truffa

  • Tanzania tourism: World Bank suspends funding for Ruaha National Park project

    The World Bank has halted its funding of a $150m (£120m) tourism project in Tanzania following allegations of rape, evictions and killings.

    The Ruaha National Park was reportedly meant to double in size as part of the project, but critics say the expansion has led to widespread abuses.

    The bank began investigating last year after it was accused of complicity in the abuses.

    On Tuesday, it said it was “deeply concerned” about the allegations.

    “We have therefore decided to suspend further disbursement of funds with immediate effect,” a spokesperson from the bank, which provides loans to developing countries, said.

    The Resilient Natural Resource Management for Tourism and Growth (Regrow) project was launched in 2017 in an effort to improve the “management of natural resources and tourism assets” in southern Tanzania, including in a number of national parks, the bank said.

    At least $100m has already been disbursed for the project, according to the US-based think tank Oakland Institute.

    Work to expand the boundaries of the Ruaha National Park, a 12,950-sq-km (5,000-sq-mile) conservation area that is home to lions and other wild animals, has been under heavy scrutiny.

    For over a year Oakland Institute has reported alleged abuses linked to development which, while being funded by the bank, has been carried out by the Tanzanian authorities.

    The Tanzanian government had not responded to BBC requests for comment.

    Last September, Oakland Institute said its research team had interviewed several villagers who alleged they were raped by rangers funded by Regrow.

    In its publication, Oakland Institute also pointed to reports from a Tanzanian MP and a community organisation that rangers had allegedly killed villagers.

    The think tank said government agencies had seized cattle en masse in a bid to force villagers off their land and that the Tanzanian government “blatantly” violated the bank’s procedures by planning to evict villagers without a formal plan to resettle them.

    The bank had “turned a blind eye to the horrific abuses unleased onto the communities”, the report alleged.

    The following month, the bank announced an investigation into the allegations.

    After the bank announced it was suspending its funding of Regrow on Tuesday, Anuradha Mittal, executive director of Oakland Institute, said the “long overdue” decision was a “crucial step towards accountability and justice”.

    “It sends a resounding message to the Tanzanian government that there are consequences for its rampant rights abuses taking place across the country to boost tourism.”

    The think tank said villagers who had been “victims of gross human rights violations” should now receive “adequate” and “prompt” reparations.

    It also said the bank must prevent the forced evictions of other villagers.

    The bank said it had “robust policies” in place to prevent any potential “harmful impacts” and that it would “continue to work with the authorities and the local communities to ensure all Bank-supported projects protect and improve the lives of Tanzanians”.

    Allegations of abuse are not limited to tourism projects is the south – in recent years groups like Amnesty International and Human Rights Watch have accused the government of forcibly evicting thousands of Tanzanians from the Maasai ethnic group in order to develop a game reserve in the northern Ngorongoro region.

    The government has previously denied the allegations.

  • In attesa di Giustizia: Gotterdammerung

    Oddio, un dramma musicale come Il Crepuscolo degli Dei di Wagner è forse accostamento eccessivamente ardito al tema di questa settimana ma la repentina caduta d’immagine di alcune figure – fino al giorno prima quasi idolatrate – risulta fragorosa e munita di una certa drammaticità che non è solo nel destino dei protagonisti bensì quella insita in una società decadente pronta ad entusiasmarsi per un modello di vita sognato e che va ben oltre quello della “famiglia del Mulino Bianco” di Barillana memoria ed altrettanto lesta  ad omologarsi a quella dilagante linea di pensiero manettara e giustizialista da Fatto Quotidiano.

    Parliamo, ovviamente, dell’affaire del Pandoro Balocco che sta alimentando un dibattito assorbente su tutti i media risultando doppiamente fuori luogo perché il momento storico rassegna problematiche ben più gravi e meritevoli di continua attenzione e perché  – non inaspettatamente –  si è trasferito il tutto sul piano della rimproverabilità penale scatenando, nei salotti di casa prima ancora che nelle Procure della Repubblica, la caccia a colpevoli, già ritenuti tali, che non possono farla franca.

    In quest’ottica deve apprezzarsi la prudenza ed equilibrio con cui si stanno muovendo gli Uffici Inquirenti, sommersi da esposti di vari enti rappresentativi dei consumatori (con questi ultimi sollecitati a presentarne in proprio allegando lo scontrino di acquisto del pandoro della discordia e, in mancanza, ad autocertificarne la pregressa compera), che hanno ritenuto di iscrivere la segnalazione a Modello 45: vale a dire ad aprire indagini conoscitive senza ipotesi di accusa né indagati per fatti che apparentemente non costituiscono reato. Si tratta di un atto dovuto nel vero senso della parola non potendo essere ignorati gli esposti stessi, che suppongono la commissione di una truffa aggravata, destinandoli al cestino.

