Non confessiamo mai i nostri difetti se non per vanità.
François de La Rochefoucauld
“Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli e sorelle, che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni, per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa. E supplico la beata sempre vergine Maria, gli angeli, i santi e voi fratelli e sorelle di pregare per me il Signore Dio nostro”. Così comincia ogni Santa Messa nel rito romano, con la confessione dei propri peccati da parte di tutti i partecipanti. Ma la confessione, quella vera e sentita, non ha niente a che vedere con delle confessioni obbligate, dovute a delle costrizioni e, soprattutto, al raggiungimento di determinati obiettivi di convenienza.
Era il 9 ottobre scorso. Nell’aula Magna dell’Università di Bergamo si svolgeva un’attività culturale organizzata dall’associazione Cultura Italiae. Quest’anno il tema era “La cultura salverà il mondo”. L’intervento finale, prima della chiusura dell’attività, era riservato al primo ministro albanese. Lui, intervistato per l’occasione dal direttore di un noto canale televisivo italiano di notizie, ha confessato per la prima volta quanto era accaduto durante i primi mesi della pandemia di Covid. Ha svelato una “collaborazione tra amici”. Uno era lui stesso. L’altro era il ministro degli Esteri italiano, presente anche lui nell’aula Magna dell’Università di Bergamo quel giorno. Erano seduti tutti e due insieme, l’uno accanto all’altro. Il primo ministro albanese ha confessato di aver chiesto al ministro italiano degli Esteri di aiutarlo a procurare con urgenza una piccola quantità di vaccini, visto che in Albania mancavano. Vaccini che nel frattempo erano arrivati in Italia. Ma purtroppo l’accordo ufficiale che l’Italia aveva sottoscritto con una nota azienda farmaceutica statunitense non permetteva la cessione dei vaccini ad un Paese terzo. Ragion per cui l’unico modo di procurare quella piccola quantità di vaccini, così importante per il primo ministro albanese, era quello di farli contrabbandare dall’Italia in Albania. Ed era proprio quello che, secondo la confessione del primo ministro albanese, è stato fatto. Anche con l’aiuto dei servizi segreti.
“Racconto oggi una cosa che nessuno sa”. Così ha cominciato il primo ministro albanese la sua insolita confessione il 9 ottobre scorso. Specificando che lui è “…un albanese – italiano” mentre il ministro italiano degli Esteri è “un napoletano – albanese”. E poi, subito dopo, ha confessato che loro due avevano “fatto insieme un’operazione di contrabbando”. Aggiungendo però anche una domanda retorica: “Che italiano o albanese sei, se resti sempre in linea con la legge?” (Sic!). Sarebbe stato strano se quest’ultima domanda e, allo stesso tempo, affermazione la avesse fatta un qualsiasi funzionario pubblico di un qualsiasi normale Paese democratico e, men che meno, un primo ministro. Perché è obbligatorio, legalmente e moralmente, è un conditio sine qua non, che un qualsiasi funzionario pubblico di un qualsiasi normale Paese democratico “resti sempre in linea con la legge” e non il contrario. Ma non per il primo ministro albanese però. Perché lui, che controlla tutto e tutti in Albania, fatti accaduti, testimoniati e denunciati alla mano, ha fatto sua la famosa frase pronunciata da Luigi XIV; La loi c’est moi (La legge sono io; n.d.a.).
