scuola

  • UE e UNICEF: impegnarsi di più per un’istruzione sicura e di qualità per i minori in situazioni di crisi

    I crescenti livelli di sfollamento e la durata prolungata dei conflitti stanno gravando su minori e giovani in tutto il mondo. Si stima che gli adolescenti e i bambini in età scolastica che necessitano di istruzione siano 222 milioni, 78 milioni dei quali non frequentano la scuola.

    La Commissione europea e l’UNICEF invitano a rafforzare l’impegno collettivo e ad aumentare i finanziamenti pubblici per aiutare i minori in contesti umanitari fragili a restare o a tornare a scuola. L’invito è stato pronunciato durante la conferenza congiunta di alto livello sull’istruzione nelle situazioni di emergenza tenutasi il 22 marzo 2023 a Bruxelles, in concomitanza con il Forum umanitario europeo.

    Nel 2023 l’UE mira a fornire 158 milioni di € a sostegno di progetti per l’istruzione nelle situazioni di emergenza in tutto il mondo.

    L’Unione destina il 10% del bilancio iniziale per gli aiuti umanitari all’istruzione in contesti di emergenza. Lo stesso vale per gli aiuti allo sviluppo: con il 10% del bilancio iniziale stanziato per l’istruzione, l’obiettivo è assicurare una base solida che permetta ai minori di sviluppare i loro talenti e realizzare il loro potenziale.

    Nel periodo 2015-2022 l’UE ha stanziato 970 milioni di € a sostegno dell’istruzione in situazioni di emergenza, a favore di oltre 20 milioni di bambini e giovani.

  • Nel 2022 calo degli irregolari in arrivo in Italia, ma aumento degli sbarchi

    Con oltre 6 milioni di stranieri in Italia, al 1 gennaio del 2022, si registra una moderata crescita con 88mila presente in più rispetto a due anni fa. Sono più che raddoppiati i permessi di soggiorno e sono aumentati gli sbarchi. I dati emergono dal XXVIII Rapporto sulle migrazioni elaborato da Fondazione Ismu Ets, presentato a inizio mese all’Università Cattolica di Milano.

    Diminuisce invece del 2,5% la componente irregolare, che costituisce l’8,4% della popolazione straniera complessiva e che nel 2022 si attesta sulle 506mila unità contro le 519mila dell’anno precedente. Un calo, questo, dovuto principalmente all’avanzamento delle pratiche relative alla sanatoria 2020. Secondo quando stimato da Ismu, poi, aumentano del 127% i nuovi permessi di soggiorno, circa 242mila, un valore più che doppio rispetto al 2021, quando l’effetto Covid aveva ridotto i flussi. Circa 6 stranieri su 10 provengono da Paesi terzi (+5,6%) e i cittadini non comunitari provengono per la maggior parte da Marocco (408mila), Albania (397mila), Cina (291mila), Ucraina (230mila). In crescita il numero degli sbarchi che si sono registrati sulle coste italiane nel 2022, 105.129 in tutto con un aumento del 55,8%. I maggiori flussi provengono da Egitto (20.542), Tunisia e Bangladesh.

    Sul fronte scolastico, sempre secondo il rapporto Ismu, per la prima volta da circa 40 anni, nell’anno scolastico 2020/2021 si è verificata un’inversione di tendenza con una diminuzione del numero degli alunni con background migratorio, che risultano essere circa 865mila con una flessione di 11.413 rispetto al precedente anno scolastico. Il 45% degli alunni stranieri ha origini europee e gli studenti con cittadinanza non italiana sono originari di quasi 200 paesi differenti: più di un quarto sono africani, il 20% asiatici e circa l’8% dell’America latina. Romania, Albania e Marocco sono le comunità più numerose nelle scuole superando ciascuna le 100mila presenze. La Lombardia accoglie più di 220mila alunni con cittadinanza non italiana, confermandosi la prima regione italiana, seguita da Emilia-Romagna (104,799), Veneto (94.699), Lazio (80.051) e Piemonte (78.256). I nati in Italia rappresentano il 66,7% degli alunni con Cni. Il 27% degli studenti con cittadinanza non italiana è in ritardo scolastico.

