Putin

  • Xi Jinping e Putin discutono di Trump

    All’indomani dell’insediamento del presidente Donald Trump alla Casa Bianca, l’omologo cinese Xi Jinping ha avuto una videocall con il leader russo Vladimir Putin. A riferirlo l’emittente cinese Cctv, senza aggiungere al momento dettagli sul colloquio. Anche il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha confermato la notizia. “Il colloquio al momento è in corso”, ha dichiarato all’agenzia di stampa Tass.

    Se i contenuti del video-incontro ancora non sono noti, di certo, però, Pechino e Mosca non hanno nascosto nelle scorse ore i timori per alcune dichiarazioni e per gli ordini esecutivi firmati dal tycoon a poche ore dall’insediamento. A partire dagli accordi sul clima, passando per Oms e finendo con Panama.

    La Cina ha espresso ”preoccupazione” per l’annunciata uscita degli Stati Uniti dagli accordi di Parigi sul clima, decisa dal presidente americano con la firma di un ordine esecutivo, ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri cinese Guo Jiakun. “Il cambiamento climatico è una sfida comune a tutta l’umanità e nessun Paese può rimanere indenne o risolvere il problema da solo”, ha affermato Guo.

    E ancora: “Il ruolo dell’Oms dovrebbe essere solo rafforzato, non indebolito”, ha commentato sull’ordine esecutivo di Trump con cui il presidente americano ha dato il via al processo per ritirare gli Stati Uniti dall’Organizzazione mondiale della Sanità. “La Cina, come sempre, sosterrà l’Oms nell’adempimento delle sue responsabilità e lavorerà per costruire una comunità sanitaria condivisa per l’umanità”, ha aggiunto Guo. Trump ha criticato l’Oms per la gestione della pandemia di Covid-19.

    Ed è considerato ”un atto di bullismo” l’inserimento di Cuba nella lista nera dei Paesi che sostengono il terrorismo da parte degli Stati Uniti. L’uso ripetuto della lista da parte di Washington “contraddice i fatti e rivela pienamente il volto egemonico, autoritario e prepotente degli Stati Uniti”, ha affermato Guo.

    Dal canto suo, la Russia si aspetta che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e la leadership di Panama rispettino il regime giuridico internazionale di questa via navigabile. Lo ha affermato il direttore del dipartimento latinoamericano del ministero degli Esteri russo, Alexander Shchetinin, rispondendo a una domanda della Tass.

    ”Ci auguriamo che durante le previste discussioni tra la leadership di Panama e il presidente degli Stati Uniti Donald Trump sulle questioni del controllo sul Canale di Panama che, ovviamente, rientrano nell’ambito delle loro relazioni bilaterali, le parti rispettino l’attuale regime giuridico internazionale di questa via navigabile fondamentale”, ha sottolineato.

    Shchetinin ha ricordato che il regime giuridico internazionale del Canale di Panama ”è chiaramente definito e registrato nel Trattato sulla neutralità permanente e sul funzionamento del Canale di Panama tra gli Stati Uniti d’America e la Repubblica di Panama, firmato dal presidente americano Jimmy Carter e il capo del governo panamense, il generale Omar Torrijos, il 7 settembre 1977 ed entrarono in vigore il primo ottobre 1979″. Il diplomatico ha aggiunto che ”il regime stabilito dal trattato è ulteriormente sancito dal protocollo, al quale hanno aderito circa 40 stati del mondo. La Russia partecipa al protocollo dal 1988 e conferma i suoi obblighi di mantenere la neutralità permanente del Canale di Panama, sostenendo la conservazione sicura e aperta di questa via d’acqua di transito internazionale”.

    ”A questo proposito sottolineiamo: secondo le modifiche apportate dagli Stati Uniti e da Panama al trattato nell’ottobre 1977, ciascuno dei due paesi deve proteggere il canale da qualsiasi minaccia al regime di neutralità. Il diritto specifico degli Stati Uniti alla difesa del Canale di Panama non significa e non deve essere interpretato come il diritto di intervenire negli affari interni di Panama, e qualsiasi azione della parte americana non sarà mai diretta contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di Panama”, ha concluso Shchetinin.

    Il Canale di Panama, inaugurato nel 1914, fu costruito e controllato dagli Stati Uniti. Nel 1977 il Trattato Torrijos-Carter determinò il trasferimento graduale del canale a Panama, completato nel 1999. L’accordo prevede la neutralità del canale e la sua accessibilità al commercio mondiale.

