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Che possano servire di lezione

La coerenza è comportarsi come si è e non come si è deciso di essere.

Sandro Pertini

Un furbo derviscio era riuscito a convincere il sultano di sapere, in ogni momento, cosa faceva Dio. Il sultano, a sua volta, faceva quello che secondo il furbo derviscio facesse Dio. E ne andava fiero il sultano di quello che faceva. Un giorno chiese al patriarca di Costantinopoli se lui avesse qualcuno che sapeva cosa facesse Dio in ogni momento. E se no, allora il patriarca sarebbe stato decapitato. Disperato il patriarca ritornò nella sua dimora. Un diacono, vedendolo così disperato, gli chiese cosa aveva. Dopo aver saputo, il diacono lo tranquillizzò e gli chiese soltanto di portarlo con se presso il sultano. E così fu. Il sultano chiese al diacono se lui sapeva cosa faceva Dio in qualsiasi momento. Sì, rispose il diacono. Ma prima, siccome sono stanco e affamato, posso avere qualcosa da mangiare insieme con il derviscio? I servi portarono subito una grande tazza con latte e un pezzo di pane. Il diacono e il derviscio cominciarono a spezzettare il pane e mescolare i pezzi nel latte e si misero a mangiare. Subito il diacono diede una cucchiaiata sul naso al derviscio. Il sultano arrabbiato lo sgridò. Allora il diacono gli rispose: ma come mai, lui che sa in qualsiasi momento cosa fa Dio, non sa riconoscere i suoi bocconi dai miei? Il sultano, svergognato e umiliato, non poteva dire niente. Ordinò di uccidere il furbo derviscio e lasciò tranquillo il patriarca e il diacono. Questo racconta una vecchia fiaba con intelligente ironia. E dalle fiabe c’è sempre da imparare.

La metafora di questa fiaba è sempre attuale. Purtroppo, e non di rado, anche le istituzioni dei singoli paesi e quelle internazionali sono soggette e patiscono dalle premeditate e spesso anche profumatamente “sponsorizzate” fandonie e bugie Non fanno eccezione nemmeno le istituzioni dell’Unione europea. Quanto sta succedendo, soprattutto negli ultimi anni, ne è una testimonianza. L’operato dei rappresentanti delle istituzioni europee, per la maggior parte nominati e non eletti, non sempre ha giustificato e onorato la fiducia data. Non a caso determinate decisioni delle istituzioni hanno provocato e continuano a provocare malcontenti e disappunti. Non a caso in diversi paesi dell’Unione sono nati e stanno avanzando i movimenti e/o i partiti politici euroscettici. E non a caso anche i tradizionali partiti, in diversi paesi europei, hanno perso e stanno perdendo consenso. Lo dimostrano chiaramente i risultati elettorali degli ultimi anni. Quanto sta succedendo dovrebbe essere un campanello d’allarme per tutti. Per i partiti e per le istituzioni locali e/o internazionali, ma soprattutto per i cittadini responsabili. Per quei cittadini che, con i loro voto, eleggono i propri rappresentanti, sia nazionali che nel Parlamento europeo. Rappresentanti che, a loro volta, scelgono e nominano i funzionari di tutti i livelli delle istituzioni dell’Unione europea. Compresi, anche e soprattutto, quelli della Commissione europea, le cui decisioni hanno un diretto impatto non solo nei singoli stati membri, ma anche oltre.

Ragion per cui, le prossime elezioni per il Parlamento europeo rappresentano un avvenimento molto importante, visti anche gli sviluppi in altri singoli paesi e quegli geopolitici a scala mondiale, con tutte le loro conseguenze. Il Consiglio dell’Unione europea ha deciso, in maniera unanime, che le prossime elezioni si svolgeranno dal 23 al 26 maggio 2019. Si voterà in tutti i 27 stati membri dell’Unione per eleggere i rappresentanti del Parlamento europeo. Per la prima volta, dal 1979, non si voterà nel Regno Unito, dopo il referendum del 23 giugno 2016, per rimanere o uscire dall’Unione europea.

