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In attesa di Giustizia: cenacoli delle bestialità, tra malafede ed ignoranza

Prima di iniziare la lettura dell’articolo di questa settimana può essere utile farsi delle domande e darsi delle risposte; per esempio, se si volesse commentare ed avere chiarimenti sulla trama che regge “2001 Odissea nello spazio” sarebbe preferibile come interlocutore un docente di fisica capace di illustrare con semplicità i fondamenti della teoria della relatività o affidarsi ad un direttore di banca il cui corso di studi si è bastato sull’approfondimento di temi prevalentemente economici? E se si dovesse affrontare una fastidiosa carie affidarsi alle cure un amico veterinario equivarrebbe a rivolgersi ad uno specialista in odontostomatologia?

Ed infine: volendo un confronto autorevole su argomenti di diritto costituzionale la scelta migliore potrebbe essere Marta Cartabia o un sedicente drammaturgo che ha conseguito la laurea in lettere moderne con una tesi sui cantautori dal titolo “Amici fragili”?

Anche no, vero? Invece al Fatto Quotidiano la pensano diversamente e ad uno così, tal Andrea Scanzi, oltre a farlo interessare di sport e musica, hanno affidato anche il commento a recenti affermazioni del Ministro della Giustizia.

Ex editorialista di “Grazia” e “Donna Moderna”, Andrea Scanzi dopo aver sostenuto che Carlo Nordio sarebbe atterrito all’idea di confrontarsi con Marco Travaglio poiché ne teme tanto la capacità dialettica quanto la preparazione in diritto, ha sferrato a sua volta un temibile attacco al Guardasigilli sostenendo  che sia una sorta di pericoloso eversore, nemico della Costituzione (e quindi della democrazia e dei diritti fondamentali) avendo affermato che quest’ultima è in contrasto con il nostro sistema giuridico e, pertanto, sarebbe opportuna qualche modifica volta ad aggiornarla.

Carlo Nordio, invero, ha detto una cosa un po’ diversa ed assolutamente corretta e cioè che è il codice che regola il processo penale a soffrire di incoerenza con la Costituzione e ciò per un motivo molto semplice: il codice vigente, di impostazione anglosassone e tendenzialmente accusatoria, è stato promulgato nel 1989 mentre la Carta fondamentale dello Stato è stata definitivamente approvata nel dicembre 1947 e – quanto alle garanzie processuali – si riferiva al codice del 1930, tipicamente inquisitorio.

Certo, se uno ha nel curriculum il ruolo di Direttore Artistico del Premio Pigro ed una serie di comparsate a Tiki Taka – la Repubblica del pallone è, forse, meglio che continui ad occuparsi, come del resto ha fatto, del Processo del Lunedì con Enrico Varriale e non di processi penali.

Certamente, con queste referenze non gli si può fare una colpa se ignora la circostanza che – proprio per le ragioni illustrate da Nordio – la Corte Costituzionale, a far tempo dal 1990 ha demolito pezzo dopo pezzo il codice di procedura penale facendogli perdere completamente l’assetto iniziale e lo spirito che avevano inteso infondergli gli ottimi giuristi che lo avevano scritto.

Appare anche ovvio che se uno, quanto ad esperienza di giurie, ha trascorsi personali  al Club Tenco ed al Festival di Sanremo può non essere al corrente del fatto che nel 1999 (per la verità è passato un po’ di tempo: forse bastava chiedere ad Alexa al fine di aggiornarsi) per porre fine al martirio del codice è stata modificata proprio la Costituzione all’articolo 111 che oggi richiama pedissequamente l’articolo 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Qualcosa d’altro, come ha suggerito Nordio, ci sarebbe da fare volendo allinearla ai principi cardine che regolano il processo “alla Perry Mason” e come avviene nelle principali democrazie occidentali: facoltatività dell’azione penale e separazione delle carriere tra Pubblici Ministeri e Giudici.

Concludendo, se uno è ignorante, nel senso letterale della parola, e cioè a dire ignora completamente l’argomento di cui sta trattando, rispeditelo a condurre Futbol su La 7 insieme ad Alessia Reato che, oltre ad essere una bella ragazza, nonostante il cognome con i crimini non c’entra nulla come i vaneggiamenti di Scanzi.

Ma se uno è ignorante e pretende ugualmente di dire la sua  – seppur riferendosi ad un pubblico, quello dei lettori de Il Fatto Quotidiano che non si danno pace persino perché il Commissario Basettoni non è ancora riuscito a far prendere l’ergastolo alla Banda Bassotti – calando sugli ascoltatori il proprio verbo che è più storpiato dei congiuntivi di Antonio Di Pietro allora al peccato originale se ne aggiungono  altri:  si tratta di arroganza miscelata con mala fede.

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