Poi il primo ministro albanese continua la sua confessione. Racconta che il ministro italiano degli Esteri, colui che stava al suo fianco nell’aula Magna dell’Università di Bergamo il 9 ottobre scorso, aveva chiesto ai suoi collaboratori se c’era qualche possibilità di esaudire la richiesta del primo ministro albanese. Ma la risposta a lui data era stata negativa. Ragion per cui il ministro italiano degli Esteri, riferendosi al “contrabbando” dei vaccini, gli aveva detto che era “veramente grave; non possiamo farlo perché facciamo una cosa gravissima”. Ma nonostante tutto ciò e non si sa esattamente come e perché, loro due poi hanno fatto quella “cosa gravissima tramite un’operazione con i servizi segreti” come ha detto il primo ministro albanese il 9 ottobre scorso. Aggiungendo, con un po’ d’orgoglio, che avevano fatto “una cosa incredibile” loro due, “il ministro degli Esteri dell’Italia e il primo ministro dell’Albania che passavano della merce di contrabbando per salvare delle persone”! Ma era veramente questa la ragione?! Oppure quei vaccini servivano al primo ministro albanese per fare la solita sua messinscena propagandistica? Perché, fatti accaduti durante tutto il periodo della pandemia alla mano, dimostrerebbero proprio questo. Dimostrerebbero che tanti, tantissimi poveri cittadini albanesi sono stati lasciati al loro destino, mentre il primo ministro e/o chi per lui firmavano dei contratti concessionari segreti milionari per cose che poco avevano a che fare con la salute dei semplici cittadini. Il nostro lettore è stato informato a tempo debito di questa realtà da chi scrive queste righe (Tempo di coronavirus, di bugie e d’inganni scandalosi, 9 marzo 2020; Come continuano a sopportarlo ancora?, 23 marzo 2020; Abusi e corruzione anche in tempi di pandemia, 4 maggio 2020; Decisioni ipocrite e pericolose conseguenze, 30 marzo 2020; Deliri e irresponsabilità di un autocrate, 22 febbraio 2021; Obiettivi mascherati di una messinscena mediatica, 6 aprile 2020; Misere bugie ed ingannevoli messinscene che accusano, 4 aprile 2022 ecc….). E chissà anche cosa c’era dietro la “missione” dei trenta medici ed infermieri albanesi arrivati in Italia a fine marzo 2020? Chissà su cosa si erano accordati allora i due amici che stavano insieme il 9 ottobre scorso? E chissà, forse, se il ministro degli Esteri italiano si sentiva in debito con il primo ministro albanese per quella “missione”, per poi accettare, qualche mese dopo, di fare quella “operazione di contrabbando” dei vaccini. Anche perché si era parlato, scritto e commentato molto in Italia di quella “missione”, come un atto di solidarietà da parte di un piccolo e non ricco Paese come l’Albania. Tutto ciò mentre altri Paesi ricchi e membri dell’Unione europea avevano trascurato le richieste d’aiuto fatte più volte dall’Italia, sia ai singoli Paesi, che nell’ambito delle istituzioni dell’Unione europea. In quel periodo anche il ministro degli Esteri italiano, lo stesso che stava insieme con il primo ministro albanese il 9 ottobre scorso, ha fatto più volte riferimento a quella “missione” dei trenta medici ed infermieri albanesi arrivati in Italia. Lo ha fatto lui, come lo hanno fatto anche molti altri suoi colleghi e rappresentanti delle istituzioni, per far sentire in “colpa” le massime autorità di determinati Paesi e/o delle istituzioni dell’Unione europea. L’autore di queste righe scriveva allora per il nostro lettore: “Domenica scorsa, 29 marzo, è arrivato in Italia un gruppo di 30 medici ed infermieri dall’Albania. Dopo l’arrivo e l’accoglienza ufficiale a Verona, il gruppo è stato trasferito a Brescia, dove era stabilito che gli specialisti albanesi dovevano prestare servizio”. In seguito egli scriveva: “…Quell’evento è stato accompagnato da un impressionante rendiconto mediatico, seguito da un’altisonante eco, sia televisivo che della carta stampata”. Evidenziando però che al pubblico italiano il primo ministro albanese “…è stato presentato come un “modello interessante di positività”, mentre in patria la sua irresponsabilità istituzionale e/o personale, nonché il modo abusivo di gestire il potere e la cosa pubblica risultano essere ormai un’opinione sempre più consolidata e diffusa”. Per poi sottolineare che “…Così facendo, i “registi” e gli attenti “curatori” della buffonata hanno semplicemente ingannato il pubblico italiano, presentandogli il primo ministro albanese come un “santo”, un dirigente “premuroso”, sia per i suoi cittadini che per quegli italiani, in questo grave momento di grande bisogno dovuto alla pandemia. Nascondendo così il suo vero volto e il vero carattere, quello del dittatore imbroglione” (Obiettivi mascherati di una messinscena mediatica, 6 aprile 2020).