  • Putin tra debolezza e reale isolamento

    Per quanto Putin si sforzi di apparire un leader il cui prestigio internazionale, almeno in quella parte del mondo che pensa di pilotare intorno ai suoi interessi, sia in continua ascesa per le sue  nuove e sempre più pericolose alleanze, la realtà è un po’ diversa.

    Dopo aver mal digerito l’assenza dell’Armenia dall’incontro  dei vertici dell’alleanza militare, tra i sei paesi ex sovietici, ora è il presidente del Kazakistan, Kassym Tokayev, che non ha mai sostenuto l’operazione militare speciale e cioè l’invasione dell’Ucraina in sprezzo di ogni regola internazionale, a dargli qualche nuovo mal di  pancia.

    Il presidente kazako, che si è spesso espresso per un dialogo di pace, ora si è spinto anche più in là dichiarando, in un articolo pubblicato sul quotidiano russo Izvestia, che le Nazioni Unite sono un’organizzazione internazionale insostituibile.

    Da tempo tra Putin e il presidente kazako si assommano i motivi di frizione e il rifiuto di Tokayev di unire il Kazakistan ai paesi Brics ha portato lo zar russo a vietare l’importazione dei  prodotti agricoli del Kazakistan

    Per Putin la spina nel fianco non è da poco considerato che il Kazakistan è un grande paese, ricco di immensi giacimenti petroliferi,ha la più importante economia tra gli  stati ex sovietici e intrattiene ottime relazioni commerciali e politiche con l’Occidente.

    Putin che pensava, nel rapporto con la Cina,di controbilanciare il peso ed il potere cinese con altre sue importanti aree di ingerenza si trova ora sguarnito sui confini kazaki dove non ha gli amici succubi che si illudeva  di avere ed è sminuito, nel contesto internazionale, dal filo doppio che ha stretto con Kim Jong-Un.

    I nuovi scenari siriani, che si sono aperti  nelle ultime ore, per altro preoccupanti per tutti, con molti aspetti nei quali il peso dell’Iran e degli integralisti islamici non sono certo parte secondaria, creano anche per Putin un nuovo fronte.

    Il despota russo sta intensificando a dismisura le azioni contro l’Ucraina, le minacce nucleari e le azioni di sabotaggio contro i paesi dell’alleanza dimostrando che, nel giocare il tutto per tutto, ha una sempre maggior debolezza e reale isolamento.

    Quanti gli stanno intorno si dividono in due categorie: quelli, come parte dei paesi Brics, che cercano di portare a casa qualche personale beneficio e quelli, come la Corea del Nord o l’Iran che non possono allearsi altro che con dei dittatori e assassini come loro.

    Intanto la Cina sta a guardare, il dragone infatti è sempre pronto a incenerire chi gli dà fastidio.

  • Solidali con l’Ucraina e capaci di costruire quella politica comune che ancora manca all’Europa

    Secondo il Financial Time Putin starebbe arruolando ribelli sciiti yemeniti Houthi, cioè quelli che ornai da tempo stanno impedendo il transito navale nel Mar Rosso, sequestrando e colpendo navi mercantili occidentali, israeliane o comunque a loro collegate.

    Se la Russia, che ha spiegato contro l’Ucraina un esercito di quasi 600.000 uomini, ha avuto bisogno di più di 10.000 soldati della Corea del Nord, già attivi in Ucraina, ed ora ingaggia anche gli yemeniti le ragioni sono diverse ed alcune molto chiare.

    Putin non può certo mandare al fronte i figli degli oligarchi o la piccola e media borghesia, impiegati di concetto, dirigenti, laureati, ma anche operai specializzati e tecnici non possono essere sacrificati al fronte perchè servono all’economia del paese, presente e futura.

    Lo zar ha saccheggiato le regioni più lontane per trovare la carne da cannone necessaria a sostenere la sua guerra di occupazione, ha anche svuotato le carceri per trovare combattenti pronti a tutto, ha indetto leve straordinarie ma non può fare ammazzare coloro che rappresentano l’ossatura del sistema, ecco allora la scelta di cercare carne fresca da mandare al macello in paesi dove il valore della vita umana è meno che zero.

