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Niente è come appare e come si vuol far credere

Gli specchi dovrebbero pensare più a lungo prima di riflettere.

Jean Cocteau

“Non è un colpo di Stato, ma una marcia di giustizia”. Così dichiarava e garantiva nelle prime ore della mattina del 24 giugno scorso il proprietario e comandante del gruppo militare di mercenari Wagner. Ed ha aggiunto convinto: “Andremo fino in fondo”. Lo ha fatto mentre si trovava a Rostov sul Don, una città nel territorio russo che si trova vicino all’Ucraina. Una città che, vista la sua posizione geografica, ha un’importanza strategica particolare per le sorti della guerra in corso dal 24 febbraio 2022. Quanto accadeva in Russia in quelle ore, ma anche in seguito, ha tenuto con il fiato sospeso gli stessi russi, l’opinione pubblica internazionale e le più importanti cancellerie del mondo. Per tutta la giornata di sabato scorso, le notizie di quello che stava accadendo in Russia hanno preso tutto lo spazio mediatico. Ed era più che comprensibile, visto che si trattava di una marcia di un numeroso e ben noto contingente militare verso la capitale della Russia. Una marcia di truppe di mercenari che, dall’inizio della guerra in Ucraina, hanno determinato gli sviluppi sul campo. In più, si trattava di una ribellione messa in atto da uno dei più stretti collaboratori del dittatore russo. Colui che, oltre ad essere un collaboratore, si vantava anche della “stretta amicizia” con il presidente. Ovviamente tutti sanno che lui non è uno stinco di santo, anzi!

Quando era ancora giovane lui era stato condannato per furti e rapina, frode e coinvolgimento di minori nella prostituzione. In seguito, dopo aver avviato la sua attività vendendo cibi di strada e poi con dei negozi alimentari, è diventato noto per alcuni suoi lussuosi ristoranti a San Pietroburgo. E proprio in quei suoi ristoranti il dittatore russo aveva ospitato illustri ospiti internazionali. L’attuale proprietario del gruppo militare Wagner ha vinto molti appalti milionari per fornire pasti alle scuole e all’esercito russo. Si è inserito con successo anche nel campo delle attività informatiche. Nel 2013 fonda la società militare Wagner, composta da mercenari, carcerati, veterani delle forze armate e dei servizi segreti russi, ma anche da altri Paesi dell’Europa orientale. Nel 2014 l’appena costituito gruppo Wagner prese parte nella guerra del Donbass. In Ucraina il gruppo ritornò dopo l’aggressione russa del 24 febbraio 2022. I mercenari del gruppo Wagner, facendo sempre “il lavoro sporco”, hanno preso parte attiva anche nei conflitti in Libia, Siria, Mali ed altri Paesi africani. Ed è proprio in Africa che il proprietario del gruppo ha investito anche nell’industria mineraria. Nel frattempo la “collaborazione attiva” e la “stretta amicizia” tra il dittatore russo ed il proprietario del gruppo militare Wagner sono state rafforzate. Ovviamente tutti sanno che anche il dittatore russo non è uno stinco di santo, anzi! Ma i due si sono trovati da anni e poi hanno stabilito “con molta naturalezza” i loro rapporti. Si potrebbe dire che il caso abbia voluto che i loro interessi si incrociassero. Ne erano convinti i saggi dell’antichità e lo affermava anche Cicerone: “Pares cum paribus facillime congregantur”. Un detto che, come testimoniano le innumerevoli esperienze umane, vissute e sofferte dalla notte dei tempo ad oggi, conferma: “Ciascuno frequenta il suo simili con facilità”. Si, perché chi si somiglia si piglia.

