dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura e, se del caso, allo sviluppo di un marchio dell’Unione di qualità ecologica (ecolabel) per i prodotti della pesca e dell’acquacoltura.

    Redigere contratti tipo per le PMI compatibili con il diritto dell’Unione.

    Realizzare campagne di comunicazione e promozione regionali, nazionali o transnazionali per sensibilizzare il pubblico sui prodotti della pesca e dell’acquacoltura sostenibili.

    Scadenza: 06/04/2021

    Fonte: Commissione europea

  • Il respiro del mare

    Ciao Giulia. Ci racconti un po’ di te? Del tuo percorso formativo? 

    Mi sono laureata a Genova in Scienze Ambientali Marine sviluppando un progetto per la Gestione della Fascia Costiera in Liguria, ma ho sempre cercato di passare il più tempo possibile in mare aperto. Ho avuto la fortuna di salire a bordo della Nave Oceanografica Urania per diverse volte, grazie al CNR, partecipando ad alcune campagne oceanografiche nel Mediterraneo. La cosa strana è che in realtà all’epoca (prima e dopo la laurea) non mi immaginavo nel campo del monitoraggio dei mammiferi marini. Ricordo ancora quando nel 2013 durante la navigazione alla Baleari, a bordo dell’Urania, i miei colleghi non in turno videro tre capodogli affiancarsi alla nave. Mi chiamarono, ma io ero di turno al laboratorio di analisi chimica e a quanto pare non mostrai nemmeno troppo entusiasmo quando mi trascinarono fuori per vedere i cetacei. Chi lo avrebbe detto che da lì a sette anni sarebbero diventati l’obiettivo del lavoro del mio team con Menkab. Eppure da bambina obbligavo mio padre a regalarmi qualunque cosa a forma di orca o delfino.

    Storia e obiettivi dell’Associazione Menkab?

    L’Associazione Menkab: il respiro del mare è nata nel 2010 a sostegno delle attività di ricerca scientifica e di educazione ambientale dedicate al Mar Mediterraneo e per contribuire alla protezione del suo ecosistema. Per raggiungere questo obiettivo il team collabora con Università italiane e straniere, altre Associazioni e Società che lavorano nel campo della comunicazione e della divulgazione scientifica.

    Ci parli del tuo gruppo di lavoro

    Il team è eterogeneo. Questo è uno dei nostri punti di forza. Abbiamo sempre da imparare l’uno dall’altro. Menkab è stata fondata dal Professor Maurizio Wurtz, che non solo è un grandissimo biologo ma anche un’artista incredibile in grado di trasformare vetro resina in animali 1:1 che sembrano veri e di costruire quasi qualunque strumento possa servirci in mare per la ricerca. Come l’idrofono. Maurizio ora ha però ceduto un po’ la redini a noi “ragazzi”. Oltre a me, che ho formazione più oceanografica e mi occupo della componente di science communication, ci sono Biagio Violi, il nostro esperto di capodogli e responsabile scientifico, Martina e Alessandro che si occupano di acustica e di studio del marine litter (i “rifiuti in mare”) ed Elia, skipper e biologo marino esperto di subacquea, oltre che pilota di ROV (robot sottomarino). Oltre al gruppo di ricerca abbiamo la fortuna di condividere le uscite in mare con un team di documentaristi della società Artescienza con cui abbiamo realizzato #CLOSETOHOME (https://www.youtube.com/channel/UCFnVyxb-klIOv-zsFJ-OZag).

    Qual è lo stato dell’area di mare che monitorate? 

    Il Mar Ligure ha la fortuna di avere due aree marine protette, che permettono un monitoraggio costante di eventuali situazioni critiche. Ma oltre a questo è anche uno dei mari più trafficati e con il maggior numero di porti, marine turistiche e porticcioli e con il traffico marittimo tra gli impatti maggiori per i mammiferi marini e altre specie come le tartarughe. Oltre a questo esiste anche il problema dell’inquinamento da marine litter (plastica e altre fonti) che nel nostro mare tendono a collocarsi molto facilmente sui fondali, dove magari spariscono dalla nostra visuale, ma impattano il sistema marino per decenni.

    Progetti di Ricerca Scientifica fatti e in atto? 