    Con l’arruolamento di coreani del nord e Houthi ottiene anche un effetto psicologico, secondo lui, quello di dimostrare una volta di più il suo disprezzo per l’Occidente e per ogni regola internazionale.

    Putin vuole dimostrare che sta dando vita ad alleanze che palesemente creano un fronte allargato contro l’Occidente, che è sua intenzione proseguire nella costruzione di un sistema che si oppone all’Occidente non solo con le armi ma anche ingenerando paure che nascono comprensibilmente quando le minacce arrivano da luoghi e persone che non rispettano né regole né gli altri.

    Come immagini Trump, o chiunque altro, di poter siglare una pace solida, qualunque siano le condizioni, quando l’interlocutore, Putin, è alleato ed amico di Kim Jong-Un che ogni tanto, per passare il tempo, tira un missile sul mar del Giappone, per non parlare degli Houthi?

    Siamo andati troppo oltre ed i prossimi anni, comunque vada, non daranno le sicurezze di pace e di vivere civile ai quali siamo stati abituati, comprenderlo ora può aiutare a capire meglio perché, pur essendo difficile e dispendioso, dobbiamo continuare ad essere solidali con l’Ucraina e capaci di costruire quella politica comune che ancora manca all’Europa.

  • Putin indebolito

    A due anni e mezzo dall’inizio della guerra scatenata dalla Russia contro l’Ucraina appare purtroppo evidente che l’Ucraina non ha ottenuto tutti gli aiuti promessi, che quelli avuti sono arrivati con colpevoli ritardi, che tuttora non vi è via libera per utilizzare alcune armi e che, di conseguenza, la situazione diventi ogni giorno più insostenibile.

    La Russia continua a bombardare le abitazioni civili, le centrali energetiche, scuole ed ospedali prendendo sempre più di mira la capitale ucraina.

    Nel frattempo si attendono le elezioni americane, con le conseguenze che ne potrebbero derivare, e si assiste, impotenti, all’immobilismo europeo, fatti salvi alcuni paesi dell’est e del nord Europa, che si spreca in affermazioni di sostegno ma nel concreto dilaziona e prende tempo rendendo sempre più difficile la salvezza territoriale ucraina.

    Se la situazione ucraina è sempre più difficile vale la pena soffermarsi su quanto invece ha ottenuto Putin scatenando questa guerra e sacrificando centinaia di migliaia di soldati russi, immolati alla sua idea di potere.

    Se l’obiettivo di Putin era di conquistare in poco tempo l’Ucraina per russificarla, abbattere la sua classe politica, sostituendola con una di suo gradimento, rendere tutto il Paese uno stato satellite dipendente dalla grande Russia, Putin ha miseramente fallito. Al di là delle eventuali, piccole o meno, conquiste territoriali si è visto in modo inequivocabile che gli ucraini non accetteranno mai di essere russificati, su questo punto Putin ha perso.

    Se Putin voleva indebolire la Nato ha ottenuto il risultato opposto, come avevamo già scritto dopo poche settimane di guerra, la Nato è più forte e coesa di prima e gli stati della ex repubblica sovietica, salvo Slovacchia ed Ungheria, sono più che mai decisi a contrastare con ogni mezzo Putin ed hanno equipaggiamenti militari di grande potenza.

    L’operazione dello zar di tentare un ricompattamento militare ed economico con le ex repubbliche sovietiche si è rivelato un fallimento, il Kazakistan, per timore di diventare un bersaglio come l’Ucraina, viste le sue molte ricchezze e la presenza di una minoranza russa, guarda semmai alla Cina e comunque non vuole essere coinvolta da relazioni strette con il Cremlino. L’Azerbaijan ignora Mosca, l’Armenia, antico alleato di Mosca, si è sospesa dall’organizzazione del Trattato di sicurezza collettiva che univa cinque delle ex repubbliche sovietiche, mentre Moldavia e Georgia, con il rischio dopo le recenti elezioni di gravi disordini, sono sempre più attirate verso l’Europa.

    La conclamata alleanza con la Cina sta rivelando risvolti poco simpatici per Putin che di fronte all’imperatore cinese non ha quella voce in capitolo che sperava ed ha ottenuto solo di vendere il suo gas senza altri significativi vantaggi economici o di prestigio, anzi perdendo sempre più peso internazionale rispetto al colosso cinese.