Il primo ministro albanese, alla fine della sua confessione fatta nell’aula Magna dell’Università di Bergamo il 9 ottobre scorso, ha raccontato che la nota azienda farmaceutica statunitense lo aveva contattato e gli avevano chiesto chi aveva fornito quelle dosi all’Albania. La sua risposta era stata “Un Paese amico”. Ma siccome gli avvocati della nota azienda farmaceutica insistevano, allora il primo ministro albanese raccontò di aver risposto: “Sapete, noi abbiamo imparato dai napoletani che mai, mai, mai devi mollare il tuo amico davanti alla polizia”. Aggiungendo: “E così io non ho mollato quel’amico”. E quel’amico era il ministro italiano degli Esteri, seduto accanto a lui in prima fila il 9 ottobre scorso nell’aula Magna dell’Università di Bergamo. E proprio a lui si è rivolto alla fine del suo discorso il primo ministro albanese dicendoli: “Adesso lo possiamo dire. Adesso avrai i giornali che diranno che sei addirittura un contrabbandiere. Adesso sei un uomo libero, Luigi”. Sì, il ministro degli Esteri italiano non avendo ottenuto un seggio parlamentare dopo le elezioni del 25 settembre scorso era diventato “un uomo libero”. Quell’“uomo libero” però non ha detto niente, non ha fatto nessun commento, non ha negato e non ha aggiunto niente, nonostante le domande dei giornalisti, dopo la confessione del primo ministro albanese nell’aula Magna dell’Università di Bergamo. Chissà perché?!
Dopo la sua confessione, la reazione mediatica e pubblica è stata immediata e, nella maggior parte, anche molto critica. Sia in Italia che in Albania. Ragion per cui il primo ministro albanese ha cambiato subito versione della sua precedente confessione. Lui, da noto imbroglione, ma anche vigliacco com’è, prima che passasse un giorno dalla sua confessione, ha dovuto smentire quello che aveva detto il 9 ottobre scorso sul contrabbando dei vaccini, insieme con il ministro italiano degli Esteri e con il supporto, anche, dei servizi segreti. Il 10 ottobre scorso lui ha dichiarato: “Sono sbalordito per il fatto che la mia confessione per una simbolica quantità di vaccini che ci è stata regalata dall’Italia nel momento più buio della pandemia possa dare addirittura l’ispirazione a prendere sul serio la parola ‘contrabbando’, da me usata per descrivere scherzosamente una collaborazione fraterna che ha salvato vite umane”. E poi ha ribadito che si sentiva obbligato a “…sottolineare che quello che la stampa ha riportato del mio intervento di ieri a Bergamo sull’invio di vaccini dall’Italia è chiaramente il racconto di un paradosso che in nessun caso non si può interpretare traendo fuori contesto una parola usata scherzosamente”. Aggiungendo anche: “Non intendevo certo dire sul serio che insieme al ministro Di Maio o ad altre istituzioni italiane abbiamo fatto contrabbando, ci mancherebbe altro! Tanto più che queste dosi sono state donate dal governo italiano all’Albania e utilizzate in un momento di grave emergenza”. Un imbroglione innato, un bugiardo, ma anche un noto vigliacco come il primo ministro albanese non poteva fare altrimenti!
Il 15 ottobre scorso il primo ministro albanese era a Berlino per partecipare al congresso dei partiti socialisti europei. Durante il suo intervento quell’imbroglione ha criticato i Paesi europei, perciò anche l’Italia, che durante il periodo della pandemia non avevano aiutato l’Albania! Ma, guarda caso, aveva nel frattempo “dimenticato” quanto aveva detto sia il 9 ottobre scorso durante la sua confessione, che il 10 ottobre smentendo proprio quello che aveva confessato un giorno prima sull’aiuto italiano con i vaccini. Durante il suo intervento a Berlino lui ha elogiato la Turchia ed il suo “carissimo amico”, il presidente turco, che è stato vicino all’Albania nel periodo duro della pandemia. Il primo ministro albanese ha detto che durante quel periodo “abbiamo corso dappertutto per trovare i vaccini” per poi trovarli proprio in quei Paesi che l’Unione europea spesso considera come Paesi “…da dove viene il pericolo: la Cina, la Russia e la Turchia”!
Chi scrive queste righe lascia trarre al nostro lettore le dovute conclusioni sul comportamento di un imbroglione qual è il primo ministro albanese. Colui che, chissà perché, prima confessa, poi nega ed in seguito elogia altri, compreso il suo “carissimo amico”, il nuovo sultano della Turchia. Colui che, parafrasando François de La Rochefoucauld, “confessa” di tutto e se confessa i suoi difetti lo fa semplicemente per vanità.