Russia

  • Mosca usa le criptovalute per vendere petrolio e aggirare le sanzioni dell’Occidente

    La Russia sta utilizzando le criptovalute, tra cui Bitcoin, Ethereum e Stablecoin, per facilitare le transazioni nel commercio petrolifero con Cina e India e aggirare le sanzioni occidentali. Lo riferiscono diverse fonti citate dall’agenzia di stampa ucraina “Rbc”, secondo cui alcune compagnie petrolifere russe sfruttano questi asset digitali per convertire yuan cinesi e rupie indiane in rubli russi. Si tratta ancora di una quota ridotta rispetto al totale del commercio petrolifero russo, che nel 2024 ha raggiunto i 192 miliardi di dollari secondo l’Agenzia internazionale per l’energia, ma il fenomeno sarebbe in crescita. “La Russia ha creato una moltitudine di sistemi per eludere le sanzioni, e l’uso di Usdt (noto anche come Tether, una criptovaluta dal valore ancorato al dollaro) è solo uno di questi”, ha affermato una fonte di una società di ricerca che monitora il ruolo delle criptovalute nei flussi finanziari globali. Le fonti interpellate descrivono un processo articolato per l’utilizzo delle criptovalute nel commercio petrolifero russo. Un acquirente cinese effettua il pagamento in yuan su un conto offshore di una società intermediaria, che converte poi l’importo in criptovaluta. I fondi vengono successivamente trasferiti su un altro conto e infine inviati in Russia, dove vengono convertiti in rubli.

    Secondo una fonte vicina alle operazioni di un trader petrolifero russo in Cina, il volume delle transazioni in criptovaluta ammonta a decine di milioni di dollari al mese. Tuttavia, la maggior parte del commercio petrolifero russo avviene ancora in valute tradizionali, con alternative come il dirham degli Emirati Arabi Uniti che continuano a essere utilizzate per le transazioni internazionali. L’uso delle criptovalute per aggirare le sanzioni non è un fenomeno nuovo. Paesi come Iran e Venezuela hanno già sfruttato gli asset digitali per sostenere le proprie economie e ridurre la dipendenza dal dollaro nelle transazioni petrolifere. Nel 2022, gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni all’exchange di criptovalute russo Garantex, una misura adottata anche dall’Unione europea il mese scorso. La piattaforma ha sospeso i servizi la scorsa settimana dopo che Tether ha bloccato alcuni portafogli digitali sulla sua rete. Secondo una fonte vicina al Cremlino, le criptovalute rappresentano solo uno dei vari metodi adottati dalla Russia per superare le restrizioni finanziarie.

    Anche un’analisi condotta dal Royal Joint Institute for Defence Research e dall’Information Resilience Centre del Regno Unito ha confermato il crescente utilizzo di asset digitali per aggirare i problemi di pagamento. Lo scorso anno la Banca centrale russa ha riconosciuto che le sanzioni stavano causando “gravi ritardi nei pagamenti”, complicando le transazioni commerciali internazionali. In risposta, Mosca ha ufficialmente approvato una legge che consente i pagamenti in criptovaluta nel commercio estero, anche se sinora non era stato segnalato il loro utilizzo nel settore petrolifero.

  • La Cina prova a sfruttare l’allontanamento degli Usa dall’Europa

    Mentre i nuovi Stati Uniti di Donald Trump sono in rotta di collisione con i tradizionali alleati, la Cina cerca d’inserirsi con un serrato corteggiamento nei confronti degli europei. Dal ritorno alla Casa bianca del miliardario, con le minacce di dazi sia contro Pechino sia contro l’Europa, persino più pesanti per gli alleati, gli aerei diretti dalla Repubblica popolare alle capitali del Vecchio Continente sono piuttosto affollati di funzionari cinesi.

    Donald Trump ha lanciato un negoziato diretto con la Russia per chiudere la guerra in Ucraina, senza inizialmente coinvolgere Kiev e gli alleati europei, puntando anzi il dito contro di loro. Inoltre ha annunciato dazi fino al 25% contro i paesi europei e al 20% totali contro la Cina. Con una retorica che, paradossalmente, appare più feroce verso i tradizionali amici che verso il dichiarato concorrente globale.

    Questa politica ha scosso notevolmente i partner europei, mentre l’apparente luna di miele di Trump con il presidente russo Vladimir Putin preoccupa la Cina, la quale si è molto avvicinata a Mosca dopo l’invasione russa dell’Ucraina, non condannata da Pechino.

    Mosca, nelle ultime settimane, ha tenuto a riequilibrare, attivando varie comunicazioni con Pechino, compresa una telefonata tra Putin e il presidente cinese Xi Jinping. Il numero uno del Consiglio di sicurezza russa Sergey Shoigu è volato a Pechino nei giorni scorsi per incontrare Xi e rassicurarlo sulla saldezza dell’amicizia russo-cinese.

    Tuttavia, dal punto di vista di Pechino, la possibilità che si riapra una relazione con l’Unione europea è da cogliere sia per creare un equilibrio e tentare di mettere un cuneo nell’alleanza Usa-Europa, come Trump vorrebbe fare in quella Russia-Cina, sia per garantirsi un mercato per le merci cinesi che sarà sempre più difficile vendere negli Usa, se Trump insisterà sulla guerra commerciale.

    Per quanto riguarda l’Europa, la strategia del “de-risking”, che finora è stata applicata nei confronti della Cina, sembra oggi essere più necessaria nei confronti egli Stati uniti, ha detto un diplomatico europeo al South China Morning Post (SCMP).

    A febbraio in diverse capitali europee si sono visti alti diplomatici cinesi, a partire dal ministro degli Esteri Wang Yi, che ha partecipato alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, oltre che visitare Londra e Dublino.

    “Nel corso degli anni, alcuni hanno detto che la Cina sta cercando di cambiare l’ordine e che vuole avviare un nuovo sistema”, ha dichiarato Wang alla Conferenza. “Adesso non se ne parla più molto, perché c’è un paese che si sta ritirando da trattati e organizzazioni internazionali e, credo, in Europa si possono sentire brividi quasi ogni giorno”, ha aggiunto, facendo riferimento agli Stati uniti e sottolineando che, invece, la Cina “cresce all’interno dell’ordine esistente”.