    Anche nei territori africani, dove la presenza russa con la Wagner, poi rinominata Africa Corps, era importante e aveva portato l’acquisizione di ricche concessioni e nuovi rapporti con le autorità locali, si sta sempre indebolendo il peso dello zar proprio perché cittadini e governi si sono resi conto di non aver tratto alcun beneficio dalla presenza russa.

    Ed è fallita anche l’aspettativa di minare i rapporti tra Stati Uniti, Francia e Germania creando un cuneo dentro l’Alleanza Atlantica.

    L’alleanza di Putin con la Corea del Nord, la presenza sul territorio russo ed ucraino di armi e militari nord coreani, testimonia come Putin, nella disperata ricerca di partner, in un mondo che sempre più lo ignora politicamente, sia disposto ad allearsi con i peggiori dittatori. D’altra parte un vecchio detto dice Chi si assomiglia si piglia e ancora Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei e più dittatore di Putin, che uccide e fa suicidare i suoi avversari, in patria, in galera e all’estero, c’è giusto Kim Jong-un, un’amicizia che ha bisogno di altro sangue per essere sancita definitivamente.

    Comunque finisca, quando finirà, la guerra, Putin non sarà mai il vincitore né a livello locale né internazionale, la sua smodata sete di potere ha scavato la fossa alla Russia e ci vorranno anni per ricucire il baratro che la guerra ha scavato fisicamente e psicologicamente tra popoli che avrebbero potuto vivere in pace nel reciproco rispetto.

    Fatte queste brevi e certamente non complete osservazioni ci troviamo davanti ad una realtà che in divenire è sempre più preoccupante per la follia sia di coloro che non hanno la capacità, la volontà di porre un limite alla loro smania di potere che di coloro che non possono fermarsi se vogliono avere una possibilità di garantire la sopravvivenza del loro popolo.

    Se a questo aggiungiamo le follie di chi pensa con la tecnologia di appropriarsi del mondo e di sostituire gli essere umani con le macchine vediamo bene come ogni giorno porti nuove paure ed insicurezze che si manifestano anche nella confusione mentale, e conseguente violenza, di tanti adolescenti, ma questo non sembra colpire più di tanto la coscienza collettiva o la politica.

  • Fatti che smentiscono verità di parte

    I fatti sono la realtà che smentisce ogni presunta verità di parte.

    La Russia ha aggredito l’Ucraina, bombardato scuole, ospedali, abitazioni civili, supermercati, compiuto  stragi come quella di Bucha, messo in pericolo centrali nucleari e colpito quelle elettriche condannando al buio ed al gelo centinaia di migliaia, milioni di civili, compresi bambini ed anziani.

    La Russia ha deportato migliaia  di bambini strappandoli alle loro case, ai loro genitori e parenti, per cercare di snaturare la loro cultura e vita e trasformarli in russi.

    La Russia aveva stretto un accordo con la Cina, tramite la maggiore esportazione di gas, già nel 2021, prima dell’inizio dell’invasione, accordo che le consente oggi di utilizzare la tecnologia e  i molteplici componenti dell’industria cinese per proseguire nella sua sciagurata guerra contro l’Ucraina.

    La Russia ha stretto un’alleanza con un despota folle, nelle sue minacce ed azioni guerrafondaie, come Kim Jong-un e grazie a questo accordo la Corea del Nord ha alzato pericolosamente le sue minacce contro la Corea del  Sud ed inviato migliaia di suoi soldati e di armamenti per combattere contro l’Ucraina. E sempre la Russia ottiene da tempo armi dall’Iran.

    La Russia, tramite la Wagner, e il presunto defunto Prigozin, si è impossessata di importanti giacimenti e ricchezze in vari paesi africani.

    La Russia manovra e minaccia contro gli Stati suoi vicini, incarcera i cittadini dissidenti, fa sopprimere gli oppositori al regime, sia in patria che all’estero.

    La Russia usa hacker per destabilizzare paesi democratici.

    La Russia vuole creare un nuovo ordine mondiale nel quale avere un posto predominante.

    La Russia ha commesso molti più crimini di quelli che abbiamo elencato e continua a commetterli pur essendo nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, sbeffeggiando gli stessi principi per i quali l’organizzazione è nata.