    Il nostro target principale tra i mammiferi marini è rappresentato dal capodoglio, il più grande predatore degli oceani, presente nel Mediterraneo anche se in pericolo, a causa dell’impatto antropico. Lo studio di questa specie ha dato vita al progetto PREDATORS (dedicato proprio a questo animale, ma allargato a tutta la fauna marina), che ci porta a effettuare il maggior numero possibile di uscite in mare tutto l’anno, proprio per comprendere il passaggio del capodoglio nel Mar Ligure. Avere un’imbarcazione nostra, per quanto dispendioso, ci permette di avere la possibilità di uscire in mare ogni volta che il meteomare è favorevole e questo ci ha regalato la possibilità di avvistare specie non proprio consuete nell’ultimo anno. Da dicembre 2019 ad oggi infatti abbiamo “collezionato” orche, psuedorche e una megattera, tutte nella nostra area di studio compresa tra Savona e Genova. Tre specie atlantiche, definite Visitor nei nostri mari. Un’emozione unica.

    Con quali enti collaborate? 

    Abbiamo progetti e convenzioni con l’Area Marina Protetta Isola di Bergeggi e con l’Università degli Studi di Genova. Tra le altre realtà, come ho citato precedentemente, abbiamo la fortuna di poter collaborare con i documentaristi di Artescienza, ma negli anni abbiamo realizzato progetti diversi, come quello incentrato sullo studio dell’impatto della plastica nei fondali marini italiani (Abyss Cleanup con Igor D’India) oppure collaborazioni e corsi internazionali.

    Avete realizzato pubblicazioni?

    Nel nostro settore le pubblicazioni scientifiche sono un capitolo importante ed è comunque una parte fondamentale del nostro lavoro. Oltre alla pubblicazione passata che varia dallo studio dei capodogli ai progetti sul tursiope (il delfino più costiero), recentemente stiamo lavorando su diverse pubblicazioni dedicate al capodoglio, come ad esempio quella portata anche al WMMC (World Marine Mammal Conference) a Barcellona nel 2019, in cui mostravamo il primo caso di osservazione e documentazione di un allattamento di capodoglio nel Mar Ligure.

    Fate anche corsi di formazione e di educazione ambientale. Ce ne parli? 

    Ogni anno organizziamo corsi di formazione per studenti, laureati ma anche appassionati di cetacei, in cui forniamo le basi per comprendere le specie del Mediterraneo, un corretto approccio al loro avvistamento e come studiarli grazie all’acustica. I progetti di educazione ambientale invece sono molteplici e durano tutto l’anno, soprattutto con il coinvolgimento delle scuole del territorio, anche grazie al patrocinio dell’Area Marina Protetta di Bergeggi dell’Autorità Portuale. Il nostro obiettivo è far arrivare il più possibile il concetto di “cultura del mare” e di quanto sia importante la salvaguardia e la tutela dell’ambiente marino.

    Ad oggi stiamo cercando i fondi per realizzare una mostra con un tour digitale, che possa permettere a tutti di immergersi in questo mondo.

    Come possiamo sostenere i vostri progetti?

    Prima di tutto nel modo più semplice possibile, seguendoci sulle nostre pagine social (Instagram e Facebook). Il passo successivo è quello di effettuare una donazione all’Associazione per permetterci di continuare i nostri progetti e magari poter portare il nostro lavoro anche fuori la nostra Regione. Basta scriverci una mail ad info@menkab.it o arcimenkab@gmail.com e verranno date le informazioni e le modalità per il supporto. Qualunque contributo è ovviamente ben accetto, ma anche una semplice visualizzazione dei nostri video o un commento al nostro lavoro è gradito.

    Cosa vorresti dire a gran voce? 

    Che la tutela dell’ambiente non è una cosa da pochi, marginale o che entra in conflitto con le politiche e le amministrazioni del territorio. Anzi al contrario, le due cose dovrebbero dirigersi verso gli stessi obiettivi.

    Indirizzo web:  https://www.menkab.it/

    Indirizzo FB: https://www.facebook.com/associazione.menkab@associazione.menkab

    Indirizzo Instagram: https://www.instagram.com/menkab_il_respiro_del_mare/?hl=it

    Nome: menkab_il_respiro_del_mare

    Email per contatti: arcimenkab@gmail.com / info@menkab.it

  • Peccati madornali e abusi peccaminosi

    Pochi amano sentir parlare dei peccati che amano commettere.