Sabato scorso, mentre il suo “stretto amico e collaboratore” marciava verso la capitale, il dittatore russo si è rivolto alla nazione con un discorso trasmesso dai media. Senza mai nominare il capo dei mercenari del gruppo Wagner, e ha ribadito che “il nome e la gloria degli eroi della Wagner che hanno combattuto nell’operazione militare speciale in Ucraina e hanno dato la vita per l’unità del mondo russo sono stati traditi da coloro che hanno organizzato la ribellione”. Il presidente russo, durante il suo discorso alla nazione di sabato scorso ha sottolineato, riferendosi sempre al suo ormai ex “stretto amico e collaboratore”, che “ambizioni esorbitanti e interessi personali hanno portato al tradimento della Russia e del popolo russo”. Poi riferendosi alla storia, il dittatore russo ha ricordato che “Questo colpo è stato dato al popolo russo anche nel 1917 quando combatteva la prima guerra mondiale, quando la vittoria gli è stata praticamente rubata”. Aggiungendo, parlando di guerra civile, sia nel 1917 sia adesso, che “…i russi uccidevano altri russi, i fratelli uccidevano altri fratelli. I vari avventurieri politici hanno tratto vantaggio da questa situazione. Noi non permetteremo la ripetizione di una situazione del genere”. L’annunciata “marcia su Mosca” il dittatore russo la ha considerata una “pugnalata alle spalle”, affermando: “Quello che stiamo affrontando e’ un tradimento. Gli interessi personali hanno portato al tradimento del nostro Paese e alla causa che le nostre forze armate stanno combattendo”. Ovviamente, chi aveva preparato il discorso del presidente è stato attento a dare anche dei messaggi rassicuranti. “Difenderemo il nostro popolo e il nostro Stato da ogni tradimento interno”, ha detto il presidente e dittatore russo. Immediata è stata anche la replica del proprietario e comandante del gruppo militare di mercenari Wagner, il diretto accusato senza essere mai stato nominato. Riferendosi al suo ex “caro amico”, ha detto che lui Si sbaglia, io non sono un traditore, basta con la corruzione e la menzogna”.

Nel frattempo però, mentre i due ex “amici” si scambiavano delle accuse reciproche, a Mosca venivano prese delle misure di sicurezza. Sono stati rafforzati molti punti di ingresso nella capitale e sono stati evacuati diversi musei e centri commerciali. I cittadini sono stati invitati a rimanere a casa ed in più, il sindaco della capitale ha deciso di dichiarare il lunedì 26 giugno una giornata non lavorativa. Sempre sabato scorso il ministero degli Esteri russo ha avvertito i Paesi occidentali di non approfittare dalla situazione in corso. “Stiamo mettendo in guardia i Paesi occidentali contro qualsiasi accenno di un potenziale utilizzo della situazione interna russa per il raggiungimento dei loro obiettivi russofobici. Tali tentativi sono privi di prospettive e non saranno incoraggiati ne’ in Russia, ne’ tra le forze politiche di buon senso all’estero.” si leggeva in un comunicato del ministero. Nello stesso comunicato si affermava che “tra non molto la situazione troverà una soluzione degna della secolare saggezza del popolo russo e dello Stato russo”, In più si rassicurava che “La Russia continuerà il suo corso sovrano per garantire la sua sicurezza, difendere i suoi valori, rafforzare la sua autorità sulla scena globale, formare un giusto ordine mondiale multipolare”. E sempre sabato scorso, mentre i mercenari del gruppo Wagner si stavano avvicinando a Mosca, il Patriarca Kirill ha invitato i russi a pregare per il presidente russo. Lui non a caso ha scelto di parlare, nella sua omelia, del “tradimento e delle sue conseguenze”. E anche il Patriarca, come il dittatore russo nel suo discorso alla nazione, ha fatto riferimento a quello che viene considerato come l’odiato “Occidente collettivo”. Proprio quell’occidente che “vorrebbe portare un Paese cosi’ ricco e forte nell’orbita della propria influenza”. Il Patriarca Kirill ha invitato tutti a pregare per il presidente russo “affinche’ il Signore rafforzi, illumini, protegga dai peccati e dagli errori e, allo stesso tempo, ispiri azioni che portino alla protezione della nostra Patria da tutte le minacce esterne, forse anche le più pericolose e terribili”.

Sabato pomeriggio però la marcia dei mercenari del gruppo militare Wagner è stata fermata. Chissà perché?! Si sa ormai però che un altro amico e stretto collaboratore del dittatore russo, il presidente della Bielorussia si è proposto come mediatore tra le parti. Una simile iniziativa non poteva però essere stata presa senza il consenso, se non, addirittura, senza la richiesta del presidente russo. Anche perché si trattava di una situazione veramente seria e pericolosa. E nel caso di un accordo raggiunto, non si potevano dare delle garanzie senza il beneplacito della parte russa, cioè del presidente. Sabato pomeriggio l’ufficio stampa della presidenza bielorussa ha confermato che i negoziati tra il proprietario del gruppo Wagner ed il presidente bielorusso “sono andati avanti tutto il giorno”. L’ufficio stampa della presidenza bielorussa ha altresì confermato che “sono giunti ad accordi sull’inammissibilità di scatenare un sanguinoso massacro”. In più il comandante del gruppo Wagner “ha accettato la proposta del presidente della Bielorussia Alexander Lukashenko di fermare l’avanzata di membri armati della compagnia Wagner sul territorio russo e di compiere ulteriori passi per allentare le tensioni”. In seguito, sempre nel pomeriggio di sabato scorso, sono state rese note le richieste del proprietario del gruppo Wagner. Lui confermava di non voler cambiare il presidente della Russia e neanche le autorità centrali ed il sistema costituzionale della Federazione Russa. Il comandante del gruppo Wagner, come risulta dalle richieste rese note sabato scorso, “…è tenuto ad ottenere la guida del ministero della Difesa russo”.