    Abbiamo detto la Russia ma non è vero, non è vero perché è Putin il fautore, la mente malvagia che ha architettato tutto questo, ed altro ancora, mentre il popolo russo è mandato come carne da cannone a combattere, mentre i russi sono tenuti all’oscuro di quanto sta realmente avvenendo con l’involontaria complicità di quanti, non solo in occidente, non riescono a contrastare lo zar, almeno con la stessa controinformazione da lui usata contro tutti coloro che non sono suoi alleati.

    Le parole di Rutte, il nuovo segretario della Nato, parole chiare e coraggiose, speriamo servono a rendere meno miopi quei leader politici che nel passato antico e recente non hanno saputo agire per prevedere ed evitare tante sofferenze e quei pericoli che oggi sono sempre più incombenti, le armi a Kiev non possono aspettare e devono poter essere usate come è necessario senza alcun tipo di restrizione e la diplomazia, se ancora esiste, cominci ad agire su tutti i fronti.

  • Notizie in breve per ricordare a chi dimentica

    Ogni giorno Mosca fa volare i suoi missili sulle centrali nucleari ed energetiche dell’Ucraina, il rischio di un disastro nucleare è sempre più reale e gli ucraini, nell’inverno, sono al gelo e senza luce, per Putin ogni mezzo è lecito per distruggere la popolazione che invece, insieme al proprio esercito, gli resiste dando prova di un attaccamento alla patria e di un coraggio degno di  ogni onore.

    Steven Seagal, l’ex popolare attore americano, ormai bolso e grasso e che ha preso la cittadinanza russa ha nuovamente dichiarato, dopo quanto già detto all’inizio della guerra di aggressione di Putin contro l’Ucraina, di essere pronto a morire per Putin, il suo presidente. Speriamo vada presto in Russia e che le tv italiane smettano di trasmettere i suoi vecchi e ridicoli film.

    Molte fonti confermano che soldati nord coreani stanno già combattendo contro l’Ucraina ed altre migliaia si stanno addestrando in Russia, lo zar macellaio continua ad usare gli esseri umani, russi o di qualunque nazionalità, come carne da cannone pur di tentare di sfiancare i coraggiosi soldati ucraini che, ad oltranza, difendono  la loro patria e la loro identità.

    L’India, secondo notizie statunitensi, sarebbe il secondo maggior fornitore della Russia per tecnologie soggette a restrizione, così anche l’India alimenta sempre più la macchina da guerra di Putin attraverso microchip e macchine utensili particolari, il primo paese a supportare Putin è la Cina, l’India contribuisce con circa un quinto della tecnologia sensibile che invia a Putin per la sua sciagurata guerra.

    Putin si è rifiutato di rispondere alla telefonata del cancelliere tedesco, la sua arroganza prima o poi dovrà pagare un prezzo.

    Ancora un delitto pesa su Putin: è morta, durante il trasferimento da un carcere all’altro, anche la giovane reporter ucraina catturata da Mosca nel 2023.

    Ancora una volta, fortunatamente, fallisce il test, sarebbe il quarto, per il super missile di Putin, l’area di lancio si è trasformata in un immenso cratere.

  • Guerre lunghe e mercanti di armi

    La capacità di Kiev di penetrare in territorio russo, anche se sfiancata da più di due anni di una guerra condotta da Putin con particolare durezza ed efferatezza, dimostra inequivocabilmente la fermezza degli ucraini nel voler difendere la loro terra e gli errori dei loro alleati che non hanno fornito prima armi sufficienti ad impedire l’avanzata russa.
    Se l’Ucraina avesse avuto per tempo le armi di cui ora dispone i russi non sarebbero avanzati così tanto come hanno potuto fare per l’impossibilità degli ucraini di potersi difendere con mezzi adeguati.
    Coloro che vogliono sinceramente la pace vogliono il rispetto del diritto internazionale e della sovranità degli Stati e  per questo sanno che se una nazione si deve difendere da un aggressione l’unica strada per contenere le vittime ed i danni è dare risposte forti ed immediate.
    Chi crede nella pace sa che è meglio una battaglia breve e violenta, che porti ad un accordo, mentre invece le guerre che si trascinano portano migliaia di morti in più, distruzione di interi territori non solo per gli edifici rasi al suolo ma per la contaminazione del terreno causata dai tanti ordigni bellici esplosi ed abbandonati
    Le guerre lunghe portano a ferite profonde che per molti sarà difficile rimarginare anche negli anni, le guerre lunghe giovano solo ai mercanti di armi, a certe contorte visioni politiche, spesso portano a sconfitte dolorose.
    Putin, come tutti i dittatori, vede in una guerra lunga la possibilità di far vincere la forza numerica del colosso che governa, un colosso però che sempre più ha bisogno di alleanze sporche per incrementare la propria macchina bellica con nuovi strumenti di morte.
    È stato un grave errore degli alleati dell’Ucraina non aver ascoltato subito le richieste di Zelenskiy, più armi date nell’immediatezza dell’invasione avrebbero portato meno morti, stragi, sofferenze, distruzioni e Putin sarebbe stato costretto prima a finire il massacro che ha iniziato.
    I veri guerrafondai, dittatori e non, sono coloro che trascinano le guerre nel tempo e arricchiscono i fabbricanti di armi e gli speculatori.
    Se vogliamo la pace giusta diamo all’Ucraina quanto le serve ancora e impegniamo quelle diplomazie che fino ad ora sono state inconcludenti o assenti per motivi di incapacità o di bieco interesse.