    A margine di quell’evento, Wang ha detto all’Alta rappresentante della politica estera Ue Kaja Kallas che Pechino sostiene che Europa e Ucraina debbano avere un posto a tavola nei negoziati di pace. Una posizione, questa, ribadita in ogni occasione dai funzionari del ministero degli Esteri cinese. Altre visite sono state effettuate da due infuenti vice di Wang Yi, cioè la direttrice dell’informazione del ministero degli Esteri cinese Hua Chunying e il viceministro esecutivo agli Esteri Ma Zhaoxu, entrambi diplomatici di lungo corso. Il messaggio che hanno trasmesso – secondo SCMP – è che la Cina è un partner più affidabile e costante rispetto all’imprevidibilità dell’America di Trump. Pechino, nel suo corteggiamento, sembrerebbe disposta anche a fare alcune concessioni. Mentre in passato proponeva una revoca contestuale delle sanzioni reciproche – cioè quelle attivate dall’Ue per le presunte violazioni dei diritti umani contro gli uiguri del Xinjiang e quelle imposte da Pechino in rappresaglia – ora propongono di revocare quattro o cinque sanzioni per ognuna tolta dalla lista europea. Un altro aspetto è quello della questione ucraina. Dall’invasione russa, l’Europa ha puntato il dito contro Pechino per la mancata condanna di Mosca e per i rapporti stretti con la Russia. Ma ora sono cambiate diverse cose e la decisione degli Stati uniti di votare contro la risoluzione europea alll’Onu sull’Ucraina, assieme alla Russia, alla Bielorussia, alla Corea del Nord, all’Ungheria e Israele, marca una differenza: la Cina si è astenuta, non ha votato “no”. Siamo inoltre nel 50mo anniversario dell’apertura delle relazioni tra Europa e Cina, quindi l’occasione potrebbe essere quella giusta. Il prossimo mese, il commissario europeo al Commercio Maros Sefcovic, che in questo momento storico ha un ruolo particolarmente delicato, sarà in Cina, dove potrebbe presentare una lista di richieste, alle quali Pechino potrebbe a sua volta non opporre un rifiuto totale. In ballo ci sono questioni come la sovrapproduzione industriale cinese, il sostegno di Pechino alle sue imprese e le possibilità di accesso al mercato da parte delle imprese europee. Inoltre, diverse capitali europee sperano di attrarre investimenti cinesi Il corteggiamento cinese sta comunque avendo orecchie recettive in Europa. “L’Europa deve prendere le proprie decisioni in modo autonomo. E dobbiamo decidere quando la Cina può essere un partner e quando è un concorrente”, ha dichiarato recetentemente il ministro degli Esteri spagnolo José Manuel Albares al Financial Times. Un segnale potrebbe arrivare da eventuali contatti di vertice. L’ultimo summit Ue-Cina è stato nel 2023 a Pechino, ma al momento non c’è nulla di certo per un possibile vertice in Europa. Il presidente Xi Jinping non ha in programma viaggi in Europa – tranne Mosca a maggio – per tutto l’anno. Comunque sarebbero in corso sondaggi, mentre a dire del SCMP il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa dovrebbe recarsi a Pechino a luglio. Si sta ragionando sull’ipotesi che si unisca anche la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, ma la questione è delicata, perché la numero uno dell’esecutivo europeo è stata finora uno dei “falchi” anti-cinesi in ambito Ue.

  • L’Europa ha due problemi da risolvere

    L’Europa ha due problemi da risolvere: la pace giusta e in sicurezza dell’Ucraina e il diritto – dovere di garantire l’Indipendenza e la democrazia agli europei.

    L’incontro di Londra è stato utile da un lato perché, a fronte della postura americana pro Putin, ha registrato e comunicato una reazione quanto mai necessaria, affinché Gran Bretagna ed Europa assumessero le loro responsabilità per garantire l’Ucraina, ma dall’altro lato non ha affrontato affatto il conseguente tema di come garantire l’indipendenza, la democrazia e lo stile di vita degli europei.

    Infatti si è preferito insistere su un tema che non dipende più dagli europei, e cioè il mantenimento dei rapporti di alleanza tra l’Europa e gli USA.

    Una incredibile perdita di tempo sul principio che “le alleanze non si devono rompere” che “non c’è futuro senza la partecipazione degli USA”, che occorre “mantenere l’Unità dell’Occidente”, come se le soluzioni fossero nelle mani degli Europei.

    Sembra lo stesso criterio dei pacifisti che invocavano iniziative diplomatiche ai Paesi occidentali per fare cessare la guerra e non le chiedevano mai a chi la guerra l’aveva iniziata, che non a caso era lo stesso Putin che si rifiutava di farla cessare.

    Se una guerra non finisce, o una alleanza di 80 anni viene di fatto messa in discussione, è perché c’è chi evidentemente ha nuovi obiettivi, che, per l’attuale governo americano, sono l’inedita alleanza tra USA e Federazione Russa, in funzione anti Cina.

    Ciò comporta la fine della guerra con concessioni unilaterali all’aggressore, perché il conflitto deve cessare con vantaggio per Putin, che pur non essendolo, diventa il vincitore, senza pagare i danni dei disastri di tre anni di bombardamenti, che saranno generosamente caricati agli Stati Europei, che però non devono partecipare alla conferenza di pace, ma solo pagare i costi della ricostruzione, ed il tutto per favorire la nuova alleanza tra Russia e USA, che difficilmente potrà funzionare.

    Fin qui il dramma ucraino e in parte europeo. Ma c’è di più!

    Perché gli USA vogliono mettere mano sulle “terre rare” ucraine, ma si rifiutano di garantire la sicurezza dell’Ucraina post guerra? Perché se lo facessero, con certezza assoluta, la Russia non potrebbe attaccare di nuovo, per la terza volta l’Ucraina, e questo non piacerebbe a Putin. Non facendolo, la Russia potrebbe anche non attaccare, ma se lo volesse fare, non avrebbe alcun problema e quindi, in ogni caso, condizionerà il futuro dell’Ucraina.