Proprio domenica scorsa, dopo un vertice straordinario, il Consiglio europeo ha approvato all’unanimità l’accordo dell’uscita e delle relazioni future tra il Regno Unito e l’Unione europea. E tutto ciò è dovuto anche ad alcune determinate scelte e decisioni delle istituzioni europee nel corso degli anni che hanno scatenato il malcontento e la reazione dei cittadini del Regno. Una separazione che non è stata e non sarà facile. La frase del presidente Juncker, il quale riferendosi al sopracitato accordo, ha detto che “è un giorno triste. Non un momento di gioia ma una tragedia, perché un grande Paese lascia l’Unione europea”, rappresenta lo stato d’animo e la realtà attuale e futura. Realtà che metterà a dura prova anche la premier Theresa May e il suo governo. Nel frattempo rimane in bilico l’esito della votazione del Parlamento britannico sull’accordo raggiunto domenica scorsa a Bruxelles, visto che la May non ha la maggioranza per farlo approvare.

Ma non è soltanto quanto è successo tra l’Unione europea e il Regno Unito, quello che dovrebbe far riflettere seriamente e con la massima responsabilità tutti, sia i rappresentanti politici e istituzionali, che i cittadini. Basta pensare ai risultati elettorali nei diversi singoli paesi dell’Unione. L’avanzata dei partiti e dei movimenti euroscettici e populisti è un segnale da prendere seriamente in considerazione. E non soltanto con delle “belle parole”, bensì con delle scelte responsabili, anche se difficili. Scelte che dovrebbero mirare quanto avevano ideato con chiarezza e lungimiranza i Padri Fondatori circa settant’anni fa. Scelte che dovrebbero far diventare l’Unione europea, tra l’altro, anche portatrice dei valori fondamentali dell’umanità. Scelte che dovrebbero far pensare due volte, prima di agire, determinati alti rappresentanti delle istituzioni europee. Scelte che dovrebbero ostacolare e condannare comportamenti irresponsabili e, peggio ancora, comportamenti “profumatamente sponsorizzati” da interventi occulti e contro gli interessi dei singoli paesi. Sia di quelli membri dell’Unione che di quelli che ambiscono a diventare tali.

Il caso dei paesi balcanici ne è un eloquente e significativo esempio. Come lo sono, fatti alla mano, alcuni determinati comportamenti di certi alti rappresentanti delle istituzioni europee, la Commissione in primis. Con il loro operato, hanno clamorosamente fallito in Macedonia, anche ultimamente con il referendum per il nome. Hanno fallito con le trattative tra la Serbia e il Kosovo, soprattutto appoggiando il progetto della revisione delle frontiere tra i due paesi. Ma hanno fallito vistosamente e altrettanto clamorosamente in Albania, chiudendo gli occhi e permettendo la diffusa cannabizzazione del paese, la galoppante corruzione e tanto altro. Lo hanno fatto ripetutamente con le loro irresponsabili e sponsorizzate dichiarazioni sia Federica Mogherini, l’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, che Johannes Hahn, Commissario per la Politica di Vicinato e i Negoziati per l’Allargamento. E lo hanno fatto, mentre i rapporti ufficiali delle istituzioni specializzate, comprese anche quelle della Commissione europea, affermavano l’opposto contrario (Patto Sociale n.292; 304; 318;321 ecc.).

Chi scrive queste righe auspica che quanto sia successo ultimamente in diversi paesi dell’Europa possa e debba servire di lezione. Egli, altresì, avrebbe veramente preferito che l’inqualificabile comportamento di alcuni alti rappresentanti dell’Unione fosse dovuto semplicemente alla leggerezza di credere ai loro consiglieri. Perché, per lo meno, non si sarebbero trovati, in seguito, nelle pietose condizioni del sultano mentito dal suo furbo derviscio.

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