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Realtà che non si possono nascondere

…Salvi le loro vite dalle mani di Satana, che vuole bruciare tutti gli esseri viventi.

Da una lettera mandata il 18 aprile 2022 a Papa Francesco

Dopo 54 giorni continua spietata la devastante e sanguinosa guerra in Ucraina. Era stata prevista, voluta, programmata, ordinata ed avviata nelle prime ore del 24 febbraio scorso. In Russia era ed è tuttora vietato parlare, scrivere, rapportare e fare riferimento a tutto ciò che sta accadendo in Ucraina, considerandolo per quello che realmente è: una guerra. Il 4 marzo scorso, il parlamento russo ha approvato una legge speciale, firmata alcune ore dopo dal presidente ed entrata in vigore in grande fretta il 5 marzo. Con quella legge si tenta di annientare ogni possibilità di evidenziare e denunciare  tutto quello che realmente sta accadendo in Ucraina dal 24 febbraio scorso. Si tratta di una legge che, come aveva dichiarato il dittatore russo durante un suo lungo discorso trasmesso in diretta televisiva nella serata del 23 febbraio, considera cinicamente e sarcasticamente l’aggressione russa e l’invasione dei territori ucraini come “un’operazione militare speciale”. Una legge che considera gli ucraini come dei “neonazisti’ e un “genocidio” tutto quello che si presume sia stato fatto alla popolazione russofona in Donbass. Per chi viola e/o si oppone a questa legge, che siano dei media, delle associazioni o dei singoli cittadini, sono previste ed attuate pene che vanno fino a 15 anni di carcere. La legge prevede il divieto assoluto di usare le parole “guerra” ed “invasione”. Si considera un “traditore”, che agisce contro “l’interesse nazionale,” chiunque non ubbidisce. Una legge che però non riuscirà mai ad alterare la vera, vissuta e drammaticamente sofferta realtà. Perché si tratta di una realtà che non si può offuscare, annientare e nascondere. Ormai, soprattutto nelle ultime settimane ed ogni giorno che passa, l’orrenda crudeltà della guerra, con tutte le sue drammatiche, inevitabili e comprensibili conseguenze, si sta svelando al mondo intero.

Quanto sta accadendo in Ucraina dal 24 febbraio scorso è stato denunciato dalle massime autorità dei singoli Stati in tutto il mondo e dai massimi rappresentanti delle più importanti organizzazioni internazionali. Contro le crudeltà della guerra in Ucraina si sono convintamente schierati anche i massimi rappresentanti delle religioni. Eccezion fatta soltanto per il patriarca della Chiesa ortodossa russa, un convinto sostenitore del dittatore russo. Mentre Papa Francesco, in tutte le occasioni dal 24 febbraio scorso, è stato esplicito e perentorio contro la guerra, chiedendo e pregando per la pace in Ucraina. Anche domenica, durante il suo messaggio Pasquale, il Pontefice ha chiesto di smettere di “…mostrare i muscoli mentre la gente soffre”. Rivolgendosi a tutti, egli ha detto: “…non abituiamoci alla guerra, impegniamoci tutti a chiedere a gran voce la pace!”. E per l’ennesima volta, rivolgendosi ai “grandi del mondo”, Papa Francesco ha ribadito determinato che “…Chi ha la responsabilità delle Nazioni ascolti il grido di pace della gente!”.

L’indispensabilità di interrompere immediatamente e definitivamente questa spietata, sanguinosa e devastante guerra in Ucraina diventa un imperativo per tutti. Comprese le parti belligeranti; gli ucraini che si difendono e gli aggressori russi che hanno invaso i territori ucraini mietendo la morte tra gli inermi, innocenti ed indifesi cittadini, compresi i bambini, e causando ingenti danni materiali. Ovviamente non è facile per i cittadini ucraini dimenticare subito tutto. L’autore di queste righe, trattando per il nostro lettore le drammatiche conseguenze e sofferenze della crudeltà delle forze armate russe, ha espresso e condiviso la sua comprensione per i cittadini ucraini. Perché è molto difficile, se non impossibile, per una persona normale, dimenticare subito tanta crudeltà. Perché è molto difficile, se non impossibile, per una persona normale, perdonare “…coloro che hanno goduto delle drammatiche sofferenze causate dalla loro spietata crudeltà”. Riferendosi a coloro, tra ufficiali e soldati delle forze armate russe, che hanno le mani impregnate di sangue innocente, l’autore di queste righe si chiedeva: “Come possano gli ucraini, che hanno perso i propri cari per la crudeltà dei russi, chiedere perdono per loro?!” (Le drammatiche sofferenze della crudeltà; 11 aprile 2022). La necessità di porre fine alla spietata e sanguinosa guerra, ma anche la comprensione delle reazioni dei cittadini ucraini, devono essere trattate, da chi di dovere, con la dovuta e saggia pazienza e responsabilità. Per affrontare e trattare con lungimiranza e saggezza determinate realtà che non si possono nascondere. Ma anche non si devono nascondere.