    Per quanto riguarda infine le confessioni religiose, Ismu stima che al primo luglio 2022 i cristiani nel loro complesso rappresentino la maggioranza assoluta (53,1%) tra gli stranieri residenti in Italia.

  • La lingua inglese sta colonizzando il sapere e la cultura?

    Chi non parla inglese può scordarsi di trovare un lavoro, perché la lingua di Shakespeare è data per scontata anche in un Paese in cui non è poi così diffusa come l’Italia, dove i bambini incominciano la studiarla dai 6 anni ma dove il programma Intercultura, che consente agli adolescenti di trascorrere un anno all’estero imparando anche la lingua e la cultura del luogo, continua  a non prevederla come un requisito, nonostante sia richiesta per gli studenti che vogliano recarsi nei Paesi anglofoni. E se all’università, Erasmus ha contribuito a espandere l’uso dell’inglese per favorire gli scambi internazionali, molti atenei in Paesi non anglofoni hanno introdotto corsi in inglese.

    A dispetto della sua importanza, l’insegnamento dell’inglese anziché essere sollecitato continua a suscitare resistenze. Se in Olanda è lingua ufficiale insieme a quella originale del posto, nel Belpaese Claudio Marazzini, storico della lingua italiana e presidente dell’Accademia della Crusca, osserva che «La convivenza fra due lingue implica un equilibrio da perseguire con attenzione» e ammonisce che «l’inglese non deve diventare l’assassino dell’italiano» ricordando che ogni due settimane sparisce una delle circa 6800 lingue del pianeta. A difesa della biodiversità linguistica, peraltro, prende posizione anche Patricia Ryan, docente di inglese nei Paesi del Golfo per oltre 30 anni: «Se si usa un’unica lingua, il pensiero si può bloccare su una questione che diventa superabile, magari, ragionando in un idioma differente».

    La spinta a privilegiare l’inglese ha portato il Politecnico di Milano al centro di una lunga diatriba. Nel 2012 l’ateneo decide che i corsi per le lauree magistrali e i dottorati per ingegneri e architetti devono svolgersi solo in inglese. Ne deriva una battaglia legale a colpi alterni, in cui sono coinvolti Tar, Corte Costituzionale e Consiglio di Stato, che nel 2017 ha riconosciuto la libertà d’insegnamento in inglese, purché affiancato da un numero adeguato di corsi in italiano, il cui numero resta a discrezione dell’ateneo. Attualmente al Politecnico i corsi di dottorato sono tutti in inglese, mentre dei 48 corsi della magistrale 35 sono solo in inglese, 4 solo in italiano e 9 in entrambe le lingue. Marazzini rimane critico: «La nostra classe dirigente non ha capito come dovrebbe essere il rapporto fra italiano e inglese, che dovrebbe affiancare e non sostituire la nostra lingua. Eppure, il bando ministeriale per il Fondo Italiano per la Scienza (del 2021, ndr) chiede di presentare le domande solo in inglese, e a eventuali colloqui è bandito l’italiano. Capirei in presenza di commissari stranieri, ma altrimenti perché non usare la nostra lingua?».

    Lo stesso scenario si ripete nel mondo delle pubblicazioni degli studiosi. «L’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur) considera superiori quelle in inglese, senza tenere conto che in materie come la letteratura o la filosofia è una forzatura».

  • Il Censis stima due milioni di Neet in Italia e ne individua al Sud quasi 1 su 3

    “Il fenomeno della dispersione scolastica dei 18-24enni riguarda in Italia in media il 12,7% di loro, percentuale che al Sud sale al 16,6%con un distacco di 7 punti dalla media europea del 9%”.

    Allarmano il mondo della scuola i dati forniti oggi dal direttore del Censis, Massimiliano Valerii, nell’ambito del convegno annuale dell’Associazione nazionale presidi, una intensa giornata di talk, workshop e tavole rotonde che ha acceso i riflettori su tutte le criticità del panorama scolastico.

    Non confortanti sono anche i dati sui Neet, gli under 30 che non studiano, non lavorano e non sono inseriti in un percorso di formazione  su cui lo stesso ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, è al lavoro per avanzare una proposta. “La media europea – ha spiegato sempre Valerii – è del 13,1%, in Italia del 23,1%, cioè riguarda due milioni di persone. Al Sud il dato è ancora più drammatico salendo al 32,2%, 19 punti in più della media europea”.