    Stessa cosa, se ci si pensa bene, per gli Stati Europei, con i quali gli USA potrebbero a loro convenienza ricordarsi della Nato, o anche no, oppure con alcuni si e con altri no.

    E non fa bene agli europei vivere in questa realtà priva di certezze, e con un vicino di casa in evidente posizione di forza, fissato a ricostruire l’impero dello Zar.

    Se questo è il nuovo quadro, come è possibile che i leader degli stati europei possano continuare a insistere con ipotesi inesistenti di ricuciture a sostegno del mantenimento di rapporti di fatto cancellati dalle nuove strategie USA? “Essendo nata l’Europa per fottere gli USA”, come amabilmente ha dichiarato il Presidente Trump, non c’è nessuno che lo possa convincere a modificare le sue strategie, che semmai saranno piuttosto sconfessate da Putin. Per questo ascoltare il Presidente Macron parlare di “Autonomia strategica” per l’Europa è come sentire Putin parlare di “Operazione Militare Speciale” e cioè l’uso di un linguaggio paludato per non esprimere in chiaro le vere priorità.

    Non c’è alcuna speranza di armare seriamente l’Europa senza dare luogo alla veloce realizzazione della Federazione degli Stati d’Europa con chi ci sta, per avere Governo ed esercito unici, e consentire all’Europa il diritto di diventare superpotenza.

    Ed ha ragione il Premier Polacco Donald Tusk, quando sostiene che 500 milioni di europei (Ucraina compresa), stanno chiedendo con insistenza a 300 milioni di americani di difenderli da 140 milioni di Russi.

    Ed invece l’Europa non è così mal messa e costretta a pietire aiuti, perché è pur sempre il mercato più grande e ricco del mondo, ha persone e risorse di altissima qualità e prestigio, storia, cultura e senso pieno e vero della democrazia (e per questo aborrisce l’assenza dei controlli e delle regole sui social, che invece per la democrazia americana dell’attuale governo costituiscono violazione dei diritti alla libertà di parola, come se le menzogne possano essere diritti e non reati di manipolazione della verità).

    Purtroppo al momento non è una potenza militare, perché era più comodo restare sotto l’ombrello USA, ma questo non significa, anche grazie all’alleanza con la Gran Bretagna, che non si possa realizzare ed anche in tempi brevi. Ma soprattutto occorre capire che non c’è nessun’altra soluzione, in un mondo stravolto da tre superpotenze aggressive, vogliose unicamente di espansione, e che non vogliono che nasca una Federazione Europea, perché solo lasciando divisi gli stati europei, potranno godere della migliore preda al mondo, ricca e disarmata.

    Per questo continuare l’ideologia della difesa della sovranità dei singoli stati è un suicidio, anche perché la Federazione degli stati d’Europa è cosa molto diversa dell’Unione Europea, oggetto di critiche feroci da parte dei sovranisti, perché la Federazione rende uguali tutti i cittadini europei con la cittadinanza e il diritto di voto.

    E allora si operi con coraggio e da subito, con chi ci sta, alla costituzione della Federazione Europea con un numero ridotto di poteri federali, ma essenziali alla funzionalità di una istituzione fondamentale per difendere l’indipendenza, la libertà, l’identità dei popoli europei e il loro stile di vita dalle aggressioni dei lupi che vogliono sottomettere il Pianeta. Prima l’Europa e gli Europei.

  • Totale disorientamento diplomatico di un regime corrotto

    Dove sono troppi a comandare nasce la confusione.

    Luigi Einaudi

    Il 24 febbraio scorso ricorrevano tre anni dall’inizio dell’aggressione russa sull’Ucraina. Un’aggressione voluta ed ordinata personalmente dal dittatore russo. Un’aggressione che ha causato, ad ora, decine di migliaia di vittime e tante, tantissime sofferenze. Basta fare riferimento al drammatico massacro di Bucha per rendere l’idea della crudeltà e l’efferatezza dei militari russi, nell’ambito di quella che il dittatore russo ha sempre chiamato “un’operazione speciale”.

    E proprio il 24 febbraio scorso, alla ricorrenza del terzo anniversario dell’aggressione, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha votato due risoluzioni sull’Ucraina. Una delle due risoluzioni, presentata dalla stessa Ucraina ed appoggiata dall’Unione europea, affermava che l’aggressione russa “ha continuato per tre anni e continua ad avere delle ripercussioni distruttive a lungo termine non solo per l’Ucraina, ma anche per altre regioni e la stabilità globale”. Questa risoluzione ha ottenuto 93 voti a favore, 65 astensioni e 10 voti contrari, tra cui quelli degli Stati Uniti d’America e della Russia. Mentre la seconda risoluzione, presentata dagli Stati Uniti d’America e nominata “Path to Peace” (La via verso la pace; n.d.a.), in poche righe si riferiva ad una rapida fine del conflitto e ad una “pace duratura” tra l’Ucraina e la Russia. Ma in quella risoluzione non si faceva mai riferimento alla tutela dell’integrità territoriale dell’Ucraina, mentre la Russia non veniva mai considerata come il Paese aggressore.

    La Francia, uno dei cinque Paesi con il diritto al veto nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ha presentato però due emendamenti al testo della risoluzione statunitense. Il primo emendamento chiedeva “….una pace giusta, duratura e complessiva tra Ucraina e Federazione Russa”. Tutto nell’ambito ed in pieno rispetto “della Carta dell’Organizzazione delle Nazioni Unite e i principi di sovranità, eguaglianza e integrità territoriale degli Stati”. Mentre con il secondo emendamento si chiedeva l’impegno per garantire “… la sovranità, l’indipendenza, l’unità e l’integrità territoriale dell’Ucraina all’interno dei suoi confini internazionalmente riconosciuti, comprese le sue acque territoriali”. E siccome l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato i due emendamenti presentati dalla Francia, il Paese proponente della risoluzione, gli Stati Uniti d’America, durante il voto finale, hanno deciso di astenersi. Il testo modificato della risoluzione presentata dagli Stati Uniti d’America è stato approvato con 93 voti favorevoli, 73 astensioni (tra cui anche quello statunitense) e 8 contrari.

