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  • Un edificio suscita ilarità sui social cinesi per la sua forma equivoca

    Il progetto di una stazione ferroviaria nella città cinese di Nanchino ha attirato l’attenzione degli internauti cinesi. Le autorità affermano che il design della stazione di Nanchino Nord trae ispirazione dai fiori di pruno, per i quali la città è famosa, ma online si sottolinea invece la sua somiglianza con qualcosa di piuttosto diverso: un assorbente.

    L’argomento ha generato milioni di visualizzazioni su varie piattaforme di social media cinesi.

    Secondo il quotidiano Nanjing Daily, il progetto preliminare ha ricevuto il via libera dal governo della provincia di Jiangsu e dal China State Railway Group e l’inizio dei lavori è previsto nella prima metà del 2024.

    Secondo un rapporto del 2017 del sito Nanjing Morning News, si stima che la stazione ferroviaria costerà circa 20 miliardi di yuan cinesi (2.763 milioni di dollari; 2.224 milioni di sterline) e si estenderà su un’area totale di 37,6 chilometri quadrati (14 miglia quadrate). .

    Questo non è il primo progetto di architettura in Cina che ha attirato un’attenzione inaspettata. La sede dell’emittente statale CCTV nella capitale Pechino è conosciuta da molti come l’edificio dei “grandi boxer”, per la sua forma unica.

  • La Commissione richiede informazioni sui rischi dell’IA generativa a sei piattaforme e due motori di ricerca online

    La Commissione ha formalmente inviato a Bing e Google Search (motori di ricerca online di dimensioni molto grandi), e a Facebook, Instagram, Snapchat, TikTok, X e YouTube (piattaforme online di dimensioni molto grandi) richieste di informazioni riguardo alle loro misure di mitigazione dei rischi relativi all’IA generativa, tra cui la diffusione virale di deepfake, le cosiddette “allucinazioni” in cui l’IA fornisce informazioni false e la manipolazione automatizzata di servizi che possono fuorviare gli elettori.

    La Commissione richiede inoltre informazioni e documenti interni sulla valutazione dei rischi e sulle misure di mitigazione relative all’impatto dell’IA generativa su processi elettorali, diffusione di contenuti illegali, tutela dei diritti fondamentali, violenza di genere, tutela dei minori, benessere mentale, protezione dei dati personali, protezione dei consumatori e proprietà intellettuale. Tali questioni riguardano sia la diffusione sia la creazione di contenuti di IA generativa.

    Le aziende interessate sono tenute a fornire alla Commissione le informazioni richieste entro il 5 aprile 2024 per le questioni legate alla protezione delle elezioni ed entro il 26 aprile 2024 per le questioni rimanenti.

  • Sempre più urgente un intervento serio dei governi sui social prima che questi manipolino i nostri giovani

    Mentre negli Stati Uniti e nelle sedi dell’Unione Europea è stato vietato a funzionari e dipendenti l’uso di Tik Tok, negli orari di lavoro, non vi è sufficiente attenzione per i danni che l’uso di questo social sta procurando alle generazioni più giovani.

    Su Tik Tok, infatti, veicolano indisturbati messaggi ed immagini che invitano a gare estreme, che possono portare anche alla morte o provocare gravi danni, spesso permanenti, a chi si fa irretire da queste che non sono prove di coraggio ma di stupidità e segno di disturbi comportamentali o psichici.

    Sul social ci sono vere e proprie lezioni, con esplicite dimostrazioni, di come ci si taglia le braccia od altre parti del corpo meno visibili, un coltello, un rasoio, un paio di forbici ma anche un righello rotto, un pezzo di vetro sono gli strumenti suggeriti per tagliarsi mentre per aiutarsi a vomitare, se non si riesce con due dita in gola, si suggerisce di usare un cucchiaio o una forchetta dalla parte del manico.

    Sfide di ogni tipo che portano a contusioni del viso, autolesionismo, ed ancora inviti ad attraversare le rotaie mentre arriva il treno, a camminare tra le macchine che transitano in velocità, ad arrampicarsi su stabili alti, a bere d’un fiato alcolici pesanti e via discorrendo.

    Ribadendo come sia importante la libertà ci chiediamo quando i governi capiranno quanto sia necessario ed urgente fermare, controllare questi strumenti di comunicazione, per impedire che diventino i manipolatori proprio della libertà dei nostri giovani condizionando anche il futuro di tutti.