Una significativa dimostrazione di una simile situazione, vissuta realmente, responsabilmente ed emotivamente è stata evidenziata la scorsa settimana. In occasione delle preparazioni fatte per la celebrazione della Via Crucis, la sala stampa della Santa Sede ha pubblicato, all’inizio della scorsa settimana, il libretto con le meditazioni e le preghiere da essere recitate durante la cerimonia svolta nel pieno centro di Roma, intorno al Colosseo. Si tratta di un evento molto seguito in tutto il mondo. Compresa l’Ucraina. E si tratta di un evento che riprende tutto intero ed in presenza di migliaia di cittadini, dopo due anni di impedimenti dovuti alla pandemia. Secondo quanto pubblicato dalla Santa Sede, nella tredicesima stazione, intitolata “La morte intorno”, come un significativo segno di riconciliazione, la croce dovevano portarla due donne ed amiche: un’infermiera ucraina ed una studentessa russa in infermieristica. È la stazione dedicata agli ultimi momenti di vita terrena di Gesù crocifisso che, rivolgendosi a suo Padre, poco prima di morire “…gridò con voce forte: Eloì, Eloì, lemà sabactàni?”. Che significa: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Vangelo secondo Marco; 15/33,34). La stazione rappresenta il simbolismo della deposizione dalla croce di Gesù. Durante la camminata delle due portatrici della croce era stato previsto che si leggesse una meditazione scritta, secondo il direttore della sala stampa vaticana, da due famiglie: una ucraina ed una russa. Ebbene, subito dopo essere stato reso noto il testo della meditazione, in Ucraina si sono verificate delle polemiche e delle contestazioni in seguito a questa decisione. Contestazioni che hanno suscitato sconcerto e reazioni di protesta in merito, generando così anche un incidente diplomatico. A presentare ufficialmente la protesta sono state sia l’ambasciata ucraina presso la Santa Sede, sia la Chiesa cattolica ucraina. Rendendo chiaro anche la ragione che si riferiva alla decisione di Papa Francesco di chiamare due donne, una russa e una ucraina, per portare insieme la croce alla XIII stazione della passione, in segno di riconciliazione. Ma nonostante le polemiche suscitate, la Santa Sede ha deciso che la croce fosse tenuta dalle due donne ed amiche, una ucraina e l’altra russa. C’è stato però anche un significativo cambiamento nel programma prestabilito, reso pubblico all’inizio della scorsa settimana. Invece della lettura dell’intero testo della meditazione, è stato scelto e deciso il silenzio. Il direttore della sala stampa vaticana ha dichiarato che “…si tratta di un cambiamento previsto che limita il testo al minimo per affidarsi al silenzio della preghiera”. Mentre il giornalista, che da anni legge i testi della Via Crucis, ha detto che “…di fronte alla morte, il silenzio è più eloquente delle parole. Sostiamo pertanto in un silenzio orante e ciascuno nel proprio cuore preghi per la pace nel mondo”. Ma neanche dopo la decisione di non leggere per intero il testo preparato e precedentemente pubblicato della meditazione alla tredicesima stazione della Via Crucis in Ucraina molti media e diverse testate televisive, comprese anche quelle nazionali, non hanno trasmesso la cerimonia della Via Crucis. Il Servizio di Informazione Religiosa Ucraina, affiliata alla Chiesa greco-cattolica, in una sua dichiarazione ufficiale, ha chiarito che “…Gli ucraini ritengono che gesti di riconciliazione siano possibili solo dopo la fine della guerra e il pentimento dei russi”. Viste le reazioni suscitate dalla decisione di far portare la croce nella tredicesima stazione della Via Crucis a due donne ed amiche, una ucraina e l’altra russa, nonché il testo della meditazione scritto da due famiglie scelte dalla Santa Sede, anche esse una ucraina e l’altra russa, Papa Francesco dopo la fine della cerimonia, rivolgendosi al Signore onnipotente ha pregato: “…converti al tuo cuore i nostri cuori ribelli, perché impariamo a seguire progetti di pace; porta gli avversari a stringersi la mano, perché gustino il perdono reciproco; disarma la mano alzata del fratello contro il fratello, perché dove c’è l’odio fiorisca la concordia”.

