Mostre

  • La metamorfosi della figura: a cinquant’anni dalla sua morte, il Mudec di Milano dedica una grande mostra a Picasso

    Si intitola Picasso. La metamorfosi della figura la mostra che Milano dedica al grande artista spagnolo a conclusione delle celebrazioni mondiali per i cinquant’anni dalla sua morte. Inaugurata lo scorso 22 febbraio, prodotta da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE e promossa dal Comune di Milano-Cultura, con il patrocinio dell’Ambasciata di Spagna in Italia e dell’Istituto Cervantes di Milano, l’esposizione sarà visitabile al Mudec fino al 30 giugno.

    La mostra è incentrata su un assunto di Picasso, ovvero, che “non c’è né passato né futuro nell’arte. Se un’opera d’arte non può vivere sempre nel presente, non ha significato”. Pablo Picasso mostrò infatti sempre un profondo rispetto per le manifestazioni artistiche di altre culture e di altri tempi e seppe comprenderle e reinventarle con il nobile scopo di dare un impulso e un nuovo percorso di esplorazione all’arte universale. Il pubblico potrà così conoscere come Picasso abbia colto l’essenza e il significato di altre fonti artistiche e le abbia assimilate nella sua produzione per tutta la vita, dal 1906 fino agli ultimi lavori degli anni Sessanta. Il progetto sarà anche l’occasione per rivedere ospitata al Mudec, dopo anni, la Femme nue del Museo del Novecento di Milano, meraviglioso dipinto che fu fondamentale preludio al capolavoro picassiano Les Demoiselles d’Avignon, in dialogo con magnifici dipinti di maschere, in un gioco di specchi e rimandi che dal più remoto passato guarda al contemporaneo, proprio come il grande maestro aveva fatto traendo gli strumenti del linguaggio plastico da esempi africani, neolitici e proto-iberici, dall’arte oceanica, dall’antica arte egizia e da quella della Grecia classica dando vita , nel 1925, al “primitivismo”.

    La mostra si snoda attraverso cinque sezioni seguendo il fil rouge costante della ricerca e dello studio della forma. Si parte con una selezione di opere realizzate da Picasso nel 1906 sotto l’influenza dell’arte dell’antico Egitto e delle sculture iberiche. Queste scoperte lo portano a ripensare il modo in cui rappresentare la figura umana, lontano dai canoni occidentali e da ogni processo estetico quasi come si trattasse di magia. Si prosegue, nella seconda sezione, con i 26 disegni del quaderno n. 7 di Les Demoiselles d’Avignon e il magnifico dipinto Femme Nue, in prestito dal Museo del Novecento di Milano. Il 1906 è l’anno del passaggio di Picasso al Cubismo, con una tendenza alla geometrizzazione delle forme di cui Les Demoiselles d’Avignon è l’acme artistica delle ricerche. I personaggi, cinque donne, richiamano le molteplici fonti, dalle Bagnanti di Cézanne, alla scultura iberica, all’arte romanica catalana e alle maschere africane e oceaniche. La terza sezione presenta il Cubismo come un vero “realismo concettuale”, secondo la forma rivendicata dagli artisti. Qui sono esposte alcune figure dal 1908 al 1917, poiché l’artista non faceva distinzioni tra il trattamento di oggetti, paesaggi o persone. Dopo il suo cosiddetto periodo “primitivista”, Picasso, insieme a Braque, creò il Cubismo, che assorbì le influenze della statuaria iberica, delle maschere e delle sculture africane e del geometrismo di Cézanne. La quarta sezione, che va dagli anni ’20 alla Seconda Guerra Mondiale, racconta di un Picasso che abbandona il cubismo come movimento per ritornare alla rappresentazione classica. Tuttavia, il contatto con i poeti surrealisti fa sì che Picasso torni a interessarsi delle culture extraeuropee e a catturarne la magia nella realizzazione delle sue opere pittoriche e scultoree. Nella quinta sezione sono esposte opere realizzate tra il 1930 e il 1970, distanti dalla rappresentazione geometrica, molto più morbide. In questo periodo Picasso giunge all’essenza, alla magia della forma, che ha sempre cercato di afferrare. Molti esperti chiamano “metamorfosi” le creazioni di Picasso a partire dal 1925 e fino alla fine della sua vita. La mostra si chiude, in una sesta sezione dedicata al dialogo tra Picasso e l’Africa, con il tributo che gli artisti africani contemporanei conferiscono al maestro andaluso, riconoscendo in lui il principale interprete dei fondamenti espressivi del continente africano. A Picasso, infatti, era stata affidata la realizzazione del manifesto del primo Congrés des Ecrivains et Artistes Noirs tenutosi nel 1955 alla Sorbona a Parigi, che riuniva i principali intellettuali e artisti del movimento anticolonialista africano. Senza dubbio, il grande interesse mostrato da Picasso e l’assimilazione nella sua opera fu determinante nella maggiore conoscenza e nell’approfondimento dello studio dell’arte delle diverse culture africane e oceaniche.