    L’Unione Europea ha il dovere di affrontare il problema.

  • Le autorità di New York si sostituiscono ai genitori e fanno causa ai social media per danno ai ragazzi

    Facendo ciò che i genitori non hanno ritenuto di dover fare, la pubblica amministrazione della città più orientata al mercato ha fatto causa alle aziende dei social media. Secondo quanto le autorità di New York il dipartimento della salute e la Hospitals Corporations hanno denunciato alla Corte Superiore della California (lo stato dove hanno sede i denunciati), i social media, tra cui TikTok, Facebook, Instagram, Snapchat e YouTube, hanno provocato danni alla salute mentale dei bambini e degli adolescenti e hanno “alimentato una crisi mentale tra i giovani su scala nazionale a livelli che non si erano mai visti”.

    “New York è la prima grande città americana a compiere un passo di questa dimensione per denunciare direttamente e in modo chiaro il pericolo dei social media” ha dichiarato il sindaco Eric Adams annunciando il ricorso. La denuncia contestata alle società prese di mira di aver “progettato intenzionalmente le loro piattaforme per manipolare e creare dipendenza nei bambini e negli adolescenti”. E contesta alle stesse società di essersi impegnate a procacciarsi clienti: viene infatti loro contestato di compiuto ricerche psicologiche così da rendere le loro piattaforme il più coinvolgenti possibile, per spingere i giovani a passarci sempre più tempo. “Abbiamo visto quanto il mondo online possa creare dipendenza e travolgere, esponendo i nostri figli a un flusso continuo di contenuti dannosi e alimentando la crisi nazionale di salute mentale dei nostri giovani”, ha commentato Adams.

    La commissione Giustizia del Senato degli Stati Uniti nel corso di un’audizione aveva già esposto il problema di fronte agli amministratori delegati di alcune grandi piattaforme di social media. All’evento erano presenti anche i genitori, che hanno condiviso testimonianze sulle esperienze dei propri figli. Ansia, depressione, autolesionismo e in alcuni casi persino il suicidio.  Erano presenti Mark Zuckerberg (Meta), Linda Yaccarino (X) Shou Chew (Tik Tok) Evan Spiegel (Snap) e Jason Citron (Discord).  E Zuckerberg aveva scelto di usare la carta della compassione. Si era alzato in piedi e rivoltosi verso la platea aveva chiesto scusa pubblicamente: “Mi dispiace per tutto quello che avete passato”. “Nessuno – ha continuato – dovrebbe passare attraverso le cose che le vostre famiglie hanno sofferto”.

    New York vuole ottenere un risarcimento. E vuole anche che sia messa in atto una regolamentazione più chiara, che salvaguardi i minori. Ma le aziende hanno respinto le accuse. Meta ha dichiarato: “Vogliamo che gli adolescenti abbiano esperienze online sicure e adatte all’età”. YouTube ha detto di aver creato “servizi e politiche per offrire ai giovani esperienze adeguate all’età”. TikTok ha detto che continuerà a lavorare per garantire sicurezza alla community.

  • Quasi 250mila ragazzini si lanciano in sfide impossibili per cercare gloria online

    Secondo una ricerca realizzata dall’Istituto Superiore di Sanità svolta nell’ambito del progetto Dipendenze comportamentali nella Generazione Zeta, circa 243mila gli studenti tra 11 e 17 anni hanno partecipato almeno una volta nella vita a una sfida social pericolosa. Si tratta del 6,1% della popolazione analizzata, con una maggior propensione tra i giovanissimi (11-13 anni) rispetto ai compagni di 14-17.

    Per social challenge si intendono giochi online presentati sotto forma di sfida. Il singolo partecipante si registra con uno smartphone o con una webcam e si esibisce in una serie di attività pericolose invitando gli altri a superarlo. L’obiettivo è duplicare velocemente il numero degli sfidanti. Il social più gettonato è TikTok.

    I challenge cambiano in continuazione, si fa fatica a tenersi aggiornati. Si va dalle cose in macchina all’uso su se stessi della gomma per cancellare fino a bruciare la pelle, dalla masticazione di 10 cubetti di ghiaccio in 30 secondi all’ingestione di una certa quantità di alcol tutto d’un fiato.

