Nella complessa vicenda dell’Autonomia Differenziata c’è la chiara sensazione che si stia preparando la “patacca” alle regioni centro-meridionali, malgrado le ripetute assicurazioni sul presunto mantenimento del rispetto dei principi di equità nella distribuzione delle risorse in “pedissequa applicazione del dettato costituzionale”.
Dov’è il trucco?
Tutto nella procedura, che è stata letteralmente capovolta dalle regioni referendarie con l’avallo iniziale del Governo Gentiloni e a seguire del governo giallo-verde che, nel vuoto legislativo, hanno concordato un inedito iter, non supportato da nessuna norma, che consentirebbe ad esecutivo nazionale e regioni di decidere su questioni delicatissime, tagliando fuori il Parlamento da ogni ruolo e sancendo l’inizio della fine dello Stato Unitario. In una Repubblica Parlamentare come è l’Italia l’emarginazione del potere legislativo senza una formale modifica della costituzione cos’è se non un vero e proprio Golpe?
Ma soprattutto perché?
Perché il vero obbiettivo della Lega e dei suoi governatori non è l’Autonomia Differenziata, ma realizzare il sogno leghista primigenio della “scissione economica di fatto”, trattenendo la quasi totalità delle risorse fiscali nei propri territori, senza alcun vincolo di riequilibrio né di solidarietà su base nazionale.
Infatti, le norme vigenti che sono state volutamente aggirate, impongono prima di qualsiasi attribuzione di nuovi poteri alle regioni, di definire i livelli essenziali di prestazione (lep), i costi standard dei servizi da trasferire e la fissazione dei criteri per il fondo perequativo regionale, e cioè l’ABC del federalismo, proprio per garantire equità nella ripartizione delle risorse e solidarietà tra tutti i territori dello stato.
A fronte dell’assenza di qualsiasi norma di attuazione della procedura prevista, l’Autonomia Differenziata è la “furbata” che tenta di capovolgere i tempi e le modalità a garanzia dell’Unità del Paese, stabilendo di dare luogo al passaggio delle competenze dallo Stato alle regioni con semplici intese bilaterali tra Governo Nazionale e singoli Presidenti di Regione, rinviando l’approvazione dei costi standard entro i tre anni successivi al trasferimento dei poteri.
Come dire che intese impossibili da raggiungere da 18 anni a questa parte, dovrebbero miracolosamente essere sancite a posteriori, e soprattutto, dopo avere ottenuto il premio delle agognate competenze.
Ma l’aspetto truffaldino più evidente è che, in base all’attuale contenuto dell’Autonomia Differenziata, a parte la clausola che garantisce il diritto di Lombardia e Veneto di trattenere tutti gli eventuali surplus di finanziamenti ottenuti per i pagamenti dei servizi, se entro i tre anni non si riuscisse a concordare i costi standard (non ci credono neanche loro), nessun problema perché dovrebbero essere comunque garantiti i servizi a costi pari alla media nazionale. Ciò vuol dire che le regioni ricche potranno pagarsi i costi reali dei servizi anche a valori molto al di sopra della media nazionale, grazie alle proprie cospicue entrate tributarie, mentre le regioni più povere potrebbero non avere le risorse neanche per pagare i costi al valore della “media nazionale”, anche perché nulla dice il provvedimento circa il fondo perequativo tra le regioni, di cui nessuno parla, mentre è chiaro che più spese avranno le regioni ricche, meno risorse resteranno per la solidarietà.
Questa è la verità sull’Autonomia Differenziata che dimostra, oltre al tradimento delle reali intenzioni manifestate da Salvini agli italiani del centro-sud, cui aveva promesso di costruire una lega nazionale, che la Lega non è un partito di destra perché è priva del sentimento nazionale, al posto del quale ha l’istinto tribale della ottusa tutela degli interessi dei territori di origine, e perché non capisce, a causa della visione miope della politica sovranista e anti UE, che in un mondo ostaggio delle tre superpotenze, un Paese da solo non ha nessuna prospettiva di reale indipendenza.
Per fortuna l’imminente tornata di elezioni europee ha consigliato il rinvio dell’approvazione di questo provvedimento, che deve essere assolutamente fermato, non per l’autonomia in se, ma per le conseguenze devastanti che investirebbero il Paese.
Ciò che rimane è l’amara considerazione di come una fascia crescente di elettori del Sud si sia potuta convincere che la lega potesse diventare interlocutore politico a difesa degli interessi meridionali e nazionali, mentre continuava a pensare che il “prima gli italiani” si riferisse a quelli del nord, e solo se avanza qualcosa anche agli “utili idioti” degli italiani del sud.
Anche per questo appare sbagliata la posizione del vice governatore siciliano Gaetano Armao e dell’intero governo regionale che non può, per motivi di colleganza politica e di oggettiva sudditanza con la Lega, condividere e perfino esaltare una strategia di fortissima penalizzazione dell’Isola, e ritenere l’Autonomia Differenziata una “grande opportunità”, invece di opporsi con tutte le forze alla realizzazione di un disegno esiziale per la Sicilia e per ciò che fino ad oggi è stata l’Italia, per come l’abbiamo conosciuta e amata.
*Già Sottosegretario ai Beni e alle Attività Culturali