Anche la Ue si rivolge alla finanza per garantire la tutela dell’ambiente
La privatizzazione dell’aria è il risultato più significativo che gli ambientalisti abbiamo ottenuto, quando con l’accordo di Kyoto sono state fissate quote di agenti inquinanti che ciascuno Stato può emettere nell’atmosfera e la possibilità di commercializzare quelle stesse quote, vendendo ad un altro Stato la parte inutilizzata del proprio contingente di emissioni inquinanti (la Cina può comprare quote dalla California, per esempio, così da consentire ai propri stabilimenti, più vecchi, di continuare a operare grazie alla maggior propensione green di industrie altrui più moderne).
La tanto deprecata finanza è insomma da anni una delle leve che mantiene vivibile la terra ed ora anche la Commissione europea ha adottato prime misure concrete che fanno leva sul settore finanziario dell’UE per concretizzare la lotta ai cambiamenti climatici in attuazione dell’accordo di Parigi.
Partendo dal presupposto che disastri naturali come inondazioni, erosione del suolo o siccità sono calamità finanziarie di valore calcolabile (e ingente, visto che l’importo delle perdite riconducibili a eventi catastrofici e coperte dalle assicurazioni nel 2017 ammonta a 110 miliardi di euro, la cifra più alta mai registrata) e che i mutamenti climatici minacciano l’ambiente finanziario rendendo più incerto se investire o meno, la Ue intende «investire circa altri 180 miliardi di euro all’anno nel settore dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili» secondo quanto preannunciato da Jyrki Katainen, vicepresidente responsabile per l’occupazione, la crescita, gli investimenti e la competitività. Il Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), ha reso noto il commissario, «sta già raccogliendo dal privato per raggiungere questo traguardo. Le proposte che la Commissione presenta aumenteranno la trasparenza della finanza sostenibile e delle relative opportunità di investimento, in modo da fornire agli investitori informazioni attendibili perché possano fare la loro parte nella transizione verso un’economia circolare, a basse emissioni di carbonio ed efficiente sotto il profilo delle risorse».
In concreto, tutti i soggetti finanziari che gestiscono investimenti a nome di clienti o beneficiari saranno infatti tenuti a informarli dell’impatto delle loro attività sul pianeta o sull’ambiente locale, sulla base di un sistema di classificazione unificato a livello dell’Ue («tassonomia»). La proposta di regolamento introdurrà coerenza e chiarezza sulle modalità con cui gli investitori istituzionali (ad esempio i gestori di patrimoni, le compagnie di assicurazione, i fondi pensionistici e i consulenti finanziari) integrano i fattori ambientali, sociali e di governance (ESG) nel loro processo decisionale. Requisiti più precisi saranno definiti tramite atti delegati adottati dalla Commissione. I gestori di patrimoni e gli investitori istituzionali dovrebbero inoltre dimostrare in che modo i loro investimenti si allineano con gli obiettivi ESG e rendere noto come adempiono agli obblighi previsti. Le norme proposte creeranno una nuova categoria di indici, comprendente l’indice di basse emissioni di carbonio (cioè la versione “decarbonizzata” degli indici standard) e gli indici di impatto positivo in termini di carbonio. Questo nuovo standard di mercato dovrebbe riflettere l’impronta di carbonio delle imprese e fornire agli investitori maggiori informazioni sull’impatto di un determinato portafoglio di investimenti in termini di emissioni. Mentre l’indice di basse emissioni di carbonio sarebbe basato su un indice standard di “decarbonizzazione”, quello relativo all’impatto positivo permetterebbe a un portafoglio di investimenti di allinearsi meglio con l’obiettivo dell’accordo di Parigi di limitare il riscaldamento globale a meno di 2°C.
La Commissione ha anche avviato una consultazione per valutare come integrare in maniera efficace considerazioni d’ordine ambientale, sociale e di governance nella consulenza fornita dalle imprese di investimento e dai distributori di prodotti assicurativi ai singoli clienti. Si tratta di un’iniziativa propedeutica alla modifica degli atti delegati che attuano la direttiva relativa ai mercati degli strumenti finanziari (MiFID II) e la direttiva sulla distribuzione assicurativa. Secondo le norme proposte, nel valutare se un prodotto di investimento soddisfa le esigenze del cliente, le imprese dovrebbero prenderne in considerazione anche le preferenze in materia di sostenibilità. Ciò dovrebbe consentire a un più ampio numero di investitori di avere accesso a investimenti sostenibili.