    La dispersione scolastica si riaffaccia dunque con tutta la sua drammaticità in una scuola, ha ribadito oggi il ministro, che vuole rimettere al centro i principi di merito, autorevolezza, rispetto e tornare ad essere “ascensore sociale”. Con un chiarimento da parte del titolare del dicastero sull’idea di sanzioni contro gli studenti violenti che prevedano il ricorso ai lavori socialmente utili: “Se sospendo per un anno un ragazzo – ha spiegato davanti all’assemblea di dirigenti scolastici – non faccio il bene del ragazzo e della società, quel ragazzo magari diventerà persino un deviante e quindi accentuerà le sue propensioni devianti verso altre derive che possono essere socialmente pericolose mentre invece molto meglio sarebbe coinvolgerlo in lavori socialmente utili.  Dobbiamo insegnare ai ragazzi a maturare e a crescere”.

    La dispersione scolastica in Italia è figlia in gran parte dell’indigenza delle famiglie, dal momento che un milione e 400mila giovani vivono in condizioni di povertà assoluta. Ma trae la sua origine anche dai fattori che determinano le disuguaglianze educative, rimuovere i quali è l’obiettivo dei Patti Educativi Territoriali, accordi tra istituzioni scolastiche, Enti Locali e associazioni del Terzo Settore, che coinvolgono intere comunità locali in progetti di crescita e di sviluppo per il rilancio di territori marginali.

  • L’umiliazione “educativa”?

    Il bullismo rappresenta sicuramente un aspetto problematico dell’area adolescenziale. Una complessità che nasce proprio in ragione della difficoltà di crescita dei giovani, all’interno della quale, oltre alla famiglia, la scuola dovrebbe proporre un quadro valoriale aggiuntivo di riferimento. In questo contesto, poi, sicuramente la maggiore tutela andrebbe assicurata alle vittime di queste violenze, fisiche e psicologiche, delle quali purtroppo molto spesso porteranno per tutta la vita i segni.

    Come in ambito penale, così anche in quello scolastico, dovrebbe valere il principio della certezza di una sanzione adeguata all’atto di bullismo come espressione, per quanto possibile, di una tutela a favore della vittima. Contemporaneamente si dovrebbe permettere all’autore del gesto non solo di pagare, ma anche magari di comprenderne la gravità e gli effetti del proprio comportamento.

    In questo contesto, quindi, anche l’introduzione dell’obbligo di aderire da parte del “bullo” a dei programmi di lavori socialmente utili potrebbe rappresentare una sanzione adeguata rispetto alle classiche sospensioni dalla frequentazione dell’istituto scolastico. In più si potrebbe interpretare soprattutto un primo atto “educativo” in grado di riconnettere il soggetto all’ambito sociale. Nello specifico, però, il Ministro dell’Istruzione indica la scelta dei lavori socialmente utili come una forma di deterrente per il compimento di altri atti di bullismo in quanto questi determinano una umiliazione per i soggetti aderenti a questo programma di pena alternativa.

    In un sol colpo non solo viene snaturata completamente la funzione stessa dei lavori socialmente utili, i quali rappresentano un’alternativa ad altre pene, ma offrono contemporaneamente la possibilità ai soggetti di riconnettersi con il contesto sociale proprio attraverso la consapevolezza del proprio operato.

    A maggior ragione nel caso dei ragazzi colpevoli di spregevoli atti di bullismo i lavori socialmente utili, proprio per la loro essenza, dovrebbero rappresentare un modo per riposizionarsi nella realtà circostante anche in considerazione della percezione della propria azione nell’attività alla quale verrebbero inviati.

    Viceversa, se questi vengono considerati semplicemente come uno strumento finalizzato ad umiliare uno studente, anche se colpevole di atti di bullismo, non solo vengono snaturati nella loro essenza ma in più determinano una crescita del distanziamento tra la realtà circostante ed il ragazzo, rendendo vana ogni speranza di un possibile o anche parziale recupero.

    Un sistema educativo può e deve proporre i più diversi valori educativi di riferimento, anche come espressione delle diverse ideologie declinate nell’ambito formativo.

