Attualità

Deutsche Bank, da 20 a 7 euro. Più va male e più aumentano i redditi dei suoi dirigenti

di Mario Lettieri* e Paolo Raimondi**

Riceviamo e pubblichiamo un articolo di Mario Lettieri e Paolo Raimondi pubblicato su Italia Oggi del 22 maggio 2019.

In Europa nel settore bancario ognuno ha i suoi guai e i suoi compiti a casa da fare. L’Italia ha i crediti inesigibili da smaltire, la Germania ha la Deutsche bank (DB) il colosso sempre più traballante da sistemare. A ciò si aggiungano le mine vaganti delle banche «too big to fail» negli Stati Uniti che, come più volte sottolineato, rappresentano sempre un rischio sistemico. Da qualche tempo le azioni DB sono in caduta libera: sono scese sotto i 7 euro. Valevano ancora 20 euro nel 2017.

Non a caso i vari tentativi di salvataggio sono falliti. In particolare il piano di fusione con la banca tedesca numero due, la Kommerzbank, partecipata per il 15% dallo Stato. Si è dovuto prendere atto che, sommando i problemi delle due banche, non si sarebbe ottenuta una soluzione positiva. La Deutsche Bank è pur sempre un colosso con 200 mila clienti, mentre la Kommerzbank ne conta 180 mila. Insieme sarebbero diventate la seconda banca europea per dimensioni, dopo l’inglese Hong Kong Shanghai Bank Corporation.

Negli ambienti bancari si stima che, per restare a galla, Deutsche Bank dovrebbe licenziare almeno 20 mila dei suoi attuali 90 mila impiegati.

Anche in terra germanica, invece di rivedere il modello di business e di cambiare gli orientamenti e le priorità della gestione bancaria, si preferisce, purtroppo, penalizzare il lavoro e la tradizionale sana politica del credito alle famiglie e alle imprese. Del resto, si tenga presente che entrambe le banche tedesche sono partecipate da due tra i più speculativi hedge fund americani, Cerberus e Black Rock.

Si ricordi che la Deutsche Bank ha il record di derivati finanziari per oltre 43.500 miliardi di euro, un po’ di più dei livelli delle tre banche americane, la JP Morgan Chase, la Citigoup e la Goldman Sachs. Il suo ammontare di attivi pari a circa 1.600 miliardi di euro contrasta con i soli 15 miliardi di capitalizzazione: uno tra i più squilibrati rapporti al mondo!

Secondo uno studio del quotidiano francese Les Echos, incomprensibilmente essa occupa anche il primo posto nella classifica delle banche europee con il più alto numero di manager con stipendi superiori al milione di euro: ben 643! Seconda è la Barclays inglese con 542. La nostra Intesa Sanpaolo è dodicesima con 33 dirigenti milionari.

In altre parole, le banche più attive nella speculazione e, di conseguenza più a rischio, pagano profumatamente chi, di fatto, le pilota nelle acque più burrascose e limacciose del business finanziario. Infatti, nella Deutsche Bank è proprio il capo del settore investment banking a guadagnare il massimo, 8,6 milioni di euro nel 2018!

Ci sfugge la razionalità di tutto ciò. Qualche anno fa sembrava che la partecipazione in DB di HNA, il conglomerato cinese dell’aviazione e della logistica, avesse portato nuovi capitali e un po’ di stabilità, diventandone, di fatto, il maggiore azionista. Ma per realizzare simili operazioni, il gruppo cinese si era pesantemente indebitato tanto da giungere alla soglia del collasso, costringendolo a una progressiva ritirata.

L’uscita della HNA aveva momentaneamente aperto la strada della fusione con la Kommerzbank che, si ricordi, nel mezzo della crisi finanziaria globale, aveva già evitato la bancarotta solo per l’intervento di salvataggio del governo tedesco con oltre 16 miliardi di euro, in seguito, comunque, restituiti allo Stato.

In verità, è da un decennio che la DB è continuamente sotto osservazione e sotto indagini da parte delle autorità tedesche, inglesi e soprattutto americane. Si stima che nel periodo 2015-2017 essa abbia dovuto pagare soltanto agli enti di controllo americani e inglesi ben 11,2 miliardi di dollari in multe e condanne giudiziarie per varie truffe e per altri comportamenti finanziari sanzionabili, tenuti prima e dopo la crisi del 2008.

Più recentemente negli Usa la banca tedesca è coinvolta in alcune importanti indagini. La prima è relativa a una possibile frode bancaria attribuibile a Trump. Il presidente americano e tre dei suoi figli hanno presentato alla corte di New York la richiesta di non trasmettere i dati relativi ai propri conti bancari presso la Deutsche Bank e la Capital One Financial Corporation, richiesti dal Congresso americano. La seconda ha a che fare con operazioni di riciclaggio di soldi sporchi da parte della Danske Bank, legata alla DB. Si indaga, poi, su un suo possibile ruolo nell’evasione fiscale di alcuni suoi clienti, come emerso nei famosi Panama Papers.

Una cosa che disturba i tedeschi è quello che loro chiamano «Schadenfreude», cioè il piacere di alcuni per le disgrazie altrui. È la stessa irritazione che si prova anche in Italia quando alcuni esponenti europei si compiacciono delle nostre difficoltà.

Non è nostra intenzione discutere in questo modo dei problemi della Deutsche Bank. Al contrario, vorremmo che ci fosse un serio approccio europeo unitario nell’affrontare questi e altri problemi. L’Europa si costruisce anche con la condivisione degli intenti e degli impegni nei campi più importanti. E quello bancario certamente lo è.

*già sottosegretario all’Economia **economista

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