Al nostro lettore potrebbe venire naturale la domanda: qual è il testo della meditazione scritto dalle due famiglie, che si doveva leggere mentre le due donne, una ucraina e l’altra russa, portavano la croce insieme? Testo che poi non è stato letto, sostituito dal silenzio della preghiera. La sala stampa della Santa Sede ha pubblicato tutto il testo nell’apposito libretto, reso noto all’inizio della scorsa settimana. Essendo un testo scritto da due famiglie, una ucraina e l’altra russa, due famiglie che, in teoria, dovrebbero essere “avversarie e nemiche”, il testo non poteva non fare riferimento alla guerra in corso e alle sue orrende, atroci, crudeli e soffertissime conseguenze. Il testo evidenziava “La vita che sembra perdere di valore”. E poi continuava, affermando che “Tutto cambia in pochi secondi. L’esistenza, le giornate, la spensieratezza della neve d’inverno, l’andare a prendere i bambini a scuola, il lavoro, gli abbracci, le amicizie… tutto. Tutto perde improvvisamente valore”. Poi il testo proseguiva: “…Dove sei Signore? Dove ti sei nascosto? Vogliamo la nostra vita di prima”. Sono naturali ed espressione dei sacrosanti diritti degli esseri umani anche le seguenti domande rivolte a Dio: “Perché tutto questo? Quale colpa abbiamo commesso? Perché ci hai abbandonato? Perché hai abbandonato i nostri popoli? Perché hai spaccato in questo modo le nostre famiglie? Perché non abbiamo più la voglia di sognare e di vivere? Perché le nostre terre sono diventate tenebrose come il Golgota?”. La meditazione scritta dalle due famiglie, una ucraina e l’altra russa, dedicata alla tredicesima stazione della Via Crucis continuava, ribadendo che “Le lacrime sono finite. La rabbia ha lasciato il passo alla rassegnazione. Sappiamo che Tu ci ami, Signore, ma non lo sentiamo questo amore e questa cosa ci fa impazzire. Ci svegliamo al mattino e per qualche secondo siamo felici, ma poi ci ricordiamo subito quanto sarà difficile riconciliarci”. E poi, dopo la naturale e sentita domanda “Signore dove sei?” la meditazione della tredicesima stazione si chiude con la preghiera: “Parla nel silenzio della morte e della divisione ed insegnaci a fare pace, ad essere fratelli e sorelle, a ricostruire ciò che le bombe avrebbero voluto annientare”. Questo è stato il contenuto del testo della meditazione dedicata alla tredicesima stazione della Via Crucis non letto, in seguito alle contestazioni e le polemiche che hanno suscitato delle reazioni di protesta in Ucraina e che sono state presentate ufficialmente sia dall’ambasciata ucraina presso la Santa Sede, sia dalla Chiesa cattolica ucraina.

Nel frattempo continuano i bombardamenti e gli attacchi missilistici in varie città ucraine. Anche oggi sono state fatte altre denunce di altrettante atrocità della guerra in Ucraina. Proprio poche ore fa è stato reso noto ufficialmente che solo nella regione di Kiev “…sono stati rimossi quasi 16mila ordigni esplosivi (esattamente 15.993) dopo l’occupazione russa, tra cui 661 nelle ultime ventiquattro ore”. Mentre l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha affermato oggi che “Sono quasi cinque milioni le persone che hanno lasciato l’Ucraina dall’aggressione militare lanciata dalla Russia lo scorso 24 febbraio”.

Chi scrive queste righe ha semplicemente scelto oggi di riportare, per il nostro lettore, quanto ha scritto poche ore fa il comandante della 36ma brigata dei marines ucraini, assediati a Mariupol. Nella sua lettera indirizzata a Papa Francesco egli chiedeva il supporto del Santo Padre “per salvare la popolazione civile allo stremo nella città”. Ed in seguito scriveva che “è giunto il momento in cui solo le preghiere non bastano più. Aiuti a salvarli. Porti la verità nel mondo, aiuti ad evacuare le persone e salvi le loro vite dalle mani di Satana, che vuole bruciare tutti gli esseri viventi”.

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