  • Dalí, Magritte, Man Ray e il Surrealismo in mostra (ancora per poco) a Milano

    Ultimi giorni per visitare, al MUDEC di Milano, una delle mostre più interessanti della stagione: Dalí, Magritte, Man Ray e il Surrealismo. Capolavori dal Museo Boijmans Van Beuningen. Il Surrealismo è stata l’avanguardia più onirica del XX secolo, ufficialmente nata il primo dicembre 1924, quando a Parigi il poeta André Breton pubblicava la sua raccolta di prose Poisson Soluble, la cui introduzione sarebbe diventata il Primo Manifesto del Surrealismo. Non solo uno stile, un movimento artistico, quanto piuttosto un atteggiamento, un modo alternativo di essere e concepire il mondo. È su questo concetto fondamentale che si sviluppano i molteplici temi della mostra milanese, visitabile fino al 30 luglio, con 180 opere, tra dipinti, sculture, disegni, documenti, manufatti, tutti provenienti dalla collezione del museo Boijmans Van Beuningen, uno dei più importanti musei dei Paesi Bassi, in dialogo con alcune opere della Collezione Permanente del Museo delle Culture.

    La mostra, prodotta da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE, promossa dal Comune di Milano-Cultura, con la curatela affidata alla storica dell’arte Els Hoek, curatrice del museo, e la collaborazione di Alessandro Nigro, professore di Storia della critica d’arte presso l’Università di Firenze, presenta una selezione della collezione del Museo Boijmans Van Beuningen con un focus particolare sull’interesse dei surrealisti per le culture native. Il visitatore potrà ammirare opere di Salvador Dalí, Max Ernst, René Magritte e Man Ray assaporando il racconto di un intero movimento artistico. Particolare attenzione viene data all’approfondimento delle tematiche fondamentali su cui si è focalizzata la ricerca surrealista – sogno, psiche, amore e desiderio, un nuovo modello di bellezza; attraverso opere di artisti famosi ma anche meno conosciuti, pubblicazioni e documenti storici, la mostra fornisce al pubblico una visione a 360 gradi dell’universo surrealista.

    Introdotta dal concetto che il surrealismo non è uno stile, ma un atteggiamento, si parte con le origini dadaiste del Surrealismo e tre artisti Dada che hanno avuto un ruolo importante nel gruppo surrealista: Max Ernst, Man Ray e Marcel Duchamp. In mostra tra gli altri lavori, Cadeau (Audace) di Man Ray o la Scatola in valigia di Duchamp (De ou par Marcel Duchamp ou Rrose Selavy) del 1952. E prosegue con gli artisti influenzati dalle idee della psichiatria e della psicoanalisi, come Salvador Dalí del quale è possibile ammirare Venere di Milo a cassetti, o l’esplorazione della sessualità con la Venere restaurata di Man Ray, per concludere con Meret Oppenheim e la sua Sotto le resede.

    Una sezione particolare approfondisce il tema del complesso rapporto tra il Surrealismo e le culture del sud globale. Tale rapporto costituisce un fil rouge che accomuna numerosi protagonisti del movimento, a partire dal capofila André Breton, che scoprì l’arte a quel tempo detta “primitiva” sin da ragazzo, diventandone poi un importante collezionista. Per i surrealisti quello per le culture native non fu solamente un interesse di tipo estetico o collezionistico, ma costituì uno dei temi di riferimento del movimento.

    Gli artefatti delle culture native venivano a integrarsi nel concetto di “meraviglioso”, una delle categorie fondanti del movimento che assicurava l’accesso alla dimensione della surrealtà, essenziale per la liberazione dell’individuo e per il suo affrancamento dalle convenzioni della società.