    Per quello che è dato sapere, peraltro, gli estremi del reato di truffa non ci sono: l’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato, analogamente a quanto può fare il Giurì di Autodisciplina, interviene quando una pubblicità può risultare ingannevole, ma un conto è pubblicità ingannevole che è tale quando si spinge la vendita valorizzando qualità che non sono poi sviluppate ed altra cosa è la truffa che – in un caso simile –  si integrerebbe quando con artifizi e raggiri si induca taluno ad acquistare un pandoro per poi non trovare nulla nella confezione o qualcosa di completamente diverso.

    Chi ha comperato il “Pandoro griffato Ferragni” è stato condizionato nella scelta quando già aveva inteso comperare un dolce di quella tipologia, tuttavia orientandosi sulla scorta di una comunicazione fuorviante. La truffa, dunque, a parere di chi scrive, non c’è e non c’è neppure il reato di frode in commercio per configurare il quale è necessaria la vendita di un bene diverso da quello pattuito per origine, provenienza, qualità o quantità…e che la griffatura Chiara Ferragni costituisca una qualità del pandoro è revocabile in dubbio; tra l’altro se l’Authority, che ha avuto a disposizione tutto quanto necessario per la decisione, avesse rilevato indicatori di illeciti penali avrebbe dovuto spontaneamente trasmettere gli atti all’Autorità Giudiziaria…

    La verve del difensore si attenua, invece, nei confronti di chi, per conto di Chiara Ferragni, si occupa della comunicazione e non tanto per quella relativa al Pandoro Balocco e le finalità benefiche dell’operazione quanto per il suggerimento del video di scuse che, dal maquillage ai toni usati suona falso come una banconota da due euro.

    Colpevole! Certamente il curatore di questa rubrica non è un esperto di marketing, però è tra gli innumerevoli destinatari di quel messaggio, acquirenti o meno del dolce incriminato, e una certa consuetudine con la proposizione di balzane giustificazioni (sia pure in sedi differenti) l’ha maturata: in tutta franchezza quel messaggio è ben lontano dall’essere convincente, anzi, è frutto a sua volta di quella decadenza culturale cui si è alluso all’inizio. L’affaire Balocco presenta in tutte le sue forme quella trasvalutazione di tutti i valori cui si riferisce Nietzsche  nel suo Gotzen-Dammerung, che fa il verso proprio all’opera di Wagner ed il Crepuscolo degli Idoli cui assistiamo è il frutto malato di una moralità da bar sport che diventa strumento di controllo allo scopo di punire, di voler trovare colpevoli a tutti i costi: roba da Piercamillo Davigo che non merita neppure la Ferragni in pigiama penitenziale grigio, quasi penitenziario, se non fosse per il prezzo di listino.

  • Un imbroglione che confessa, poi nega ed in seguito elogia altri

    Non confessiamo mai i nostri difetti se non per vanità.

    François de La Rochefoucauld

    “Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli e sorelle, che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni, per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa. E supplico la beata sempre vergine Maria, gli angeli, i santi e voi fratelli e sorelle di pregare per me il Signore Dio nostro”. Così comincia ogni Santa Messa nel rito romano, con la confessione dei propri peccati da parte di tutti i partecipanti. Ma la confessione, quella vera e sentita, non ha niente a che vedere con delle confessioni obbligate, dovute a delle costrizioni e, soprattutto, al raggiungimento di determinati obiettivi di convenienza.

    Era il 9 ottobre scorso. Nell’aula Magna dell’Università di Bergamo si svolgeva un’attività culturale organizzata dall’associazione Cultura Italiae. Quest’anno il tema era “La cultura salverà il mondo”. L’intervento finale, prima della chiusura dell’attività, era riservato al primo ministro albanese. Lui, intervistato per l’occasione dal direttore di un noto canale televisivo italiano di notizie, ha confessato per la prima volta quanto era accaduto durante i primi mesi della pandemia di Covid. Ha svelato una “collaborazione tra amici”. Uno era lui stesso. L’altro era il ministro degli Esteri italiano, presente anche lui nell’aula Magna dell’Università di Bergamo quel giorno. Erano seduti tutti e due insieme, l’uno accanto all’altro. Il primo ministro albanese ha confessato di aver chiesto al ministro italiano degli Esteri di aiutarlo a procurare con urgenza una piccola quantità di vaccini, visto che in Albania mancavano. Vaccini che nel frattempo erano arrivati in Italia. Ma purtroppo l’accordo ufficiale che l’Italia aveva sottoscritto con una nota azienda farmaceutica statunitense non permetteva la cessione dei vaccini ad un Paese terzo. Ragion per cui l’unico modo di procurare quella piccola quantità di vaccini, così importante per il primo ministro albanese, era quello di farli contrabbandare dall’Italia in Albania. Ed era proprio quello che, secondo la confessione del primo ministro albanese, è stato fatto. Anche con l’aiuto dei servizi segreti.