    Bisogna sottolineare che le risoluzioni approvate dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite non sono vincolanti per i 193 Paesi membri. Invece le decisioni prese dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sono vincolanti per tutti i Paesi membri delle Nazioni Unite. Bisogna sottolineare, altresì, che il Consiglio di Sicurezza è l’organo esecutivo delle Nazioni Unite ed è composto da 15 Paesi. Cinque sono i Paesi membri permanenti con il diritto di veto (Stati Uniti d’America, Russia, Cina, regno Unito e Francia), mentre gli altri dieci hanno solo un mandato di due anni.

    Ebbene, gli Stati Uniti d’America hanno ripresentato, nel pomeriggio del 24 febbraio scorso, al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite la loro breve risoluzione sull’Ucraina. Questa volta il Consiglio ha approvato la risoluzione statunitense, in cui si chiedeva “una rapida fine della guerra”, con 10 voti a favore e cinque astensioni (Regno Unito, Francia, Slovenia, Danimarca e Grecia). Il Consiglio di Sicurezza ha così adottato la risoluzione riproposta dagli Stati Uniti d’America, che chiede una pace in Ucraina senza riconoscerne “l’integrità territoriale” del Paese. Nel testo della risoluzione approvata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si afferma, tra l’altro, che bisogna “ribadire che lo scopo principale delle Nazioni Unite è mantenere la pace e la sicurezza internazionale e risolvere pacificamente le controversie”. In più si chiede di “implorare una rapida fine del conflitto e sollecitare inoltre una pace duratura tra l’Ucraina e la Federazione Russa”. Dopo la votazione nel Consiglio di Sicurezza, l’ambasciatore della Russia presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite ha dichiarato che “…la risoluzione è un passo che va nella giusta direzione”, mentre, riferendosi agli emendamenti presentati dai rappresentanti europei, dopo aver dichiarato per due volte il suo veto, ha affermato che si trattava “dell’ennesimo ultimatum anti-russo”.

    Durante le sopracitate votazioni del 24 febbraio scorso, sia nell’Assemblea generale, che poi nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, si è verificato anche un confuso e del tutto ridicolo comportamento della delegazione dell’Albania presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite. Lo confermano fonti mediatiche ben informate. Secondo quelle fonti, che non sono state né smentite e neanche contestate in seguito, l’ambasciatrice albanese presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite si è trovata e non solo una vota, in situazioni molto imbarazzanti. Prima delle votazioni del 24 febbraio scorso, la delegazione albanese è stata tra le rappresentanze diplomatiche che hanno sostenuto la risoluzione dell’Ucraina prima della votazione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Il che significherebbe che anche durante la votazione della stessa risoluzione la delegazione albanese dovrebbe dare il suo consenso. E ovviamente quello non era l’opinione e la convinzione personale dell’ambasciatrice albanese. Erano proprio le direttive arrivate da chi di dovere in Albania. E secondo le stesse fonti mediatiche, visto l’importanza del caso, niente poteva essere fatto senza il beneplacito del primo ministro. Di colui che pubblicamente si era schierato dalla parte dell’Ucraina e dell’Unione europea. Di colui che si vantava pubblicamente di aver fortemente contestato, a settembre scorso, l’ambasciatore russo presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite, durante l’ultima sezione dell’Assemblea generale.

    Ma dopo l’insediamento del nuovo presidente degli Stati Uniti d’America il 20 gennaio scorso, il primo ministro albanese sta facendo di tutto per essere “ben visto” dalla nuova amministrazione statunitense. Anche perché, come si sa pubblicamente, lui è una persona sponsorizzata e sostenuta in tutto e per tutto da Geroge Soros. E siccome il nuovo presidente statunitense ha dichiarato guerra a tutto campo a Soros, il primo ministro albanese sta cercando, costi quel che costi, di presentarsi come un forte sostenitore del presidente statunitense, negando il suo benefattore. Ma non solo; il primo ministro albanese risulterebbe coinvolto in atti corruttivi sui quali stanno indagando alcune commissioni del Congresso e del Senato statunitense. Ragion per cui lui adesso sta cercando di essere “collaborativo” con la nuova amministrazione, così com’è anche con il genero dell’attuale presidente statunitense. Il nostro lettore, a tempo debito, è stato informato di questa “collaborazione”.

    Ebbene, siccome la risoluzione dell’Ucraina non ha avuto l’appoggio degli Stati Uniti, e siccome loro avrebbero presentato un’altra risoluzione, allora l’ambasciatrice albanese è stata ordinata di sostenere la risoluzione statunitense come proponente. Come aveva fatto prima con la risoluzione dell’Ucraina. E questo radicale cambiamento di comportamento solo nell’arco di poche ore!

    Chi scrive queste righe considera il sopracitato comportamento della delegazione albanese come un totale disorientamento diplomatico di un regime corrotto. E siccome adesso il primo ministro albanese deve “ubbidire” a molti, allora diventa attuale quanto affermava Luigi Einaudi. E cioè che dove sono troppi a comandare, nasce la confusione. E il primo ministro albanese attualmente, non è solo confuso, è soprattutto spaventato per tutto quello che ha fatto.

  • Cosa intende fare l’Europa?

    Non c’è molto da elucubrare, gli americani sono sempre stati dalla parte degli americani, anche la loro partecipazione alla Seconda Guerra Mondiale aveva risvolti di spartizione delle sfere di influenza, ciò non toglie che in quella occasione il loro intervento abbia impedito che l’Europa diventasse schiava di Hitler, un intervento per altro tardivo rispetto al genocidio degli ebrei che era in gran parte già conosciuto oltre Atlantico.