    Viceversa nessuna “umiliazione educativa” di un giovane studente, anche se reo di gravi atti di bullismo, potrà mai rappresentare l’espressione di un modello educativo e tanto meno valoriale quando manifesta, in modo inequivocabile, la povertà intellettuale di una società e del ministro della Pubblica Istruzione che la propone.

  • Costruire lo spazio europeo dell’istruzione

    La Commissione ha approvato la relazione sui progressi compiuti per la realizzazione dello spazio europeo dell’istruzione. La relazione fa il punto sulle iniziative e le tendenze in atto nell’UE per quanto riguarda i progressi compiuti verso il conseguimento degli obiettivi dell’UE in materia di istruzione e formazione e fissa l’agenda per il 2025.

    Le 40 iniziative in corso a livello di UE comprendono azioni strategiche che spaziano dall’apprendimento misto all’apprendimento per lo sviluppo sostenibile, dalla strategia europea per le università fino ai progetti finanziati dall’UE come le accademie degli insegnanti, la coalizione “Istruzione per il clima” o i centri di eccellenza professionale. Viene inoltre dato seguito ai lavori dei gruppi di esperti, come quelli sulla disinformazione o gli investimenti di qualità, e sono attuate misure per rendere più inclusivi il programma Erasmus+ e il Corpo europeo di solidarietà. Grazie all’impegno comune per lo spazio europeo dell’istruzione, queste iniziative stanno rafforzando l’attività degli Stati membri.

    Questo approccio comune, nazionale e dell’UE, si è rivelato particolarmente efficace nella risposta alle nuove problematiche che i sistemi di istruzione e formazione dell’UE hanno dovuto affrontare negli ultimi due anni, vale a dire la pandemia di COVID-19 e l’accoglienza di discenti e insegnanti rifugiati a seguito della guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina. Il quadro strategico rafforzato, che riunisce gli Stati membri e i principali portatori di interessi, ha consentito la messa in comune di conoscenze e risorse, la condivisione organizzata di buone pratiche e l’attuazione di soluzioni concrete.

    Nella relazione di monitoraggio del settore dell’istruzione e della formazione che accompagna la relazione sono riportati alcuni esempi dei passi avanti fatti verso il conseguimento degli obiettivi a livello di UE, come la diminuzione dell’abbandono scolastico e l’aumento del tasso di istruzione terziaria e della partecipazione all’educazione e cura della prima infanzia. Allo stesso tempo alcuni segnali mostrano che sono necessari sforzi sistemici a più lungo termine per migliorare l’equità nel campo dell’istruzione e affrontare la carenza di insegnanti. Grazie a nuovi indicatori a livello di UE per entrambi gli ambiti, le politiche potranno basarsi su dati concreti e sarà favorito l’apprendimento reciproco.

    Si stima che fra il programma Erasmus+, il dispositivo per la ripresa e la resilienza e i fondi della politica di coesione dell’UE, la spesa totale dell’UE per l’istruzione e la conoscenza tra il 2021 e il 2027 sarà triplicata rispetto al periodo 2014-20. Sarà pertanto essenziale porre l’accento, nei prossimi anni, sull’attuazione, gli investimenti di qualità, l’assorbimento e il monitoraggio attento dei progressi compiuti dagli Stati membri per consolidare le riforme sistemiche e produrre effetti positivi sui discenti, sugli insegnanti, sull’economia e sulle nostre società.

    La Commissione darà seguito alla relazione sull’andamento dei lavori con un processo di revisione intermedia nel 2023, dal quale sarà tratto insegnamento e slancio per il periodo fino al 2025, quando dovrà essere stilata una relazione completa sulla realizzazione dello spazio europeo dell’istruzione.

  • Ministro Salvini prima di occuparsi del ponte sullo Stretto bisogna risolvere le vere urgenze

    Il governo deve ovviamente concentrarsi sulle priorità: 1) aiuti per le bollette e approvvigionamento energetico, 2 )nuove opportunità di lavoro, 3) maggiore sicurezza, in tutti gli ambiti, 4) certezza e celerità della giustizia.

    Detto questo rimaniamo perplessi di fronte all’urgenza e accelerazione che il ministro Salvini, e Forza Italia, stanno dando al ponte sullo Stretto.