    “Racconto oggi una cosa che nessuno sa”. Così ha cominciato il primo ministro albanese la sua insolita confessione il 9 ottobre scorso. Specificando che lui è “…un albanese – italiano” mentre il ministro italiano degli Esteri è “un napoletano – albanese”. E poi, subito dopo, ha confessato che loro due avevano “fatto insieme un’operazione di contrabbando”. Aggiungendo però anche una domanda retorica: “Che italiano o albanese sei, se resti sempre in linea con la legge?” (Sic!). Sarebbe stato strano se quest’ultima domanda e, allo stesso tempo, affermazione la avesse fatta un qualsiasi funzionario pubblico di un qualsiasi normale Paese democratico e, men che meno, un primo ministro. Perché è obbligatorio, legalmente e moralmente, è un conditio sine qua non, che un qualsiasi funzionario pubblico di un qualsiasi normale Paese democratico “resti sempre in linea con la legge” e non il contrario. Ma non per il primo ministro albanese però. Perché lui, che controlla tutto e tutti in Albania, fatti accaduti, testimoniati e denunciati alla mano, ha fatto sua la famosa frase pronunciata da Luigi XIV; La loi c’est moi (La legge sono io; n.d.a.).

    Poi il primo ministro albanese continua la sua confessione. Racconta che il ministro italiano degli Esteri, colui che stava al suo fianco nell’aula Magna dell’Università di Bergamo il 9 ottobre scorso, aveva chiesto ai suoi collaboratori se c’era qualche possibilità di esaudire la richiesta del primo ministro albanese. Ma la risposta a lui data era stata negativa. Ragion per cui il ministro italiano degli Esteri, riferendosi al “contrabbando” dei vaccini, gli aveva detto che era “veramente grave; non possiamo farlo perché facciamo una cosa gravissima”. Ma nonostante tutto ciò e non si sa esattamente come e perché, loro due poi hanno fatto quella “cosa gravissima tramite un’operazione con i servizi segreti” come ha detto il primo ministro albanese il 9 ottobre scorso. Aggiungendo, con un po’ d’orgoglio, che avevano fatto “una cosa incredibile” loro due, “il ministro degli Esteri dell’Italia e il primo ministro dell’Albania che passavano della merce di contrabbando per salvare delle persone”! Ma era veramente questa la ragione?! Oppure quei vaccini servivano al primo ministro albanese per fare la solita sua messinscena propagandistica? Perché, fatti accaduti durante tutto il periodo della pandemia alla mano, dimostrerebbero proprio questo. Dimostrerebbero che tanti, tantissimi poveri cittadini albanesi sono stati lasciati al loro destino, mentre il primo ministro e/o chi per lui firmavano dei contratti concessionari segreti milionari per cose che poco avevano a che fare con la salute dei semplici cittadini. Il nostro lettore è stato informato a tempo debito di questa realtà da chi scrive queste righe (Tempo di coronavirus, di bugie e d’inganni scandalosi, 9 marzo 2020; Come continuano a sopportarlo ancora?, 23 marzo 2020; Abusi e corruzione anche in tempi di pandemia, 4 maggio 2020; Decisioni ipocrite e pericolose conseguenze, 30 marzo 2020; Deliri e irresponsabilità di un autocrate, 22 febbraio 2021; Obiettivi mascherati di una messinscena mediatica, 6 aprile 2020; Misere bugie ed ingannevoli messinscene che accusano, 4 aprile 2022 ecc….). E chissà anche cosa c’era dietro la “missione” dei trenta medici ed infermieri albanesi arrivati in Italia a fine marzo 2020? Chissà su cosa si erano accordati allora i due amici che stavano insieme il 9 ottobre scorso? E chissà, forse, se il ministro degli Esteri italiano si sentiva in debito con il primo ministro albanese per quella “missione”, per poi accettare, qualche mese dopo, di fare quella “operazione di contrabbando” dei vaccini. Anche perché si era parlato, scritto e commentato molto in Italia di quella “missione”, come un atto di solidarietà da parte di un piccolo e non ricco Paese come l’Albania. Tutto ciò mentre altri Paesi ricchi e membri dell’Unione europea avevano trascurato le richieste d’aiuto fatte più volte dall’Italia, sia ai singoli Paesi, che nell’ambito delle istituzioni dell’Unione europea. In quel periodo anche il ministro degli Esteri italiano, lo stesso che stava insieme con il primo ministro albanese il 9 ottobre scorso, ha fatto più volte riferimento a quella “missione” dei trenta medici ed infermieri albanesi arrivati in Italia. Lo ha fatto lui, come lo hanno fatto anche molti altri suoi colleghi e rappresentanti delle istituzioni, per far sentire in “colpa” le massime autorità di determinati Paesi e/o delle istituzioni dell’Unione europea. L’autore di queste righe scriveva allora per il nostro lettore: “Domenica scorsa, 29 marzo, è arrivato in Italia un gruppo di 30 medici ed infermieri dall’Albania. Dopo l’arrivo e l’accoglienza ufficiale a Verona, il gruppo è stato trasferito a Brescia, dove era stabilito che gli specialisti albanesi dovevano prestare servizio”. In seguito egli scriveva: “…Quell’evento è stato accompagnato da un impressionante rendiconto mediatico, seguito da un’altisonante eco, sia televisivo che della carta stampata”. Evidenziando però che al pubblico italiano il primo ministro albanese “…è stato presentato come un “modello interessante di positività”, mentre in patria la sua irresponsabilità istituzionale e/o personale, nonché il modo abusivo di gestire il potere e la cosa pubblica risultano essere ormai un’opinione sempre più consolidata e diffusa”. Per poi sottolineare che “…Così facendo, i “registi” e gli attenti “curatori” della buffonata hanno semplicemente ingannato il pubblico italiano, presentandogli il primo ministro albanese come un “santo”, un dirigente “premuroso”, sia per i suoi cittadini che per quegli italiani, in questo grave momento di grande bisogno dovuto alla pandemia. Nascondendo così il suo vero volto e il vero carattere, quello del dittatore imbroglione” (Obiettivi mascherati di una messinscena mediatica, 6 aprile 2020).