    Per la ricerca sono stati intervistati 4mila studenti tra 11 e 13 anni ed altrettanti tra 14-17. Il questionario è stato compilato dagli intervistati a scuola, perlopiù durante l’ora di informatica negli istituti che hanno aderito all’iniziativa anche col beneplacito degli insegnanti.

  • La Commissione invia a TikTok e YouTube una richiesta di informazioni a norma del regolamento sui servizi digitali

    La Commissione europea ha formalmente inviato a TikTok e YouTube una richiesta di informazioni a norma del regolamento sui servizi digitali perché fornisca maggiori informazioni sull’uso dei loro servizi da parte dei minori e sulle misure adottate per adempiere agli obblighi in materia di tutela dei minori ai sensi del regolamento sui servizi digitali.

    TikTok e YouTube devono fornire alla Commissione le informazioni richieste entro il 30 novembre 2023. Sulla base dell’esame delle risposte, la Commissione valuterà le prossime tappe, che potrebbero includere l’avvio formale di un procedimento a norma dell’articolo 66 del regolamento sui servizi digitali. La Commissione può infliggere, infatti, sanzioni pecuniarie per la fornitura di informazioni inesatte, incomplete o fuorvianti in risposta a una richiesta di informazioni. In caso di mancata risposta, la Commissione può decidere di chiedere le informazioni mediante decisione. In tale circostanza, la mancata risposta entro il termine potrebbe comportare l’imposizione di penalità di mora.

    TikTok ha già ricevuto il 19 ottobre 2023 una richiesta di informazioni sulla diffusione di contenuti terroristici e violenti e di incitamento all’odio, sulla presunta diffusione della disinformazione e su aspetti generali relativi alla tutela dei minori online.

  • Maximulta da 345 milioni di euro per TikTok in Irlanda

    L’Irlanda multa TikTok per aver violato la privacy dei minori. Sul social media dedicato a musica, video e live arriva una ‘stangata’ da 345 milioni di euro ma, ancora una volta, l’Authority per la protezioni dei dati di Dublino arriva con grande lentezza alla decisione finale, tre anni dopo i fatti contestati che riguardano il periodo 31 luglio-31 dicembre 2020, scattando così una ‘fotografia’ ormai scolorita.

    “Le criticità sollevate dall’autorità irlandese si concentrano su alcune impostazioni e funzionalità presenti in app tre anni fa e che abbiamo modificato ben prima dell’avvio dell’indagine, come l’impostazione dei profili degli utenti sotto i 16 anni privati di default” spiega un portavoce di TikTok che della sanzione contesta in particolare l’importo e valuta un possibile ricorso.

    La decisione dell’Authority irlandese è stata sottoposta alle altre ‘consorelle’ europee e da Berlino è arrivata la richiesta di includere un’ulteriore constatazione di violazione del principio di equità per quanto riguarda i “dark pattern” , ovvero quelle interfacce e quei percorsi di navigazione progettati per influenzare l’utente affinché intraprenda azioni inconsapevoli o non desiderate – e potenzialmente dannose dal punto della privacy del singolo – ma favorevoli all’interesse della piattaforma o del gestore del servizio. Anche il Garante italiano ha presentato le sue osservazioni chiedendo che ci fosse un capo d’accusa specifico sui processi di verifica dell’età. Il comitato europeo per la protezione dei dati (Edpb), che garantisce l’applicazione coerente delle norme in materia di protezione dei dati in tutta l’Unione europea ha accolto le contro deduzioni della Germania (e chiesto al Data Protection Commission Irish di includerlo nel suo provvedimento) e accantonato quelle italiane.

    Ora, in base alla decisione finale comunicata dall’Authority irlandese TikTok deve “rendere conforme il proprio trattamento dati entro il termine di tre mesi dalla data in cui la decisione è stata notificata e pagare una sanzione amministrativa per complessivi 345 milioni di euro”. Wired ha calcolato che si tratta della quinta più pesante mai emessa da quanto è entrato in vigore il Gdpr: Ben lontana da quella da 1,2 miliardi contro Meta, Amazon ha dovuto pagare (in Lussemburgo) 746 milioni, mentre Instagram sempre in Irlanda ha dovuto pagare 405 milioni per gli stessi motivi e 390 milioni per il cambio della base legale del consenso al trattamento dei dati. TikTok però ribatte: “Ci impegniamo costantemente a rafforzare la privacy e la sicurezza degli utenti e a fornire trasparenza. Le questioni a cui fa riferimento questa decisione sono ampiamente datate e abbiamo già risolto molte di quelle sollevate, attraverso cambiamenti proattivi implementati ancora prima che l’indagine avesse inizio”.