    Senza entrare nel merito di una questione che si trascina da anni, e che è stata e sarà fonte di molte polemiche, vogliamo solo ricordare al ministro che, ad oggi, Calabria e Sicilia sono in gran parte prive di strade e linee ferroviarie adeguate e che sarebbe il caso di cominciare a risolvere, prima di tutto  e cioè prima del ponte sullo stretto, questo problema.

    Ricordiamo al ministro come molte scuole ed università siano ad alto rischio crolli, quanto è recentemente avvenuto in Sardegna è stato preceduto da altri eventi simili, pertanto la messa in sicurezza di questi edifici, su tutto il territorio nazionale, è una priorità per studenti ed insegnanti e sarebbe un notevole volano, in tutta Italia, per l’edilizia.

    Lo stesso problema di mancanza di sicurezza dopo i controlli, per altro non completi, effettuati dopo il crollo del ponte di Genova, esiste per molti ponti e cavalcavia, sempre più fatiscenti, e che ogni giorno sono percorsi da decine di migliaia di automobilisti.

    Nell’emergenza dovuta alla carenza d’acqua vogliamo credere che al ministro non sarà sfuggito quanto si denuncia da molti, troppi anni, e cioè le condizioni fatiscenti nelle quali versa la rete idrica nazionale con un sperpero di almeno il 40% dell’acqua potabile, acqua irrimediabilmente perduta, e il danno dovuto alla mancanza di quei bacini di contenimento dell’acqua l’assenza dei quali ha ulteriormente messo in ginocchio la nostra agricoltura  questa estate e per questo è necessario un azione urgente da parte del governo.

    Vogliamo credere che a nessuno sfugga quali sono le priorità per gli italiani.

  • ANMVI porta One Health nelle scuole

    Per il dodicesimo anno, la didattica veterinaria entra nelle scuole primarie e medie di tutta Italia. Anche l’anno scolastico 2022-2023 porterà i Medici Veterinari di Anmvi – Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani – nelle classi elementari e medie di tutta Italia per un nuovo progetto educational.

    Le direzioni scolastiche potranno ospitare a costo zero docenze veterinarie e materiali didattici per diffondere la cultura della relazione responsabile con gli animali. Quest’anno il progetto si intitola “Una Zampa in famiglia 3 – Con Zampa, a lezione di One Health”. I personaggi Zampa, Lillo e Mimì educheranno gli alunni al concetto One Health, grazie alla presenza di Medici Veterinari docenti che parleranno ai bambini dell’importanza di vivere in un ambiente sano, in cui ogni elemento, vivente e non vivente, partecipa al gioco della vita e contribuisce alla salute di tutti. Le parole chiave di questo anno scolastico saranno: Ambiente, Multiformità, Rispetto e Salute Unica. In totale sul territorio nazionale saranno finanziati 125 docenze Veterinarie, grazie al contributo non condizionante di MSD Animal Health.

    Per partecipare è richiesto l’invio del modulo “Richiesta di adesione al progetto Una Zampa in famiglia 3”. Insieme al modulo, nella stessa mail, andranno inviati il proprio curriculum vitae e la tabella Excel “Zampa 3 tabella vet” compilata , nello stesso formato (excel) con cui è stata ricevuta. Tramite questo modulo il veterinario indicherà non solo la propria richiesta di adesione, ma anche contemporaneamente l’interesse della/e scuola/e che avrà/avranno potenzialmente aderito.

    Fonte: Ufficio Stampa Anmvi

  • La giornata mondiale degli insegnanti per celebrare e riconoscere il loro ruolo cruciale

    In occasione della Giornata mondiale degli insegnanti, la Commissione sensibilizza il pubblico al ruolo fondamentale di insegnanti, formatori e dirigenti scolastici.

    Nel quadro di questa giornata, la rete Eurydice pubblica la relazione “Stipendi e indennità degli insegnanti e dei dirigenti scolastici 2021/2022”, dalla quale risulta che al di là delle condizioni di lavoro, delle prospettive di carriera, delle opportunità di sviluppo professionale e del riconoscimento, è la retribuzione a svolgere un ruolo sostanziale nell’attrarre le persone alla professione e nel garantire che gli insegnanti si sentano apprezzati e sufficientemente motivati per fornire un’istruzione di qualità.