    Il primo ministro albanese, alla fine della sua confessione fatta nell’aula Magna dell’Università di Bergamo il 9 ottobre scorso, ha raccontato che la nota azienda farmaceutica statunitense lo aveva contattato e gli avevano chiesto chi aveva fornito quelle dosi all’Albania. La sua risposta era stata “Un Paese amico”. Ma siccome gli avvocati della nota azienda farmaceutica insistevano, allora il primo ministro albanese raccontò di aver risposto: “Sapete, noi abbiamo imparato dai napoletani che mai, mai, mai devi mollare il tuo amico davanti alla polizia”. Aggiungendo: “E così io non ho mollato quel’amico”. E quel’amico era il ministro italiano degli Esteri, seduto accanto a lui in prima fila il 9 ottobre scorso nell’aula Magna dell’Università di Bergamo. E proprio a lui si è rivolto alla fine del suo discorso il primo ministro albanese dicendoli: “Adesso lo possiamo dire. Adesso avrai i giornali che diranno che sei addirittura un contrabbandiere. Adesso sei un uomo libero, Luigi”. Sì, il ministro degli Esteri italiano non avendo ottenuto un seggio parlamentare dopo le elezioni del 25 settembre scorso era diventato “un uomo libero”. Quell’“uomo libero” però non ha detto niente, non ha fatto nessun commento, non ha negato e non ha aggiunto niente, nonostante le domande dei giornalisti, dopo la confessione del primo ministro albanese nell’aula Magna dell’Università di Bergamo. Chissà perché?!

    Dopo la sua confessione, la reazione mediatica e pubblica è stata immediata e, nella maggior parte, anche molto critica. Sia in Italia che in Albania. Ragion per cui il primo ministro albanese ha cambiato subito versione della sua precedente confessione. Lui, da noto imbroglione, ma anche vigliacco com’è, prima che passasse un giorno dalla sua confessione, ha dovuto smentire quello che aveva detto il 9 ottobre scorso sul contrabbando dei vaccini, insieme con il ministro italiano degli Esteri e con il supporto, anche, dei servizi segreti. Il 10 ottobre scorso lui ha dichiarato: “Sono sbalordito per il fatto che la mia confessione per una simbolica quantità di vaccini che ci è stata regalata dall’Italia nel momento più buio della pandemia possa dare addirittura l’ispirazione a prendere sul serio la parola ‘contrabbando’, da me usata per descrivere scherzosamente una collaborazione fraterna che ha salvato vite umane”. E poi ha ribadito che si sentiva obbligato a “…sottolineare che quello che la stampa ha riportato del mio intervento di ieri a Bergamo sull’invio di vaccini dall’Italia è chiaramente il racconto di un paradosso che in nessun caso non si può interpretare traendo fuori contesto una parola usata scherzosamente”. Aggiungendo anche: “Non intendevo certo dire sul serio che insieme al ministro Di Maio o ad altre istituzioni italiane abbiamo fatto contrabbando, ci mancherebbe altro!  Tanto più che queste dosi sono state donate dal governo italiano all’Albania e utilizzate in un momento di grave emergenza”. Un imbroglione innato, un bugiardo, ma anche un noto vigliacco come il primo ministro albanese non poteva fare altrimenti!