  • Livorno dedica una mostra al ‘Van Gogh involontario’ Mario Puccini

    Si intitola Mario Puccini “Van Gogh involontario” la mostra che il Museo della Città di Livorno ospiterà dal 2 luglio al 19 settembre 2021 dedicata al grande pittore nel solco dei Macchiaioli che Emilio Cecchi nel 1913 definì appunto un “Van Gogh involontario”. Curata da Nadia Marchioni con il supporto del Comitato scientifico formato da Vincenzo Farinella, Gianni Schiavon e Carlo Sisi, l’esposizione monografica celebra il centenario della morte del pittore nel 2020 e amplia le ricerche avviate in occasione dell’esposizione del 2015 al Palazzo Mediceo di Seravezza.

    La collezione “riscoperta” permette infatti di seguire lo sviluppo della carriera artistica di Puccini dal suo esordio, a partire dai rari ritratti della fine degli anni Ottanta dell’Ottocento, in cui si evidenzia il legame con l’ambiente artistico fiorentino di fine secolo e con i maestri Fattori e Lega, alla maturità dell’istintivo colorista, così come si manifestò dopo i cinque anni trascorsi negli ospedali di Livorno e Siena, dove, ricoverato per “demenza primitiva”, fu dimesso dagli psichiatri nel 1898 e affidato, “non guarito”, alla custodia del padre, permettendogli di riacquistare la libertà. La malattia mentale, oltre all’appassionato utilizzo del colore, ha contribuito a suggerire già ai contemporanei l’ipotesi storico-critica di un legame fra la pittura di Puccini e quella di Van Gogh, la cui opera il livornese aveva effettivamente ammirato, assieme a quella di Cézanne, nella celebre collezione fiorentina di Gustavo Sforni, con il quale entrò in contatto nel 1911 grazie all’amico Oscar Ghiglia.

    Con oltre centoquaranta opere divise in otto sezioni, la mostra è l’occasione per far dialogare i capolavori della citata collezione con una serie di altri selezionatissimi dipinti provenienti da diverse raccolte e da prestigiose istituzioni museali come la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma e le Gallerie degli Uffizi, per illustrare il percorso dell’artista nella sua completezza e attraverso i lavori di più alta qualità formale, permettendo al pubblico e agli studiosi di confrontarsi con opere rare o mai viste precedentemente e aggiungendo preziosi tasselli alla conoscenza dell’enigmatica figura di un artista “senza storia” e del vivacissimo panorama artistico toscano fra la fine dell’Ottocento e i primi venti anni del Novecento.

  • Boom dell’arte italiana a New York

    L’arte italiana negli Usa va forte e Magazzino Italian Art, il museo dedicato all’Arte Povera a Cold Springs nella valle dell’Hudson, annuncia un ampliamento strategico con la costruzione di un nuovo edificio per mostre, eventi e programmi didattici. Disegnato dagli architetti Alberto Campo Baeza e Miguel Quismondo (autore quest’ultimo della sede principale di Magazzino), il nuovo padiglione di 1200 metri quadri porterà a un totale di tremila metri quadri gli spazi a disposizione consentendo un rafforzamento di programmi in continua crescita.

    I lavori partiranno nella primavera 2021, mentre la programmazione e le mostre continueranno senza interruzioni nell’edificio principale. Fondato dai collezionisti Nancy Olnick e Giorgio Spanu e aperto dal giugno 2017, Magazzino ha nel frattempo allargato in modo significativo il programma di mostre ed eventi, proponendosi, oltre che nella continua esplorazione dell’Arte Povera e dell’arte italiana del dopoguerra, come piattaforma per artisti contemporanei attraverso la commissione di nuove opere: da ultimo attraverso il programma “Homemade” per artisti italiani in lockdown a New York durante la pandemia: una di queste, dell’artista palermitano residente a Brooklyn Francesco Simeti, è stata proiettata questa settimana sulla facciata del Consolato Generale d’Italia su Park Avenue.

    “Magazzino è nato con la finalità di servire da polo culturale e risorsa per la comunità, dando la possibilità di creare legami, spunti di interesse e connessioni con l’arte e la creatività italiane”, ha detto il direttore Vittorio Calabrese, annunciando il nuovo padiglione che “darà la possibilità di offrire un servizio migliore ai nostri visitatori grazie anche alla flessibilità degli spazi”. Per la Olnick e Spanu, la costruzione del nuovo padiglione servirà a coinvolgere ulteriormente la comunità della Valle dell’Hudson sia nella fase della costruzione, affidata a manodopera locale, sia nell’offerta didattica.