    La relazione è accompagnata da schede per paese che illustrano i dati sugli stipendi e sulle indennità di insegnanti e dirigenti scolastici per ciascun sistema di istruzione.

    La Commissione attua una serie di azioni e iniziative complementari all’interno dello spazio europeo dell’istruzione per sostenere gli insegnanti lungo tutto l’arco della loro carriera, sia nella formazione iniziale sia nello sviluppo professionale continuo.

    Tali azioni comprendono la fondazione di 25 accademie degli insegnanti Erasmus+ entro il 2025 al fine di stabilire reti di istituti di formazione degli insegnanti, associazioni di insegnanti e parti interessate, aumentare il numero e la qualità dei periodi di mobilità degli insegnanti nell’ambito di Erasmus+, e attuare il premio europeo per l’insegnamento innovativo, volto a riconoscere il lavoro degli insegnanti e delle loro scuole.

  • Il Covid aumenta i Neet, 34% tra i 25-29enni e soprattutto tra le donne

    Istruzione e conoscenza aumentano, c’è un progresso nel bagaglio di competenze ma il ritmo è lento e l’Italia non riesce a portarsi ai livelli dei Paesi più moderni. In 20 anni – come spiega il report dell’Ocse ‘Education at a Glance – Uno sguardo sull’istruzione’ – il livello è aumentato più lentamente rispetto alla media dei Paesi dell’Organizzazione.

    Tra il 2000 e il 2021, la percentuale di giovani tra i 25 e i 34 anni con un’istruzione accademica è cresciuta in media di 21 punti percentuali, in Italia di 18, dal 10% nel 2000 al 28% nel 2021. L’Italia resta inoltre uno dei 12 Paesi in cui la laurea non è il titolo di studio più diffuso tra i gli under 34. Il Covid, poi, ha avuto un impatto pesante sulla formazione: è aumentata la quota dei Neet, i giovani adulti che non hanno un lavoro né studiano. Nella fascia 25 e 29 anni era al 31,7% nel 2020 e ha continuato ad aumentare fino al 34,6% del 2021, più giovani donne (il 39%) che uomini.

    Il ritardo dell’Italia viene da lontano: la quota di persone tra i 25 e i 64 anni è del 20%, meno della metà della media dei Paesi dell’Ocse. Eppure studiare conviene: “Il livello di istruzione – sottolinea il rapporto, che fotografa il grado di salute della scuola e dell’università in 38 Paesi membri dell’Ocse e in alcuni Paesi partner –  influisce non solo sulle prospettive di occupazione, ma anche sui livelli salariali”. I laureati in media guadagno il doppio di quelli che non hanno un titoli di studio, in Italia poco meno, il 76% in più. Un discorso che sembra non valere tanto proprio per chi lavora nel mondo della scuola, perché le retribuzioni dei docenti si confermano più basse degli altri laureati (circa il 27% in meno in Italia, e un dato simile anche considerano il valore medio).

    Non è solo e non è tanto una questione di spesa, perché se è vero che investiamo il 3,8% del Pil – oltre un punto in meno rispetto alla media dei Paesi (4,9%) – in numeri assoluti per studente la spesa è pienamente nella media. L’importo totale del finanziamento per studente da 6 a 15 anni è 105.754 dollari, la media di 105.502. E’ ampio, invece, il divario nella spesa per l’istruzione universitaria, in Italia di 12.177 dollari, contro 17.559.

    I dati “sono lo scenario che ci siamo trovati di fronte quando è iniziata l’esperienza di governo, che va vista nella sua interezza, compreso il fatto che è stata troncata”, ha detto il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, che rivendica la riforma degli Its e la scelta di aver investito per l’infanzia 4,9 miliardi del Pnrr, ma si congeda con il rammarico di non aver potuto lavorare sulle scuole medie: “Non ci sono arrivato, avevo bisogno di 6 mesi”. “Sarebbe necessario – ha sottolineato Andrea Govosto, direttore della Fondazione Agnelli – ripensare cosa si insegna e come. E c’è l’esigenza di attrarre i migliori laureati”. Secondo Save the Children, che ha ospitato la presentazione del report, “l’analisi individua nodi critici che devono essere messi al centro dell’agenda del nuovo Parlamento e governo”.

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