    Il 15 ottobre scorso il primo ministro albanese era a Berlino per partecipare al congresso dei partiti socialisti europei. Durante il suo intervento quell’imbroglione ha criticato i Paesi europei, perciò anche l’Italia, che durante il periodo della pandemia non avevano aiutato l’Albania! Ma, guarda caso, aveva nel frattempo “dimenticato” quanto aveva detto sia il 9 ottobre scorso durante la sua confessione, che il 10 ottobre smentendo proprio quello che aveva confessato un giorno prima sull’aiuto italiano con i vaccini. Durante il suo intervento a Berlino lui ha elogiato la Turchia ed il suo “carissimo amico”, il presidente turco, che è stato vicino all’Albania nel periodo duro della pandemia. Il primo ministro albanese ha detto che durante quel periodo “abbiamo corso dappertutto per trovare i vaccini” per poi trovarli proprio in quei Paesi che l’Unione europea spesso considera come Paesi “…da dove viene il pericolo: la Cina, la Russia e la Turchia”!

    Chi scrive queste righe lascia trarre al nostro lettore le dovute conclusioni sul comportamento di un imbroglione qual è il primo ministro albanese. Colui che, chissà perché, prima confessa, poi nega ed in seguito elogia altri, compreso il suo “carissimo amico”, il nuovo sultano della Turchia. Colui che, parafrasando François de La Rochefoucauld, “confessa” di tutto e se confessa i suoi difetti lo fa semplicemente per vanità.

  • Class action da 6 miliardi contro la Sony nel Regno Unito

    Milioni di videogiocatori del Regno Unito potrebbero ricevere un risarcimento dal colosso giapponese Sony che dovrà affrontare una class action da 5 miliardi di sterline (6 miliardi di euro) per abuso di posizione dominante nella vendita del software utilizzato sulla sua piattaforma Playstation. L’azione legale è stata depositata presso il Competition Appeal Tribunal di Londra da Alex Neill, la responsabile del sito di tutela dei consumatori Resolver, per conto dei tanti ‘gamers’ britannici.

    L’accusa rivolta al gigante giapponese è quella di addebitare ingiustamente una commissione del 30% su ogni gioco digitale o acquisto dal Playstation Store. Quella lanciata da Neill è una causa organizzata nei minimi dettagli: è stato creato un sito dedicato, che si chiama ‘Playstation, You Owe Us’, e vengono descritti i termini per gli utenti che possono ottenere un rimborso. Si rivolge ai possessori di una console che dal 19 agosto del 2016 hanno fatto acquisti sullo ‘store’.

    Ogni persona potrebbe ricevere, in caso di vittoria di fronte alla giustizia inglese, un rimborso stimato tra le 67 e le 562 sterline (80-670 euro). Soldi che possono fare comodo mentre milioni di famiglie sono alla prese con un’inflazione record, come ha sottolineato Neill, nota nel Regno Unito per essere una paladina dei diritti dei consumatori e per aver portato avanti diverse campagne in loro favore: “I videogiochi sono ora la maggiore forma di intrattenimento nel Regno Unito, prima di TV, video e musica. Le azioni intraprese da Sony hanno un costo per milioni di persone che non possono permettersi di spendere, soprattutto quando siamo nel bel mezzo di una crisi del caro vita”. Si stima che oltre il 60% degli adulti nel Paese giochi regolarmente su una console o su un telefono cellulare. Mentre oltre il 90% dei giovani di età compresa tra i 10 e i 16 anni utilizza regolarmente i giochi online.

    L’impegno nell’organizzare la class action si riscontra anche nello studio legale che la segue, Milberg London, e dal sostegno economico offerto dalla Woodsford, società britannica specializzata nel finanziamento dei contenziosi legali. “Sony ha introdotto una strategia anticoncorrenziale che ha portato a prezzi eccessivi per i clienti e sproporzionati rispetto ai costi sostenuti nel fornire i suoi servizi”, ha detto la legale Natasha Pearman di Milberg. Il colosso giapponese per ora non ha risposto alla richiesta di un commento in arrivo dai media britannici. La battaglia legale appena iniziata di sicuro farà  discutere i tanti fan della console.

  • Al via il Festival della digitalizzazione

    Dal 5 all’8 maggio 2022 si svolgerà la seconda edizione del ‘Festival della Digitalizzazione’, evento nazionale, organizzato dall’Accademia Civica Digitale, Lo Sbuffo ed Elzevirus, che analizza il mondo digitale in tutti i suoi aspetti, dalla letteratura all’editoria, dall’imprenditoria al giornalismo, dalla divulgazione a mezzo social all’industria musicale.