    Costruito sul terreno di circa 4 ettari che circonda il museo, il nuovo edificio sarà adiacente, ma indipendente da quello principale di cui rispecchierà la struttura architettonica lineare. Finestre e lucernari favoriranno un dialogo tra arte, architettura e paesaggio. Ci saranno 3 nuove gallerie, due al primo piano e una terza al piano inferiore, dove saranno esposte sculture di piccola dimensione, vetri di Murano e ceramiche. Il piano inferiore ospiterà anche una sala multifunzionale per proiezioni cinematografiche, conferenze, conversazioni e altri eventi. Al piano superiore, caffetteria e sala lettura, con posti a sedere interni ed esterni, offriranno ai visitatori momenti di relax.

  • Frida Kahlo – Il caos dentro

    Aperta da sabato 10 ottobre, negli spazi della Fabbrica del Vapore a Milano, la mostra Frida Kahlo Il caos dentro, un percorso sensoriale altamente tecnologico e spettacolare che immerge il visitatore nella vita della grande artista messicana, esplorandone la dimensione artistica, umana, spirituale.

    Prodotta da Navigare con il Comune di Milano, con la collaborazione del Consolato del Messico di Milano, della Camera di Commercio Italiana in Messico, della Fondazione Leo Matiz, del Banco del Messico, della Galleria messicana Oscar Roman, del Detroit Institute of Arts e del Museo Estudio Diego Rivera y Frida Kahlo, la mostra è curata da Antonio Arévalo, Alejandra Matiz, Milagros Ancheita e Maria Rosso e rappresenta una occasione unica per entrare negli ambienti dove la pittrice visse, per capire, attraverso i suoi scritti e la riproduzione delle sue opere, la sua poetica e il fondamentale rapporto con Diego Rivera, per vivere, attraverso i suoi abiti e i suoi oggetti, la sua quotidianità e gli elementi della cultura popolare tanto cari all’artista.

    La mostra, dopo una spettacolare sezione multimediale con immagini animate e una avvincente cronistoria raccontata attraverso le date che hanno segnato le vicende personali e artistiche della pittrice, entra nel vivo con la riproduzione minuziosa dei tre ambienti più vissuti da Frida a Casa Azul, la celebre magione messicana costruita in stile francese da Guillermo Kahlo nel 1904 e meta di turisti e appassionati da tutto il mondo: la camera da letto, lo studio realizzato nel 1946 al secondo piano e il giardino.

    Segue la sezione I colori dell’anima, curata da Alejandra Matiz, direttrice della Fondazione Leo Matiz di Bogotà, con i magnifici ritratti fotografici di Frida realizzati dal celebre fotografo colombiano Leonet Matiz Espinoza (1917-1988). Matiz, considerato uno dei più grandi fotografi del Novecento, immortala Frida in spazi di quotidianità: il quartiere, la casa e il giardino, lo studio.

    Al piano superiore la mostra prosegue con una sezione dedicata a Diego Rivera: qui troviamo proiettate le lettere più evocative che Frida scrisse al marito. E una stanza dedicata alla cultura e all’arte popolare in Messico, che tanta influenza ebbero sulla vita di Frida, trattate su grandi pannelli grafici dove se ne raccontano le origini, le rivoluzioni, l’iconografia, gli elementi dell’artigianato: gioielli, ceramiche, giocattoli. Esposti alcuni esempi mirabili di collane, orecchini, anelli e ornamenti propri della tradizione che hanno impreziosito l’abbigliamento di Frida. Nella sezione seguente sono esposti gli abiti della tradizione messicana che hanno ispirato ed influenzato i modelli usati dalla Kahlo: gonne ampie e coloratissime, scialli e camiciole, copricapo e collane.

    Il focus sulla tradizione messicana procede con la sezione dedicata ad alcuni dei più conosciuti murales realizzati da Diego Rivera in varie parti del mondo: saranno proiettati nella loro interezza e in alcuni dettagli i ventisette pannelli murali che compongono il Detroit Industry Murals (Detroit, 1932), il Pan American Unity Mural (San Francisco, 1940) e Sueño de una tarde dominical en la Alameda Central (Città del Messico).