    William Shakespeare; da “Pericle, il principe di Tiro”


    Non si sa con certezza se l’intero testo del dramma Pericle, il principe di Tiro sia stato scritto solo dal grande scrittore tra il 1607 ed il 1608. Ma tutti concordano però che tranne, forse, i due primi atti, il dramma è stato comunque attribuito a lui, a William Shakespeare. La trama dell’opera è stata trattata già nell’antichità greca e poi in quella latina. Anche altri autori, prima di Shakespeare, hanno scritto sullo stesso tema. Pericle, il principe di Tiro rappresenta un intreccio di diversi eventi drammatici e tragici che coinvolgono i personaggi del dramma. Pericle compreso. Tutto però prende via da un terribile, madornale peccato: quello dei rapporti incestuosi tra Antioco, re di Antiochia, e la sua bellissima ed unica figlia. Rapporti peccaminosi che il re faceva di tutto perchè nessuno venisse a conoscenza. Non volendo però che si pensasse ad un suo impedimento a sua figlia di sposarsi, aveva trovato anche la soluzione. Un indovinello. Sì, un indovinello, che chiunque pretendesse la mano di sua figlia, il nome della quale non ci viene mai detto, avrebbe dovuto trovare prima la giusta risposta. Si doveva, perciò, trovare un enigma nascosto nelle seguenti frasi: “Mi trasporta un delitto; mi cibo delle carni di mia madre; cerco un fratello mio, figlio di mia madre, marito di mia moglie e non lo trovo”. Un indovinello veramente difficile da capire. E chi sbagliava veniva subito ucciso. Nessuno però era riuscito a trovare la risposta, finché alla corte di Antioco arrivò Pericle, il principe di Tiro. Egli, dotato di intelligenza e di vasta cultura ed attratto dalla bellezza della figlia di Antioco, riuscì a capire l’enigma di quell’indovinello e diede la risposta ad Antioco. Il re però, molto turbato, negò che fosse quella giusta, ma diede a Pericle un mese di tempo per ripensare. Un stratagemma per farlo uccidere subito dopo, essendo il principe di Tiro l’unica persona che conosceva il suo terribile segreto. Segreto che, nel subconscio di Antioco, era diventato anche un tremendo e continuo incubo. Nel frattempo Pericle, avvisato dei crudeli piani del re, scappa e si salva, dando però inizio alle tante sue peripezie. Ma poi, dopo molti difficili e sofferti anni, anche per Pericle arrivano i giorni felici, avendo trovato finalmente la moglie e la figlia.

    “…Pochi amano sentir parlare dei peccati che amano commettere” scriveva Shakespeare nel suo dramma. E si riferiva al madornale peccato commesso da Antioco, quello dei rapporti incestuosi con sua figlia. Mettendo così in evidenza e stigmatizzando, tra l’altro, l’immoralità dei peccati. E di peccati, anche più gravi e tremendi di quello di Antioco, si commettono in tutte le parti del mondo. Anche in Albania. Ma se colui che commette peccati è proprio il primo ministro e se i peccati cadono non su una sola persona, ma su una moltitudine di persone e sul Paese stesso, allora i peccati diventano ben più gravi, perché tutto si fa abusando, in modo peccaminoso, del potere conferito [per modo di dire]. I fatti accaduti e che stanno accadendo, anche in queste ultimissime settimane, testimonierebbero che il primo ministro albanese sia realmente immerso in un pantano di madornali peccati contro gli interessi dello Stato, dei cittadini e della cosa pubblica. Peccati commessi soltanto per dei suoi interessi personali. Ragion per cui non ci dovrebbero essere dei dubbi: il peccato di Antioco, bensì tremendo, è minore se paragonato con quelli commessi consapevolmente dal primo ministro albanese e/o da chi per lui, soltanto durante queste ultimissime settimane. Sì, perché, tra l’altro, la cessione di territori marini del Paese alla Grecia, nonché la cessione, in “concessione”, di altri territori strategici a degli sceicchi arabi soltanto per degli occulti interessi e per delle convenienze personali, non possono essere che dei terribili peccati, severamente condannabili. Il nostro lettore deve sapere che, da secoli ormai, gli albanesi considerano e chiamano il loro Paese la “Madreterra” o la “Terramadre”. Perché lo considerano, in modo naturale e viscerale, proprio come una madre. Dimostrando così il più alto rispetto per il loro Paese e per la Madrepatria. Il primo ministro albanese però, dopo aver spezzettato il territorio del Paese, vende, a suo profitto, proprio parti del corpo della madre. Così facendo “…si ciba delle carni di mia madre”, come diceva Antioco nel suo indovinello.

