La Russia sta utilizzando le criptovalute, tra cui Bitcoin, Ethereum e Stablecoin, per facilitare le transazioni nel commercio petrolifero con Cina e India e aggirare le sanzioni occidentali. Lo riferiscono diverse fonti citate dall’agenzia di stampa ucraina “Rbc”, secondo cui alcune compagnie petrolifere russe sfruttano questi asset digitali per convertire yuan cinesi e rupie indiane in rubli russi. Si tratta ancora di una quota ridotta rispetto al totale del commercio petrolifero russo, che nel 2024 ha raggiunto i 192 miliardi di dollari secondo l’Agenzia internazionale per l’energia, ma il fenomeno sarebbe in crescita. “La Russia ha creato una moltitudine di sistemi per eludere le sanzioni, e l’uso di Usdt (noto anche come Tether, una criptovaluta dal valore ancorato al dollaro) è solo uno di questi”, ha affermato una fonte di una società di ricerca che monitora il ruolo delle criptovalute nei flussi finanziari globali. Le fonti interpellate descrivono un processo articolato per l’utilizzo delle criptovalute nel commercio petrolifero russo. Un acquirente cinese effettua il pagamento in yuan su un conto offshore di una società intermediaria, che converte poi l’importo in criptovaluta. I fondi vengono successivamente trasferiti su un altro conto e infine inviati in Russia, dove vengono convertiti in rubli.
Secondo una fonte vicina alle operazioni di un trader petrolifero russo in Cina, il volume delle transazioni in criptovaluta ammonta a decine di milioni di dollari al mese. Tuttavia, la maggior parte del commercio petrolifero russo avviene ancora in valute tradizionali, con alternative come il dirham degli Emirati Arabi Uniti che continuano a essere utilizzate per le transazioni internazionali. L’uso delle criptovalute per aggirare le sanzioni non è un fenomeno nuovo. Paesi come Iran e Venezuela hanno già sfruttato gli asset digitali per sostenere le proprie economie e ridurre la dipendenza dal dollaro nelle transazioni petrolifere. Nel 2022, gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni all’exchange di criptovalute russo Garantex, una misura adottata anche dall’Unione europea il mese scorso. La piattaforma ha sospeso i servizi la scorsa settimana dopo che Tether ha bloccato alcuni portafogli digitali sulla sua rete. Secondo una fonte vicina al Cremlino, le criptovalute rappresentano solo uno dei vari metodi adottati dalla Russia per superare le restrizioni finanziarie.
Anche un’analisi condotta dal Royal Joint Institute for Defence Research e dall’Information Resilience Centre del Regno Unito ha confermato il crescente utilizzo di asset digitali per aggirare i problemi di pagamento. Lo scorso anno la Banca centrale russa ha riconosciuto che le sanzioni stavano causando “gravi ritardi nei pagamenti”, complicando le transazioni commerciali internazionali. In risposta, Mosca ha ufficialmente approvato una legge che consente i pagamenti in criptovaluta nel commercio estero, anche se sinora non era stato segnalato il loro utilizzo nel settore petrolifero.