    Nella sezione FRIDA E IL SUO DOPPIO sono esposte le riproduzioni in formato modlight di quindici tra i più conosciuti autoritratti che Frida realizzò nel corso della sua carriera artistica, tra cui Autoritratto con collana (1933), Autoritratto con treccia (1941), Autoritratto con scimmie (1945), La colonna spezzata (1944), Il cervo ferito (1946), Diego ed io (1949). Il modlight è una particolare forma di retroilluminazione omogenea, in cui ogni dipinto, precedentemente digitalizzato, viene riprodotto su uno speciale film mantenendo inalterate le dimensioni originali.

    A conferma della grande fama globale di cui la pittrice messicana gode, la mostra prosegue con una straordinaria collezione di francobolli, dove Frida è stata effigiata, una raccolta unica con le emissioni di diversi stati.

    Il percorso comprende anche l’opera originale di Frida del 1938 Piden Aeroplanos y les dan Alas de Petate – Chiedono aeroplani e gli danno ali di paglia e sei litografie acquerellate originali di Diego Rivera.

    Lo spazio finale è riservato alla parte ludica e divertente dell’esposizione: la sala multimediale 10D combina video ad altissima risoluzione, suoni ed effetti speciali ed è una esperienza sensoriale di realtà aumentata molto emozionante, adatta a grandi e piccoli.

  • Ripartono le mostre al MUDEC di Milano

    La programmazione del palinsesto delle mostre di 24 ORE Cultura previsto per il 2020 al MUDEC – Museo delle Culture di Milano, rimandato causa emergenza Covid-19, riprende con le nuove date di apertura delle mostre che erano già a calendario 2020:

    Robot. The Human Project – apertura al pubblico: 26 novembre 2020;

    Tina ModottiDonne, Messico e Libertà – apertura al pubblico: 19 gennaio 2021;

    L’apertura al pubblico della mostra DisneyL’arte di raccontare storie senza tempo, spostata in un primo tempo al 3 settembre 2020, sarà prevista invece per il 2021.

     

  • Per la prima volta in mostra in Italia l’arte di Georges de La Tour

    E’ arrivata a Milano lo scorso 7 febbraio, e per la prima volta in Italia, la mostra Georges de La Tour: l’Europa della luce, a Palazzo Reale fino al 7 giugno 2020. Dedicata al più celebre pittore francese del Seicento e ai suoi rapporti con i grandi maestri del suo tempo, la mostra è promossa e prodotta dal Comune di Milano Cultura, Palazzo Reale e MondoMostre Skira ed è a cura della Prof.ssa Francesca Cappelletti e di Thomas Clement Salomon. Un progetto che si presenta particolarmente complesso per diversi aspetti, tra i quali il numero di prestatori (28 da tre continenti) che ha coinvolto alcune delle più grandi istituzioni internazionali come la National Gallery of Art di Washington D.C., il J. Paul Getty Museum di Los Angeles, il Musée des Beaux-Arts di Nantes e alcuni importanti musei italiani come la Galleria degli Uffizi, la Pinacoteca Vaticana, la Galleria nazionale d’Arte Antica-Palazzo Barberini.

    Quella di de La Tour è una pittura caratterizzata da un profondo contrasto tra i temi “diurni”, crudamente realistici, che ci mostrano un’esistenza senza filtri, con volti segnati dalla povertà e dall’inesorabile trascorrere del tempo e i temi “notturni” con splendide figure illuminate dalla luce di una candela: modelli assorti, silenziosi, commoventi. Dipinti che conservano il segreto della loro origine e della loro destinazione. Come rimane un mistero la formazione del pittore, compresa la possibilità o meno di un suo viaggio italiano.

    La prima mostra in Italia dedicata a Georges de La Tour, attraverso dei mirati confronti tra i capolavori del Maestro francese e quelli di altri grandi del suo tempo – Gerrit van Honthorst, Paulus Bor, Trophime Bigot e altri – invita a fare una nuova riflessione sulla pittura dal naturale e sulle sperimentazioni luministiche, per affrontare i profondi interrogativi che ancora avvolgono l’opera di questo misterioso artista.

    Malgrado l’alone di mistero che avvolge l’artista lorenese e la sua opera, da decenni ormai Georges de La Tour è uno dei pittori prediletti dai francesi e non solo. Inevitabile il paragone con Caravaggio con il quale l’artista francese condivide il senso drammatico, teatrale, della composizione e lo studio accurato della luce anche se non è dato sapere se de la Tour abbia mai avuto modo di ammirare le opere del Merisi.

