Costume e Società

In Lombardia frena la crescita

La produzione cala rispetto al 2017. Resta preoccupante la prospettiva per il nuovo anno

I dati del quarto trimestre non sono del tutto negativi, ma è lo sguardo in prospettiva a preoccupare. Il 2019 si profila come un anno difficile per imprese lombarde, in salita per produzione, domanda interna e commesse internazionali.

I dati raccolti nel monitoraggio trimestrale di Unioncamere Lombardia vanno tutti in questa direzione, segnalando una regione che viaggia ancora ad una velocità superiore rispetto alla media nazionale ma che inevitabilmente, trimestre dopo trimestre, perde slancio.

Nella media annua la produzione cresce del 3% (+0,8% rispetto alla media italiana), un dato in calo rispetto al +3,7% dell’anno precedente. Il rallentamento è visibile anche negli ordini interni ed esteri, che restano positivi (2,3 e 3,3%) ma con valori dimezzati rispetto a quanto accadeva ad inizio anno. Un rallentamento che si riflette anche nell’ambito occupazionale, con un saldo negativo dello 0,3% tra ingressi e uscite, ma che soprattutto fa preoccupare in ottica futura. In linea con quanto accade per l’indice di fiducia monitorato dall’Istat, in calo costante dallo scorso luglio, anche in Lombardia abbiamo dati analoghi.

Per la domanda interna il saldo tra ottimisti e pessimisti è in rosso ormai da tre rilevazioni ma ciò che più preoccupa è il cambiamento di umori in termini di produzione. Qui il saldo tra ottimisti e pessimisti è ormai quasi azzerato, toccando un punto di minimo mai registrato dal 2014. Nel quarto trimestre a prevedere un calo dei ricavi superiore al 5% è un quarto del campione, anche in questo caso il valore più elevato registrato dalla fine del 2016.

C’è da segnalare anche un preoccupante calo degli investimenti, motore della ripresa nel biennio 2017-2018 in Italia così come in Lombardia. In questi anni è sicuramente stata importante la massa di incentivi messa in campo dai precedenti governi, utilizzata in media dal 69% delle imprese industriali che hanno investito. Ad investire lo scorso anno è stato il 61% del campione, in lieve frenata rispetto all’anno precedente, risultato di valori estremamente variegati rispetto alle dimensioni delle aziende: l’87% per le aziende oltre i 200 addetti, il 45% per quelle tra 10 e 49. Valori comunque destinati a ridursi, se le attese delle imprese dovessero tradursi in modo lineare in scelte concrete.

Marco Bonometti, presidente di Confindustria Lombardia, si dice preoccupato per questo scenario e che chiede al Governo una decisa inversione di rotta nella politica economica. “Quanto più tarderà – chiarisce – tanto più pesanti dovranno essere gli sforzi per tentare il recupero. C’è preoccupazione per il 2019 ed è un fattore determinante per chi fa impresa: la fiducia, che nell’immediato si ripercuote su occupazione e investimenti”.

“Valuto con moderato ottimismo – spiega Attilio Fontana, presidente di Regione Lombardia – i segnali di crescita fatti registrare dalla Lombardia. La nostra regione, con le sue imprese, sta puntando su innovazione, tecnologia e digitalizzazione, elementi che ci consentono di fronteggiare un momento storico poco favorevole, sia a livello nazionale, sia internazionale”.

“In termini prospettici – aggiunge il presidente di Unioncamere Lombardia Gian Domenico Auricchio – la crescita del comparto manifatturiero lombardo nel 2019 lascia trasparire qualche difficoltà, legata da un contesto nazionale ed internazionale dominato da rischi di revisione al ribasso, ad un mutato clima di fiducia e alle mutate prospettive per gli investimenti, previsti in peggioramento. È pertanto opportuno mantenere alta l’attenzione sulle comuni strategie di intervento legate alla competitività”.

Strategie che d’ora in poi potranno basarsi anche su una collaborazione inter-regionale, come previsto dal recente accordo siglato tra le Unioni regionali delle Camere di Commercio di Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto, protocollo d’intesa che ha proprio l’obiettivo di supportare l’economia dei territori a cogliere le opportunità offerte da una dimensione territoriale più ampia e dall’integrazione delle strategie.

Una macro-area che comprende 30 Camere di commercio e più di 2 milioni di imprese attive iscritte ai registri camerali, che genera 750 miliardi di valore aggiunto (il 48% del totale nazionale) e 290 miliardi di export, i due terzi del totale in Italia.

 

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