    All’evento ed in particolare al focus specifico sui diritti nel mondo digitale, dal titolo “Diritti online”, che avrà inizio alle ore 16,00 del 7 maggio 2022, parteciperanno, in qualità di relatori, l’avv. Emilio Graziuso, Responsabile dell’Associazione Nazionale “Dalla Parte del Consumatore”, e la dott.ssa Irene Zapparata, Responsabile del dipartimento “Truffe online” istituito dall’Associazione Nazionale “Dalla Parte del Consumatore”, i quali tratteranno, rispettivamente, i temi diffamazione a mezzo social e truffe online e tutela del consumatore.

    “All’edizione 2022 del Festival della Digitalizzaizone faremo sentire in modo ancora più forte ed incisivo, rispetto allo scorso anno, la voce dei consumatori. Per noi è un grande onore poter partecipare, come relatori, per il secondo anno consecutivo a questo importante evento, unico nel suo genere nel panorama nazionale, di grande spessore culturale e rilevanza sociale – affermano l’avv. Emilio Graziuso e la dott.ssa Irene Zapparata –. Il Festival costituisce, infatti, oltre che un momento di informazione e formazione per i cittadini che vi assistono, un’occasione di confronto e dibattito tra operatori del settore dalla quale, così come è avvenuto lo scorso anno, possono scaturire idee e strategie comuni per rendere sempre più abitabile il mondo digitale”.

    La tutela del consumatore online è un fronte sul quale, nel corso dell’ultimo anno l’Associazione Nazionale Dalla Parte del Consumatore è stata particolarmente impegnata, non soltanto nel fornire informazione ai cittadini sui propri diritti e suggerimenti sul come evitare di essere vittima di truffe informatiche, ma anche fornendo consulenza ed assistenza ai cittadini che avevano, purtroppo, subito prelievi fraudolenti o addebiti non autorizzati.

    Proprio per fornire il migliore servizio possibile ai consumatori ed avere un osservatorio costante sul fenomeno, l’Associazione Nazionale Dalla Parte del Consumatore ha istituito al proprio interno uno specifico Dipartimento dedicato alla tutela del consumatore dalle truffe on line, responsabile del quale è stata nominata la dott.ssa Irene Zapparata.

    “Sulla base dei dati in nostro possesso nonché della notevole esperienza maturata sul campo, attraverso l’attività dell’Associazione Nazionale Dalla Parte del Consumatore – affermano l’avv. Emilio Graziuso e la dott.ssa Irene Zapparata –  daremo il nostro contributo al Festival della Digitalizzazione in termini di consigli pratici e l’esame delle possibili forme di tutela del consumatore. Analizzeremo, inoltre, le prospettive di interventi legislativi alla luce delle decisioni dell’Arbitro Bancario Finanziario e delle sentenze registratesi in sede giurisprudenziale”.

  • Nel napoletano sottratti allo Stato 6.557 milioni di euro da finti destinatari del reddito di cittadinanza

    Dopo cinque mesi dalla prima inchiesta, i Carabinieri di Napoli hanno scoperto nuove truffe ai danni dello Stato ad opera di finti percettori del reddito di cittadinanza. Nel solo capoluogo ben 1.204 persone (651 posizioni irregolari, 553 denunciati per truffa ai danni dello Stato) per un totale, nell’intera provincia, che ammonta a 6.557.931,86 di euro, il tutto venuto a galla dopo un controllo che ha visto coinvolti 1.167 nuclei familiari e 2.300 persone che hanno ‘operato’ in appena cinque mesi.

    La provincia nord orientale del capoluogo vede in Marano il centro che copre più di un terzo degli oltre 6 milioni di euro di totali. I carabinieri hanno riscontrato che ben 2.789.602,62 di euro sono finiti nelle tasche di persone residenti in quell’area che non avevano alcun diritto al beneficio del reddito di cittadinanza: 125 il numero delle persone denunciate, di queste 101 hanno pregiudizi penali.
    Un cospicuo numero di residenti delle municipalità 1 e 2 di Napoli (quartieri San Ferdinando, Chiaia, Posillipo, Montecalvario, San Giuseppe, Avvocata, Mercato, Pendino e Porto) hanno usufruito di 916.520,43 euro, 160 le persone segnalate per la revoca del beneficio.
    Nell’area sud del capoluogo l’ammanco ammonta a 287.927,99 euro, maglia nera per l’area stabiese nella quale sono stati rilevati crediti nei confronti dello Stato per 95.175,02 euro.