    Tra i capolavori in mostra a Milano Maddalena penitente, La rissa tra musici mendicanti, Il Suonatore di ghironda col cane, Il denaro versato, I giocatori di dadi, La negazione di Pietro, Giovane che soffia su un tizzone, Educazione della Vergine.

    Della vita di de La Tour non si sa molto (i quadri che risultano datati sono infatti solo tre: Il denaro versato di Leopoli, forse 1625- 1627, La negazione di Pietro di Nantes,1650, entrambi in mostra e San Pietro e il gallo di Cleveland, 1645), fu un pittore molto stimato ai suoi tempi però le sue tracce, e quelle della sua opera, si persero durante tutto il XVIII e XIX secolo anche a causa delle guerre per l’indipendenza che sconvolsero la sua terra natale. Fu riscoperto solo gli inizi del Novecento quando, nel 1915, il tedesco Hermann Voss pubblicò un articolo rivelatore sulla sua opera. Da allora storici dell’arte e critici non hanno più smesso di interessarsi alla sua opera. Artista enigmatico, che ritrae angeli presi dal popolo, santi senza aureola né attributi iconografici, e che predilige soggetti presi dalla strada, come i mendicanti, dipingendo in generale gente di basso rango più che modelli storici o personaggi altolocati ricorda tanto i soggetti dei capolavori di Caravaggio.

    Il percorso della mostra milanese è arricchito da una ventina di splendide opere di artisti coevi come Paulus Bor, Jan Lievens, Throphime Bigot, Frans Hals con due magnifici ritratti di apostoli, Jan van Bijlert, Gerrit Van Honthorst conosciuto in Italia come Gherardo delle Notti con la splendida Cena con sponsali dagli Uffizi, Adam de Coster, Carlo Saraceni con una bellissima Natività da Salisburgo.

    Un’esposizione unica e imperdibile considerato che in Italia non vi è conservata nessuna opera di La Tour e sono solo circa 40 le opere certamente attribuite al Maestro, di cui in mostra ne sono esposte 15 più una attribuita.

  • Da New York a Milano la straordinaria collezione Thannhauser

    L’avevamo annunciata qualche mese fa sapendo che sarebbe stata la mostra evento dell’autunno milanese. Dal 17 ottobre fino al 1° marzo 2010, finalmente, Guggenheim La collezione Thannhauser, da Van Gogh a Picasso sarà visitabile a Palazzo Reale con tutto il carico di bellezza e fascino che porta con se. La mostra presenta circa cinquanta capolavori dei grandi maestri impressionisti, post-impressionisti e di membri delle avanguardie dei primi del Novecento, tra cui Paul Cézanne, Edgar Degas, Paul Gauguin, Edouard Manet, Claude Monet, Pierre-Auguste Renoir, Vincent van Gogh e un nucleo importante di opere di Pablo Picasso. E racconta la straordinaria collezione che negli anni Heinrich Thannhauser con il figlio Justin e la seconda moglie Hilde costruirono per poi donarla, nel 1963, alla Fondazione Solomon R. Guggenheim, che da allora la espone in modo permanente in una sezione del grande museo di New York.

    Promossa e prodotta dal Comune di Milano Cultura, Palazzo Reale e MondoMostre Skira, è curata da Megan Fontanella, conservatrice di arte moderna al Guggenheim. Catalogo Skira.

    È la prima volta che questi capolavori arrivano in Europa: dopo la prima tappa al Guggenheim di Bilbao e la seconda all’Hotel de Caumont di Aix-en-Provence, Palazzo Reale a Milano rappresenta la tappa conclusiva della mostra, dopo la quale queste splendide opere ritorneranno a New York.

