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I venti anni dell’Euro

Un’altra occasione d’informazione perduta

Ieri “Il Patto” ha pubblicato un articolo sulla persecuzione dei cristiani, lamentando che su questo argomento il sistema dei media rimanga zitto e non informi, come dovrebbe essere naturale, di quel che succede ogni giorno, contro di essi, nel mondo. Ebbene, oggi ci lamentiamo perché i media hanno perso un’altra occasione. Il 15 gennaio a Strasburgo, il Parlamento europeo ha celebrato i vent’anni dell’entrata in funzione dell’Euro, un’occasione ottima per chiarire ai cittadini la funzione svolta dalla moneta comune, le sue eventuali debolezze, la cause di queste défaillance, i suoi vantaggi e le sue prospettive. Dopo tanto parlare che si è fatto durante la campagna elettorale del marzo scorso, dopo le tante accuse rivolte dai nuovi politici alla moneta comune, responsabile, secondo la loro sprovveduta non conoscenza – di tutti i mali che hanno colpito l’Italia (la povertà, la disoccupazione, la crisi finanziaria, la fuga dei giovani, il ridotto investimento di capitali stranieri nel nostro Paese, ecc.) sarebbe stato più che opportuno ed utile conoscere l’opinione di tanti personaggi esperti e competenti, sulle virtù e sui vizi dell’euro. Dal dibattito parlamentare, tuttavia, sono emerse sostanzialmente due elementi inoppugnabili, nonostante ciò che ne dicono i detrattori o i giovani politici attuali che si permettono di parlare di finanza internazionale avendo soltanto un’esperienza da baristi e da galoppini. Il primo è il suo riconosciuto e straordinario successo. Il secondo attiene alla forza di chi ha attuato questa impresa nella crisi finanziaria globale, la quale è durata dieci anni, cioè oltre la metà della vita dell’euro e di due terzi della sua circolazione fisica. Sono dati inoppugnabili, non opinioni, e Renzo Rosati, su Il Foglio del 16 gennaio, afferma che “la situazione avrebbe stroncato qualsiasi altra istituzione e alleanza multinazionale”. A riprova, cita il caso del dollaro, che fu scelto come moneta dagli Stati Uniti nel 1785, ma che solo dal 1929 la Federal Reserve  ne stampa le banconote e agisce da Banca centrale e prestatrice di ultima istanza. Il dollaro ha impiegato un secolo e mezzo per il suo rodaggio. L’euro soltanto venti anni. La forza a questa impresa l’hanno essenzialmente data soltanto due persone: Angela Merkel e Mario Draghi. La prima ha dovuto battersi anche con il suo governo e con la Bundesbank, talvolta riluttanti verso le decisioni della BCE. Ebbe scontri assai duri con il suo ministro delle Finanze Wolfang Schauble, che tra l’altro aveva un forte impatto sull’opinione pubblica. Il che sta a significare che la posta in ballo era molto alta e che la Cancelliera sfidava anche l’opinione pubblica, certa com’era della bontà delle sue scelte. I fatti le diedero ragione, ma il logorio del potere cominciò a manifestarsi proprio in occasione delle ultime elezioni politiche del 24 settembre 2017, con le quali il candidato socialista Schulz scomparve dalla vita politica. L’euro nel frattempo, con le decisioni di Draghi, resistette all’onda d’urto della crisi e alla cattiva gestione delle banche nell’utilizzo smoderato dei “derivati”. Non solo si è salvato, ma si è  anche rafforzato. Nel suo rapporto  annuale relativo al 2017 della BCE Draghi ha fornito altri elementi di valutazione. Nonostante il rallentamento dell’economia non c’è all’orizzonte nessuna crisi fatale. Anche l’economia tedesca sta sfuggendo alla recessione e la fine del soccorso monetario rappresentato dal Quantitative easing non modifica la situazione di lenta ripresa. Dei 19 Paesi dell’eurozona, sola l’Italia si trova in guai veri. “Gran parte delle sfide  – ha aggiunto Draghi – sono globali  e possono essere affrontate solo insieme. La vera sovranità sta in questa Unione, perché altrimenti andrebbe persa nella globalizzazione. In questo senso l’euro ha dato a tutti i membri la propria sovranità monetaria e un potente motore  di crescita per sostenere i propri standard di vita”. Già, ma l’Italia è in fondo alla classifica della crescita. Di chi la colpa, allora? Ma certo, dell’Euro! Così i governanti scaricano sulla moneta che ha compiuto quei miracoli la responsabilità del loro fallimento. Incredibile! L’Unione europea, infatti, è oggi l’area più ricca e omogenea del mondo, che conta 350 milioni di abitanti, un poco di più degli Usa, ma con un Pil appena al di sotto di quello americano. I due maggiori protagonisti della storia dell’euro sono quasi giunti al termine della loro parabola. Non vediamo nessuno all’orizzonte che possa sostituirli nel portare a termine l’opera iniziata da loro a favore della moneta unica. La BCE dispone di strumenti ancora limitati rispetto alla Federal Reserve, che può intervenire direttamente sul cambio e che continua ad aumentare i tassi, cosa ancora molto problematica per la BCE. Le critiche all’euro sembrano diminuite, anche se l’euroscetticismo di Matteo Salvini l’ha portato ad accusare la BCE di prevaricazione e causa di instabilità per i risparmi. Che al coro contro Strasburgo e l’Unione s’aggiungano Di Maio e Di Battista, è normale. Tra esperti ci si intende. Ma che ad essi si unisca la voce del vicedirettore del Corriere della Sera Aldo Cazzullo, la dice lunga sulla correttezza dell’informazione e soprattutto sulla sua completezza. “Un compleanno nel quale non c’è molto da festeggiare” – ha dichiarato a proposito della seduta speciale del Parlamento europeo sull’anniversario dell’euro. L’opinione è la seguente: solo la Germania ci ha guadagnato. La Francia è stata una delle nazioni più penalizzate e peggio è andata per le altre grandi economie continentali: la spagnola e l’italiana. E’ un’opinione. Ma i numeri contano qualcosa? Pare dicano il contrario. Senza euro e aggancio con la Germania la vulnerabile economia francese non avrebbe retto alla crisi, tanto meno il suo debito pubblico. Quanto alla Spagna, ancora meno. Per l’Italia, giudicate voi. I numeri dell’ultimo sondaggio dell’Eurobarometro ci confortano: nel 2018 gli italiani per l’euro raggiungono il 57%, (12 punti in più rispetto a un anno fa). I contrari sono scesi al 30%. I francesi pro euro sono il 59% e gli spagnoli il 62%. Vorrà pur dire qualcosa, anche senza informazione diretta o con un’informazione incompleta!

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