    Gli americani, negli ultimi decenni, sono noti per affrontare guerre che non vincono, perdendo uomini e mezzi e ingarbugliando ancora di più la situazione internazionale e dei singoli paesi, dal Vietnam all’Iraq, dalla Libia all’Afghanistan la loro presenza e poi la loro partenza, senza neppure concordarsi con gli alleati, ha lasciato situazioni caotiche e autentiche tragedie umane.

    Ora assistiamo  ad un ricatto, per le terre rare, e ad un tradimento, per la nuova liaison con Putin, verso l’Ucraina e gli alleati europei perché Trump non cerca la pace, una pace giusta anche se frutto di un compromesso, ma cerca di stabilire direttamente con lo zar le zone di reciproca influenza e ha fretta perché vuole tentare di allontanarlo dall'”amico” cinese.

    Probabilmente anche col presidente cinese un domani ci potranno essere accordi infatti se, secondo Trump, passa, attraverso l’ok a Putin, la nuova regola per la quale il diritto internazionale non conta ed uno stato ne può invadere un altro, annettendosi parte dei suoi territori, la Cina non troverà che blandi ostacoli ad invadere, come da tempo minaccia Taiwan…

    Sicuramente le dichiarazioni di Trump contro il presidente ucraino e l’attacco proditorio, che gli ha fatto Vance nello Studio Ovale, non sono frutto di un improvvido schizzo d’ira ma di uno scientifico progetto per sminuire Zelensky, fargli perdere la calma, mostrarlo al mondo, ma sopratutto a Putin, come un uomo in totale difficoltà e privo del supporto del più grande stato ‘democratico’ del mondo, democratico ovviamente tra virgolette.

    E cosa ancora più grave Trump voleva mostrare agli ucraini come il loro presidente non contasse niente.

    In tutta questa vergognosa ed indegna commedia, attraverso la quale abbiamo visto come la nuova amministrazione americana stia per diventare un pericolo per gli equilibri e le regole internazionali, la domanda resta quella di ieri e dell’altro ieri e cioè cosa intende fare l’Europa?

    Non è più un problema di destra o sinistra, di conservatori o di progressisti, è un problema di sopravvivenza nella libertà e nella democrazia sancite e difese da regole condivise, e se le regole sono violate con la forza solo con la forza si possono difendere, quando la diplomazia non è stata e non è in grado di intervenire.

    Trump non minaccia soltanto di lasciare alla mercé di Putin l’Ucraina ed altri paesi come la Georgia e la Moldavia ma ha messo a serio rischio Romania, Polonia, Repubbliche baltiche, Finlandia, Danimarca etc per arrivare al resto d’Europa.

    L’America agli americani, gli americani prima di tutto ha detto il presidente che si considera salvato da Dio e allora noi cominciamo a pensare a noi stessi, ad unire i popoli europei al di là di quei  governi che non capiscono o che si sono già venduti all’orso russo o al nababbo americano e all’intelligenza artificiale di Musk.

    Usiamo la nostra intelligenza naturale e impariamo a difenderci, a difendere i nostri valori, a difendere chi è aggredito, a dare vita ad un modello di sviluppo sostenibile, senza eccessi ambientalisti, senza negazionismi interessati. L’ambiente e lo sviluppo devono poter convivere, le aggressioni vanno rigettate, i soldi per la difesa e gli armamenti sono necessari come quelli per il servizio sanitario.

    E alla fine, per non andare troppo per le lunghe, ognuno avrà le sue colpe ed i suoi difetti, ma meglio un presidente che da giovane faceva l’attore e che è rimasto a rischiare con il suo popolo, di uno zar che manda alla guerra i poveri ed i detenuti salvando gli oligarchi o di un presidente che colleziona processi come puttaniere ed evasore.

  • La Cirenaica ormai è un presidio russo in Libia

    Lunedì 17 febbraio il generale Khalifa Haftar, comandante dell’Esercito nazionale libico (Enl), si è recato in visita a Minsk, dove ha concordato con le autorità bielorusse un rafforzamento della cooperazione, in particolare nel settore militare. L’uomo forte della Cirenaica, infatti, s’è impegnato a concedere una “cittadella militare” nella città di Tobruk, a un contingente misto russo e bielorusso. Mosca può già contare da tempo sulla base navale di Al Jufra, dove tra l’altro sono transitate una parte delle forze ritirate dalla Siria dopo la caduta del regime di Bashar al Assad. La Cirenaica si appresta così a diventare il punto di forza attraverso cui la Russia potrà gestire la propria presenza nel Sahel, dove conta già significativi contingenti di mercenari inquadrati nei cosiddetti “Africa Corps”. Si tratta di uno sviluppo preoccupante per il nostro Paese, che minaccia di complicare ulteriormente la stabilizzazione di una ormai ipotetica Libia unificata.

    Il primo incontro negoziale tra la delegazione statunitense e quella russa, tenuto in Arabia Saudita martedì 18 febbraio, e ancor più le posizioni assunte da Donald Trump nei giorni successivi, hanno dimostrato come il presidente degli Stati Uniti sia interessato soprattutto a stabilire un rapporto di collaborazione con Mosca: un obiettivo di fronte al quale tutti gli altri appaiano decisamente secondari. Da decenni, ormai, Washington non dedica particolare attenzione al continente africano e Trump sembra disinteressarsene quasi del tutto, pensando evidentemente di affidare all’Europa questo quadrante. Ma mentre la Francia è stata espulsa quasi completamente dal Sahel – l’ultimo passaggio avviene giovedì 20 febbraio, con la riconsegna della base militare di Port-Bouet alle autorità della Costa d’Avorio – l’Italia non sembra in grado di assumere alcuna iniziativa politica, né tanto meno militare, che possa favorire la stabilizzazione della Libia, un Paese che per noi riveste ancora un’importanza strategica.