    I carabinieri della compagnia Napoli Centro hanno inoltre denunciato per truffa aggravata 129 cittadini di nazionalità romena, residenti in diverse municipalità del comune di Napoli. Secondo la normativa per l’erogazione del reddito, uno straniero può percepire il beneficio solo dopo aver risieduto in Italia per 10 anni, due dei quali continuativi. I militari, in seguito ad una segnalazione dell’Inps, hanno appurato che i 129 non fossero residenti in Italia da 10 anni come invece falsamente dichiarato. Grazie a questo stratagemma avevano percepito indebitamente circa 700mila euro.
    Situazione simile a Qualiano dove i carabinieri della locale stazione hanno denunciato a piede libero 45 cittadini stranieri: un danno per le tasche dei contribuenti pari a 360mila euro. Durante le attività i militari hanno setacciato uffici ed enti pubblici senza dimenticare i centri di assistenza fiscale presenti in zona. Gli indagati risponderanno del reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e sono ancora in corso ulteriori indagini per individuare altri lati oscuri della vicenda.

  • Più di 5 milioni di reddito di cittadinanza percepiti indebitamente

    Dal primo gennaio del 2021 a febbraio 2022 più di 5 milioni di euro sono finiti nelle tasche di persone che hanno percepito indebitamente il reddito di cittadinanza. La scoperta, come riporta Tgcom24, è stata fatta dai Carabinieri delle Legioni Lazio, Toscana, Umbria, Marche, Sardegna, inquadrati nel Comando Interregionale “Podgora” e dei locali Nuclei Carabinieri Ispettorato del Lavoro che hanno denunciato 955 persone per percezione del beneficio in violazione della normativa.

  • Utenti citati via mail in tribunale dall’Autorità garante per l’Infanzia ma è una truffa

    Ancora una truffa del web. Questa volta vittime inconsapevoli alcuni utenti che si sono visti recapitare via mail una convocazione dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza in collaborazione con il servizio di polizia postale e delle comunicazioni. L’Agia ha preso subito le distanza pubblicando sul suo sito una dichiarazione in merito. “Si richiama l’attenzione sulla diffusione via email di false comunicazioni provenienti, in apparenza, dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza e dal Commissariato P.S. online – Sportello per la sicurezza degli utenti del web. Si invitano tutti coloro che dovessero ricevere tali comunicazioni sotto forma di falsa “Citazione in Tribunale” a non tenerne assolutamente conto, a non rispondere al mittente o a cercare di contattarlo, né di contattare l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza. È invece opportuno segnalare l’accaduto alla Polizia Postale, prestando comunque la massima attenzione: infatti, secondo la Polizia, si tratta di un raggiro finalizzato, verosimilmente, a carpire dati personali, richiedere pagamenti non dovuti o ancora, infettare i dispositivi della vittima con pericolosi virus informatici”. 

    La Polizia Postale ha messo in guardia i malcapitati invitandoli a segnalare ai loro uffici la ricezione della mail incriminata parlando, attraverso il proprio sito di una campagna di phishing in atto attraverso false email apparentemente provenienti dall’Autorità Garante per l’Infanzia e l’adolescenza. La mail invita ad aprire un allegato, contenente un falso “atto di citazione” della polizia postale, nel quale, con l’inganno, l’ignaro utente viene convinto di essere sottoposto ad indagini giudiziarie e indotto a contattare i truffatori, per produrre fantomatiche “giustificazioni”. Se dovessero riceversi simili comunicazioni occorre segnalare l’accaduto alla Polizia Postale e prestare la massima ATTENZIONE. […] La Polizia Postale raccomanda di non dare alcun seguito a tali email, evitando di entrare in contatto con i truffatori ed astenendosi dal fornire i propri dati personali o dall’aprire qualunque tipo di allegato.

  • Detective Stories: guadagni facili sulla rete? Smascheriamo i “fuffa guru” del marketing

    A molti di voi sarà capitato di imbattersi sulla rete in fotografie e pubblicità dei così detti “guru” del marketing. Il più delle volte si tratta di ragazzi giovani che promettono di farvi diventare ricchi seguendo i loro consigli. Sembra impossibile, ma pare che abbiano scoperto il segreto per guadagnare con relativa facilità, rimanendo comodamente seduti a casa. Ma come fare? Molto semplice. Basta avere il coraggio di abbandonare paure e pregiudizi, la sicurezza del proprio lavoro e dedicarsi alla propria crescita personale. Dimenticavo un dettaglio importante…questa svolta avverrà solo dopo l’acquisto di uno dei loro corsi, con costi decisamente importanti.

    In realtà al giorno d’oggi, e soprattutto nel contesto di incertezza e precarietà che stiamo vivendo, è estremamente facile imbattersi in soggetti scorretti pronti a millantare qualsiasi cosa pur di racimolare del denaro, soprattutto sulla rete dove, tra una moltitudine di “esperti” di marketing, solo una piccola parte è composta da seri professionisti, mentre la maggioranza conta tra le sue fila veri e propri venditori di nulla, i cosiddetti fuffa guru. Ma come riconoscerli?

