Il negazionismo evolutivo
Quello che distingue qualsiasi teoria economica dagli effetti reali nella sua applicazione viene rappresentato dalla natura e dall’entità degli aspetti e dei contesti dell’evoluzione continua e costante del mercato globale all’interno del quale tale teoria viene applicata in forma di strategia economica.
In altre parole, per quanto possa sembrare di difficile definizione la teoria dovrebbe attualmente, al suo interno, racchiudere anche uno spazio “evolutivo” e quindi un margine di forte incertezza in relazione ai molteplici effetti condizionati da un mercato globale in continua evoluzione. Basti pensare agli scarsissimi effetti della politica “monetaria espansionistica ” della BCE (Tltro e quantitative easing) la quale intendeva offrire un sostegno ad un sistema economico europeo in crisi e dal raggiungimento di inflazione al 2% risultasse fondamentale (come da teoria) inondare il mercato di liquidità. Non avendo previsto, per esempio, come il fattore concorrenziale di un mercato globale determini un livellamento dei prezzi al ribasso (conseguenza dell’eccesso di offerta) contro il quale qualsiasi politica monetaria perda ogni effetto.
Di conseguenza risulta evidente come il contesto economico reale determini una forte modificazione dei risultati previsti che le teorie economiche propongono. Questo fattore di incertezza legato alle future evoluzioni di un mercato sempre più complesso, a partire dai numerosi ed incontrollabili fattori che lo influenzano, dovrebbe cambiare o quantomeno procedere ad una evoluzione delle teorie economiche e soprattutto delle loro applicazioni. Un aspetto molto importante specialmente quando l’applicazione di tali e semplicistiche teorie determini a sua volta un aumento del debito pubblico.
Una delle giustificazioni che il governo in carica avanzava per giustificare la scelta di quota 100 con un conseguente aumento del debito pubblico attorno ai 10 miliardi era relativa alla creazione di nuovi posti di lavoro per la sostituzione dei nuovi pensionati che lasciavano il ciclo economico e produttivo. Ora emerge dai dati come solo il 24,7% delle aziende afferma di voler sostituire (e solo parzialmente) le uscite incentivate da quota 100: dati attesi tanto banali quanto espressione di un incompetenza economica evidenti. Va ricordato infatti come nell’attuale momento economico le imprese stiamo investendo in tecnologia digitale la quale offre una diminuzione dell’intensità di manodopera per milione di fatturato. Questa tendenza inevitabile, e giustamente incentivata fiscalmente, ha l’obiettivo principale di rendere più competitivo il sistema industriale italiano in un contesto di concorrenza globale. Inoltre offre un altro effetto parallelo tanto nel medio quanto nel lungo termine perché diminuendo appunto il costo della manodopera per milione di fatturato a causa della minore intensità, automaticamente renderebbe sempre più vantaggioso il reshoring produttivo, specialmente in un momento storico di forte criticità commerciale tra Stati Uniti e Cina (https://www.ilpattosociale.it/2019/05/22/tempo-reale/).
Tornando alle ridicole elaborazioni economiche che hanno ispirato questa strategia del governo in carica si può tranquillamente ricordare come, al di là delle dottrine economiche da cui scaturiscono le conseguenti strategie elaborate, non considerare il contesto evolutivo rappresenti un errore di dimensioni epocali. Questo negazionismo evolutivo si conferma come un ulteriore aspetto di un approccio assolutamente insufficiente alle complesse problematiche economiche. Un atteggiamento frutto di una ormai datata erudizione economica priva di ogni contatto con i diversi fattori che contribuiscono a rendere il contesto evolutivo economico imposto dal mondo globale sempre più articolato.