  • La grande confusione

    I repubblicani americani fanno parte della grande famiglia dei Conservatori.

    L’ex Presidente Trump è il candidato alla presidenza dei Repubblicani.

    Giorgia Meloni, che presiede il gruppo dei Conservatori europei, ha sempre lealmente e tenacemente difeso l’Ucraina dalla ingiusta e crudele aggressione di Putin, ed anche i Conservatori inglesi sono sempre stati in prima linea nell’aiutare il presidente ucraino.

    Trump ha dichiarato che Putin e il presidente cinese, che invia armi alla Russia e ne sostiene l’economia, sono due grandi capi di stato che operano bene, e per togliere ogni dubbio su come eserciterà il suo mandato dopo aver detto che farà fare la pace ovunque, anche in Ucraina, ha aggiunto che darà il via, negli Stati Uniti, alla più grande deportazione di immigrati.

    Facciamo fatica ad accettare nello stesso discorso due parole così agli antipodi come pace e deportazione ma in special modo la parola deportazione fa suonare tragiche campane d’allarme: si deportava nell’epoca nazista e nell’Unione Sovietica, si deporta oggi nella Russia di Putin e nella Cina di Xi Jinping.

    Come conciliare allora la presenza di Trump nei Repubblicani e perciò nei Conservatori! Possiamo anche capire che ad alcuni possa piacere la sua aria e il suo piglio da maschio alfa, la sua ricchezza e la sua pettinatura ma quando sentiamo certe parole, certi programmi, non possiamo che porci molte domande e constare che c’è una certa pericolosa confusione su cosa significhi oggi essere conservatori se non arriva nessuna presa di distanza dalle dichiarazioni di Trump.

  • Mediatore per conto proprio

    Le amicizie fatte per opportunismo saranno gradite finché saranno utili.

    Lucio Anneo Seneca

    Il Consiglio dell’Unione europea, riconosciuto anche come il Consiglio dei ministri europei, è una delle più importanti istituzioni dell’Unione Europea. Insieme con il Parlamento europeo sono le due istituzioni che rappresentano il potere legislativo dell’Unione. Il 7 febbraio 1992 nei Paesi Bassi è stato approvato e firmato dai rappresentanti dei Paesi membri il Trattato dell’Unione europea. Il Trattato entrò poi in vigore il 1o novembre 1993. L’articolo 16 di quel Trattato stabilisce che il Consiglio dell’Unione europea sia composto da un rappresentante a livello ministeriale per ogni Stato membro, responsabile della materia che deve essere trattata. Sono dieci le strutture (note come Consigli), che trattano tutte le questioni di cui deve decidere il Consiglio. Tranne il Consiglio Affari esteri che viene presieduto dall’Alto rappresentante per la Politica estera e di Sicurezza dell’Unione europea, tutti gli altri Consigli, spesso riferiti anche come riunioni, sono presieduti dal ministro competente del Paese membro che esercita, in quel periodo, la presidenza di turno del Consiglio dell’Unione europea.

    La presidenza viene esercitata a turno, ogni sei mesi, dagli Stati membri dell’Unione. I vari rappresentanti dello Stato che detiene la presidenza durante quel semestre presiedono le riunioni a tutti i livelli. Il Trattato di Lisbona, approvato il 13 dicembre 2007 ed entrato in vigore il 1o dicembre 2009, ha stabilito, tra l’altro, che gli Stati membri previsti per presiedere il Consiglio dell’Unione europea debbano collaborare a gruppi di tre, noti anche come i “trio”. L’attuale trio è composto dalla Spagna, dal Belgio e dall’Ungheria.