    Amanti dell’arte e semplici curiosi potranno così ammirare due dipinti di Pierre Auguste Renoir, Donna con pappagallino e Natura morta: fiori; sei opere di Paul Cézanne, tra cui Dintorni del Jas de Bouffan, Bibémus,  Natura  morta: Fiasco, bicchiere e brocca e Natura morta: piatto di pesche. E poi ancora tre splendide sculture in bronzo di Edgar Degas: Ballerina che incede con le braccia alzate, Danza spagnola e Donna seduta che si asciuga il fianco sinistro. Di Gauguin Haere Mai, di Edouard Manet Davanti allo specchio e Donna con vestito a righe, di Claude Monet il bellissimo paesaggio italiano, Palazzo Ducale visto da San Giorgio Maggiore. A Milano anche Strada con sottopasso, Paesaggio con la neve e Montagne a Saint Rémy di van Gogh. Un capitolo a parte merita Picasso, che nella sua vita fu grande amico di Justin Thannhauser. Del genio spagnolo si potranno ammirare infatti ben 13 capolavori tra cui Le Moulin de la Galette e Il picador, Al Caffè e Il quattordici luglio, Donna seduta, Donna dai capelli Gialli, Natura morta: fruttiera e brocca; Natura morta: frutta e brocca; Giardino a Vallauris; Due colombe con le ali spiegate.

    Oltre alle magnifiche opere della collezione Thannhauser, la Guggenheim Foundation ha scelto, per arricchire maggiormente la mostra e dimostrare la profonda convergenza tra le due collezioni, di esporre alcuni altri prestigiosi lavori degli stessi celebri artisti o di altri grandi maestri. A Milano sono dunque presentate: di Henri Rousseau Artiglieri e I giocatori di football, di Georges Seurat Contadine al lavoro, Contadino con zappa e Contadina seduta nell’erba; di Robert Delaunay La città, di André Derain Ritratto di giovane uomo; Di Vasily Kandinsky, Montagna blu, di Paul Klee Aiuola, di Henri Matisse Nudo, paesaggio assolato.

    Se a New York ogni anno migliaia di americani e di turisti possono godere quotidianamente di questi capolavori che appartengono all’impressionismo, al postimpressionismo e alle avanguardie, per Milano si tratta di un’occasione unica e irripetibile per ammirare lavori di eccezionale qualità di grandi maestri della pittura europea sinora mai esposti fuori dagli Stati Uniti. Un’occasione in cui, come ha sottolineato l’assessore alla Cultura del Comune di Milano, “si intrecciano una grande storia di collezionismo che ha attraversato tutto il ventesimo secolo, la  volontà di un importante museo di New York che offre a Milano l’opportunità di ammirare i suoi capolavori senza attraversare l’Oceano e l’impegno di Palazzo Reale nel proporre ogni anno una mostra in grado di raccontare le collezioni dei più prestigiosi musei di tutto il mondo”.

  • Mostra Guggenheim a Palazzo Reale di Milano: dal 7 settembre aprono le prevendite per i visitatori individuali

    Cresce l’attesa per la mostra “Guggenheim. La collezione Thannhauser, da Van Gogh a Picasso” in programma a Palazzo Reale a Milano dal prossimo 17 ottobre 2019 fino al 1 marzo 2020, lo confermano i 25.000 mila prenotati, che dalla fine di luglio hanno già acquistato la visita guidata riservata ai gruppi.

    Da sabato 7 settembre sarà possibile acquistare il biglietto anche per i visitatori individuali tramite il sito mostraguggenheimmilano.it o vivaticket.it, oppure telefonando al numero 02.92897755.

    La mostra, come preannunciato nell’articolo del  9 luglio (https://www.ilpattosociale.it/2019/07/09/da-van-gogh-a-picasso-in-mostra-a-milano-guggeneim-la-collezione-thannhauser/), presenterà oltre cinquanta capolavori dei grandi maestri impressionisti, post-impressionisti e delle avanguardie dei primi del Novecento tra cui Paul Cézanne, Edgar Degas, Paul Gauguin, Édouard Manet, Claude Monet, Pierre-Auguste Renoir, Vincent van Gogh e un nucleo importante di opere di Pablo Picasso, provenienti dalla collezione Justin K. Thannhauser del Museo Guggenheim di New York.

    Promossa e prodotta dal Comune di Milano Cultura, Palazzo Reale, MondoMostre Skira e organizzata in collaborazione con The Solomon R. Guggenheim Foundation, New York, la mostra è curata da Megan Fontanella, curatrice di arte moderna al Guggenheim. Il catalogo è edito da Skira.