    I fuffa guru sono spesso molto giovani, si mostrano alla guida di auto sportive, in ristoranti di lusso ed attorniati da belle ragazze. Nei loro video e nelle loro pubblicità “esca” non parlano di contenuti, in realtà non parlano di niente, ma sono abili nel vendere un sogno. Vendono il sogno di una vita all’insegna dell’agio e dell’indipendenza economica. Non si tratta di una truffa dato che in realtà vendono un info prodotto che per quanto spesso inutile ed inefficace di fatto viene consegnato al cliente. Il problema è che i contenuti presenti nella maggior parte di questi corsi (venduti a cifre esorbitanti), è facilmente reperibile sulla rete gratuitamente. Inoltre è doveroso considerare che una volta inseriti all’interno del corso, questi “segreti” del marketing sono già superati… nessuno avrebbe l’interesse di svelare i segreti della propria fortuna sulla rete, in qualsiasi forma, perciò se siete stati ammaliati da uno di questi soggetti ed avete acquistato uno dei loro corsi, probabilmente si tratta di informazioni datate, o nel migliore dei casi, copiate dal libro di qualche illustre marketer straniero e semplicemente tradotte.
    Molti di questi guru fingono di possedere beni di lusso e di condurre un certo stile di vita, solo per attrarre più follower e quindi potenziali clienti, altri invece sono veramente riusciti a guadagnare cifre da capogiro, ma semplicemente  vendendo corsi online a cifre estremamente gonfiate, consci del fatto che nessuno dei suoi corsisti riuscirà mai a comprarsi la Ferrari.

    Per chiunque fosse interessato,  ho approfondito il fenomeno dei “fuffa guru” insieme a Romeo Pulin, un esperto di digital marketing ospite dell’ultimo episodio del mio podcast “Detective Stories”, il podcast delle investigazioni private e dell’intelligence, su tutte le principali piattaforme: https://detectivestories.buzzsprout.com/

    Per domande e consigli di natura investigativa e/o di sicurezza, scrivetemi e vi risponderò direttamente su questa rubrica: d.castro@vigilargroup.com

  • Il Codacons presenta un esposto al Garante Privacy e all’Antitrust contro TikTok per truffa aggravata

    Il Cosacons ha presentato un esposto al Garante per la Privacy e all’Antitrust contro il social network TikTok, per chiedere «l’adozione di misure urgenti tese a tutelare i minori e una maxi-sanzione nei confronti della società valutando il sequestro e l’oscuramento del social network e il coinvolgimento della magistratura laddove dovessero profilarsi ipotesi penalmente rilevanti». La decisione è stata presa perché ci sarebbe, come si legge nel testo, “il mancato rispetto da parte di TikTok delle disposizioni dell’Autorità in tema di minori che accedono al social, e la possibilità per i minori di 13 anni di registrarsi alla piattaforma ricorrendo a semplici sotterfugi». Secondo il Cosacons gli impegni presi da TikTok non sarebbero in alcun modo “sufficienti a tutelare i minori dalle insidie e dai pericoli che possono trovare sui social network» perchè, continua l’esposto, “i minori che frequentano i social possono essere esposti a contenuti inappropriati o sconvolgenti, come commenti o immagini cattivi, aggressivi, violenti o sessuali. Non secondari sono le ricadute in termini di pubblicità ingannevole o occulta presente sul social, specie nel caso di TikTok in cui si è già contestata l’esistenza anche di clausole vessatorie nei Termini di Servizio che si presentano poco chiari, ambigui e comportano uno squilibrio tra il professionista che fornisce il servizio e gli utenti». E ancora: “I rimedi adottati dalla società in attuazione del Provvedimento del Garante non sono affatto finalizzati ad una controllabilità certa e sicura del minore che si iscrive o accede sulla piattaforma, in quanto appaiono – proprio come le precedenti procedure – solamente formali e non effettive, né tantomeno efficaci. Ad oggi l’unico rimedio visibile e fruibile per gli utenti ed adottato da TikTok per assolvere all’obbligo di utilizzare un sistema di accertamento dell’età anagrafica dell’utente è quello della richiesta iniziale di inserimento dell’età anagrafica: chiunque, persino un bimbo di sei anni potrebbe mettere una data diversa dalla sua per accedervi». Proprio per questo il Codacons ha chiesto al Garante della Privacy e all’Antitrust di disporre il sequestro e l’oscuramento del social network, elevando una maxi-sanzione nei confronti della società per il mancato rispetto delle disposizioni dell’Autorità.

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