    Al di là del singolo caso sempre più spesso emerge un problema di ‘collo di bottiglia’ in Irlanda e Lussemburgo, legato al fatto che il Gdpr (la normativa europea sulla protezione dei dati) prevede che ogni Authority nazionale si occupi dei casi in cui l’azienda è insediata. Dublino, dove hanno ‘casa’ Meta, Google, Apple e TiktTok in 5 anni ha visto accumularsi 19.581 reclami, solo nel 2022 ha trattato 9.370 nuovi casi, e nell’ultimo anno ne ha chiusi oltre 10mila.

  • Potere della Rete

    A pochi giorni dallo stupro di una ragazza diciannovenne, dalla scoperta di altri ripetuti  stupri  fatti da adolescenti ai danni di due ragazzine, dalla scoperta che un uomo ai domiciliari, dopo essere uscito dal carcere per violenza sessuale contro la fidanzatina del figlio, violentava la figlia, dalla notizia che alcune palestre utilizzano, per gli uomini, un orinatoio a forma di bocca femminile, sarebbe una “creazione  olandese”, oggi, a coronare questa serie di agghiaccianti notizie, il video che alcuni ragazzi hanno fatto e postato e che riprende le parti intime di una loro amica svenuta, per un malore, durante una festa in spiaggia.

    A fronte di queste notizie delle quali i media hanno parlato abbiamo la triste consapevolezza che ve ne siano molte altre delle quali non si è saputo nulla.

    C’è un incrudelirsi della violenza che non ascolta né la paura del castigo né alcun monito o concetto di rispetto, empatia, umanità.

    Tra violenze, femminicidi, disprezzo, la donna vive oggi in una società dove non vi più sicurezza mentre le leggi non riescono ad essere applicate in modo tempestivo, se a volte  colpiscono il colpevole non sono però in grado di prevenire, impedire il delitto.

    Molti anni fa, all’inizio di quella che sarebbe diventata, in una inesorabile escalation, la situazione attuale, siamo stati indicati come oscurantisti perché chiedevamo leggi comuni e condivise per l’uso della rete, per i provider, per gli stessi utenti.

    La rete di fatto e nei fatti è l’unico sistema, al mondo, che non ha regole, che sfugge ad ogni vero controllo se non, qualche volta, a posteriori quando il danno è ormai fatto ed è irrimediabile.

    Rete senza controllo e nessun insegnamento, dalle scuole primarie, per usarla in modo corretto, per saper decodificare il messaggio, per segnalare quello che è sbagliato e pericoloso. Per anni si sono lasciati veicolare i giochi più sanguinari e crudeli nei quali non vi era nessun rispetto per la vita umana o capacità di distinguere il dolore reale, il sangue reale, da quello virtuale.

    Questi giochi, sempre più violenti, sono stati lasciati liberi di circolare e di essere visti ed usati da ragazzini i quali, arrivati all’adolescenza, hanno cominciato a mettere in pratica i malvagi insegnamenti di quella grande  parte della rete che si nutre di violenze, a copiare nella realtà gli orrori che avevano visto e sperimentato nel mondo virtuale nel quale hanno vissuto e vivono troppe ore di giorno e di notte.

    Bambini di un anno che già smanettano col cellulare dei genitori, a casa o al ristorante, che da subito, comprendono come usarlo e che già a pochi anni via via navigano dove  vogliono mentre così non disturbano gli adulti!e in questo modo imparano a ritenere normale, giusto, quello che non è né normale né giusto.

    Ecco allora lo smisurato aumento di violenze prima tra coetanei a scuola, gli atti di bullismo esasperato, e poi le violenze nelle strade, i ‘giochi” estremi che inducono alla morte o che spingono al suicidio e, nel frattempo, ecco aumentare i delitti sessuali di ogni ordine e grado.