    La base aerea di Tobruk, snodo strategico della Libia orientale, è al centro del rafforzamento della cooperazione militare tra Khalifa Haftar e i suoi alleati, con Russia e Bielorussia in prima linea nel suo sviluppo. Il complesso militare, noto anche come base di Gamal Abdel Nasser, si estende su un’area di circa 40 chilometri quadrati e si trova a 32 chilometri a sud della città portuale di Tobruk, affacciata sul Mediterraneo, nel fianco sud della Nato. Utilizzata fin dagli anni ’80 dall’aeronautica libica per affrontare le tensioni con gli Stati Uniti sotto il regime di Muammar Gheddafi, la base è sotto il controllo dell’Esercito nazionale libico (Enl) di Haftar dal 2014. Negli ultimi anni ha assunto una crescente rilevanza strategica, con l’intensificarsi delle visite di navi militari russe e l’arrivo di carichi di armi ed equipaggiamenti.

    A giugno dello scorso anno, la fregata Marshal Shaposhnikov (classe Udaloy) e l’incrociatore missilistico Varyag (classe Slava), scortate da due sottomarini, hanno svolto una visita ufficiale al porto di Tobruk, un evento che ha confermato pubblicamente l’intensificarsi dei rapporti tra Mosca e Bengasi sul piano militare. Secondo l’ultimo rapporto del Panel di esperti dell’Onu, il porto di Tobruk aveva già ricevuto altre navi da sbarco delle classi Gren e Ropucha, che avevano scaricato veicoli militari e mezzi pesanti. In particolare, il 14 aprile 2024, erano stati osservati camion militari con rimorchi di piccole dimensioni in fase di sbarco, un chiaro indicatore di un’attività logistica ampia e strutturata tra Mosca e la Cirenaica.

    Il dossier libico è probabilmente il più importante e il più difficile da affrontare per Giorgia Meloni, il cui Piano Mattei difficilmente potrà avere uno sviluppo significativo se il Paese del Maghreb resterà diviso in due entità, una delle quali – la Tripolitania – continua ad essere attraversata da fortissime tensioni interne, mentre la più stabile Cirenaica appare ormai strettamente legata alla Russia, e quindi soggetta alle possibili azioni d’influenza da parte di Mosca, come ad esempio l’utilizzo a fini geopolitici dei flussi migratori. Se la capacità di controllo del nostro Paese sulla Cirenaica è praticamente nulla, quella sulla Tripolitania è così scarsa che, mercoledì 12 febbraio, il ministro per gli Affari di gabinetto della Libia, Adel Jumaa, un moderato molto vicino all’Italia, viene ferito in un attentato che – secondo nostre fonti riservate – matura all’interno della lotta tra fazioni per conquistare gli appalti relativi alla ricostruzione dell’aeroporto internazionale di Tripoli, che pure sarebbe stato affidato già dal 2017 al consorzio italiano Aeneas.

  • Ultima chiamata

    Se anche le dichiarazioni di Vance non convincono gli Stati europei a darsi immediatamente una unica identità politica e militare possiamo definitivamente dire addio alla nostra aspettativa di essere considerati interlocutori alla pari con le potenze mondiali che si stanno spartendo l’universo.
    Di universo infatti di tratta con la conquista dei cieli conosciuti, e il progetto di scoprirne altri, che alberga nella mente di Musk e che è accarezzato anche dalla Cina e dalla Russia, perché il continente terrestre se lo sono praticamente già diviso.
    Con questi programmi cosa contano più le leggi internazionali, i pochi valori condivisi, le regole per i prigionieri di guerra o per la vita dei civili rifugiati negli ospedali? Nulla.
    Trump vuole che cessi la guerra in Ucraina, ma a che prezzo? Quanto conteranno nelle trattative con Putin le terre rare? Sarà una pace a scapito degli ucraini e forse non importerà se la pace sarà la vittoria di Putin non solo sull’Ucraina ma sulla Nato, su quella parte di mondo che crede nel rispetto di regole comuni.
    Sarà sancito che uno Stato ne può invadere un altro e appropriarsi delle sue terre, che non esiste punizione per i crimini di guerra, che tutto si può ottenere con la forza, il potere, il denaro?
    Trump non vuole l’Europa al tavolo delle trattative perché, nonostante le nostre debolezze, gli immensi ritardi, la mancanza di politici di peso, l’Unione rappresenta ancora valori non negoziabili che sono un ostacolo ai progetti del presidente americano e del suo burattinaio perché anche Musk non ha tempo da perdere con i sacri principi o le leggi internazionali.
    Ecco perciò come Trump, Musk, Putin, uomini in apparenza così diversi e che hanno invece molti punti in comune, possono trovare un accordo, partendo dalla Ucraina, per arrivare molto più in là, Europa in primis,
    incombe intanto la figura del presidente cinese, nemico degli Stati Uniti, per aspetti non solo commerciali, ed amico stretto di Putin il quale agli Stati Uniti si deve in parte avvicinare per chiudere la partita Ucraina.
    Ma perché litigare? Fatta fuori l’Unione Europea, resi i singoli Stati nazionali obbligati vassalli, degli uni o degli altri, non ci saranno più di tanto problemi di difficile gestione, il mondo arabo, ancora per un certo tempo, si accontenterà di gestire gli spazi vicini.
    L’incognita resta l’India ma al momento non preoccupa ed ad un eventuale futuro tavolo di poker si possono sempre sedere in quattro, basta che l’Europa non stia più in mezzo a dare fastidio.
    Le dichiarazioni e l’atteggiamento, l’arroganza di Vance, che parla in nome di Trump, rendono evidente la necessità di realizzare subito quell’Unione politica e militare della quale da troppo si parla senza, per colpa di egoismi di parte, concludere.
    Se vi sono Stati europei che ancora non se  la sentono rimangano come sono adesso ma gli Stati con governi che hanno compreso il pericolo imminente si uniscano in una alleanza: costruiamo l’Europa concentrica, l’Europa a due velocità ma costruiamo  subito questa benedetta Unione politica e militare, cioè costruiamo finalmente l’Europa prima che sia troppo tardi.

  • Patrioti Europei a Madrid – Contraddizioni e autolesionismo

    L’entusiasmo di Salvini all’incontro a Madrid dei Patrioti Europei, e soprattutto l’adesione collettiva di tutti alla strategia di Trump, meritano di essere valutati e opportunamente commentati.

