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In attesa di Giustizia: Ipocrisia

Giovanni Falcone ebbe in vita molti critici e non pochi avversari che ne condizionarono il percorso professionale ma nessuno ebbe mai l’ardire di sostenere che fosse inadeguato al ruolo che ricopriva  – prima all’Ufficio Istruzione e poi alla Procura della Repubblica di Palermo – perché era siciliano, perché riuscì a far collaborare Tommaso Buscetta parlandogli in dialetto e convincendolo perché sapeva come ragionare con lui conoscendone la mentalità.

Il contesto è diverso, il paragone con un grandissimo magistrato martire non vuole neppure apparire quasi irriverente ma qualcosa di simile sta accadendo nelle ultime settimane in Lombardia dove la Regione ha inteso istituire una Commissione formata da esperti del settore che si occupi e studi i fenomeni di criminalità organizzata sul territorio.

Tra i candidati, o meglio, tra i soggetti indicati per l’incarico provenienti da differenti aree politiche vi è anche un’ eccellente avvocato donna di origine calabrese ma che esercita principalmente a Milano: Maria Teresa Zampogna, segnalata dal centro destra.

Tale proposta ha scatenato il fuoco di sbarramento da parte di tuttologi, professionisti dell’antimafia, soloni, censori dell’ultim’ora e pseudo tecnici della materia: sarà un caso ma tutti appartenenti al versante politico dell’opposizione in ambito regionale.

Questa è una vicenda di cui un po’ si sono già occupati gli organi di informazione ma su cui è calato poi il silenzio in corrispondenza con il periodo di ferie estive: tutti al mare e se ne riparlerà tra poco nelle sedi competenti ma forse senza gli onori della cronaca: la critica rivolta all’Avv. Zampogna consiste essenzialmente nel fatto che il suo curriculum professionale segnala molteplici impegni in processi di grande criminalità, tra l’altro attribuendole pure in maniera imperfetta incarichi difensivi.

In sostanza, l’inadeguatezza della candidata risiederebbe proprio nel fatto che ha maturato esperienza nel settore di cui si dovrebbe interessare in veste di componente di una struttura tecnica di emanazione politica: ragionamento zoppicante la cui zoppia esprime i molteplici fattori negativi retrostanti: dall’evidente preconcetto politico alle ragioni di inidoneità che sono tutt’altro che in conflitto proprio con la funzione designata e che soprattutto sottendono l’abusata e inaccettabile assimilazione tra il difensore e i propri assistiti.

Quest’ultimo aspetto è quello che forse maggiormente inquieta perché non è un caso isolato, perché troppo spesso e del tutto immotivatamente si omologa l’avvocato al criminale – o meglio, presunto tale – che difende dimenticando volutamente che il suo ruolo è quello di custode delle garanzie che il codice di procedura penale assegna a chi sia soggetto alla pretesa punitiva dello Stato.

Ma c’è un altro aspetto deteriore in questa vicenda che non può essere trascurato: l’ipocrisia che sorregge la tesi avversa alla nomina dell’ Avv. Zampogna e che è volta a mascherare – almeno a parere di chi scrive – becere questioni di appartenenza politica in un conflitto tra poteri dello Stato che sembra non avere mai fine, agevolata e stimolata dalle esondazioni della Magistratura dal proprio ambito istituzionale. E come diceva Piero Calamandrei, quando per la porta della Magistratura entra la politica, la giustizia – quella di cui noi siamo in attesa – esce dalla finestra.

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