    Circa due settimane fa a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, un folto gruppo di persone molto altolocate e vicine al primo ministro albanese è stato filmato durante una lussuosa cena in uno dei più noti ristoranti della città. Parte del gruppo erano alcuni ministri vicini al primo ministro, degli alti funzionari pubblici ed il suo fedele consigliere speciale, nonché uno dei più noti imprenditori albanesi, dei giornalisti ed altri. Bisogna sottolineare un “piccolo particolare” però: erano tutti albanesi. Il video con delle immagini di quella cena, girato dai dipendenti del ristorante, come prassi, appena divulgato ha generato subito scalpore e grande indignazione pubblica in Albania. In quei giorni però intere e vaste aree del Paese erano sommerse dalle inondazioni, mentre il primo ministro si trovava a discutere e consentire degli accordi peccaminosi con il presidente turco ed il primo ministro greco. Il nostro lettore è stato informato di tutto ciò durante le due ultime settimane. All’indomani della diffusione del video, che hanno cercato invano di cancellare dalla rete, la propaganda governativa, trovata completamente impreparata e presa alla sprovvista, ha cercato di “spiegare” che si trattava di una cena offerta da un noto sceicco arabo alla fine di un grande ed importante accordo che lui aveva firmato con l’Albania! Cena però dove non si vedeva ombra, né dello sceicco e neanche di altri suoi collaboratori. A niente sono servite tutte le “acrobazie” della propaganda e di alcuni partecipanti alla “peccaminosa cena”. In realtà, per lo sceicco arabo c’era molto da festeggiare, eccome! Perché, con alcuni accordi lui era riuscito ad avere, a lungo tempo, in “concessione” il porto di Durazzo, che è il più grande porto dell’Albania ed un ingresso strategico ed importante verso i Balcani. Ma oltre all’accordo sul porto di Durazzo, il sceicco arabo ha avuto in “concessione” anche altre aree importanti sulla costa ionica ed all’interno dell’Albania. Accordi ormai “consolidati” anche legalmente, dopo l’approvazione di una legge, il 3 dicembre scorso dal Parlamento, in clamorosa violazione delle leggi in vigore. Non solo, ma in piena violazione anche con quanto previsto dall’Accordo di Stabilizzazione e Associazione dell’Albania con l’Unione europea. Un accordo, quello con lo sceicco, che sancisce l’illecita cessione di territori dell’Albania! Le cattive lingue dicono che anche il primo ministro albanese ha avuto quanto ha voluto in cambio. Ma, ovviamente, non quello che ha detto dopo la sua visita, il 26 novembre scorso, negli Emirati Arabi Uniti! Lui sa anche il perché!

    Proprio negli stessi giorni che a Dubai si consumava la “cena peccaminosa”, il primo ministro albanese, dopo aver finito la sua “fruttuosa visita” in Turchia, di cui il nostro lettore è stato informato, è andato in Grecia. L’anfitrione, il primo ministro greco, lo ha invitato ad una “cena privata” a casa sua! Non si sa di cosa abbiano parlato e su cosa si siano accordati loro due. Si sa però che il 19 gennaio scorso il Parlamento greco ha approvato l’allargamento, con 12 miglia, del suo confine marino a scapito dell’Albania. Si tratta di un altro scandaloso accordo fatto in gran segreto per l’opinione pubblica albanese. Si sa però che il primo ministro albanese ha ceduto “privatamente” vaste superfici marine e sottomarine alla Grecia. Anche in questo caso, lui sa il perché!

    Chi scrive queste righe tornerà di nuovo su questi due argomenti importanti, convinto che altri particolari  usciranno durante le prossime settimane e mesi. Egli è altrettanto convinto però che il primo ministro e i suoi faranno di tutto per offuscare questi scandali. Anche perché sono veramente pochi quelli che amano sentir parlare dei peccati che, loro stessi, amano commettere.

  • Superlavoro per gli operatori marittimi durante il lockdown

    Il confinamento dei marittimi a bordo delle navi è un aspetto della pandemia di Covid-19 poco conosciuto fuori dall’ambiente marittimo ma che sta causando gravi problemi a migliaia di persone. L’International Labour Organization stima tra 150mila e 200mila le persone in tutto il mondo interessate da questo confinamento e nei mesi scorsi ha sollecitato governi e autorità sanitarie e marittime ad assicurare i flussi commerciali.