Dopo queste dichiarazioni ed altre “garanzie” ottenute durante i negoziati tra il capo del gruppo Wagner ed il presidente bielorusso, il contingente dei mercenari ha fermato la sua avanzata verso la capitale. E non solo hanno fermato la loro avanzata, ma hanno cominciato la loro ritirata verso le loro basi. Una simile decisione è stata presa, secondo il proprietario del gruppo Wagner, perchè, “…è arrivato il momento nel quale si rischia di versare sangue russo”. Aggiungendo: “Oggi non abbiamo versato una sola goccia del sangue dei nostri combattenti”. Allo stesso tempo però il proprietario del gruppo militare di mercenari Wagner, riferendosi ai suoi avversari a Mosca, ministro della Difesa compreso, ha dichiarato che loro “Volevano sciogliere Wagner. Siamo partiti il 23 giugno per la ‘Marcia della giustizia’. In un giorno abbiamo marciato a poco meno di 200 km da Mosca”. Alla fine, “rendendoci conto di tutta la responsabilità per il fatto che il sangue russo verrà versato”, lui ha confermato: “stiamo girando le nostre colonne e partendo nella direzione opposta, verso i nostri campi, secondo il piano”. Allo stesso tempo il comandante del gruppo militare di mercenari Wagner ha avuto la garanzia che non sarà processato in Russia per aver organizzato ed attuato il tentativo del colpo di Stato. E “visti i loro meriti sul fronte ucraino”, non saranno processati neanche i mercenari che avevano seguito il loro comandante nella loro “marcia su Mosca”. Così ha dichiarato sabato scorso il portavoce del presidente russo. Aggiungendo anche che “…Alcuni di loro, se lo desiderano, firmeranno contratti con il ministero della Difesa”. Così si è conclusa sabato pomeriggio la “marcia su Mosca” del contingente militare dei mercenari del gruppo Wagner, guidati dal loro comandante. Da colui che, fino a pochi giorni fa, era ancora uno “stretto collaboratore ed amico” del dittatore russo. Si tratta però di “amicizie” basate su degli interessi che possono cessare appena cessano gli interessi. Sia tra singole persone, sia tra dei “rappresentati politici ed istituzionali”, ma anche tra cancellerie, per delle “ragioni di Stato”. “Ragioni” che, in realtà, sono sempre legate a degli interessi geopolitici e geostrategici.

Nel frattempo Pechino ha garantito che “…in qualità di vicino amichevole e partner di cooperazione strategica globale nella nuova era, la Cina sostiene la Russia nel mantenere la stabilità nazionale e nel raggiungere lo sviluppo e la prosperità”. Un simile appoggio alla Russia lo ha dichiarato anche l’Iran. Mentre le cancellerie occidentali sono state prudenti con le loro dichiarazioni durante e dopo la fine della “marcia su Mosca”, attuata sabato scorso dal comandante dei mercenari del gruppo Wagner. Dagli Stati Uniti d’America è arrivata la conferma che “non sono stati coinvolti e non saranno coinvolti in questa situazione”. Mentre l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza ha detto che “non abbiamo la sfera di cristallo per sapere che cosa succederà. […]. Bisogna essere molto prudenti”.

Chi scrive queste righe pensa che è ancora molto presto per sapere tutto quello che ha portato alla “marcia su Mosca” di sabato scorso. Ma egli è convinto che niente è come appare e come si vuol far credere. Aveva ragione Jean Cocteau: “Gli specchi dovrebbero pensare più a lungo prima di riflettere”. E non solo riferendosi all’apparenza delle singole persone, ma ben altro e ben oltre.

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