    Dal 1o luglio scorso e fino al 31 dicembre 2024 la presidenza del Consiglio dell’Unione europea è passata all’Ungheria. Ed appena ha assunto la presidenza il primo ministro ungherese ha cominciato una serie di viaggi ed incontri, presentandosi come mediatore di pace. Il 2 luglio scorso è stato in visita ufficiale a Kiev. Una visita a sorpresa quella del primo ministro ungherese. Una visita, mentre in varie parti dell’Ucraina l’esercito invasore russo sferrava attacchi violenti contro la popolazione inerme, mietendo vittime innocenti. Il 2 luglio scorso il primo ministro ungherese ha incontrato il presidente ucraino. In seguito al loro incontro, il capo dell’ufficio presidenziale dell’Ucraina ha dichiarato che si era parlato e discusso del “futuro dell’Europa, della sicurezza, del diritto internazionale e della formula della pace”. Durante la comune conferenza stampa, il primo ministro ungherese ha chiesto al presidente ucraino “di prendere in considerazione se un cessate il fuoco rapido possa accelerare i negoziati di pace”. Mentre il presidente ucraino ha sottolineato: “Apprezziamo che la visita avvenga subito dopo l’inizio della presidenza ungherese dell’Unione europea”. Ma lui sostiene precise condizioni per arrivare alla pace, ben diverse da quelle russe.

    Dopo la visita a Kiev, il primo ministro ungherese che, dal 1o luglio scorso, è anche il presidente del Consiglio dell’Unione europea, ha fatto un’altra “visita a sorpresa”. Il 5 luglio è arrivato a Mosca, dove ha incontrato il presidente russo. Proprio lui che ha voluto, ideato ed attuato la crudele aggressione in Ucraina. Il motivo dichiarato della visita era di discutere della pace tra la Russia e l’Ucraina. Bisogna sottolineare però che il primo ministro ungherese ha una sua opinione ed un suo rapporto con il presidente russo. Una opinione ed un rapporto diverso da quello degli altri Paesi membri dell’Unione europea e delle istituzioni della stessa Unione. Il presidente ungherese, allo stesso tempo presidente del Consiglio dell’Unione europea fino al 31 dicembre 2024, ha dichiarato che la sua visita a Mosca era “una missione di pace”. Una visita fortemente voluta dal primo ministro ungherese e preparata in soli due giorni, come ha dichiarato il portavoce del presidente russo. Ma la visita non è stata coordinata neanche con il presidente ucraino, con il quale il mediatore ungherese si era incontrato proprio tre giorni prima. Lo hanno affermato fonti ufficiali ucraine. Durante la conferenza stampa congiunta il presidente russo ha dichiarato che “…aveva rifiutato il cessato il fuoco in Ucraina” proposto dal primo ministro ungherese, aggiungendo che “la Russia vuole una piena e definitiva conclusione del conflitto”. Mentre il primo ministro ungherese ha affermato che “…bisogna fare molti passi per avvicinare la fine della guerra”, ma ha considerato “un passo importante” l’incontro con il presidente russo. Aggiungendo: “continuerò a lavorare in questa direzione; per l’Europa la pace è la cosa più importante”.

    Dalle immediate reazioni di molti rappresentanti delle istituzioni europee si è capito chiaramente però che la visita a Mosca del primo ministro ungherese doveva essere considerata solo nell’ambito dei rapporti bilaterali tra i due Paesi. Il portavoce della Commissione europea ha dichiarato che la Commissione non era stata “…assolutamente informata della visita, che non è stata coordinata con noi né con nessun altro”. Mentre l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri e la Politica di Sicurezza ha dichiarato che la visita del primo ministro ungherese a Mosca “…si svolge esclusivamente nel quadro delle relazioni bilaterali tra Ungheria e Russia”. Aggiungendo, altresì, che il presidente ungherese “…non ha ricevuto alcun mandato dal Consiglio dell’Unione europea e non rappresenta l’Unione in alcuna forma”. Contrari a quella visita sono stati anche diversi alti rappresentanti di vari Paesi membri dell’Unione europea. Come il primo ministro della Svezia, il quale ha affermato che il suo omologo ungherese “…è solo, non parla a nome dell’Unione europea e non parla a nome di tutti gli altri capi di Stato e di governo [dei Paesi membri]”.