    Se in alcuni paesi Tik Tok è stato definito pericoloso, se la Cina ha addirittura messo delle regole temporali per l’utilizzo della Rete da parte dei minorenni, calibrando le varie fasce d’età, se ormai è acclarato da anni che, proprio per la  mancanza di regole e la conseguente impossibilità di prevenire ed intervenire, gli spacciatori di  droga, i terroristi che insegnano a costruire ordigni e reclutano adepti, i pedofili, i molestatori etc etc hanno vita facile e comunicano tra di loro sulla rete ampliando la loro area di influenza, come è possibile che  sfugga alla politica, di ogni ordine e grado e ovunque, la necessità di un accordo globale che ponga un limite a tutto questo?

    La verità è che la rete è più forte di tutti i governi messi insieme, che toccare la rete porterebbe a piazze che incitano alla libertà del suo utilizzo, che la rete è comunque veicolo di grande potere per alcuni, che l’uomo non è più capace di fermare, modificare quello che lui stesso ha costruito e presto avremo problemi altrettanti  gravi con l’intelligenza artificiale, ma gli appelli a fermarsi, che già molti scienziati rivolgono alle varie autorità, cadono nel vuoto.

    C’è una responsabilità non solo morale per aver lasciato che uno strumento meraviglioso, per veicolare cultura, conoscenza, informazioni, per contrastare tirannie, per migliorare la possibilità di socializzare anche  a distanza, sia diventato uno strumento di collegamento e supporto a vari tipi di criminalità e riesca a far diventare criminali tanti ragazzi.

  • Facebook sotto accusa anche in Australia: distorce le scelte di chi vota

    Il social media Facebook è stato nuovamente accusato di manipolare deliberatamente l’opinione pubblica dell’Australia. Facebook, protagonista sin dallo scorso anno di un braccio di ferro con le autorità di Canberra per la presunta politicizzazione della piattaforma, e per la richiesta dei regolatori di remunerare i media per i contenuti editoriali rilanciati dal social media, è al centro stavolta di un’inchiesta di “Sky News Australia”.

    L’emittente televisiva, in particolare, accusa la società di Mark Zuckerberg di aver preso segretamente accordi con 2 tra le maggiori università del Paese al fine di influenzare il primo referendum di riforma costituzionale organizzato nel Paese da 24 anni a questa parte, per dare una “voce” alle popolazioni aborigene australiane. Secondo l’emittente televisiva australiana, Meta – la società che controlla Facebook e Instagram – ha consentito al Royal Melbourne Institute of Technology (Rmit) di bollare come contrarie alle linee guida e censurare dalla piattaforma utenze giornalistiche che esprimevano posizioni sgradite in merito alla imminente consultazione pubblica. Quel che è peggio, Meta avrebbe siglato col Rmit un “accordo commerciale segreto” per la moderazione dei contenuti da 740mila dollari l’anno, pagati direttamente da una controllata della società in Irlanda. “Entrambe le circostanze – sottolinea l’emittente televisiva – violano i termini degli accordi assunti da Zuckerberg con le autorità australiane per assicurare l’indipendenza dei moderatori di contenuti su Facebook”.

    “Sky News” sottolinea che il Rmit era stato certificato come organo di moderazione indipendente dalla International Fact-Checking Network (Ifcn), l’organo internazionale dell’Istituto Poynter che si occupa di redigere un codice etico per le organizzazioni che si occupano di verifica dei fatti. Tale certificazione, però, è scaduta lo scorso dicembre; quel che è peggio, il Royal Melbourne Institute of Technology sarebbe solo una delle 55 organizzazioni internazionali che non hanno ottenuto il rinnovo delle credenziali dell’Ifcn, ma di cui Meta continua spesso a servirsi per la moderazione di contenuti. “Sky News” denuncia che i contenuti della sua pagina web sono stati bollati come “falsa informazione” proprio dal Rmit in molteplici occasioni dall’inizio del 2023. I moderatori dell’ateneo si sarebbero macchiati inoltre di diverse violazioni del codice etico e deontologico, ad esempio usando profili personali per bollare come “razzista” il leader dell’opposizione conservatrice australiana Peter Dutton, contrario all’approvazione del referendum.

