Europa

Referendum per l’ambiente nella Costituzione: Macron affronta l’onda verde transalpina

Un’onda dipinge di verde il futuro della Francia, sindaci, spesso sconosciuti, con programmi ecologici, conquistano città come Marsiglia, Lione, Strasburgo, Bordeaux. Persino Anne Hidalgo, per riprendersi Parigi, ha dovuto allearsi con i Verdi. E Macron non si fa pregare per far capire che gli ultimi due anni del mandato saranno all’insegna dell’ecologia, e arriva ad annunciare un referendum per inserire i principi ambientali nella Costituzione. Ma per il presidente il problema immediato si chiama Edouard Philippe, il premier che lo supera in popolarità e che ieri ha anche largamente riconquistato il suo Comune, Le Havre. Presidenziali e politiche trionfali per Macron nel 2017, creazione de La Republique en Marche (Lrem), il partito che da solo aveva la maggioranza fino a qualche settimana fa, poi elezioni europee discrete nel 2019: adesso per i macroniani è arrivata la prima disfatta elettorale. Hanno perso quasi ovunque avessero presentato candidati. Il caso di Agnès Buzyn a Parigi – paracadutata dal ministero della Salute già in piena pandemia per lo scandalo del video a luci rosse del candidato Benjamin Griveaux – è emblematico: è riuscita a scendere nelle preferenze fino al 14,87%, molto meno della metà della pur sconfitta Rachida Dati. Oggi, nessuna città importante è governata dai macroniani. A Marsiglia, altra città diventata per la prima volta Verde, il candidato Lrem Yvon Berland era stato ridicolizzato al primo turno con l’1,53%. I Verdi hanno strappato ai macroniani persino il loro feudo di Lione, dopo il pasticcio del sindaco Gerard Collomb, che da Lrem si era riavvicinato alla destra dei Republicains. “Misure forti”, ha subito annunciato Macron, che – per una fatalità forse non calcolata – aveva in programma di ricevere all’Eliseo i componenti della Convenzione cittadina per il clima, che hanno presentato le 150 richieste elaborate per proteggere e rilanciare le politiche ambientali in Francia. A loro ha promesso di accelerare sull’ecologia per gli ultimi due anni di mandato, arrivando a promettere un referendum nel 2021 per iscrivere i temi dell’ambiente, della protezione del clima e della biodiversità negli articoli della Costituzione. In un partito dove già i mal di pancia serpeggiano da tempo, la “febbre verde” che ha colto la Francia aumenta le tensioni, tanto che Macron – pur accettando le proposte presentate dalla Convenzione – ha spiegato chiaramente che alcune di esse, come la limitazione della velocità a 110 km/h su tutte le autostrade, non saranno accettate. E si è congratulato con i presenti perché, ha detto, “non fanno come quegli ecologisti che sono per un modello di decrescita”, ribadendo di credere nella “crescita della nostra economia”.

Mentre i Verdi diventano, a sorpresa, la forza politica di sinistra più importante in Francia, all’Eliseo ci si preoccupa anche della saldatura – in molte città conquistate dagli ecologisti – con i socialisti, che nel 2017 erano quasi scomparsi dai radar. Per il primo segretario del Ps, Olivier Faure, la prospettiva da costruire è quella di un “blocco social-ecologista” per le presidenziali del 2022. Ma i guai non arrivano mai soli. E Macron non deve preoccuparsi soltanto di riorientare la sua politica verso i principi ecologisti, ma anche di risolvere il dilemma di un premier, Edouard Philippe, che nei tre mesi di pandemia ha guadagnato fino al 51% di popolarità, superando il presidente rimasto al palo (44%). Philippe alter ego di Macron ha il difetto di essere oggi troppo vincente e troppo popolare: l’ultimo trionfo glielo ha tributato ieri la “sua” Le Havre, rieleggendolo sindaco a furor di popolo con il 58,83% dei voti. Il 55% dei francesi vorrebbe che lui rimanesse capo del governo e Macron è al bivio: svolta “verde” cambiando il premier e rischiando ancor più impopolarità (e magari giocandosi il sostegno di Philippe per le presidenziali 2022) oppure avanti con il capitano vincente cambiando soltanto la squadra? Yannick Jadot, leader di Eelv (Europe Ecologie Les Verts), è stato chiaro: “Nessuno di noi entrerà al governo”.

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