  • L’eclettismo di Ugo Nespolo fa tappa a Milano

    All’insegna della contemporaneità e della vivacità della scena italiana l’estate di Palazzo Reale a Milano dove, dal 6 luglio al 15 settembre, sarà visitabile, gratuitamente, la mostra Ugo Nespolo Fuori dal coro. Curata da Maurizio Ferraris, promossa e prodotta dal Comune di Milano – Cultura, Palazzo Reale e Studio Nespolo e realizzata grazie a Fondazione Bracco, main sponsor del progetto, con il supporto organizzativo di Skira, editore del catalogo la personale, racconta il percorso di un artista che nelle sue multiformi evoluzioni ha segnato tappe rilevanti nella storia dell’arte del nostro Paese. La mostra presenta duecento opere attraverso le quali è possibile riconoscere tutto l’anticonformismo creativo di Nespolo che è riuscito a ritagliarsi un ruolo originale all’interno del panorama artistico. Eclettico, passa dalla pittura al cinema al design alla scenografia, trattando ogni forma d’arte con originalità e sperimentazione. Particolare attenzione la dedica ai materiali: legno, metalli, ceramiche, vetri. I primi lavori di Nespolo, di cui a Palazzo Reale si possono ammirare Molotov, Condizionale, Power Violence, Radio, Semplicissimo, sono degli anni sessanta e vengono presentati da Pierre Restany alla Galleria Schwarz di Milano, che annovera fra i suoi artisti Duchamp e Baj con il quale l’artista intrattiene una lunga amicizia. Queste prime opere anticipano il movimento dell’Arte Povera fondato da Germano Celant, non è un caso infatti che i materiali utilizzati fossero vimini, formica, legno, colle, acciaio, ferro, carta. Negli stessi anni nasce la tecnica dei “puzzles” che ben presto rendono l’arte di Nespolo fortemente distinguibile. L’artista ritaglia e rifila pezzi sagomati di legno, incastrati e fatti combaciare fra di loro per comporre figure dai contorni irregolari: tessere perlopiù monocromatiche, che danno vita alla combinazione di inedite immagini policrome. Grande è anche l’amore per il cinema. Con Mario Schifano, infatti, da vita al Cinema degli Artisti, ispirato al New American Cinema, che conosce tramite Jonas Mekas, Warhol, Yo¯ko Ono, P. Adams Sitney. Tra il 1967 e il 1968 realizza film come Grazie Mamma Kodak, La galante avventura del cavaliere dal lieto volto, che hanno come protagonisti gli amici Enrico Baj, Lucio Fontana, Mario Merz, Michelangelo Pistoletto, Alighiero Boetti. A Milano, grazie a Fernanda Pivano, conosce anche i più significativi esponenti della beat generation, Jack Kerouac e Allen Ginsberg, che diventa il protagonista del film A. G. (1968). Al cinema rimarrà sempre legato, numerosi saranno infatti i manifesti di film che realizzerà (comprese le proiezioni realizzate per i musei di Londra, Berlino, Bucarest, Shanghai) e alcuni di essi, insieme a diversi fotogrammi, saranno visibili nella mostra milanese. Negli anni settanta e ottanta Nespolo amplia l’uso dei materiali e la struttura delle forme, al legno si aggiungono cuoio, alabastro, madreperla, argento e nascono opere quali Fuga in avanti, Gentlemen’s Agreement, Ipotesi dialettica, Tranche de vie. Tra il 1973 e il 1985 è a New York dove impazza la pop art, dalla quale prende spunto ma senza staccarsi dalla tradizione che per Nespolo vuol dire Futurismo,  Dada e soprattutto Depero al quale si ispira per quadri come Fuga da New York, Quando la città dorme, Soft New York e la serie Vetrine di New York. Curioso ed eclettico rivolge anche la sua attenzione al design che lo porta a cimentarsi nei settori più disparati, dall’abbigliamento all’arredamento, dalle copertine di libri e di dischi alla grafica pubblicitaria (le campagne dedicate a Campari e alla Richard Ginori di cui è stato il direttore artistico): fondamentale risulta la creazione di manifesti dedicati a importanti eventi culturali e sportivi, da Azzurra ai Mondiali di Calcio e al Giro d’Italia. E’ anche scenografo e costumista per opere teatrali come la Turandot di Busoni, il Don Chisciotte di Paisiello e l’Elisir d’amore di Donizetti, la Butterfly di Giacomo Puccini. Nella mostra milanese spazio anche per splendide maioliche dipinte, acrilici, foglie oro su legno, sculture in vetro, bronzi dipinti e sculture in bronzo. Non c’è che dire: un percorso all’insegna dell’eclettismo e della ricerca da non perdere assolutamente!

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