    Essere Patrioti è un sentimento bellissimo, perché riguarda l’insieme di amore, passione e identità della propria Patria e della sua storia, e merita ogni doveroso rispetto, anche da parte di chi non sente le medesime pulsioni.

    In nome della Patria, infatti, milioni di uomini e di donne nei secoli hanno combattuto, sofferto, e subito ogni possibile conseguenza, pur di difenderla e conquistare la libertà di cui hanno goduto le successive generazioni.

    Ma proprio per questo, essere patrioti comporta uno stile di vita, un senso di valori coerenti, e una visione politica capace di identificare cosa sia realmente la Patria e le giuste scelte per difenderla.

    I Patrioti Europei, per la stragrande maggioranza, fino alla vittoria di Trump, erano sfegatatamente sostenitori di Putin e, per questo, hanno tifato pubblicamente per la sua decisione di invadere un Paese sovrano come l’Ucraina, sofferto per le vittorie sul campo di battaglia degli ucraini e goduto delle avanzate territoriali dei Russi.

    Questa improvvisa adesione unitaria all’indirizzo politico di Trump potrebbe apparire positiva, se non fosse che nessuno di loro ha rinnegato Putin, e quindi determinando un minimo di perplessità sulle loro reali intenzioni.

    Non si può, come è noto, essere fedeli a due padroni, e nel caso in specie, che padroni, e quindi quanto meno sarebbe bene che i Patrioti facessero chiarezza, a meno che la prospettiva che emerge dalle dichiarazioni dell’incontro madrileno non dia la risposta al quesito, e cioè che la strategia dei Patrioti va bene a Putin come a Trump, poiché l’obiettivo di ambedue è che l’Europa non si unifichi in una federazione, in modo che possa diventare la preda più prelibata a disposizione delle due superpotenze e, se ne avanza, anche della Cina.

    E se è questo il tema, di colpo tutto appare più chiaro ed evidente.

    I patrioti, sovranisti convinti, sono rimasti storicamente fermi agli stati nazionali, essendo loro sfuggito, ma questa distrazione appartiene a tutti i partiti sovranisti, anche non aderenti ai Patrioti, che da una quindicina di anni il mondo ha cambiato radicalmente fisionomia, e che all’unica superpotenza esistente a partire dall’inizio degli anni ’90, gli USA, si sono aggiunte altre due superpotenze, e cioè la Federazione Russa e la Cina, e, fra poco, è in arrivo anche l’India.

    Questo cambiamento radicale sui rapporti di forza esistenti sul pianeta, e l’assenza di un nuovo ordine mondiale, ha reso del tutto irrilevanti gli stati nazionali, incapaci di opporsi militarmente alle 3-4 superpotenze emergenti, e destinati ad essere, soprattutto gli Stati europei ricchi e disarmati, le prede più ambite per il processo di nuova colonizzazione mondiale in programma.

    Uno scenario di superpotenze che dovrebbe piuttosto essere comprensivo dell’Europa, che nei fatti è il terzo mercato mondiale, con una popolazione di 450 milioni di abitanti, e che avrebbe tutto il diritto di sedere al tavolo delle grandi potenze, ma che di fatto è un nano politico, del tutto incapace militarmente di difendersi e, dalla fine della seconda guerra mondiale, ridotta di fatto a protettorato USA.

    Da qui un sovranista serio dovrebbe avere inteso che solo la Federazione degli Stati d’Europa può garantire la sicurezza e l’indipendenza delle varie patrie e che solo l’Europa Federata può dare dignità di sovranità ai popoli europei.

    E qui è il punto: gli USA non hanno mai voluto una federazione tra i paesi UE, come ovviamente non l’ha mai voluta Putin, ma proprio l’aggressione dell’Ucraina fa capire la fondamentale importanza di realizzare una entità Federale Europea.

    Ed è qui che entrano in funzione i Patrioti che, lungi dal volere il bene dei loro Paesi, ne vogliono chiaramente la definitiva sottomissione, per poi comandarli come accade con la Bielorussia di Lukashenko.

    Basta leggere le dichiarazioni di Madrid di Salvini e dei suoi colleghi come: “Serve il cambiamento. Non è l’UE che legittima gli stati, ma gli Stati che legittimano l’Europa, che sennò non esisterebbe (?)”. E poi ancora: “I Patrioti, all’insegna del trio <sovranità-identità-libertà> sono uniti nel disegno di rovesciare l’attuale assetto europeo, rivendicando il diritto di azzerare tutti i capisaldi dell’UE per un ritorno, (non ben precisato), alle origini e al buon senso”.

    Ma dove sarà la libertà dei Paesi UE quando saranno alla mercè delle superpotenze, e soprattutto dove sarà mai l’identità in assenza totale della sovranità, che sarà cancellata dai nuovi padroni?

    La storia insegna che i partiti sovranisti non possono realizzare alleanze, perché la supremazia di ciascuno stato sovrano, impedisce oggettivamente alleanze di reciproca convenienza, e che l’Europa non si salva con un ritorno al passato, bensì solo con un salto al futuro, realizzando l’unico strumento necessario a garantire la sicurezza, l’indipendenza e il mantenimento dello stile di vita degli europei e cioè la Federazione degli stati d’Europa, e soprattutto non consentendo ai sovranisti di vendere il futuro degli europei.

    Quindi altro che lo slogan di Salvini e compagni Patrioti “meno Europa e più libertà”, ma al contrario “Più libertà e indipendenza con l’Europa Federata”.

  • Il pittore russo Safronov regala al Papa il ritratto che ha viaggiato nell’orbita terrestre

    Nikas Safronov è una delle figure iconiche dell’arte contemporanea russa, conosciuto e apprezzato in tutto il mondo per i suoi ritratti a capi di Stato e celebrità. Anche da Papa Francesco è tra i suoi estimatori dopo essere rimasto colpito dal dipinto che raffigurava il primo luogo del suo ministero, il Santuario di San José de Flores a Buenos Aires. In questi giorni il Pontefice ha ricevuto l’artista in Vaticano il quale gli ha donato il suo ritratto. L’opera ha visitato la Stazione Spaziale Internazionale da marzo a fine settembre 2022, è stata nello spazio e insieme all’equipaggio ha compiuto più di 3.000 giri intorno alla Terra. Ora il dipinto di Safronov ha conquistato un posto speciale nella collezione del Pontefice.