    In seguito alle due sopracitate visite, il primo ministro ungherese, l’8 luglio scorso, è andato in Cina ed ha incontrato il presidente cinese. Per il primo ministro ungherese quella sua terza era una “missione di pace 3.0”. E si riferiva alla pace tra la Russia ed Ucraina. Ma anche questa visita è stata considerata dai rappresentanti delle istituzioni dell’Unione europea come una sua iniziativa personale. Evidenziando e criticando anche l’uso improprio del logo della presidenza dell’Unione europea, da parte del primo ministro ungherese, in tutte le sue comunicazioni.

    La scorsa settimana Cristiana Muscardini, trattando l’incontro del primo ministro ungherese con il presidente russo, scriveva per il nostro lettore: “…dobbiamo fare chiarezza e portare allo scoperto chi fino ad ora, in ognuno degli Stati europei, ha solidarizzato, in modo più o meno palese, con Mosca perché la sicurezza delle nostre democrazie è messa a rischio e non si può più traccheggiare”. E faceva riferimento ai rapporti d’amicizia tra loro due. Poi chiudeva l’articolo scrivendo: “Piaccia o non piaccia ad alcuni governi, l’Europa deve darsi una politica estera ed una difesa comune, anche a fronte delle insicurezze americane, per questo, come è già stato fatto per la moneta unica si abbia il coraggio di partire con un gruppo di Stati, gli altri verranno poi, rimanere ancora immobili ed indecisi sarebbe un errore tragico dalle conseguenze irrimediabili” (Dopo la visita di Orban Putin bombarda gli ospedali dei bambini; 9 luglio 2024).

    Chi scrive queste righe pensa che con le sue tre visite in una settimana, il primo ministro ungherese si stia comportando come un mediatore per conto proprio. Senza nessun mandato dalle istituzioni dell’Unione europea, compreso il Consiglio dell’Unione europea che lui stesso presiede dal 1o luglio scorso. Ragion per cui chi scrive queste righe considera quelle visite come delle opportunità che possano diventare utili per colui che le programma e le attua. Ma bisogna ricordare sempre che le amicizie fatte per opportunismo saranno gradite finché saranno utili. Lo diceva Seneca e la storia lo conferma.

  • Dopo la visita di Orban Putin bombarda gli ospedali dei bambini

    Dopo il nuovo massacro compiuto da Putin in Ucraina, dopo i missili russi sull’ospedale dei bambini cosa intende fare Orban, il peripatetico presidente dell’Unione in carica per i prossimi sei mesi?

    Il risultato della visita di Orban a Putin è stato una nuova strage in Ucraina, cosa accadrà ora dopo l’incontro di Orban con il dittatore cinese?

    I sei mesi della sua presidenza passeranno presto, c’è anche l’estate di mezzo, ma se il buongiorno si vede dal mattino dopo la visita di Orban a Putin vi è stata un’ulteriore escalation delle violenze russe contro Kiev, cosa dobbiamo aspettarci ora?

    Orban ha preso il suo incarico come il grimaldello per aprire una falla in Europa? Come strumento per accreditarsi leader fuori dai confini del suo paese dove, per la prima volta, comincia a crescere la opposizione al suo autoritarismo? Anche il suo nuovo gruppo al Parlamento europeo non è stato certo organizzato per migliorare il funzionamento dell’Europa ma per evidenti intessi economici e politici.

    Dopo la nuova strage in Ucraina e l’evidente volontà di Orban di muoversi, durante la sua presidenza, al di fuori dalle regole dell’Unione, noi tutti, istituzioni europee e governi nazionali in primis, dobbiamo fare chiarezza e portare allo scoperto chi fino ad ora, in ognuno degli Stati europei, ha solidarizzato, in modo più o meno palese, con Mosca perché la sicurezza delle nostre democrazie è messa a rischio e non si può più traccheggiare.

    Piaccia o non piaccia ad alcuni governi l’Europa deve darsi una politica estera ed una difesa comune, anche a fronte delle insicurezze americane, per questo, come è già stato fatto per la moneta unica si abbia il coraggio di partire con un gruppo di Stati, gli altri verranno poi, rimanere ancora immobili ed indecisi sarebbe un errore tragico dalle conseguenze irrimediabili.

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