    “Sky News Australia” punta l’indice anche contro un’altra università del Paese, l’Università di Adelaide, che starebbe sfruttando i propri contatti con Facebook per organizzare una “campagna di censura a guida accademica” tesa a influenzare l’esito del referendum. L’ateneo starebbe collaborando con “un gruppo attivista” per pubblicare “statistiche fallaci in merito alla copertura d’informazione” del referendum, a sostegno della tesi secondo cui la consultazione sarebbe oggetto di una campagna giornalistica ostile. Sulla vicenda è intervenuto ieri anche Elon Musk, proprietario di X (Twitter), che commentando l’inchiesta dell’emittente televisiva australiana ha nuovamente accusato Mark Zuckerberg, suo rivale in affari, di utilizzare Facebook per “manipolare quasi quotidianamente l’opinione pubblica su scala globale”.

    Il referendum “The Voice”, che verrà calendarizzata entro la fine del 2023, chiederà ai cittadini australiani se approvare un emendamento alla Costituzione per creare un nuovo organismo pubblico, la “Voce aborigena e degli abitanti delle isole dello Stretto di Torres”. L’approvazione del referendum aprirebbe la strada al riconoscimento delle popolazioni aborigene come “Primo popoli” del Paese, e la Voce agirebbe come organo consultivo indipendente a tutela degli interessi di queste comunità.

    Già lo scorso anno, Facebook era stato accusato dal quotidiano “Wall Street Journal” di aver causato danni deliberati ai siti d’informazione e agli account di ospedali e servizi di emergenza dell’Australia nel 2021, per influenzare l’iter di un disegno di legge che avrebbe costretto i colossi del web a retribuire i contenuti pubblicati sulle loro piattaforme dalle società d’informazione. Il quotidiano Usa era giunto in possesso di documenti interni e di testimonianze presentate alle autorità statunitensi e australiane, da cui emergeva che Facebook progettò ed eseguì un’offensiva contro profili social australiani di alto profilo: un vero e proprio “attacco preventivo” per ottenere la massima leva negoziale possibile con i legislatori di quel Paese. Oscurando i profili di editori e organi d’informazione australiani sulla propria piattaforma, Facebook avrebbe agito nella consapevolezza di danneggiare servizi essenziali e organizzazioni caritatevoli.

    Dai documenti interni emergeva anche che alcuni dipendenti di Facebook sollevarono la questione coi vertici della società, che però misero tutto a tacere. I documenti consultati dal quotidiano rivelavano inoltre che l’amministratore delegato di Facebook in persona, Mark Zuckerberg, si era congratulato coi suoi collaboratori per la riuscita dell’offensiva contro Canberra. I cinque giorni di caos informatico arrecato da Facebook all’Australia nel 2021 si risolsero in una sostanziale resa del parlamento australiano, che accettò di emendare il disegno di legge esentandone di fatto Facebook e la sua società madre Meta Platforms Inc.

  • Le HCE demande que la protection des femmes soit intégrée au projet de loi de régulation du numérique

    Les femmes ne doivent pas être les grandes oubliées du projet de loi de régulation du numérique adopté au Conseil des ministres ce matin. Si le HCE salue la volonté du gouvernement de «sécuriser et réguler l’espace numérique» notamment en protégeant les jeunes des images pornographiques sur internet, il réclame que soit élargi le champ d’action du projet pour y inclure la protection des femmes. Elles sont les premières victimes de la haine en ligne et de la diffusion de contenus pornographiques de plus en plus violents et illicites (traitement contraire à la dignité humaine, torture, barbarie). Le rapport du Sénat de septembre 2022 l’a amplement démontré.

    Dans son 5ème rapport annuel sur l’état du sexisme en France, le HCE a déjà formulé des propositions concrètes :

    Réguler les contenus numériques pour lutter contre les stéréotypes, représentations dégradantes, et traitements inégaux ou violents des femmes ;

    Etendre les compétences et renforcer les moyens de la plateforme policière de traitement des signalements (Pharos) et de l’Autorité de régulation de la communication audiovisuelle et numérique (Arcom), pour éliminer efficacement les séquences illicites des vidéos pornographiques.

    En septembre, le HCE publiera un rapport d’envergure sur la pornographie et ses conséquences intolérables pour les femmes. Des propositions précises y seront faites pour mieux combattre les séquences illicites. Mais d’ores et déjà, le HCE propose de dialoguer avec le gouvernement et le Parlement pour faire adopter des amendements protecteurs pour les femmes.

    Les violences qu’elles subissent dans le monde numérique ne doivent plus rester impunies. Sur internet, comme dans le monde réel, elles doivent être sévèrement sanctionnées.

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