    Papa Francesco ha sempre sottolineato l’importanza della cultura russa e la sua inseparabilità dalla cultura mondiale e dopo aver invitato Safronov a tenere mostre in Europa, anche in Vaticano, ha espresso la speranza che la cultura russa sia sempre presente sulla scena culturale mondiale.

    L’attività creativa di Nikas Safronov è iniziata nel 1978, quando è stata organizzata la sua prima mostra personale a Panevezys, e da allora la sua fama di brillante simbolista, ritrattista e sperimentatore è cresciuta di mostra in mostra, di conferenza in conferenza. Nikas ha aperto una nuova direzione nell’arte mondiale Dream Vision, ma l’artista lavora costantemente nel realismo. All’attivo, solo negli ultimi 10 anni, ci sono più di trecentoventi mostre personali in tutto il mondo visitate da centinaia di migliaia di persone.

    Questo non è il primo incontro di Safronov con un Pontefice, all’inizio degli anni 2000 aveva incontrato Papa Giovanni Paolo II.

  • Gli ultimi rantoli dell’economia russa schiacciata dalle sanzioni occidentali

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo di Anceo Agostini

    E’ perlomeno singolare che i numerosi zelanti corrispondenti da Mosca dei media occidentali non mettano al corrente i loro lettori dei folgoranti successi della politica sanzionatoria. Senza pretendere che lascino i loro uffici basterebbe un minimo sforzo per confrontare online i rapporti ufficiali sul numero di infrastrutture realizzate a Mosca nel 2023 rispetto a quelle del 2024 e individuare il declino del sistema. Inoltre, tenuto presente che Mosca è sempre stata  considerata la vetrina del Paese, è verosimile che nelle altre città la situazione non sia migliore della capitale.

    Per il 2023 il sito (https://www.mos.ru/news/item/133505073/) del comune di Mosca riportava i seguenti dati concernenti le opere realizzate:

    • completato il grande anello della metropolitana e aperte 9 nuove stazioni;
    • aperte 2 stazioni della metropolitana Pykhtino e Aeroporto Vnukovo;
    • aperte 3 stazioni della metropolitana Jakhomskaja, Lianozovo e Fiztekh;
    • aperti al traffico i diametri centrali nr 3 (85km, 39 stazioni) e nr 4 (86km, 36 stazioni) della metropolitana di superficie;
    • riaperta dopo il restauro la stazione fluviale Sud;
    • inaugurate due nuove linee regolari di trasporto fluviale;
    • aperta al traffico la direzione sud del diametro viabile veloce;
    • aperti 4 centri ospedalieri d’avanguardia;
    • aperto il complesso il nuovo centro clinico nr 1 per le malattie infettive;
    • inaugurato il complesso clinico-diagnostico del centro scientifico Loginov;
    • terminata la prima tappa di ristrutturazione della rete di ambulatori (in totale 200 policlinici)
    • costruiti 7,3 milioni di mq di fabbricati ad uso abitativo (dato dell’Istituto di Statistica Rosstat).

    Sempre sul sito del comune di Mosca per il 2024 vengono riportati i seguenti risultati:

    • aperte 2 tratte e 7 stazioni della nuova linea Troickaja (16ma) della metro cittadina;
    • nuova stazione Potapovo della linea metro Sokolnicheskaja;
    • inaugurato nuovo centro di medicina nucleare del complesso clinico-ospedialero nr 1 di Mosca;
    • inaugurato il parco di laboratori e ricerca applicata e il campus dell’Universita’ Tecnica N.E. Bauman;
    • inaugurata la nuova cittadella-ginnasio N.V. Pushkov a Troizk;
    • inaugurata la funicolare di 769m nel parco mostre VDNKh;
    • inaugurato il secondo mercato ittico coperto a Mitino;
    • inaugurata la prima tappa del parco cinematografico di livello mondiale “Moskino”;
    • costruiti 6,5 milioni di mq di fabbricati ad uso abitativo (dato preliminare).

    Per quanto concerne le stazioni della metro si può notare che non hanno più lo stile imperiale delle prime costruite ai tempi di Stalin né lo sfarzo dei mosaici e marmi di quella più recente aperta nel 2003 nei pressi di Park Pobedy, sono semplici e funzionali e purtroppo non verranno decorate dai graffiti che adornano le metropolitane europee.

    Per una corretta analisi va rilevato che al 31.12.2022 il Think Tank europeo guidato da Ursula von der Leyen aveva già confezionato nove pacchetti di sanzioni, nel corso del 2023 e del 2024 se ne erano aggiunti altri 3+3 e attualmente gli specialisti di Bruxelles stanno elaborando il 16o pacchetto. In base ai dati riportati dal sito https://x-compliance.ru/statistics dell’agenzia Interfax, aggiornato al 2 febbraio 2025, il numero di sanzioni dei Paesi democratici contro la Russia ammonta a 18.389.

    La minaccia contro i Russi pronunciata già il 22 febbraio 2022 dall’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Josef Borrell si è pienamente avverata: “Niente più shopping a Milano, feste a Saint Tropez e diamanti ad Anversa. Questo è un primo passo”. A ciò va aggiunto che i cittadini russi non possono più acquistare né Mercedes ne’ Audi, Volkswagen, BMW, Jeep ecc. e che il mercato dell’auto in Russia è praticamente passato in mano ai produttori cinesi (60%) e ai produttori locali (30%).

    Confrontando il disastro della Russia con la prosperità europea si può senz’altro concludere che se i risultati definitivi relativi al 2024 non modificheranno radicalmente il quadro, la Russia ha le ore contate.

    Il 16o pacchetto di sanzioni di Ursula sarà fatale.

    metro 2024 https://realty.rbc.ru/news/676914a59a7947856d43b415

    https://www.mos.ru/news/item/148661073/

    https://77.rosstat.gov.ru/folder/70759/document/230310

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