    Il problema principale è la sospensione dei cambi d’equipaggio sulle navi, che “imprigiona” i marittimi in servizio all’inizio dell’emergenza a tempo indeterminato. L’Ilo, l’organizzazione internazionale del lavoro, ha lanciato il primo allarme alla fine di aprile: molti marittimi avevano già completato i loro turni ma i contratti sono stati prorogati per l’emergenza. In virtù di tali proroghe sono stati segnalati numerosi casi di esaurimento fisico e di salute mentale, con conseguenze anche sull’operatività e sulla sicurezza della navigazione. Di contro, mentre i marittimi imbarcati si sono visti costretti a lavorare oltre il loro normale turno di servizio, i loro colleghi che avrebbero dovuto rilevarli sono rimasti a terra e in molti casi senza reddito.

    In Italia questo problema è segnalato dall’associazione degli armatori Confitarma. Secondo la confederazione, oltre tremila marittimi italiani sarebbero confinati in quattrocento navi, senza riuscire a sbarcare, mentre altrettanti lavoratori sono bloccati in Italia senza poter dare loro il cambio.

  • La fase 2 del coronavirus porta l’autarchia dell’ombrellone

    Col coronavirus arriva anche l’autarchia dell’ombrellone. Che secondo un’indagine di Demoskopika rappresenterebbe una boccata d’ossigeno per l’economia nazionale, pari a un valore di 21 miliardi di euro.

    Sarebbero, infatti, rilevanti le cifre del mercato autoctono: ben 278 milioni di presenze. Le vacanze all’italiana potrebbero compensare almeno del 30% il probabile crollo dei turisti stranieri nel nostro Paese (nel 2019 hanno superato quota 216 milioni di presenze) con punte del 67% in Puglia con 2,3 milioni di presenze, del 65,7% in Emilia-Romagna con 7,1 milioni di presenze e del 63,5% in Umbria con 326 mila presenze. Alcune Regioni potrebbero addirittura superare la soglia massima di compensazione come Molise, Abruzzo, Basilicata, Piemonte e Marche.

    “Se non si getta un sasso nello stagno, l’acqua non fa i cerchi. Finito il lockdown formale – spiega il presidente di Demoskopika, Raffaele Rio – bisognerà fare i conti con il lockdown psicologico, con la paura dei cittadini di spostarsi. In questa direzione, risulta necessario che ciascun sistema regionale si attivi per ripensare l’offerta turistica in totale sicurezza, concentrando l’attenzione prioritariamente su tre differenti tipologie di turisti italiani: gli identitari, cioè i turisti italiani che trascorrono le vacanze nella Regione di residenza; gli esterofili, cioè turisti italiani residenti in una determinata regione che ogni anno scelgono l’estero quale meta vacanziera; e, infine, i nazionalisti, cluster che rappresenta i turisti italiani residenti in una determinata regione che scelgono di trascorrere le vacanze in Italia ma fuori dai confini del loro territorio regionale di residenza”.

    Ogni anno – secondo Demoskopika – sono circa 85 milioni i flussi degli arrivi turistici movimentati dagli italiani: 21,1 milioni sono coloro i quali prediligono le vacanze all’estero, 49,2 milioni restano in Italia ma non nella loro regione di residenza e, infine, 14,6 milioni ama trascorrere le vacanze nel territorio dove vive. Complice la bellezza della Regione e soprattutto delle spiagge, la Sicilia, con il 40,59%, presenta il più elevato livello di “appartenenza turistica”: su un totale di 3,2 milioni di arrivi generati dai turisti autoctoni mediamente in un anno, ben 1,3 milioni (identitari) si sono “consumati” in territorio siciliano. A seguire, con tassi rilevanti, anche la Sardegna e la Campania rispettivamente con il 29,06% e il 26,63%. Appartenenza più che significativa anche per Lombardia (21,37%), Puglia (20,51%) e Veneto (19,91%). A registrare un tasso di appartenenza intermedia cinque sistemi turistici regionali: Piemonte (18,20%), Calabria (18,18%), Toscana (16,72%), Emilia-Romagna (15,75%) e Lazio (14,28%). In un livello minore rientrano Friuli Venezia Giulia (10,93% ), Abruzzo (9,25%), Marche (8,61%) e Trentino-Alto Adige (5,94%). In coda, con valori bassi del tasso di appartenenza turistica la Basilicata (5,41%), la Liguria (5,30%), il Molise (4,87%), l’Umbria (3,61%). A chiudere la classifica del tasso di appartenenza turistica regionale è, infine, la Valle d’Aosta i cui circa 11 mila turisti identitari pesano soltanto per l’1,27% sul totale dell’universo dei viaggiatori valdostani.

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